“Cultura, società e individuo”, in A. Giddens, Fondamenti di sociologia, il Mulino, Bologna, 2000, II Capitolo.

Guida all'apprendimento

 

L’obiettivo che Giddens si pone inizialmente in questo Capitolo è quello di definire lo specifico della società umana in quanto distinta da quella animale: si tratta cioè di affrontare il concetto di cultura
Darwin nel suo libro “L’origine della specie” del 1859 sostanzialmente sostenne l’idea di una continuità dello sviluppo dagli animali agli esseri umani, sviluppo risultante da un processo casuale il cui principio fondamentale è quello della selezione naturale: sopravvivono gli organismi che meglio si adattano all’ambiente e alle sue mutazioni.
La specie umana rappresenta una delle forme più evolute di adattamento/interazione col proprio ambiente.
La sociobiologia ritiene che vi sia uno stretto parallelismo tra comportamento umano e comportamento animale, e che molti aspetti della vita sociale discendano dal patrimonio genetico.
Sebbene il dibattito sia tuttora piuttosto acceso e controverso, con la formazione di due ‘partiti’ distinti e per certi versi antagonisti (con autori che propendono più per analisi di tipo biologico ed altri che sono più nettamente su posizioni antropologico-sociologiche), vi sono scarse prove scientifiche a sostegno dell’ipotesi che l’eredità genetica determini forme complesse del comportamento umano.
È uno dei motivi ricorrenti nell’analisi della condotta umana, come si può notare anche nel capitolo sulla devianza (cfr. Capitolo VII)
Addirittura Giddens ricorda come la maggior parte di biologi e sociologi concordi nell’affermare che gli esseri umani non abbiano istinti nel senso proprio del termine (ovvero istinti come comportamento complesso geneticamente determinato). Ciò va anche contro il senso comune, laddove si tende a pensare come istintivi atti che dovrebbero forse essere più correttamente essere definiti come reazioni e riflessi, o essere ricondotti a motivazioni di ordine socio-culturale.
Non si può certo negare che gli esseri umani abbiano bisogni primari (cibo, bevande, riposo, attività sessuale), ma il modo in cui tali bisogni vengono soddisfatti è culturalmente variabile.
E occorre sottolineare come la varietà della cultura umana sia davvero notevole, passando dalle credenze religiose alle relazioni di genere, dai modelli di comportamento sessuale alle tradizioni culinarie, agli stili di vita quotidiana. All’interno di macro aree culturali, poi, si possono rinvenire diverse sub-culture, a volte internamente antagoniste l’una verso l’altra, e/o conflittuali verso la cultura ‘ufficiale’.
Avvalendosi dell’emblematico brano tratto da un lavoro di H. Miner sugli usi e costumi del popolo degli Inacirema (gli Americani, a rovescio), Giddens ricorda come una cultura debba essere studiata sulla base dei significati e dei valori che le sono propri, evitando ogni forma di etnocentrismo.
Salendo lungo la scala evolutiva si nota come i soggetti più giovani debbano apprendere dagli adulti i modi di comportamento appropriati.
Come per gli altri temi sociologici trattati all’interno del manuale, la Socializzazione viene considerata secondo diverse visuali, in modo da poterne rendere tanto il significato generale, quanto le articolazioni che essa può assumere in rapporto alle dimensioni ed ai significati ad essa riferibili.
In questo capitolo, l’attenzione deve focalizzarsi principalmente su 5 punti, che costituiscono già una prima ‘mappa’ del percorso che bisognerà compiere per comprendere ed apprendere il tema preso in esame.
a) Questioni concettual-definitorie
b) Teorie ed autori (ed esempi tratti dalla ricerca sociologica)
c) Tipi, aspetti, ‘problemi’ della socializzazione (socializzazione del bambino, agenti della socializzazione, risocializzazione, ecc.)
d) Variabili della socializzazione (età, stratificazione sociale, etnia, cultura, genere, ecc.)
e) Collegamenti con altri temi e concetti sociologici

L’ultimo punto, in particolare, è essenziale per passare da una fase di apprendimento passivo ad una di apprendimento attivo della sociologia.

La trasmissione intergenerazionale ed anche, in alcune fasi ed occasioni, intragenerazionale delle conoscenze e dei comportamenti adeguati all’interno di una specifica cultura viene definita socializzazione .

Immediatamente lo studente deve registrare l’importanza di termini come processo e ruolo
Ecco, dunque, le coordinate concettuali del concetto di SOCIALIZZAZIONE:
1) la socializzazione è un processo;
2) la socializzazione è strettamente connessa al concetto di apprendimento
Evidentemente il processo di socializzazione è un fenomeno complesso e a rischio, nel senso che in luogo di una riproduzione di norme e valori può spesso esserci una loro trasformazione (graduale o traumatica).
Prima di passare alle teorie che riguardano la formazione della personalità nella fase della socializzazione primaria, cioè nei primi anni di vita, Giddens sottolinea l’importanza della fase neonatale-infantile, tra sviluppo percettivo, sollecitazioni esterne ed interpretazioni che gli adulti danno delle espressioni dei bambini, interpretazioni che variano al variare della cultura cui si appartiene.
Il rapporto con la figura materna, in particolare, diventa forte dopo circa sei mesi di vita del bambino. Evidentemente anche la madre apprende il proprio ruolo, sia rispetto al modo in cui esso viene prevalentemente a definirsi nella specifica cultura e nell’ambiente di vita, sia attraverso l’interazione con il bambino stesso.
Un certo grado di autonomia si raggiunge all’incirca verso i 5 anni di vita. Il percorso che conduce a questa acquisizione è fatto di interazioni che inizialmente avvengono in prevalenza entro la famiglia.
Una delle principali caratteristiche che distinguono gli esseri umani dagli altri animali è la loro autocoscienza.
Con le Teorie sullo sviluppo della personalità , Giddens illustra il contributo di alcuni tra gli autori più noti per quanto riguarda l’evoluzione e strutturazione che accompagna l’essere umano dalla fase infantile fino alle soglie o alla piena maturità della fase adulta.
Gli autori presi in esame si possono ricondurre alla teoria psicoanalitica (Freud), interazionista (Mead), cognitiva (Piaget), secondo la matrice che caratterizza l’opera di ognuno di essi. Occorre saper ricostruire i concetti principali relativi ad ogni teoria, e quindi ad ogni autore.
In Freud è fondamentale il concetto di inconscio , unitamente all’idea per cui lo sviluppo psicologico umano è un processo che comporta forti tensioni e nel corso del quale il bambino scopre che i propri bisogni e desideri non possono essere sempre e/o immediatamente soddisfatti e vanno controllati. Accanto ad altri bisogni, nei bambini vi sono pulsioni erotiche, che spingono alla ricerca di contatti fisici intimi e piacevoli con gli altri, in particolare con i genitori. Dall’esito, positivo o negativo, del rapporto tra bambini e genitori secondo Freud dipende in buona parte la strategia per fronteggiare l’ansia che caratterizzerà un individuo lungo tutto l’arco della vita.
In Mead si ritrovano quelle idee che hanno poi portato a definire un pensiero teorico sistematizzato in termini di “interazionismo simbolico”.
Fondamentale nello sviluppo della personalità è l’interazione con l’ambiente ed i soggetti che ci circondano: ciò permette attraverso diverse fasi e modalità di diventare ‘esseri sociali’.
Inizialmente i bambini imitano le azioni di quanti li circondano, prevalentemente con il gioco.
Successivamente i giochi si fanno più complicati, superano la fase imitativa e il bambino assume ruoli adulti, imparando cosa significa essere nei panni di un’altra persona. Attorno agli 8-9 anni il bambino giunge ad un terzo stadio dello sviluppo, in cui il gioco si fa strutturato e richiede l’apprendimento di regole, nonché lealtà e partecipazione. In questa fase il bambino comincia ad afferrare il significato di ‘altro generalizzato’, ovvero l’insieme di valori e norme morali della cultura in cui è inserito.
Secondo Mead nel processo che porta all’autoconsapevolezza la percezione del sé passa per l’acquisizione della capacità di distinguere tra ‘io’ (che rappresenta il bambino non socializzato, un aggregato di bisogni e desideri spontanei) e ‘me’ (che rappresenta il sé socializzato, ovvero se stessi visti attraverso gli occhi degli altri).
Piaget assegna fondamentale importanza alla capacità infantile di dare attivamente senso al mondo.
Come afferma Giddens, Piaget ritiene che gli individui attraversino “diversi stadi distinti di sviluppo cognitivo, vale a dire del processo attraverso cui imparano a pensare se stessi e il proprio ambiente. Ciascuno stadio comporta l’acquisizione di nuove capacità e dipende dal riuscito completamento del precedente” (p. 42).
Abbiamo così lo stadio ‘sensomotorio’ (0-2 anni, apprendimento fisico-tattile); lo stadio ‘preoperazionale’ (2-7 anni, periodo egocentrato, acquisizione del linguaggio e della capacità di rappresentare il proprio ambiente); lo stadio delle ‘operazioni concrete’ (7-11 anni, acquisizione di nozioni logico-astratte); infine lo stadio delle ‘operazioni formali’ (11-15 anni, capacità di condurre ragionamenti altamente astratti ed ipotetici, stadio non universalmente raggiunto da tutti gli individui, come invece accade per i precedenti).
Secondo Piaget lo sviluppo di quest’ultimo stadio dipende in parte dal processo di scolarizzazione.
(Siamo dunque al secondo dei cinque aspetti inizialmente evidenziati come ‘mappa’ del percorso conoscitivo, cioè quello relativo a “Teorie ed autori”).
Successivamente si può passare ad esaminare il terzo dei punti della ‘mappa’, ovvero “Tipi, aspetti e ‘problemi’ della socializzazione”.
All’interno di questo punto della ‘mappa’ si può collocare l’illustrazione dei cosiddetti ‘agenti della socializzazione’. Tra questi, la famiglia occupa certamente ancora un ruolo centrale, pur in una società policentrica: si ha un’analisi delle trasformazioni e delle caratteristiche di questa fondamentale istituzione sociale nel Capitolo VI “Famiglia, matrimonio e vita individuale”.
Anche la scuola è uno degli agenti di socializzazione più rilevanti: al suo interno, naturalmente, agiscono alcuni fattori di differenziazione del percorso degli studenti che sono presi in considerazione in maniera più approfondita all’interno del Capitolo XIV “Istruzione”.
In questo terzo punto della ‘mappa’, inoltre, è importante capire e memorizzare concetti ed espressioni come “risocializzazione” e “socializzazione alla vecchiaia”.
In chiusura del capitolo sulla socializzazione, occorre sottolineare come esistano delle variabili (siamo dunque nella quarta fase della nostra ‘mappa’ conoscitiva) che influiscono sulla socializzazione: in particolare possiamo riferirci all’influenza della fase del ciclo di vita in cui ci si trova a vivere – come poc’anzi sottolineato -, a differenze di classe (si veda il Capitolo VII, “Stratificazione e struttura di classe”), alle differenze etniche, di cultura. Un esempio di influenza culturale sulla socializzazione è visibile nell’apprendimento delle differenze di genere.
Per ciò che riguarda le fasi del corso della vita, Giddens suggerisce di considerare con attenzione e separatamente l’infanzia, l’adolescenza, la condizione del tutto contemporanea del ‘giovane adulto’, la piena maturità e la vecchiaia. Tali fasi si riferiscono a differenti esperienze di vita e, quindi, alla sperimentazioni di differenti ruoli, identità, aspettative, bisogni l’una dall’altra. Inoltre le diverse fasi si sono modificate nel tempo e tuttora divergono a seconda della cultura, dei valori, della struttura sociale e delle regole prevalenti in questa o quella società/comunità.
Interessante, al riguardo, è l’atteggiamento verso la morte tra passato e presente e tra una generazione e l’altra, come osservato da E. Kübler-Ross.
Concludendo, ci si può domandare allora se la socializzazione non sia forse ‘un’arte imperfetta’, ovvero se essa non abbia al proprio interno una serie di variabili, percorsi e discontinuità che ne fanno un processo tutt'altro che lineare e scontato .
Riflettendo sulla considerazione finale, cioè in definitiva sul rapporto tra socializzazione e libertà individuale e, in termini macro, sul rapporto tra socializzazione e riproduzione/cambiamento dei modelli socio-culturali, si riprenda il capitolo verificando i concetti fondamentali e le connessioni tra loro, così come rispetto ad altri temi contigui (quinto punto della ‘mappa’).

Esercizi di verifica del percorso di comprensione e studio
1) Quale significato riveste il concetto di cultura nella distinzione tra società umana e società animale? suggerimento
2) Qual è stato il contributo ‘rivoluzionario’ di Darwin sullo sviluppo umano ed animale? suggerimento
3) Quali sono i punto principali del dibattito tra origine culturale ed origine biologica del comportamento umano? suggerimento
4) Qual è una definizione sufficientemente approfondita e generalizzabile del concetto di socializzazione? suggerimento
5) Quali sono le principali teorie dello sviluppo infantile? suggerimento
6) Cosa significa dire che le fasi del corso della vita umana sono di natura sociale oltre che biologica? suggerimento
7) Secondo E. Kübler-Ross l’adattamento all’imminenza della morte è un processo concentrato di socializzazione. Quali fasi prevede? suggerimento
8) A quali temi sociologici è contiguo quello della socializzazione? suggerimento