1. Tra nuove teorie e narrazioni in atto: considerazioni introduttive Il
senso comune odierno registra ormai diffusamente la sensazione che la concezione
e l’uso del tempo siano profondamente cambiati nell’arco degli ultimi decenni.
Tale cambiamento è accompagnato da una trasformazione altrettanto
evidente nei concetti di spazio, luogo e identità [1].
Le
parole d’ordine quotidiane sono ‘flessibilità’, ‘globalizzazione’[2],
‘just-in-time’, ‘on-line’ ed i meccanismi sia di trasmissione inter-generazionale,
sia di socializzazione entro
una medesima coorte demografica sembrano sempre più svincolarsi
dai limiti imposti sino a qualche decennio addietro dalle variabili
temporali e fisico-spaziali.
In altre
parole, chi è nato in un Paese occidentale prima degli anni Settanta
è in grado di testimoniare in prima persona una netta differenza
tra ritmi e modi di vita del passato e del presente.
La separazione
tra luogo sociale e luogo fisico, avviatasi con l’introduzione di telefono,
radio e televisione[3], sembra
oggi potersi compiere attraverso le notevoli potenzialità offerte
dal computer.
Le
scienze sociali hanno cominciato a tematizzare questo cambiamento
a partire dalla fine degli anni Sessanta e, a tutt’oggi, dalla convergenza,
dallo scambio, anche dalla contrapposizione tra forme e prospettive
diverse del sapere sono emersi tre macro-approcci teorici, ognuno
dei quali fa perno su un’immagine peculiare del mondo (occidentale)
contemporaneo: società
post-industriale, società
post-fordista, società
post-moderna[4].
Senso
comune e scienza concordano ormai nel mettere la tecnologia,
in particolare quella informatico-elettronica, al centro delle modificazioni
ancora oggi in via di rapida e profonda evoluzione. Si può
anzi affermare che, probabilmente, il filo rosso che può costituire
un punto comune di riflessione consiste proprio nel riconoscimento
del ruolo fondamentale ricoperto
dalla risorsa informativa[5].
Tra
le convinzioni di Bell, autore de The coming of post-industrial society
nel 1973, v’era certamente quella per cui la società
che stava preparandosi a sostituire quella precedente “era definita
dai rinnovati metodi per raccogliere, elaborare e diffondere le informazioni
e da questi prendeva il nome”[6]
(anche se poi Bell in quegli anni era dell’idea che la nuova società
dovesse essere iper-industriale, diversamente da ciò che poi
è avvenuto).
Il
post-fordismo, del resto, descrive prevalentemente lo scenario lavorativo-organizzativo
che si lega alla globalizzazione
dei mercati e della produzione ed investe il mondo intero, anche se
i suoi caratteri appaiono più evidenti nella società
occidentale. Tale scenario si è venuto a manifestare in modo
particolarmente visibile e diffuso a seguito della vasta applicazione
dell’informatica nei diversi settori della produzione e del terziario,
nell’era della cosiddetta New Economy.
Per ciò
che riguarda l’insieme variegato di posizioni che si possono un po’ forzatamente
riassumere entro la definizione di post-moderne, caratterizzate – questo
sì – da una forte critica e corrosione delle ambizioni di stampo
illuministico-moderno (il cui ‘campione’ pare essere l’Habermas della ragione
comunicativa) e da una tendenza allo slittamento verso forme di ‘discorso’
e di ‘trama’ autoreferenziali, buona parte della vis contestatrice ed alternativa
nasce dagli scenari aperti dalle elaborazioni informativo-comunicative
tra reale e virtuale[7].
Per
ognuna delle tre teorie appena richiamate, naturalmente, si possono contare
sostenitori ed avversari, entusiasti e pessimisti[8]
e in merito a ciascuna delle immagini suggerite, o dei processi descritti,
sembra ancora vivace la contrapposizione tra “apocalittici e integrati”[9].
In questo caso, tuttavia, le ragioni di cautela e di critica non vanno
indistintamente riassunte nella ‘sindrome’ del dotto di Salamanca che cerca
di ricavarsi uno spazio di potere e legittimazione creando un antagonismo
esclusivamente strumentale verso il ‘nuovo’: sembra infatti del tutto condivisibile
la sottolineatura del rischio di una naturalizzazione delle dinamiche socio-economiche,
senza una prospettiva critica e progettuale rispetto ai fenomeni in atto.
Tra
i più autorevoli e tempestivi interpreti dei mutamenti socio-economici
(scrisse La societé post-industrielle nel 1969), Touraine definisce
la società post-industriale
– ma la descrizione vale al di là dell’immagine scelta in riferimento
all’industrialismo – come frammentata e dis-integrata rispetto alla
precedente, con una dissociazione profonda tra sistema e attore,
laddove in passato anche le situazioni di vita privata erano subordinate
alle istituzioni[10].
Tre sembrano dunque essere, provvisoriamente, le acquisizioni in merito alla società contemporanea:
L’attuale società
può dunque essere definita ‘dell’informazione’, secondo un’espressione
largamente diffusa ed accettata anche quando essa è sottoposta
a letture critiche.
Del resto è
ormai chiaro che la società
dell’informazione ha già (è già) un programma
politico sostenuto dalle principali istituzioni pubbliche occidentali
(dalla Commissione Europea ai singoli Stati nazionali, all’OCSE, agli
Stati Uniti d’America).
Si
può ad esempio far riferimento al recente Consiglio europeo
straordinario tenutosi a Lisbona il 23 e 24 marzo 2000. In tale circostanza
la Commissione ha elaborato un documento intitolato eEurope. Una società
dell’informazione per tutti in cui, premettendo che “i cambiamenti
in atto grazie alla società
dell’informazione [sono] i più significativi dopo la Rivoluzione
industriale [e] sono estremamente profondi e su scala mondiale” (p.
2), viene offerta una sorta di Carta dell’Europa digitale. Entro i
macro-obiettivi del collegamento on-line per tutti (cittadini, imprese,
amministrazioni pubbliche), della creazione di una cultura
digitale e innovativa, della garanzia che l’intero processo avvenga
con la piena partecipazione di tutti e con il potenziamento della
coesione sociale si trova anche un esplicito riferimento all’area
del sapere e della conoscenza: uno dei dieci paragrafi di questo ‘decalogo’
punta esplicitamente all’accesso rapido a Internet per ricercatori
e studenti (p. 10).
È dunque
abbastanza evidente come le istituzioni pubbliche europee di vario
grado abbiano ormai registrato e politicamente ufficializzato l’esistenza
della società dell’informazione,
promuovendo ed avviando da tempo programmi che vanno dallo studio
alla diffusione delle tecnologie digitali, inclusa l’analisi dei riflessi
sociali che esse possono comportare. Spesso tali iniziative sono state
rivolte o abbinate alle possibilità che l’informatica offre
ai processi di apprendimento e di educazione, sia per favorire percorsi
di formazione continua, sia per agevolare fasce svantaggiate di fatto
escluse o quasi dai cicli educativi[12].
La centralità
dell’informazione appare quindi l’elemento forte su cui ruotano le
diverse interpretazioni della società
contemporanea, nella sua irriducibilità a quella che l’ha preceduta.
Altrettanto
centrale appare allora la sfida lanciata dalla gestione dell’enorme flusso
informativo-comunicativo: trattandosi di risorsa fondamentale, l’informazione
e, soprattutto, la capacità di accedervi e di utilizzarla entra
decisamente nella definizione del livello di cittadinanza raggiungibile
da un individuo.
Sembra
ormai tecnologicamente plausibile ed attuale constatare che è finito
il
tempo in cui si andava fisicamente ad informarsi, a cercare, guadagnare,
procurare informazione e conoscenza superando vincoli spaziali e temporali.
Oggi, infatti, tecnicamente l’informazione viene a noi. Ciò implica,
come si sottintendeva poc’anzi, la comparsa di una vera e propria frontiera:
quella relativa al reperimento di ‘buona’ informazione ed alla costruzione
di ‘buona’ conoscenza.
Il cammino verso
tale frontiera è ulteriormente complicato da due tendenze della
società del ‘post’:
La
difficile combinazione tra esistenza privata ed estensione della cittadinanza
per via partecipativa e democratica trova una felice sintesi nell’immagine
di ‘società incentrata
sulla casa’ di cui parla Kumar[16].
Le possibilità ed i margini di manovra offerti ‘a domicilio’
dalla tecnologia informatica,
infatti, ci trasformano in consumatori e produttori insieme di informazione
e conoscenza. Per dirla con le altrettanto efficaci parole di Castells:
“we are not living in a global village, but in customized cottages
globally produced and locally distributed”[17].
1.2. Università e conoscenza
Nell’accelerato evolversi dell’information technology, fenomeno che, a detta degli esperti, viaggia ad una velocità almeno 3 volte superiore ai tempi della società basata sulla cosiddetta old economy (presumibilmente a rischio di diventare, per questa via, essa stessa una old society, costruita su strutture e logiche dissonanti rispetto a quelle che oggi riscrivono il rapporto tra scienza, norme sociali e valori), il ruolo delle agenzie di ricerca, elaborazione e distribuzione del sapere rimane assolutamente strategico. Nel
prosieguo della riflessione ci si soffermerà su alcune delle
sfide e delle possibilità che la società
dell’informazione ‘consegna’ alle istituzioni addette alla trasmissione
e produzione della conoscenza, in particolare a quella universitaria
e, al suo interno, al comparto delle scienze sociali.
L’indubbia
rilevanza dei processi di informatizzazione che stanno caratterizzando
la nostra società,
in maniera profonda e pervasiva da più di un decennio, è
accompagnata - come più volte e da più parti ribadito
- da un’elevatissima rapidità di evoluzioni ed innovazioni.
Tale rapidità sfida le capacità di qualsiasi osservatore
intento a cercare la prospettiva di analisi più corretta e
a valutare la portata e gli effetti del cambiamento.
In altri
termini, ci si trova di fronte ai rischi connessi a “tutte le forme di
‘storia del presente’”[18],
laddove la velocità e la complessità di trasformazione di
un fenomeno è tale da scoraggiare propositi previsionali di alcun
tipo, nonostante l’ampia messe di studi e riflessioni che si riferiscono
alla ‘rivoluzione’ informativo-comunicativa.
Il pur
abusato termine di rivoluzione identifica adeguatamente un passaggio che
si è ormai pienamente rivelato come ‘mutamento di paradigma tecnico-economico’,
ossia come livello più estremo per la significatività e la
portata di un’innovazione secondo la tassonomia suggerita da C. Freeman[19].
Attualmente
la fase che sta vivendo la diffusione della tecnologia
informatica - nelle sue diverse espressioni ed applicazioni - trova
una possibile identificazione in un sistema di tipo “‘interattivo’
o ‘aperto’, tendenzialmente acefalo - anche se non privo di punti
di forte concentrazione delle conoscenze - e costituito da una pluralità
crescente di interlocutori decentrati, capaci di interagire tra loro,
oltre che con i ‘vertici’, per così dire, del sistema”[20].
Le istituzioni
volte alla produzione ed alla diffusione del sapere - di grado medio, superiore
ed universitario - sono evidentemente chiamate ad interpretare nella maniera
più attenta queste dinamiche, che le vedono coinvolte tanto come
destinatarie di innovazione tecnologica ed organizzativa, quanto come luoghi
entro i quali si realizza la riflessività sociale sulle implicazioni
e sulle conseguenze, oltre che sulle potenzialità, del nuovo paradigma[21].
L’insieme
delle possibilità legate alla modificazione dei supporti tecnici
del sapere, alla moltiplicazione delle fonti di informazione ed alla
facilitazione dell’accesso ad esse, alla supposta rottura della logica
lineare dell’apprendimento e dell’insegnamento - in definitiva, della
comunicazione tutta - a favore
di un approccio ipertestuale, flessibile, circolare, dinamico sta
certamente destabilizzando alla radice la sequenza di routines,
di schemi cognitivi e di presupposti antropologico-culturali
che si erano consolidati nella plurisecolare stagione gutenberghiana[22]. Un dibattito
entro il quale si condensano emblematicamente le problematiche appena
richiamate è quello relativo alla più o meno imminente
‘fine della cultura del libro’.
Di fronte alle
diverse paure e contrarietà degli uni ed alle certezze e adesioni
degli altri, una riflessione equilibrata sembra condurre a scenari
di “superamento-conservazione”, piuttosto che di “superamento-sostituzione”[23].
In altre parole, posto che lo sviluppo tecnologico potrebbe portare
la forma-libro a diventare prevalentemente elettronica e in misura
residuale cartacea (mantenendo la comodità, piacevolezza e
maneggevolezza del libro stampato ed aggiungendo le opzioni che l’informatica
è in grado di offrire, per esempio attraverso l’opportunità
di aprire sul libro un file di appunti o di attingere a schede,
filmati, banche dati, ecc.), in termini di modello concettuale di
riferimento ci si confronterebbe con un aumento di possibilità
(quindi con un’integrazione tra ‘vecchie’ e ‘nuove’), all’interno
delle quali muoversi sulla base degli obiettivi e del tipo di informazione-comunicazione,
anche multimediale, con cui si avrà a che fare.
Si
può immaginare un continuum di ipertestualità
di una comunicazione che va
da un minimo ad un massimo di complessità in funzione degli
scopi, del contesto, delle risorse della comunicazione
stessa[24].
L’articolazione
della didattica che potrebbe scaturire non annulla l’esistenza di
ruoli diversi tra docenti e discenti. Tale rapporto non viene a mancare,
ma si ridefinisce, cambia, trasforma le sue relazioni.
“In sostanza:
la pura opposizione fra ipertesto e testo lineare, come proposta in
molte teorizzazioni dei sostenitori della ‘nuova cultura
multimediale’ […] rappresenta non solo una ipersemplificazione, ma
una ipersemplificazione fortemente fuorviante”[25]. Queste pur
rapide considerazioni fanno comunque intravedere quanto siano importanti
la presenza ed il contributo dell’Università entro un dibattito
così complesso e centrale per le sorti della società
contemporanea.
In questo senso,
le riflessioni che di seguito saranno proposte sono di vario ordine,
ma si rifanno tutte all’esigenza di un protagonismo del mondo della
ricerca scientifica - in particolar modo della comunità
delle scienze sociali - nell’analisi e nella gestione dell’attuale
passaggio d’epoca.
L’attenzione,
allora, sarà dedicata agli scenari di tipo informativo-comunicativo
sulla base di alcuni assunti di fondo:
- in
primo luogo, di per sé la complessità ed il grado di innovazione
mostrati dagli sviluppi estremamente dinamici dell’informatica applicata
alla gestione delle informazioni richiedono un forte impegno di osservazione
e comprensione da parte delle scienze sociali;
- in secondo
luogo, la natura di questi macro-processi va intesa non solo come
causa, ma anche come effetto di cambiamenti nella domanda sociale
di conoscenza e nella sfera delle relazioni
sociali quotidiane e ciò esige strumenti e sensibilità
adeguate;
- in
terzo luogo, l’Università ha necessità di individuare ed
implementare nuovi modelli sia organizzativi sia didattici per adeguarsi
al mercato ed anche al bisogno sociale della conoscenza;
-
in quarto luogo, una disciplina come la sociologia
Risulta
dunque centrale l’impatto delle tecnologie dell’informazione su un’istituzione
come quella universitaria: essa, infatti, si può complessivamente
rappresentare come denso ‘sistema informativo di sistemi informativi’ (organizzativo,
amministrativo, scientifico, didattico, ecc.).
Occorre
già registrare, rispetto a questi temi, la presenza di un numero
crescente di riflessioni cartacee e on-line sul rapporto tra multimedialità/telematica
e ricerca/didattica/formazione, a testimonianza della necessità
di predisporsi ad affrontarli anche in chiave operativa.
L’insieme
delle ragioni qui addotte per sottolineare la rilevanza di un dibattito
e di un processo innovativo che preme dall’esterno e dall’interno
dell’Università e della comunità
scientifica si inscrive poi entro una riflessione più ampia,
secondo la quale è il rapporto tra una data tecnologia
e il contesto particolare in cui essa viene ad essere applicata che
influenza in maniera determinante l’esito e l’efficacia di un nuovo
assetto tecnologico-organizzativo, soprattutto quando il cambiamento
ha una portata così vasta, di neo-paradigma, come quello basato
sull’informatica. Ogni
settore ‘reinventa’, per così dire, una tecnologia:
“in presenza di un insieme di innovazioni interrelate capace di agire,
come la tecnologia dell’informazione,
in modo aspecifico e capillare, l’effettivo aumento della produttività
dipenderà ancor più dalla stretta interazione tra le
innovazioni migliorative e la loro diffusione nello specifico ambiente
dell’utilizzatore (il cosiddetto ‘apprendimento attraverso l’uso’)”[26].
Nel
prosieguo, dopo una parte dedicata al rapporto tra Università,
comunicazione scientifica ed
Internet, con accenni alle possibilità di adottare metodologie
e strumenti informatico-telematici per l’insegnamento, il contributo
sposta l’attenzione sulla sociologia
2. Didattica e comunicazione universitaria
al tempo di Internet
Le
trasformazioni che attengono alla sfera comunicativo-informativa assumono
quindi grande rilevanza per le agenzie di socializzazione
e di trasmissione dei saperi. Ciò da un punto di vista tanto
di nuovi linguaggi e di adeguamento tecnologico, quanto di potenzialità
che si dispiegano per incrementare la qualità dei contenuti,
in termini di valore conoscitivo aggiunto e di autonomizzazione dell’apprendimento
nei vari ambiti della vita quotidiana e professionale (processo che
comprende sia una personalizzazione del percorso, sia una maggior
responsabilità - e per certi versi un maggior investimento
- individuale).
Anche
se la nostra sembra essere definitivamente un’epoca in cui prevale
il policentrismo formativo ed in cui il predominio spazio-temporale
di famiglia e scuola nel campo della trasmissione dei saperi e delle
abilità appare se non minacciato, almeno eroso ed affiancato
da numerose altre agenzie ed occasioni
di socializzazione, rimane centrale la variabile culturale
rispetto alle chances di ogni individuo nel cammino verso una
piena cittadinanza. Se è dunque necessario riflettere sull’opportunità
di modificare ed aggiornare metodo, obiettivi e contenuti delle istituzioni
scolastiche ed universitarie, queste mantengono comunque un valore
rilevante nel aumentare le garanzie di successo di una persona verso
l’inclusione sociale, rispondendo ai bisogni ed agli skills
che caratterizzano la trasformazione socio-economica in atto.
A questo
riguardo è interessante notare come l’innovazione didattica tech(computer)-based
abbia avuto cittadinanza prima nella scuola dell’obbligo e nella scuola
superiore e successivamente nell’Università.
Si possono
infatti individuare due fasi del rapporto tra insegnamento ed informatica
che hanno attraversato con tempi diversi questi due mondi: per il sistema
dell’istruzione primaria e secondaria in una prima fase l’informatica ha
rappresentato una possibilità per diminuire la percentuale di drop-out
e di esclusi dalla fruizione delle risorse istituzionali; in un secondo
momento la parziale sconfitta nel perseguimento di un più elevato
tasso di scolarizzazione e di riuscita ha spostato l’obiettivo sul miglioramento
della metodologia formativo-didattica, ritenuto comunque un requisito fondamentale
per conservare la prima finalità[27].
L’Università
sta seguendo un analogo percorso, ma si trova più direttamente
impegnata ad elevare la quota degli iscritti, dando loro concrete
possibilità di raggiungere la laurea, quindi con obiettivi
che stanno a metà tra la prima e la seconda fase vissute dalle
istituzioni scolastiche
primarie e secondarie.
Occorre
subito precisare come l’aspirazione di offrire possibilità didattiche
alternative alla frequenza diretta non sia nuova, non sia cioè nata
con le opportunità concesse dalle tecnologie elettroniche e come
ancora oggi, non diversamente dal passato, corra il rischio di cadere facilmente
vittima di una stigmatizzazione.
Già
nel secondo dopoguerra le esperienze note come ‘scuole per corrispondenza’
cercavano di facilitare l’accesso all’istruzione per fasce di popolazione
altrimenti impossibilitate a seguire i normali corsi superiori secondari[28].
Il caso decisamente noto, per essere divenuto un fatto di costume, della
Scuola Radio Elettra di Torino[29],
che offriva pacchetti didattici per corrispondenza per diventare periti
elettrotecnici, racchiude, proprio per l’ironia con cui viene spesso richiamato,
quel giudizio riduttivo e quasi denigratorio che rischia di suscitare e
portare con sé anche l’attuale didattica a distanza, anche quella
‘high-tech’ basata su prodotti e tecnologie di tipo informatico,
quasi a considerare ‘di serie b’ tutto ciò che pone un’alternativa
concettuale, prima ancora che pratica, alla tradizione.
Va peraltro
richiamata l’esperienza ampiamente positiva della Open University britannica,
che nella sua storia ormai trentennale ha raggiunto livelli di assoluta
eccellenza nell’offrire pacchetti didattici per studenti part-time
e/o a distanza, con oltre 200.000 iscritti ai suoi corsi, in totale, nel
1997/98, dei quali circa l’8% al di fuori della Gran Bretagna[30].
Del resto,
una forma di cultural lag
viene a confermarsi anche sul piano delle pubblicazioni scientifiche.
“Malgrado tutte le belle novità che dell’Internet si sono [...]
raccontate, una cosa tuttavia resta ancora ben solida in questi primi
anni del nuovo medium: che la grande maggioranza degli intellettuali,
quando ha qualcosa da comunicare che ritiene importante o anche soltanto
utile, scrive un libro [...]. Pochi invece, anche tra quelli che dissertano
sui nuovi media, affidano le loro idee più care a CD-Rom o
a pagine Internet. Oppure lo fanno in seconda battuta, mettendo anche
in rete, ma dopo, quei materiali che hanno comunque concepito
per la carta stampata”[31].
Ciò
ha una rilevanza non secondaria, poiché ha a che fare con l’assetto
di Internet così come determinato dai suoi utenti, ovvero inerisce
alla funzionalità della Rete tra caratteristiche tecnologiche-comunicative
(con l’informatica viene superato il limite della connessione diadica tipica
del telefono e, ancor prima, la pressoché nulla interattività
di televisione, radio, giornali) ed effettivo uso quotidiano.
In effetti,
due considerazioni si rendono opportune: da una parte Internet concede
alla visibilità di una notizia (sia essa un sito personale, un sito
di e-commerce oppure un testo di taglio giornalistico o scientifico)
una fortuna improbabile, poiché la sua stessa forza ‘democratica’,
ovvero quella di essere acentrica rete di reti, abbassa enormemente la
speranza di godere di un pubblico certo; dall’altra i surfer della
Rete mostrano di seguire logiche di interesse – personale e/o professionale
– piuttosto che l’ebbrezza di un continuo viaggiare senza meta[32],
indicando quindi come la navigazione non sia tanto improntata ad attuare
in forma tecnologica l’idea mitica del viaggio, almeno dopo i primi momenti,
quanto a seguire percorsi mirati ed ordinati.
In sostanza,
allora, la forma comunicativa attualmente dotata di maggior seduzione,
potenzialità e ‘futuribilità’ appare caratterizzata
da due modi ‘antichi’ di essere. In primo luogo occorre ancora “farsi
pubblicità […] per poter diffondere la propria pubblicità”[33]
(poter comunicare con tutti, dunque, non equivale automaticamente
a comunicare con molti). In secondo luogo, “l’utente ‘a regime’ […]
preleva dai dispositivi di memoria di uno o più server solo
le informazioni che rispondono alle sue esigenze lasciando le altre
dove si trovano, esattamente come, davanti alla propria edicola, chiunque
sa dove dirigere lo sguardo con sostanziale indifferenza a ciò
che circonda la pubblicazione cercata”[34]
(la comunicazione telematica
non è solo metafora e strumento del viaggio, ma anche espressione
di trame socio-antropologiche storicamente situate e determinate).
Ecco
perché si spiega la scarsa o nulla propensione a pubblicare in maniera
esclusiva su Internet: di per sé la rete non garantisce (ancora?)
sulla visibilità e sulla diffusione effettiva di un messaggio.
In
questo senso, allora, il ruolo
dell’Università come istituzione
sociale appare ancora importante e soprattutto dotato di un ampio
potenziale in prospettiva: essa, infatti, come accade ad altre istituzioni
in altri settori, detiene e richiama prestigio, affidabilità,
legittimazione, riconoscibilità, dando al contenuto in essa
o da essa veicolato una ‘certificazione’ che comunica fiducia e promette
visibilità.
Per
questo motivo, nello specifico ambito della ricerca e della trasmissione
di conoscenze l’Università conserva piena cittadinanza anche nel
mondo telematico, portando con sé il peso del proprio brand e
della propria autorevolezza (che naturalmente variano da Ateneo ad Ateneo,
da Paese a Paese). Il suo compito è quindi quello di saper rispondere
ai bisogni (agli interessi) dei propri interlocutori, garantendo innanzitutto
metodo, sapere esperto, coerenza scientifica nella pur acquisita molteplicità
dei percorsi individuali di socializzazio-ne/apprendimento e nell’aumentata
disponibilità/reperibilità di fonti informative.
3.
Il significato e gli strumenti dell’innovazione didattica universitaria:
non solo Internet, non solo ‘a distanza’
Il riferimento
ad Internet viene oggi frequentemente utilizzato per intendere la portata
complessiva delle soluzioni offerte attualmente - e previste per il futuro
- dall’innovazione informatico-telematica.
L’Università
ha l’occasione di ‘agganciare’ questo processo tecnologico sia per
aggiornare e migliorare le funzionalità tecnico-organizzative
interne (dall’immatricolazione all’iscrizione agli esami, dagli archivi
statistico-amministrativi alla comunicazione
con gli studenti), sia per conformare la didattica alle esigenze di
un bacino di potenziali studenti sempre più differenziato,
sia per potenziare la ricerca.
Internet,
allora, deve essere inteso come un più ampio obiettivo di adeguamento
dei modelli didattico-organizzativi, al di là della legittimazione
conferita quasi automaticamente dal possesso di un sito www che,
magari, si esaurisce semplicemente in una forma di visibilità e
pubblicità dell’ateneo o della facoltà ‘al passo coi tempi’.
Le potenzialità
per la didattica, in particolare, si esprimono attraverso percorsi
complessivamente multimediali in cui la logica ipertestuale racchiusa,
ad esempio, in un CD-Rom (supporto off-line, eventualmente
con la predisposizione di links alla rete) si unisce alla comunicazione
elettronica (on-line e/o off-line) ed è sostenuta
da un impianto metodologico che deve assicurare l’efficacia del circolo
collaborativo insegnamento-apprendimento-(auto)valutazione.
In un’ottica
di progettazione ed innovazione didattica si può dunque pensare
all’ipotesi di una scelta non duale tra modelli ‘in presenza’ e ‘a distanza’[35].
Ciò
nella consapevolezza che, anche grazie all’ingresso delle nuove tecnologie
informatiche e telematiche, non sia più possibile oggi distinguere
in maniera netta tra formazione in presenza e a distanza. Si assiste, infatti,
ad una continua ibridazione e contaminazione tra i concetti di ‘frequenza’,
‘distanza’ e ‘relazione educativa’ (del resto, non è un caso che
al termine ‘formazione a distanza’ si stia rapidamente sostituendo quello
più significativo di open and distance learning).
Le
possibilità aperte dalla comunicazione
telematica finiscono per “incrinare una distinzione netta fra modelli
di ‘formazione in presenza’ e ‘formazione a distanza’, perché
da una parte ogni ‘sito’ in grado di produrre comunicazione
diventa in qualche modo un potenziale contesto formativo e, dall’altra,
è possibile interagire in maniera bidirezionale, o polidirezionale
(posta elettronica, teleconferenze, gruppi di discussione), non solo
trovandosi all’interno dello stesso luogo, ma a partire da contesti
separati e non necessariamente specialistici, purché tecnologicamente
collegati”[36].
L’attivazione
di esperienze che combinano in vario modo l’interazione formativa
tra soggetti, l’accesso ai materiali e agli strumenti conoscitivi,
le modalità di organizzazione
del sapere, i tempi e i luoghi dell’apprendimento, mette quindi in
crisi la rigida distinzione tra i due modelli ‘in presenza’ e ‘a distanza’
e si apre alla definizione di nuove forme, ibride, di organizzazione
dei modelli didattici.
Secondo
una logica di integrazione della didattica tradizionale attraverso gli
strumenti concettuali ed operativi provenienti dalla riflessione sulle
tematiche dell’open and distance learning, allora, l’intervento
didattico si può orientare verso la promozione di alcune modalità
innovative:
L’esistenza
di un’articolata tipologia di studente fornisce poi un ulteriore motivo
alla scelta didattica non duale. È possibile infatti rilevare la
presenza di vari tipi di studenti:
L’utilizzo
di strumenti telematici e multimediali rende possibile l’accesso a sedi
remote di produzione di materiali didattici e conoscitivi, l’interconnessione
tra più soggetti (docente-allievi; studenti-studenti, ecc.) in ottica
di scambio cooperativo, la costruzione da parte dello studente di un processo
di apprendimento flessibile.
Questi
strumenti consentono, inoltre, un’interazione diretta e a distanza tra
docente e studente, tramite, ad esempio l’invio di e-mail. Tale
possibilità va ad arricchire le attività (e le modalità)
di tutoring.
Certamente
il consolidarsi della prospettiva multimediale ci ‘racconta’ di un mutamento
più ampio attualmente in atto all’interno della produzione e riproduzione
dei saperi.
Internet,
oltre ad essere quella enorme banca dati elettronica che conosciamo, è
anche potente metafora della costruzione delle informazioni e della conoscenza:
rete di dati, di punti di vista, di interpretazioni, di sistemi valoriali,
essa detiene lo stesso fascino su cui insiste la multimedialità,
intesa come possibilità di combinare più sensi, più
capacità e strumenti – ognuno diverso dall’altro e quindi complementare
all’altro – nella ricognizione, descrizione e comprensione della realtà.
L’integrazione
fra tecnologie dell’informazione e della comunicazione
asseconda e per certi versi precede l’estensione e la flessibilizzazione
del concetto di sapere.
Un processo
di secolarizzazione della tradizione e della ‘oggettività civico-morale’
ha investito la trasmissione inter-generazionale da qualche decennio a
questa parte, modificando profondamente il rapporto tra civis e
civitas
in direzione di un pluralismo delle idee e dei modelli di riferimento (conseguenza
dell’indebolirsi del funzionamento gerarchico di norme e valori), dell’individualizzazione
del rapporto tra norme e valori, del prevalere di una validazione esperienziale,
piuttosto che basata su contenuti ereditati da altre generazioni ed interiorizzati,
nella costruzione di modelli di riferimento per le scelte quotidiane[37].
Parallelamente
a questo processo i modi e i contenuti dell’apprendimento sembrano
seguire un analogo percorso di apertura alla flessibilità,
al decentramento, alla personalizzazione. In una parola, alla ‘co-costruzione’[38]:
sembra essere questa, infatti, una delle più diffuse narrazioni
della riflessione socio-pedagogica in riferimento alla potente strumentazione
che la tecnologia elettronica
pare aver fornito ad una società
occidentale ormai avviata sulla strada della razionalizzazione, del
relativismo, della multiculturalità,
in cui difficilmente si possono riproporre schemi unitari ed omologanti
imposti dall’alto, con criteri di ‘verità’ unilaterali.
Le tecnologie
della comunicazione, in altre
parole, fornirebbero un supporto ed una concreta traduzione alle posizioni
teorico-concettuali secondo le quali la conoscenza è ormai
apertamente, definitivamente indirizzata verso un riconoscimento del
suo carattere socialmente e storicamente situato, nonché della
sempre più sottile distanza che separa l’insegnante dallo studente,
l’insegnamento dall’apprendimento. La differenza consisterebbe nel
possesso (e nella trasmissione) del metodo, più che dei contenuti.
D’altra parte, secondo alcuni
il rapporto tra telematica e didattica può arricchire il
rapporto tra docente e discente con il miglioramento del difficile
equilibrio io-noi, stimolando contemporaneamente entrambi attraverso
quello che viene definito come ‘apprendimento collaborativo’[39].
4. La sociologia ed Internet, tra
ricerca e didattica
Al
di là degli aspetti più generali e del significato complessivo
che le trasformazioni tecnologiche rivestono per la diffusione delle
conoscenze e per i processi di socializzazione,
è indubbio, come si diceva, che la disponibilità di
nuovi mezzi e di nuovi spazi concede alla comunità
scientifica un terreno ancora abbastanza inedito su cui cimentarsi
sia per la ricerca - per potenziare i metodi di indagine, di raccolta
dati e di scambio tra studiosi -, sia per la didattica, con la possibilità
di ridefinire il rapporto tra docente e discente, tra insegnamento
ed apprendimento.
La
sociologia
In questa sede
non ci si soffermerà su quest’ultima area tematica, peraltro
già ampiamente praticata all’interno delle scienze sociali
e, in particolare, nelle sociologie della comunicazione,
per dedicarsi invece a qualche considerazione sulle risorse che la
telematica offre alla ricerca e alla didattica sociologica.
Certamente
Internet rappresenta per la sociologia
Uno scoglio
iniziale, evidentemente, sta nell’apprendimento della base minima di conoscenze
che metta in condizione di viaggiare tra i vari siti disponibili.
Ma la
prima vera sfida all’utilizzo efficace del web è certamente
rappresentabile con la popolare immagine dell’ago nel pagliaio: sulla rete
si viaggia tra milioni di siti che spesso sono totalmente irrilevanti,
alla ricerca del sito o della specifica informazione che si desidera rintracciare
per una particolare necessità[41].
Da qui
si giunge a quella che è la seconda grande difficoltà che
oppone Internet ai propri esploratori: la ricerca per parole chiave di
temi e dati si scontra con la “insensibilità epistemologica” dei
motori di ricerca[42]. La richiesta
di uno o più vocaboli viene gestita attraverso criteri meccanici
di rilevanza, basati sulla pura individuazione delle parole richieste nei
documenti disponibili, senza alcuna altra forma di controllo o di approfondimento.
In questo modo può capitare che si ottengano articoli di costume,
saggi, pubblicità insieme a materiali di interesse sociologico.
Occorre quindi una notevole abilità (e a volte fortuna) nel restringere
il campo di indagine digitando le parole chiave più opportune, nonché
utilizzando istruzioni che prevedano, ad esempio, di trovare due parole
solamente quando sono compresenti e, magari, quando lo sono entro un titolo.
Attualmente
sono in via di sperimentazione motori di ricerca cosiddetti ‘intelligenti’,
che sulla base dei termini inseriti come parole chiave avviano processi
di restringimento del campo di ricerca attribuendo valore ai links,
piuttosto che alle parole, e alle scelte/preferenze dei ‘navigatori’.
A queste
due sfide per la ricerca via Internet si aggiungono due ulteriori annotazioni:
da una parte il grado di mutevolezza del panorama di siti presenti in rete
e di ciascun sito al proprio interno è estremamente elevato, dall’altra
il traffico sul web – che sta aumentando in modo davvero impressionante
per ciò che riguarda gli allacciamenti (necessari anche se si usa
solo o prevalentemente la posta elettronica), ma anche per la propensione
a ‘navigare’ – può facilmente e frequentemente trasformarlo da rapido
sistema informativo ad una congestionata “World Wide Wait”[43].
Ciò
che oggi offre la maggior garanzia di contestualizzazione di una ricerca,
contenendo la deriva entropica cui è soggetta la richiesta
di chi non possiede indirizzi specifici testati e pregnanti, è
il “gateway directory site”, ovvero quel portale[44]
che si fa carico di strutturare per contenuti, indici o motori di
ricerca aree tematiche sufficientemente definite. Naturalmente per
la sociologia
Una
considerazione particolare va poi fatta in merito allo stato di salute
della sociologia
Il
grado di autorevolezza e di vivacità di una comunità
scientifica non può certo dipendere unicamente dalla sua visibilità
e diffusione sulla Rete, soprattutto di fronte ad un’ancora netta
prevalenza della comunicazione
cartacea per la formalizzazione di discorsi scientifici. In prospettiva,
però, la capacità di attraversare ed utilizzare il canale
telematico può essere assunta come indicatore della vitalità
di una disciplina, in questo caso entro un contesto internazionale.
Nel
1996 – in tempi quindi che, misurati alla velocità della new
economy, lasciano spazio a modificazioni anche profonde, e tuttavia
non molto probabili nel caso specifico esaminato – vi fu chi cercò
di valutare la presenza e la rappresentatività della sociologia
Attraverso
a) un censimento in diversi cataloghi di Internet delle pubblicazioni
di un campione di 30 docenti ordinari, b) la comparazione con un analogo
campione di sociologi francesi e c) il raffronto tra la presenza dei
sociologi italiani in Rete ed anche in un database italiano
relativo alle dieci principali riviste italiane di sociologia
A distanza
di cinque anni qual è la situazione?
Oggi senza
dubbio il sistema universitario e dipartimentale italiano ha compiuto
notevoli passi avanti, con molti atenei e facoltà (forse con
una prevalenza e maggior intraprendenza di quelli scientifico-tecnologici)
ormai dotati di bacheche elettroniche anche piuttosto complete, ma
occorre aggiungere che la presenza su un mezzo di comunicazione
come Internet – immenso archivio con una soglia di accesso tutto sommato
bassa per l’inserimento di documenti – testimonia più di una
capacità tecnica che non di una qualità dei contenuti.
In
altre parole, Internet non pare ancora essere uno strumento sufficientemente
autorevole, da un punto di vista scientifico, per indurre ad includere
o escludere questo o quel contributo, questa o quella scuola, nella
comunità internazionale
della sociologia
In
ogni caso rimane importante l’appello affinché la sociologia
*
Il presente contributo rientra nell’attività di studio
condotta nell’ambito dell’assegno di ricerca “Documentazione
scientifica multimediale per l’apprendimento delle scienze economico-sociali”,
svolta dall'ottobre 1999 al settembre 2001 presso la Facoltà
di Scienze Politiche (Centro di Coordinamento) di Forlì.
Si ringraziano in particolare il prof. P. Zurla, tutor dell’attività
di ricerca relativa all’assegno ed il prof. G. Gambetta, già
preside della Facoltà e promotore di numerose iniziative
di innovazione didattica.
L’ultima
verifica degli indirizzi telematici riportati nel testo è stata
effettuata il 27/9/2001.
[1]
Per un’interessante rassegna delle principali posizioni ed acquisizioni
in merito ad una delle relazioni più significative della modernità,
quella tra tempo di vita e tempo di lavoro, si veda V. Borghi, M. La Rosa
(a cura di), Tempo di lavoro, tempo di vita, Angeli, Milano, 1996
(numero monografico di Sociologia del lavoro, n. 58).
[2]
Per una ricognizione teorica sul concetto di globalizzazione, confortata
da dati di ricerca relativi al contesto italiano, si veda V. Cesareo
(a cura di), Globalizzazione e contesti locali. Una ricerca sulla
realtà italiana, Angeli, Milano, 2000; sui diversi aspetti
e temi della globalizzazione cfr. V. Cesareo, M. Magatti (a cura
di), Le dimensioni della globalizzazione, Angeli, Milano,
2000.
[5]
Per una lettura approfondita della società dell’informazione,
definita come network society, si veda M. Castells, The
rise of the network society, Blackwell Publishers, Massachusets
– Oxford, 1998. Per ciò che riguarda il modificarsi dei concetti
di tempo e storia cfr., in particolare, cap. 7 “The edge of forever:
timeless time”, pp. 429-468. Su quest’ultimo tema, ma anche sulla
più generale trasformazione socio-economica, cfr. D. Harvey,
La crisi della modernità, Il Saggiatore, Milano, 1993.
[7]Ibidem,
p. 7: “Tanto eclettico – ed elusivo – nei suoi tratti ideologici quanto
l’eclettismo in cui esso vede la caratteristica principale del mondo oggi,
il post-modernismo è la teoria contemporanea più difficile
da valutare. I suoi termini possono sospingere in uno sconcertante circolo
di auto-referenzialità”.
[12]
La Commissione Europea nel periodo 1995-1999 aveva adottato
il Programma Socrates anche per “incoraggiare l’istruzione aperta
e a distanza” (come noto il 1996 era stato dichiarato “Anno
europeo dell’istruzione e della formazione lungo tutto l’arco
della vita), assumendo come centrale il ruolo delle nuove
tecnologie. Attualmente sta avviando Socrates 2 e dedica una
Direzione Generale alla Società dell’Informazione: http://europa.eu.int/comm/dgs/information_society/index_it.htm,
conservando una forte attenzione alle tecnologie informatiche
anche nella Direzione Generale su Istruzione e Cultura (in particolare
alla sezione e-learning: http://europa.eu.int/comm/dgs/education_culture/index_it.htm).
In termini formali un punto di riferimento centrale è
costituito dalla Risoluzione del Consiglio d’Europa del 6 maggio
1996 riferita al software educativo multimediale, in
cui si sottolineava l’impegno ad avvicinare insegnamento ed
apprendimento, migliorando l’uno e l’altro: “the use and evaluation
of ICT in education must lead to an improved approach to meeting
teaching and learning needs and introduce new methods. These
must take full account of the evolution of the role of the teacher,
give pupils and students a more active and participative role,
personalise learning, encourage a cross-curricular approach
and foster collaboration and multidisciplinarity”. Attualmente
l’impegno dell’Unione su questi temi è particolarmente
visibile attraverso l’Azione “Minerva”, volta a promuovere -
entro il quadro teorico-concettuale ed esperienziale di Socrates
-, la cooperazione nel campo dell’Open and Distance Learning
e dell’Information and Communication Technology (per informazioni
si veda all’indirizzo http://europa.eu.int/comm/education/socrates/minerva/guideline.html).
L’OCSE
(http://www.oecd.org)
conduce frequenti studi sulle medesime tematiche; per quanto
riguarda l’Italia, accanto alle attività che fanno capo
ai diversi ministeri preposti, si segnala come l’art. 6 del
collegato alla legge finanziaria 1998 (L. 450/97) abbia previsto
per la prima volta un contributo per l’acquisto di attrezzature
multimediali nelle scuole.
[21]
Nel rivendicare un ruolo primario per le istituzioni educativo-formative,
G. Roncaglia esplicitamente afferma che “è proprio nel campo
dell’educazione che si gioca la partita più importante relativa
alla comprensione e all’uso consapevole delle nuove tecnologie”
(G. Roncaglia, “Lo studio e i nuovi media”, lezione n. 10 del Corso
di “Educazione al multimediale” di Mediamente-Rai, rintracciabile
all’indirizzo:
D’altra
parte ciò risponde ad un fondamentale bisogno sociale, non semplicemente
alla necessità di apprendere abilità tecniche da parte di
insegnanti e studenti. Si veda anche G. Martinetti, “Una rete per la conoscenza”,
Il
Sole-24Ore, 31/12/2000.
[28]
Già negli anni Sessanta si trovano i primi studi valutativi
sull’efficacia dell’apprendimento a seguito di formazione/istruzione
a distanza. Cfr. A.M. Garito, L’insegnamento a distanza oggi:
nuove tecnologie e nuovi metodi. Analisi di un modello,
in A.M. Garito (a cura di), La multimedialità nell’insegnamento
a distanza, Garamond, Roma, 1996. Cfr. il sito del Consorzio
Universitario NET.T.UN.O (NETwork Teledidattico per l’Università
Ovunque) http://nettuno.stm.it/.
[29]
Peraltro tuttora attiva: si veda il sito www.scuolaradioelettra.it/.
[30]
Cfr. http://www.open.ac.uk/about/.
[32]
Cfr. M. Negrotti, Internet e la trappola dell’informazione,
in G. Boccia Artieri, G. Mazzoli (a cura di), Tracce nella
rete. Le trame del moderno fra sistema sociale ed organizzazione,
Angeli, Milano, 2000, laddove egli poggia sui risultati di una
recente ricerca svolta dal Georgia Institute of Technology di
Atlanta – http://www.gvu.gatech.edu/gvu/user_surveys/,
nell’ambito di una riflessione generale sulle caratteristiche
di Internet tra realtà e retoriche.
[34]Ibidem,
p. 127. Negrotti avverte quindi che “la pubblicazione di qualche messaggio
o articolo, sia di carattere scientifico che di costume o di pura espressione
di opinioni individuali, si pone in una luce molto chiara: pubblicare in
Internet non consiste affatto in qualcosa di simile alla pubblicazione
di qualcosa in un grande quotidiano o in una grande rivista. Piuttosto,
si tratta di un’operazione molto simile a quella degli studenti che affiggono
piccoli annunci sulle numerose pareti della propria Università già
tappezzate di altri annunci”.
[38]
Cfr. F. Larose, “Information and Communication Technologies
in University Teaching and in Teacher Education: Journey in
a Major Québec University’s Reality”, Electronic Journal
of Sociology, 1999, http://www.sociology.org/content/vol004.003/francois.html.
[40]
L’utilizzo di Internet è ormai abbastanza diffuso all’interno della
comunità scientifica, in particolar modo per l’efficienza del sistema
di posta elettronica. Si vogliono qui riassumere in maniera estremamente
sintetica gli elementi ed i passaggi fondamentali per entrare, anche concettualmente,
nella ‘ragnatela’ telematica mondiale.
La world
wide web è un luogo sul quale si possono reperire (ed inserire)
materiali di vario tipo (documenti, dati, software, fotografie,
disegni, filmati) in connessione (link) con altri materiali secondo
criteri di affinità, contiguità, classificazione, ecc.
L’insieme
di istruzioni attraverso le quali è possibile ‘navigare’ nella rete
comporta il recepimento di una serie di concetti e di un gergo specifici.
Tanto per richiamarne qualcuno particolarmente diffuso, l’immancabile “http://”
è un acronimo che sta per hypertext transfer protocol, ovvero
costituisce il sistema attraverso il quale è possibile trasferire
gli ipertesti, cioè i gruppi di pagine collegate, dei vari siti
che richiamiamo digitandone l’indirizzo. Il codice che consente di collocare
i materiali sullo schermo, di mostrare le immagini, di udire i suoni è
chiamato “html” (hypertext markup language) ed è possibile
servirsene digitando le istruzioni per mezzo di un interfaccia grafico
che nel linguaggio della rete, l’inglese, viene chiamato browser.
Il più diffuso è probabilmente Netscape, cui si è
affiancato – con le note accuse di abuso monopolistico – l’Explorer della
Microsoft. Oggi la maggior parte dei computer dispone di software
in grado di tradurre automaticamente materiali in html e, quindi, di renderli
pubblicabili su Internet.
Naturalmente
la capacità di praticare Internet sarà in funzione anche
del corredo tecnico di cui si dispone (software ed hardware
del proprio personal computer e della macchina – server –
attraverso la quale si è collegati alla rete).
Sono
ormai disponibili diversi manuali cartacei ed on-line
che consentono di conoscere Internet. Riguardo ai primi si veda,
tra gli altri, A. Aparo, Il libro delle reti, Adnkronos,
Roma, 1995, V. Pasteris, Internet per chi studia, Apogeo,
Milano, 1998, mentre per i secondi si può visitare il
sito della casa editrice Laterza (www.laterza.it/internet/home/index.htm)
- in cui si possono consultare ed ordinare i manuali nelle edizioni
2000 e 2001 -, nonché interrogare i principali motori
di ricerca (Yahoo, Altavista, ecc.).
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