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Questa pagina è stata realizzata grazie al
contributo di Flavio Del Curatolo, Giovanni e Luca Kaiblinger,
Christian Mazza, Marco Minù, Enrico Mittiga, Giuseppe De
Grisantis, Leandro Tavolare, Stefano Paolini e Fabrizio Tellini, che
hanno messo a disposizione notizie e materiale fotografico, per gran
parte ancora inediti. |
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Non tutti sanno
che la più antica motrice tranviaria d'Europa ancora in ordine di marcia
si trova a Trieste. E' la vettura 2 della linea Trieste-Opicina, entrata
in servi- zio nel 1902 ed ancora in piena efficienza. Non è certamente il
rotabile più antico, anche perché ci sono numerosi treni storici di più
antica origine, come il convoglio storico della ferrovia Mandas-Arbatax,
in Sardegna, composto di loco a vapore e carrozze del 1894, e i più
antichi rotabili ferroviari ancora esistenti sono tre carrozze del treno
di Pio IX, costruite nel 1858 e
conservate presso il Museo di Ro-ma
(Palazzo Braschi). |
Il centenario
della motrice 2 fu ricordato anche a Roma. In un articolo pubblicato sul
quotidiano Metro (dove cura una pagina quotidiana), l'ufficio stampa dell'ATAC
esaltava (SIC) il perfetto stato di conservazione di questo rotabile e la
necessità di salvaguardare la storia dei trasporti pubblici, anche salvando
i rotabili del passato sopravissuti alle demolizioni. Questo articolo,
però, usciva nello stesso periodo in cui l'ATAC - sorda ad ogni appello in
senso contrario - decideva il destino del più an- tico rotabile del
proprio parco ancora esistente, la smerigliatrice del binario S.1, che
cento anni li avrebbe compiuti l'anno successivo. |
La S.1 (1) (S sta per
smerigliatrice), era un rotabile di servizio per la pulizia e (in
seguito), la smerigliatura del binario, ricavato nella seconda metà degli
anni '20 dalla motrice 1307 ATAG (ex 307 della Società Romana Tramways
Omnibus), entra ta in servizio nel 1903. Oltre ad essere la più antica
vettura del parco rotabile di Roma, quindi, la S.1 era anche l'ultima
testimonianza esistente della gloriosa SRTO, la prima grande azienda
romana dei trasporti pubblici (liquidata nel 1929). |
La S.1 fu ottenuta
applicando alla stessa un truck costruito in epoca precedente per la
pulizia del binario, utilizzando un apparecchiatura nota come "brevetto
Falco ni" (in origine
un telaietto
a due ruote gommate che monta un serbatoio dal quale, a mezzo di una pompa
a mano, un liquido è spruzzato nel solco di una rotaia; una spazzola o
qualcosa di simile pulisce il solco, guidata da una coppia di ruote
folli). Lo apparecchio Falconi fu in seguito montato sul telaio di un
rimorchio imprecisato, do tato poi di una cassa a terrazzini laterali, e
quindi (verso il 1927), montato al posto del truck originario della
motrice 307. Analoga operazione fu effettuata realizzando dapprima un
carro netta binario numerato 2, e quindi adattando allo stesso modo la
motrice ex SRTO 308 (che divenne quindi la S.3). |
Le due motrici
furono in seguito trasformate in smerigliatrici:
il truck di
origine con l'apparecchio Falconi è sostituito da un truck di concezione
più moderna, e di trave abbassata al centro che sostiene le due mole
rettilinee, agenti in modo simile agli attuali freni a pattini.
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Rimasta unico
esemplare
dopo la demolizione della S.3 (avvenuta nel 1978), questa motrice avrebbe quindi meritato un trattamento
ben diverso da quello che l'ATAC le ha riservato.
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La
smerigliatrice del binario S.1, ricavata dalla motrice 307 SRTO,
accantonata al deposi- to di Collatina nel 2001, e tutto quanto ne rimane
oggi, dopo lo scempio operato dal co- mune di Maiori. |
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(Foto: Marco Minù - dal sito
www.graf.tv) |
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(Foto: Enrico Mittiga - dal
sito
www.graf.tv) |
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La smerigliatrice
S.1 è stata infatti "venduta" al comune di Maiori (in provincia di
Salerno), per una non meglio precisata destinazione a chiosco (o qualcosa
del ge- nere), non si sa se mantenendo la sua conformazione di rotabile
storico o trasfor- mandola in chissà cosa (sarebbe interessante sapere per
quanto l'ATAC ha vendu- to in modo così ignobile la propria storia), ma in
seguito non se ne fece più nulla, probabilmente perché la vettura si
rivelò inadatta allo scopo, è il poco o nulla che ne è rimasto (vedi la
foto sopra), è stato in seguito recuperato da alcuni privati cit- tadini. |
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Vista
laterale della S.1 al deposito di Collatina, per ironia della sorte
accantonata accanto ad un altro rotabile di particolare valore
storico, la MRS 2265 di cui si parla a seguire. |
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(Foto: Marco Minù - dal
sito
www.graf.tv) |
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Assieme alla S.1
(grossomodo nello stesso periodo), l'ATAC ha mandato alla demo lizione un
altro rotabile di particolare interesse storico, la MRS 2265, di cui si è
già accennato parlando delle trasformazioni della mobilità collettiva nel
decennio che va dal 1925 al 1935. La 2265 nacque nel 1935 come motrice
tranviaria urbana a due piani 2P.1 (due piani, 1), probabilmente a seguito
dell'entusiasmo per le con- temporanee sperimentazioni che si stavano
conducendo di autobus a due piani e due piani e mezzo. La 2P.1 era una
vettura singolare per tanti aspetti: anzitutto era una vettura a due piani
con ambiente interno unico, e i sedili della fila superiore let-
teralmente "appollaiati" alle pareti interne, sedili che potevano essere
raggiunti a mezzo di curiose scalette verticali. Il secondo piano della
vettura, inoltre, era dotato di una vetratura continua, interrotta da 6
finestrini, e il lucernario scendeva gradualmente sulle piattaforme
(secondo un uso dei primi del secolo all'epoca già abbandonato). |
La 2P.1 fece
servizio come tale per breve tempo, non si sa esattamente quanto, sulla
sola linea 7 barrato, e risultava accantonata all'entrata
dell'Italia in guerra (10 giugno 1940). |
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La
motrice MRS 2P.1 nel suo aspetto originario del 1935, e dopo la seconda
ricostruzione del 1973. |
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(Archivio Storico ATAC) |
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(Archivio Storico ATAC) |
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Forse per
sopperire alle carenze di rotabili di allora la 2P.1 fu ricostruita come
nor male vettura a piano unico nel 1942, dotandola di un imperiale di tipo
normalizzato e mantenendo le differenze nella cassa (minore numero di
finestrini, ad esempio), ma per motivi non noti fu nuovamente accantonata
alla fine della guerra, e tale ri mase fino al 1973, quando per
l'apertura della linea 19 e la prevista attivazione del la linea 30 fu
sottoposta ad una nuova ricostruzione, che di fatto mantenne le diffe-
renze originarie della cassa. |
La 2265 fece
servizio almeno fino al 1993 (anno in cui l'autore delle presenti note la
vide in servizio, sul 30 barrato, per l'ultima volta), e seguì in quel
periodo il desti- no di gran parte del parco MRS, il cui graduale
accantonamento era iniziato nel 1990. Rimasta in deposito almeno fino al
1999, fu in seguito trasferita al deposito di Collatina, accantonata
assieme alle MRS, alle PCC e a vario materiale di servizio (lo comotori,
carri merci, etc). Come per la S.1 (e per altri casi che si
evidenzieranno), anche nel caso di questa vettura l'ATAC è rimasta sorda a
qualsiasi appello, e la vet tura è scomparsa da Collatina nella seconda
metà del 2002. |
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Il
relitto della 2265 abbandonato all'aperto al deposito di Collatina.
Come si nota la vettura era ancora in buone condizioni, e avrebbe
potuto essere recuperata senza particolari diffi- coltà. |
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(Foto: Marco Minù - dal
sito
www.graf.tv) |
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Contro questa
insensibilità verso la storia del trasporto pubblico, caratteristica di
molte aziende del TPL italiane e degli Enti Locali proprietari di mezzi e
impianti,
si contrappone l'impegno personale e la tenacia degli appassionati,
singoli e associa- ti, che in perenne lotta con difficoltà burocratiche e
insensibilità storica sono riusciti fino ad ad oggi a portare in salvo
rotabili e impianti di vario tipo, spesso conservan do il materiale
recuperato in sistemazioni di fortuna, aree perlopiù messe a disposi-
zione da altri appassionati ma prive per vari motivi di convenienti
sistemi di ricove- ro dalle intemperie. |
Se negli ultimi anni qualcosa è cambiato anche in seno alle aziende (come
dimo- stra il Museo Romano di Porta San Paolo), e il numero dei rotabili
ufficialmente pre- servati dalla demolizione è aumentato, c'è ancora molto
da fare. I mezzi e i mate- riali già portati in salvo abbisognano di
lavori di restauro e di un area dove essere monumentati, ma ci sono ancora
numerosi rotabili da recuperare, e quindi occorro- no mezzi economici per
l'acquisto e il trasporto, e un area dove poterli conservare in attesa di
una più degna sistemazione. |
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Il
fondatore e Presidente dell'Associazione AMIT, Giuseppe De Grisantis,
ripreso nel 1976 a bordo della storica vettura S.1. |
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(dal libro Tram e Filobus a
Roma - su autorizzazione dell'interessato) |
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Per dare un
esempio dei problemi, diamo qui di seguito l'elenco del materiale mo- bile
attualmente conservato dall'AMIT, Associazione per il Museo Italiano dei Tras- porti, materiale che per problemi di varia natura è oggi conservato
in luoghi diver si, sistemazioni che sono tutte di fortuna: |
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MATERIALE FERROVIARIO |
TIPO E NUMERO DI ESERCIZIO |
ANNO DI COSTRUZIONE |
COSTRUTTORI |
PROVENIENZA |
Elettromotrice 457 |
1915 |
Breda/GFGE |
FERROVIA ROMA-FIUGGI |
ALATRI-FROSINONE |
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ex COTRAL |
ex ACOTRAL |
ex STEFER |
ex SFV |
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Rimorchiata 053 |
1925 |
C&T |
Elettromotrice 472 |
1949 |
OCB/TIBB |
Rimorchiata Pilota 111 |
1949 |
OCB/TIBB |
Carro merci a sponde basse 0142 |
1913 |
OMR |
Carro Merci a sponde basse 0196 |
1921 |
OCB |
Carro merci a sponde alte con
garitta 0329 |
1921 |
OCB |
MATERIALE TRANVIARIO |
Motrice MRS 302 |
1935 |
C&T/TIBB |
Ex
Tranvie dei Castelli Romani (STEFER) |
Motrice MRS 323 |
1937 |
Stanga/TIBB |
Motrice Articolata Urbinati 402 |
1941 |
Stanga/TIBB |
Motrice ex ACEGAT (Trieste) 447 |
1938 |
Stanga/TIBB |
Rimorchio 119 |
1928 |
OFM |
Motrice PCC 8015 |
1957 |
OM/CGE |
Tranvie Urbane ATAC |
AUTOBUS URBANI |
Fiat 418AL 4578 |
1980 |
Fiat Cameri |
Parco Autobus
ATAC |
AUTOBUS EXTRAURBANI |
Fiat 306/2 108 |
1959 |
Viberti |
Parco Autobus ex STEFER ex
ACOTRAL |
Fiat 306/3 2870 |
1972 |
Cansa |
MATERIALE DI SERVIZIO |
Autotorre Fiat 642 per la
manutenzione della linea aerea |
1953 |
Emanuel |
ATAC |
Carrello Trasporto Veicoli
Ferroviari |
1963 |
OMSSA |
Ferrovie dello
Stato |
Sigle:
BREDA - Società Italiana Ernesto Breda per Costruzioni Meccaniche (MI),
C&T - Carmina- ti e Toselli (MI), CGE - Compagnia Generale di
Elettricità (MI), GFGE - Galileo Ferraris su licenza General Electric
Co. (MI), OCB - Officine di Casaralta (BO), OFM - Officine Ferroviarie
Meridiona li (NA), OM - Officine Meccaniche ( già Miani, Silvestri & C.,
A. Grondona, Comi & C.) (MI), OMR - Officine Meccaniche di Roma (già
Tabanelli), OMSSA - Officine Meccaniche Siciliane SPA (PA), Stanga -
Officine Meccaniche della Stanga (PA) - TIBB (Tecnomasio Italiano Brown
Boweri) - Viberti - Officine Viberti (TO) |
Le foto
dei rotabili della Roma-Fiuggi sono di Marco Minù (dal sito
www.graf.tv) - La foto dell'au- totorre
Fiat: GRAF (autore non indicato) - dal sito
www.graf.tv) |
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Qui a seguire,
invece, riportiamo il comunicato ufficiale che la stessa AMIT ha dif- fuso
in occasione del ventennale dell'Associazione, che è coinciso con
l'inaugurazio-
ne del restauro dell'articolata Urbinati 402 (nel 2005), comunicato che da un idea
dei problemi che si affrontano in questa attività: |
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Sono passati venti anni da quando tre amici appassionati di trasporti pubblici,
Giuseppe De Grisantis, Antonio Salerno e Mark Taccini, costituirono l'Associazione per il Museo Italiano dei Trasporti (A.M.I.T.), al fine di dedicare le
proprie energie e risorse al salvataggio, recupero e conservazione di
materiale mobile e fisso autofiloferrotranviario, per mantenere una
memoria storica reale del passato di questo settore vi vita economica e
sociale italiana cosi pieno di primati e affermazioni. |
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Con grandi
sacrifici personali sono stati via via acquisiti in questi anni una
ventina di veicoli (tranviari, ferroviari, autobus e di servizio), oltre a
varie parti di impianto fisso (armamento, linea aerea, paline di fermata,
etc), e sono in corso altre pratiche per ulteriori acquisizioni di
materiale in radiazione presso varie aziende italiane di trasporto
pubblico. |
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Purtroppo non
è ancora stato possibile reperire una sede definitiva dove allestire
l'auspicato Museo che nei programmi sociali dovrà essere in prima fase
statico e successivamente "vivente", cioè dinamico, col movimento
dei veicoli effettuato su brevi tratte attrezzate. |
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Tale
patrimonio è attualmente ospitato in vari siti, messi a disposizione
da singoli privati che si sono dimos trati sensibili all'attività
dell'Associazione, e ai quali va il nostro profondo ringraziamento per
l'aiuto che ci dimos trano. |
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Nell'attesa di
una sede definitiva, per la quale c'è in prospettiva una discreta
operazione con buoni auspici di riuscita, si è cercato di rendere
fruibili alcuni pezzi del la raccolta, e fra questi
l'elettromotrice tranviaria articolata 402,
affidata alle cure della "Sport Evolution" di Colonna, la quale, dopo
un accurato restauro, verrà uti- lizzata come ambiente polivalente per
le attività del cir colo sportivo e non solo. |
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I due autobus
provenienti dalla STEFER ed oggi conservati dall'AMIT: Fiat 306/2 con carrozzeria Viberti del 1959
(vettura 109), e 306/3 con carrozzeria Cansa del 1972 (vettura 2870). |
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(Foto: Leandro Tavolare da
http://fotoatac.fotopic.net) |
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(Foto: Enrico Mittiga - dal
sito
www.graf.tv) |
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Ma l'azione
dell'AMIT è stata rivolta in questi anni anche al sostegno
dell'attività di conservazione di materia le storico a cura di enti e
organismi vari preposti al trasporto pubblico, stimolando la
costituzione di raccolte aziendali che cominciano, meglio tardi che
mai, a prendere corpo anche in Italia. |
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Oltre a ciò l'AMIT
ha sempre collaborato con le altre omologhe associazioni italiane per
favorire le singole attività nonché quelle possibili in comune. |
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In
particolare, in questi ultimi anni si è reso più stretto il legame con
gli altri sodalizi romani, il Gruppo Romano Amici della Ferrovia (GRAF),
fondato nel lontano 1958, nonché il recente Filotram Club (costituito
nel 2003): con essi e con altri singoli appassionati, si è addivenuto
a costituire il 1 aprile 2005 l'Associazione Culturale Italiana per
il Museo Europeo dei Trasporti (ACIMET), al fine di operare
sinergicamente alla realizzazione di un polo espositivo-museale
permanente nell'area romana. |
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Tanti sogni,
tanti progetti, tanta buona volontà di portare Roma, il Lazio,
l'Italia nell'Europa anche in questo settore di attività culturali,
che all'estero è ben radicata da più di mezzo secolo. |
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Tutto viene
svolto con il volontariato dei singoli soci e di alcuni simpatizzanti
e sostenitori, ma abbiamo bisogno di altre risorse umane perché
questa attività abbisogna di cervelli, braccia e ... logicamente
soldi, visto che finora tutto è stato fatto col contributo dei
singoli. |
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Come si vede tutto è affidato alla buona volontà e ai sacrifici di pochi
appassiona- ti, persone che non sono (come certa propaganda volutamente
interessata sostie- ne), una sorta di feticisti che amano il contatto
diretto con l'oggetto della propria passione, bensì uomini e donne di
buona volontà che credono nel valore del traspor to pubblico, nel suo
ruolo insostituibile nella società moderna, e che vogliono unica- mente
valorizzare il fondamentale apporto dato al progresso che ha rappresenta- to negli anni in cui non esisteva la motorizzazione individuale, e la
comunicazione era ancora ridotta a ben poca cosa.
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Volontariato,
tenacia e autotassazione hanno consentito il salvataggio di due mez zi
storici romani particolarmente importanti, la motrice tranviaria a due
assi 907 e il filobus Lancia Esatau 4587, due mezzi che sono a tutt'oggi
gli ultimi rappresentan ti del grande parco delle due assi romane e della
rete filoviaria capitolina che fu la più estesa d'Europa, entrambi
scampati alla demolizione per un puro caso e recupe rati parecchi anni
dopo la radiazione. I due rotabili sono oggi proprietà del GRAF (Gruppo
Romano Amici della Ferrovia), che nel proprio sito ha riassunto il loro
salva taggio come segue: |
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L'elettromotrice tramviaria 907 nel 1963 venne tolta dal servizio
viaggiatori e trasformata per il trasporto di attrezzature e personale
del Servizio Impianti Fissi - Sezione Vie e Lavori, dell'ATAC assieme
a poche altre vetture a due assi. Nel 1968 le altre due assi ad otto
finestrini cosi' trasformate vennero radiate e demolite sicche' la 907,
scampata dalla demolizione, rimase accantonata nel Deposito di Porta
Maggiore utilizzata piu' che altro come ripostiglio e ricovero per il
personale. Rapidamente inizio' il suo degrado, con l'asportazione di
molti componenti utilizzabili sulle altre vetture del parco, ma la sua
presenza venne rilevata nel 1969 da alcuni soci del GRAF. |
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Vennero iniziate delle trattative con ATAC per la cessione della
vettura: tali trattative durarono ben quattro anni, dal 1975 al 1979,
finche' il GRAF giunse all'acquisto a prezzo di rottame. Martedi' 10
giugno 1979 la vettura venne prelevata dall'interno delle officine
centrali dall'ATAC di via Prenestina e trasportata in un terreno
all'estrema periferia nord di Roma. |
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Due
immagini della motrice a due assi 907 a restauro
terminato,all'interno delle Officine Cen- trali ATAC e durante il
collaudo lungo la via Prenestina. |
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(Foto: Marco Minù - dal
sito
www.graf.tv) |
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(Foto: Marco Minù - dal
sito
www.graf.tv) |
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Da allora pero' non e' stato possibile creare una copertura adeguata a
proteggere il veicolo dalle intemperie, mentre gli unici lavori svolti
volontariamente dai soci del GRAF hanno riguardato lo smontaggio di
alcune apparecchiature elettriche ed il reperimanto di altre mancanti.
Dopo anni di tentativi di sensibilizzazione per il ripristino della
vettura storica, i lavori riprendono nel 1997 con la firma da parte di
ATAC e GRAF di un contratto di comodato riguardante la 907, il
locomotore L11 ed il carro merci tramviario P20, tutti rotabili
tramviari storici ex ATAC di proprieta' GRAF. |
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Sulla base di tale convenzione il carro P20 ed il locomotore L11 sono
stati reinseriti in ambito ATAC, mentre per la 907 dopo il trasporto
in ambito ATAC, sono stati completati i lavori di ricostruzione di
motori di trazione e del compressore, tenuti nelle Officine ATAC di
via Prenestina |
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Dopo un fermo di tre anni a partire dalla fine dell 2001 si e'
iniziato a ricostruire la cassa sempre nelle Officine ATAC |
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IMMAGINI
DELLA 907 AL RECUPERO DEL 1979 |
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IMMAGINI E
RESOCONTO DELL'INAUGURAZIONE DELLA 907 |
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La motrice 907,
terminato il restauro, ha passato tutti i collaudi previsti per il suo
ritorno alla circolazione su quanto rimane della rete tranviaria romana,
ed è torna- ta disponibile per eventi, riprese cinematografiche, viaggi
rievocativi, etc. L'evento è stato salutato, tra le altre iniziative, con
una brochure
curata da Pasqualino D'Ad- derio. |
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Rotabili ex ATAC acquistati
dal GRAF: due locomotori, tra cui il L11, il carro merci P20. |
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(Foto: Marco Minù - dal
sito
www.graf.tv) |
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(Foto: Marco Minù - dal
sito
www.graf.tv) |
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Il filobus a due assi 4587 (di costruzione Lancia/Casaro/MATER su
telaio Lancia Esatau P del 1957) è, in assoluto, l'ultima vettura
filoviaria romana rimasta in Italia. Tale vettura fa parte del gruppo
di veicoli filoviari ordinato dall'ATAC all'inizio degli anni
Cinquanta, in sostituzione dell'ormai vetusto materiale a due assi di
costruzione anteguerra. In particolare, la serie 4501-4597 [solo
numeri dispari] utilizzava parte dell'equipaggiamento di alcune
vetture di costruzione FIAT demolende (compressore, ecc.), montando
però una meccanica ed un equipaggiamento elettrico del tutto nuovo (avviatore
tipo MRA a comando elettromagnetico). |
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Le vetture del gruppo 45 furono tra quelle che assicurarono gli ultimi
servizi filoviari a Roma sulla linea 47 lungo la Via Trionfale, fino
alla chiusura avvenuta il 2 luglio 1972. Sebbene di linea moderna e
certamente di disegno automobilistico, le vetture del gruppo 45
costituirono una decisa novità per il parco filoviario romano, un
tempo fra le maggiori d'Europa. |
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Pur nel rimpianto per la perdita di tutte le tre assi (fra le altre,
le serie di costruzione Alfa Romeo, o le 64, di costruzione FIAT, che
rappresentarono il classico filobus romano), si ritiene che la vettura
4587 rappresenti comunque una testimonianza importante dell'evoluzione
della tecnologia filoviaria in Italia e, come tale, degna di essere
conservata. Le sue condizioni estetiche e meccaniche sono appena
discrete e, in attesa del prossimo ritorno del filobus sulle strade di
Roma, ne è previsto il trasferimento in ambito ATAC per il necessario
ricondizionamento funzionale. |
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Il
filobus 4587 ripreso alla Bufalotta tra il rimorchio ex STEFER 118 e
l'autotorre Fiat 642 ex ATAC. Nella seconda immagine l'ultima vettura
filoviaria romana esistente trasferita in ambi- to ATAC (Collatina). |
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(Foto GRAF (autore non
indicato) - dal sito
www.graf.tv) |
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(Foto: Marco Minù - dal
sito
www.graf.tv) |
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ALTRE IMMAGINI DEL FILOBUS 4587 |
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Non mancano iniziative di privati non associati, e vale la pena qui di
raccontare il salvataggio della motrice PCC ex ATAC 8019, che è stata
acquistata di propria ini- ziativa
"dal
titolare di un'industria di grafica e di stampa, appassionato di auto,
moto, mezzi ed altro materiale d'epoca, che ha così voluto compiere un
"salto di qualità, entrando nel mondo del trasporto su rotaia. La 8019 è
stata sistemata nelle adiacenze del suo ufficio, ma al contrario della Urbinati 402 salvata dall'AMIT e oggi monumentata a Colonna (RM), non se
ne prevede il movimento per brevi tratti. Dopo l'armamento di un breve
tronco di binario (già realizzato per "adagiarla" nella sua attuale
sistemazione), si procederà alla riverniciatura nel "vecchio" verde
bicolore nazionale: sono inoltre previsti l'accensione delle luci inter ne
ed esterne ed il movimento delle porte, e sarà realizzata una tettoia con
un bre- ve tratto di linea aerea." |
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La PCC 8019 nella sua nuova
collocazione nei pressi di Roma. Con la riverniciatura nel vecchio
bi-verde nazionale e l'impianto di un breve tratto di linea aerea,
oltre che con la riattivazione delle luci esterne ed interne e del
movimento delle porte, sarà realizzato, come giustamente sostiene il
GRAF nel suo sito, un vero e proprio diorama in scala 1:1. |
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(Foto: Enrico Mittiga - dal
sito
www.graf.tv) |
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ALTRE
IMMAGINI DEL RECUPERO DELLA PCC 8019 |
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Il progetto certamente più
ambizioso è comunque quello della
“Ferrovia Museo delle Colline Romane e Monti Prenestini”. La Provincia di
Roma, di concerto con l’Agenzia Turistica dei Castelli Romani, gli
amministratori di alcuni Comuni interessati, i rappresentanti sindacali di
varie categorie ed i responsabili di Istiruti di Credito e di Comunità
Montane della Provincia medesima, ha sottoscritto in data 18 settembre
2001 il “Patto Territoriale delle Colline Romane”, strumento volto alla
promozione del turismo al fine di costituire un incentivo allo sviluppo
economico, sociale ed ambientale del territorio: in questo ambito (citiamo
sempre dal sito del GRAF)... |
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la Soc. “Sport Evolution srl”, con la collaborazione del GRAF, Gruppo Romano Amici
della Ferrovia, l’AMIT (Associazione per il Museo Italiano dei Trasporti)
e la Soc. “Nettunia Sud srl”, ha presentato questa stimolante proposta che
prevede il recupero del tratto della ferrovia Roma–San Cesareo (facente
parte della cessata Roma–Fiuggi) tra Pantano Borghese e San Cesareo,
tratto nel quale è tuttora esistente il corpo stradale ed il binario, al
fine di realizzare una ferovia dedicata alla circolazione di materiale
storico a scartamento ridotto e con trazione a vapore o termica. Inoltre
si propone il recupero dei fabbricati delle
stazioni di Laghetto, di Colonna e di San Cesareo, nei quali saranno
ospitate le collezioni statiche (biblioteca, archivio storico, ecc.). |
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Il
locomotore 2 della ex Ferrovia Roma-Fiuggi oggi conservato presso l'Evolution
Sporting Club di Colonna (Roma). Uno dei rotabili di cui è prevista
l'esposizione nell'ambito della Ferrovia Museo oggi in fase di
avanzata progettazione, assieme ad altri rotabili della ex Ro-
ma-Fiuggi (seconda foto), come le due rimorchiate 053 e 111, anch'esse
conservate presso la stessa struttura. |
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(Foto: Enrico Mittiga - dal
sito
www.graf.tv) |
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(Foto: Fabrizio Tellini -
dal sito
www.railonweb.com) |
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Il progetto si articola su due fasi funzionali successive: una prima, da
realizzarsi in tempi relativamente brevi, prevede il recupero degli
edifici e la sistemazione dell’area espositiva dei rotabili nella stazione
di Colonna. La seconda fase, funzionale, prevede il recupero del tratto di
linea ferroviaria fra le stazioni di Pantano Borghese e di San Cesareo e
l’avvio dell’esercizio turistico-rievocativo con materiale storico. Tale
seconda fase potrà essere avviata in tempi forzatamente più lunghi. A
regime, il complesso museale dovrebbe essere costituito da diverse
strutture diffuse lungo l’asse ferroviario da Pantano Borghese a San
Cesareo. |
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Il terminale di Pantano Borghese costituirà la porta di ingresso per i
visitatori provenienti da Roma con la futura metropolitana C. I visitatori
stessi prenderanno posto sul convoglio storico e percorreranno i primi
quattro chilometri della ferrovia museo, fino alla stazione di Laghetto
dove sarà ospitata la prima delle strutture ricettive: si prevede,
infatti, di ospitare nel fabbricato viaggiatori un centro di esposizione
di prodotti tipici del territorio (es. degustazione di vini). |
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Sarà, inoltre, possibile visitare le vicine cave di basalto da cui in
passato venivano cavati i “sampietrini” con i quali tante strade di
Roma sono state pavimentate. Le miniere di cui era proprietario
Antonino Clementi, promotore e progettista della vecchia linea
ferroviaria, cui era interessato anche per il trasporto del minerale. |
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Successivamente, il convoglio raggiungerà la stazione di Colonna, che
ospiterà un’esposizione di rotabili storici, scelti fra quelli di
proprietà della Soc. “Sport Evolution srl”, della Soc. “Nettunia Sud srl”,
dell’AMIT e del GRAF. Tale esposizione costituirà il nucleo più importante
del museo ferroviario: saranno presenti locomotive a vapore provenienti
dalle Ferrovie Calabro-Lucane (fra le altre, la n. 358 del 1928) e dalle
Ferrovie Complementari della Sardegna (fra le altre, la n. 4 del 1888, la
n. 36 del 1936 e la n. 200 del 1909), automotrici diesel (fra cui la MLC
88 del 1937 dalle Ferrovie Calabro-Lucane, e la ALn 204 del 1935 dalle
Ferrovie Meridionali Sarde), carrozze (fra tutte la carrozza ex Ferrovia
Monteponi–Portovesne del 1874) e carri. Saranno, inoltre, presenti anche
rotabili provenienti dal parco della ferrovia Roma-Fiuggi e dalle Tranvie dei Castelli Romani |
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Il fabbricato viaggiatori ospiterà una raccolta di oggettistica
ferroviaria ed una mostra modellistica. Saranno previsti spazi per
l’organizzazione di esposizioni a carattere temporaneo e un punto di
ristoro, quest’ultimo nella inconsueta e suggestiva cornice della carrozza
ristorante ex CIWL n. 4242 (costruz. Astrad Arad 1943) che sarà collocata
all’interno dell’area della stazione assieme alla carrozza letto ex CIWL
n. 3901 (costruz. Ateliers Metallurgiques Nivelles 1939). Infine, la
ferrovia raggiungerà la stazione di San Cesareo, dove sarà resa visitabile
la sottostazione elettrica di alimentazione che ospita ancora le
apparecchiature, e che accoglierà anche una biblioteca ed una raccolta di
materiale iconografico e cinematografico di argomento ferroviario |
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La trazione dei convogli storici sarà affidata sia a locomotive a vapore,
scelte fra quelle in esposizione, sia ad automotrici diesel. Il materiale
rotabile in grado di marciare sarà messo in servizio in base ad un turno
che potrà essere stabilito in modo da assicurare la regolare affluenza dei
visitatori nelle diverse stagioni. La stazione di Colonna ospiterà, fra
l’altro, le strutture per il ricovero dei veicoli ferroviari |
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L'elettrotreno articolato 817 della ferrovia ex Roma-Fiuggi,
utilizzato poi lungo la tratta Roma-Pantano, ripreso nel deposito di
Centocelle in attesa di trasferimento al museo di Biella AFBD. |
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(Foto: Marco Minù - dal
sito
www.graf.tv) |
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Seppure tra mille
difficoltà, principalmente di ordine finanziario, quest'attività di
recupero dei rotabili storici prosegue ancora oggi (l'AMIT sta trattando
per l'acqui- sizione dell'elettrotreno articolato 801 della ex Ferrovia
Roma-Fiuggi), ma per por- tare in salvo un mezzo storico non basta solo
pagare al suo attuale proprietario il prezzo che ne chiede: si deve
provvederne il carico e il trasporto (il cui costo è tut- t'altro che
indifferente), e naturalmente disporre di un area dove collocarlo alme- no
provvisoriamente (meglio ancora se coperta...). Un esempio è il Fiat 410
3431, unico esemplare romano del gruppo degli
AU1511 del 1967 (ne sono
conservati altri due a Trieste, di cui uno funzionante, e uno a Napoli),
per il quale il suo attuale proprietario chiede 1000 euro "cosi come sta".
Una cifra di questo genere, a picco- le quote individuali tra tanti
appassionati, si può anche racimolare, ma il problema è poi il trasporto:
si deve naturalmente imbracarlo con una gru di particolare poten za,
trasportalo su un carro adatto, reimbracarlo per sistemarlo nella sua
nuova col- locazione, ed anche a superare il problema del trasporto rimane
quello di dove tras portarlo, e si dovrebbe poi sostenere il costo non
indifferente del restauro, specie se l'intenzione è quella di farlo
tornare a muoversi. |
I problemi sono ancora
maggiori se si riuscisse a portare in salvo l'unico esempla- re di autobus
Alfa Romeo romano ancora esistente, la vettura 1025 del gruppo dei 910 del
1957, ad oggi abbandonata nei pressi di San Cesareo. La vettura si trova
in quel terreno da oltre 30 anni (questo gruppo fu radiato entro il 1973), e come le foto a seguire dimostrano la
vegetazione, e gli alberi, vi sono cresciuti attorno piuttosto rigogliosi.
Anche questo autobus è stato utilizzato a lungo come magazzi- no ma
attualmente si trova in stato di completo abbandono, il suo vecchio
proprie- tario è passato a miglior vita e per trattare un eventuale
acquisizione si dovrebbe rintracciare i suoi eredi. |
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Non mancano le vetture storiche che, esaurita per vetustà la propria
funzione ori- ginale, sono oggi utilizzate per scopi certamente più nobili
della classica destinazio- ne a magazzino, pollaio o fienile riservata a
tanti mezzi poi del tutto scomparsi o de finitivamente abbandonati. In
ambito ATAC sono state preservate dalla demolizio- ne 3 vetture del parco
MRS e un articolata Stanga: le prime sono state ricostruite come vetture
"storica" (restauro alle condizioni il più possibile originali), "studio"
(attrezzata per convegni e riunioni con impianti audio-video), e
"ristorante" (dota- ta di tavolini interni, piccola cucina, toilette e
guardaroba), la Stanga è anch'essa di ventata tram ristorante, e a
dispetto di chi a suo tempo ha buttato li pessime previ sioni (tra l'altro
sottolineando che la Stanga era più utile in servizio viaggiatori), le due
vetture ristoro lavorano moltissimo, ed è spesso necessario prenotarle
anche due mesi prima per poterne disporre in un giorno specifico. |
Chi scrive, per averle utilizzate entrambe, conferma che una festa a bordo
di un tram in movimento ha un fascino tutto particolare, anche per chi non
è un appas- sionato della materia. |
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Tre
delle quattro vetture storiche ufficialmente preservate nel parco ATAC:
da sinistra la MRS 2047, restaurata nelle condizioni originali, e i
due tram ristorante, MRS 2148 e Stanga 7021. |
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(Foto: Enrico Mittiga - dal
sito
www.graf.tv) |
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Tra queste utilizzazioni...
particolari vale la pena di citare un vecchio 410 della pri ma serie del
1960, acquistato da un dipendente ATAC che lo ha collocato nel giardi- no
della propria casa, trasformandolo in veranda. Non se ne dispone di un
immagine poiché il suo proprietario non le autorizza, comunque l'autobus è
stato sottoposto a un integrale restauro non funzionale (cioè non se ne
prevede il ritorno alla circo- lazione), con ricostruzione degli interni
all'attuale destinazione (tavolini, tendine, etc), e impianto a bassa
tensione per le luci esterne ed interne. Trasformazione in un certo senso
analoga per un Fiat 412 a due piani, oggi di proprietà di un associa-
zione romana, che lo ha trasformato in ambiente polivalente. Dell'autobus
rimangono di fatto il disegno della carrozzeria con tutti i particolari
tipici (cartello di linea, porte, etc), ma è stato inglobato in una
piattaforma di cemento e completa- mente ricondizionato ad una funzione
del tutto diversa, che manterrà comunque vi va la memoria storica
dell'unico autobus a due piani prodotto in serie in Italia. |
Dei 412 a due piani ex ATAC
sopravvivono a tutt'oggi almeno tre esemplari, dei quali si spera un
domani di poter recuperare la vettura di prima serie che da molti anni
staziona in un terreno privato a nord di Roma, utilizzata come
ripostiglio, che è quella conservata nelle migliori condizioni. |
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Il lettore non appassionato
della materia, quello che sta leggendo questa pagina per curiosità, dopo
tante considerazioni probabilmente ora si starà ponendo una do manda:
un museo
storico dei trasporti pubblici - di Roma e di qualsiasi altra città -
avrebbe un senso? Servirebbe davvero a qualcosa un istituzione del genere? |
Se per museo dei trasporti pubblici si intende una sterile esposizione
delle poche vetture storiche ancor oggi esistenti, come al parco museo di
Porta San Paolo, la risposta è sicuramente no. Esposte una accanto
all'altra senza un progetto più ampio, che ricostruisca le vicende
storiche in cui hanno operato, oltre che il significativo progresso
economico e sociale che hanno rappresentato (come si progetta di fare con
la "Ferrovia Museo" di cui si è appena parlato), sarebbero soltanto dei
"pezzi di ferro" con un valore unicamente affettivo per gli appassionati
della materia, i nostalgici che le hanno utilizzate e i più giovani che le
guardano col disincanto di chi coltiva una passione culturale. Una simile
istituzione - ed è il motivo dell'ostilità - potrebbe e dovrebbe servire a
diffondere la cultura e il valore sociale della mobilità collettiva, da
troppi anni subordinata all'egoistico interesse della motorizzazione
individuale e relegata al misero rango di servizio per chi non può
permettersi l'uso dell'automobile per ragioni di età o di reddito (o per
difetti alla vista che non consentono la guida, com'è il caso di chi
scrive). |
Prima ancora: rispolverando la storia nel suo complesso intreccio di
finalità so ciali ed interessi materiali, di legittime ambizioni ad uscire
dai limiti del proprio tempo e di riscoperta delle operazioni
politico-economiche non del tutto pulite che si nascondono dietro a
vicende storiche peraltro di tutto rispetto, anche l'ultimo degli utenti
che oggi affollano i mezzi pubblici comprenderebbe senza troppi problemi
che la storia di questo servizio fondamentale è un continuo inseguirsi - e
ripetersi - di errori spesso grossolani, il più delle volte commessi prima
per calcolo opportunistico che per la legittima possibilità umana di
errare. Potrebbe obiettare ad un più superbo "ingegnere" che se ogni giorno
affronta mille difficoltà nel recarsi a scuola o sul lavoro è per colpa di
chi preferisce ripetere gli sbagli piuttosto che correggerli. |
Cosa direbbe il giovanissimo studente che ogni mattina è costretto a
gettarsi nel pigia-pigia del tram 8 (quello che doveva effettuare 17
fermate in 18 minuti, buffoni che non sono altro), se qualcuno gli
raccontasse che nel 1990 era stato (in parte), compiuto un errore simile
col tram 225? In entrambi i casi si sono arretrati i capilinea degli
autobus, una linea tranviaria protetta solo a parole è andata ad aumentare
il tempo e la scomodità del viaggio, ed in entrambi i casi (dopo anni nel
caso del 225, in pochi mesi con la linea 8), si è dovuto rimettere mano
alla rete su gomma per l'insufficienza di una sola linea, chiamata a
raccogliere l'eredità di varie autolinee preesistenti alla tranvia. Il
tutto, nel 1990 e nel 1998, sprecando denaro pubblico in opere connesse
che non saranno mai utilizzate come il capolinea (oggi smantellato), di
P.le Flaminio, o anche l'impianto degli scambi di Torre Argentina e i
semafori cosiddetti intelligenti di viale Trastevere), che non hanno mai
funzionato. |
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Autobus
ex SARO (Società Autolinee Roma Ovest), successivamente passati alla
STEFER e quindi all'ACOTRAL, in attesa di
demolizione nei pressi del deposito autobus di Capannelle nel 1981.
Sono due Fiat 306/3 con carrozzeria De Simon. Una di queste vetture
(del tipo di quella a sinistra di questa immagine), era ancora in
circolazione tra Roma e Fiumicino nel 1983, ancora nell'originaria
livrea bianca a striature celesti. |
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(Archivio Kaiblinger) |
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Forti solo di un potere conferito in virtù della garanzia di certi
interessi (siano essi economici, elettorali, e via dicendo), i politicanti
delle aziende romane si guardano bene dal voltare le spalle per guardare
al passato di cui sono eredi. Dovrebbero poi ammettere che gran parte di
quello che si fa oggigiorno non è altro che il recupero, con adattamenti
alla diversa epoca storica, di cose già fate e non sempre sbagliate, e
quindi tutti capirebbero senza troppa difficoltà che nella moderna azione
di tanti "ingegneri", di centinaia di burocrati, di Presidenti e
Consiglieri di Amministrazione (tutto personale che costa caro alle nostre
tasche di contribuenti), non c'è alcuna di quelle idee innovative o
rivolzionarie di cui si vantano, e per le quali assicurano ai propri
referenti politici cospicui consensi economici ed elettorali. Molte
persone non più giovani potrebbero addirittura farsi forti di esperienze
passate e vissute nel dialogo tra sordi che oppone chi gestisce il
servizio e chi lo usa |
Le
linee express esistevano già nel 1948 (e più di qualcuno ricorderà le
linee celeri, contraddistinte da una lettera in luogo dell'usuale
numero, come la L barrata che oggi è il 170, o la H poi diventata 49),
i due piani scoperti erano diffusissimi negli Stati Uniti ed anche a
Roma apparvero per la prima volta negli anni '30, e così anche le
vetture articolate, siano state motrice+rimorchio accoppiati o
serpentoni come quelli che vediamo oggi scorazzare per le strade della
città. Ogni innovazione ha comportato vantaggi e svantaggi, e del
resto nel raccontare la storia delle tranvie dei Castelli non si è
mancato di mettere in luce i numerosi problemi che si incontrarono
nelle varie epoche storiche, dalla difficoltà di inserire a forza i
binari ovunque ce ne fosse bisogno ai numerosi problemi economici,
dagli interessi più o meno puliti degli azionisti e dei politici fino
ad un declino che se non era stato ufficialmente previsto fin
dall'inizio apparve come un destino inevitabile quando la fragilità di
quel sistema venne allo scoperto già nella seconda metà degli anni
'20. |
La storia è una guerra contro il tempo, ma prima ancora contro
l'indolenza del l'uomo di oggi, che troppo spesso per ignoranza -
ma nel caso di specie più per malizia - distrugge quanto è rimasto
del passato per nascondere il mero e gretto interesse del
presente, e ciò vale anche per chi si presenta come uno storico
della materia e poi si perde in una sterile e pomposa dietrologia
che dipinge come sbagliate, e sempre, le chiusure dei servizi su
ferro e la diffusione dei mezzi su gomma. C'è del vero in tanti di
questi discorsi, ma non è continuando a discutere sul fatto che la
rete tranviaria romana è stata smantellata o che certe ferrovie
non esistono più che si può guardare all'ambizioso obiettivo di
una nuova e più rispondente cultura del mezzo pubblico da parte
della gente. In fondo se le tranvie dei Castelli fossero state
rimodernate, ben poco di quell'aspetto ro- mantico ed antiquato
che tanto ci piace guardare nelle foto ne sopravvivrebbe oggi. Una
moderna ferrovia per Fiuggi e Alatri certo non vedrebbe dei
convogli ferroviari correre lungo le strade e tagliare a metà
l'abitato di piccoli paesi, interferendo spesso pericolosamente
col tessuto urbano come avveniva, ad esempio, a Cave, dove i
convogli delle Vicinali sfioravano i vecchietti seduti sulle
panchine pubbliche. |
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Al
capolinea di piazza Venezia, tra i Fiat 418 e le Inbus: ultimi tempi
di servizio per i Fiat 410st.4/8 OMFPAU1511, molti dei
quali (come la 3616 qui ripresa), ancora in verde Roma '71. A
seguire una sola immagine (per ora), dell'unica vettura romana di
questo gruppo ancora esistente, la 3431, che fu invece ricolorata
nel regolamentare arancione imposto negli anni '70. |
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(Foto: Vinicio Mittarelli -
coll. Leandro Tavolare da
http://fotoatac.fotopic.net) |
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(Foto: Flavio Del Curatolo) |
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Qui si tratta di liberare dalla prigione di un oblio forzato non tanto
delle vicende storiche in parte risapute, quanto certuni aspetti più o
meno positivi legati alle singole vicende, e ciò per ricostruire ex novo
un rapporto tra utenti e mezzo pubblico logorato da decenni di
disinteresse e di malfunzionamento. |
E' un obiettivo che diventa di giorno in giorno sempre più ambizioso, e
ciò per la sconcertante e vergognosa politica del dialogo dell'ATAC, che
non è più quella di Cesare Vaciago e dell'ottimo periodico "Amico Metrebus".
Dalle colonne del quotidiano gratuito Metro - e solo perché gratuito è
tanto letto - ben lungi dal favorire un dialogo con gli utenti, altro non
si fa che acuirne il livore verso il disservizio, istigandoli a sfogarsi
contro un personale impotente, che non ha alcun potere decisionale, e che
dell'azione improvvida ed impopolare dei capoccioni di via Prenestina è
solo un esecutore. Autisti ed ispettori non saranno dei santi (il buono e
il cattivo in fondo esiste in ogni comunità umana e/o lavorativa), ed è
anche vero che una parte si comporta in modo anche peggiore di quello che
viene descritto nei reclami, ma l'addossamento sistematico delle colpe a
chi altra responsabilità non ha, se non rispettare tempi e itinerari
decisi in alto loco, denota una volontà politica ben precisa, spesso
sostenuta da chi scrive in precedente attività pubblicistica in materia |
Il trasporto pubblico non deve funzionare al 100%, qualcosa deve sempre e
comunque non andare per il verso giusto. Se tutto andasse bene, in fondo,
come potrebbe certo politicantume chiedere voti con la promessa che le
cose miglioreranno? E allora ecco il susseguirsi di provvedimenti monchi,
di linee is- tituite o modificate con tempi di percorrenza palesemente
insufficienti o con itinerari inutilmente contorti o poco praticabili, di
linee tranviarie che accresco- no solo l'antipatia per questa modalità di
trasporto piuttosto che favorirne una nuova simpatia che consenta di
ricostruire le rotaie laddove servirebbero davvero; ecco, prima ancora, le
vergognose proposte di certa politica che guarda solo ai poteri forti
(preferenza che è trasversale agli schieramenti...), e tende a favorire
solo l'interesse egoistico di chi ogni giorno invade le strade della città
con la propria automobile, con tutte le conseguenze economiche, sociali e
sani- tarie che vengono rilanciate di tanto in tanto da qualche voce
isolata |
E una voce isolata è anche questa, dileggiata e derisa dalle aziende di
trasporto e da certuni (cosiddetti), appassionati a queste ultime legate
anima e corpo. Atteggiamento, sia chiaro, che per il sottoscritto è motivo
di orgoglio. Essere snobbato dai pennivendoli di Metro, o da qualche
sbarbatello che si è improvvi- sato appassionato da un giorno all'altro e
che pretende di dettar legge per pochi o tanti €€€ spesi per affittare una
vettura tranviaria (comportamento peraltro lodevole...), non vuol
necessariamente dire che la ragione stia soltanto dalla parte di chi
gestisce un vero e proprio potere politico. C'è anche chi ci crede davvero
nel valore sociale e nelle potenzialità del trasporto pubblico, e per
fortuna almeno in questo campo il reato d'opinione ancora non esiste.
Niente e nessuno, quindi, può impedire all'autore di fare ricerche
storiche in archivi e biblioteche che non siano quelle aziendali (e per
fortuna il materiale migliore è conservato altrove...), e di raccontare la
storia del trasporto pubblico nei suoi aspetti più genuini. Per mantenere
una memoria storica, per contentare l'appassionato in cerca di notizie, ma
anche per rivendicare i meriti delle nostre aziende che hanno inventato il
tram articolato o fatto circolare spettacolari autobus anche a due piani e
mezzo e in molti casi unici al mondo. |
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L'autore di questo sito, in compagnia di altri soci del GRAF:
si smontano da una PCC ATAC prossima alla demolizione alcuni
componenti (porte, sedili, rivestimenti interni,
sgocciolatoi), che serviranno per il restauro delle vetture
acquisite dal GRAF e dall'AMIT. |
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(Foto: Paolo De
Paolis) |
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(Foto: Paolo De
Paolis) |
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E del resto, come ebbe a scrivere nel 1987 l'allora Assessore
romano al Traffico e all'ufficio speciale Metropolitana, Massimo
Palombi... |
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"...
Far conoscere queste realizzazioni notevoli, ricordare i
contributi di Roma allo sviluppo dei trasporti pubblici, sono il
compito del Museo dei Trasporti romani che è mia intenzione far
nascere..." |
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a
dimostrazione che l'idea di un Museo che andasse oltre la statica
esposizione del materiale storico è vecchia quanto l'intenzione di
realizzarlo. Ed è un intenzione che, ad avviso di chi scrive, tale
rimarrà. Se qualcosa si farà sarà soltanto iniziativa di privati, che
dovranno scontrarsi con numerosi ostacoli: burocrazia, fondi, ostilità
politica. Fortuna vuole che il progresso ha rivoluzionato il mondo con
questo tipo di comunicazione, che arriva ovunque nel mondo, e che
consente a chiunque di superare l'ostacolo degli interessi
particolari. Scrivere su internet non richiede editori, stampatori,
finanziatori, ma solo una buona dose di buona volontà e qualche euro
per assicurarsi un dominio, se non si ricorre addirittura a uno spazio
gratuito. E se tutto manca, si possono anche superare eventuali
cavilli di carattere legale ricorrendo ad un server di Paesi dove le
particolari leggi locali in materia consentono di diffondere ben
altro che una voce controcorrente come questa. |
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Ipotesi estreme, certo, ma chi tra i lettori abbia ben compreso lo
spirito vero di questo sito (e ne abbia recepito il messaggio
nascosto tra le righe di un racconto esposto col distacco dell'analisi
obiettiva della storia), avrà ben compreso che è anzitutto dalla
storia che si possono trarre esempi e metodologie che siano oggi in
grado di porre un freno ad una crisi del trasporto locale che pure ha
origini e radici ben lontane nel tempo. Nel momento in cui della
storia si ha paura, o peggio la si interpreta o falsa a seconda delle
opportunità, sperare in un inversione di tendenza che restituisca a
questo servizio il ruolo e le potenzialità di cui è capace è vana
illusione. |
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La realizzazione di un vero Museo storico dei Trasporti Pubblici di Roma,
quindi, appare ad essere ottimisti impossibile. Gran parte del materiale
storico ancora esistente sarà quasi certamente demolito, quel poco che si
salverà prenderà la strada di altre città o di altri Paesi, ma una sola
cosa è certa; nessuno potrà mai impedire di rievocare la storia a mezzo di
iniziative come questa, perché la storia non si cancella con la fiamma
ossidrica, o anche impedendo l'accesso de gli studiosi all'archivio
storico ATAC di via Baccina, e chi oggi ha in mano un potere derivato dal
denaro, da una tessera di partito o dal lecchinaggio, finirà presto o
tardi col culo per terra, come sempre è stato (anche qui la storia
insegna...), per chi sfrutta per proprio tornaconto un potere economico
e/o politico. |
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(1) Notizie
tratte dal sito "TramRoma" dell'ing. Vittorio Formigari |
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