Aerosolterapia - Aerosol atmosferico

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Generalità


Inquinante atmosferico

Si definisce inquinante atmosferico qualunque sostanza, di origine antropica o naturale, presente in atmosfera in concentrazioni tali da avere effetti negativi sull’uomo, le cose o l’ambiente. Gli inquinanti atmosferici possono essere solidi, liquidi o gassosi e comprendono il cosiddetto particolato.

Definizione di particolato atmosferico

Per particolato atmosferico (Particulate Matter, PM) o polveri sospese totali  (PTS) si intende un insieme di particelle, solide e liquide, con diametro compreso tra qualche nanometro (nm) e decine/centinaia di micrometri (μm),  che hanno caratteristiche fisiche e chimico-fisiche (dimensione, forma, composizione, densità, stato fisico) tali da consentire la loro sospensione in atmosfera per lunghi periodi (ore, giorni o anni) e che conservano le proprie caratteristiche per tempi tali da permettere la partecipazione a processi fisici e/o chimici come entità a sé stanti.

Il particolato comprende un insieme eterogeneo di particelle, con caratteristiche generalmente molto diverse da particella a particella, la cui composizione può essere differente a seconda dell’ambiente di provenienza (es. città o campagna), del periodo dell’anno (mesi caldi o mesi freddi), delle fonti (traffico autoveicolare, riscaldamento, emissioni industriali o agricole, particelle di suolo erose e trasportate dal vento) e può cambiare nel tempo. Da ciò si deduce che, tra i componenti dell’atmosfera, il particolato è unico nella sua complessità.

Il particolato è molto concentrato nella bassa atmosfera vicino alla sua sorgente primaria, la superficie terrestre. Tuttavia, neanche l’alta atmosfera è libera da queste particelle, poiché le correnti d’aria ascendenti possono trasportarle fino a grandi altezze. Da un punto di vista meteorologico, queste minuscole particelle possono essere importanti. Infatti, molte agiscono come superficie sulla quale il vapor d’acqua può condensare, un passaggio importante per la formazione di nubi e nebbia. Inoltre, possono assorbire o riflettere la radiazione solare; così, quando avviene un episodio di intenso inquinamento dell’aria o quando le ceneri di un’eruzione vulcanica riempiono il cielo, la quantità di raggi solari che raggiunge la superficie terrestre può venire notevolmente ridotta.


Classificazione dimensionale del particolato

La classificazione dimensionale del particolato atmosferico fa riferimento ad un parametro, detto diametro aerodinamico equivalente (dae), definito come il diametro di una particella sferica avente densità unitaria (1 g cm–3) e un comportamento aerodinamico uguale (ad esempio stessa velocità di sedimentazione) a quello della particella considerata, nelle stesse condizioni di temperatura, pressione e umidità relativa. Il concetto di diametro aerodinamico equivalente è utile ai fini della classificazione del particolato in categorie. In tal senso si può ricorrere ai seguenti termini:



PTS (particelle totali sospese): sono le particelle di dimensioni tali da restare in sospensione per un tempo sufficiente ad essere campionate con un sistema di campionamento rispondente a specifiche caratteristiche geometriche in relazione a determinati flussi di prelievo. In pratica sono le particelle con diametro aerodinamico inferiore a 100 µm.

PM10: è la frazione di particolato raccolta da un sistema di campionamento tale per cui le particelle con diametro aerodinamico uguale a 10 µm sono campionate con efficienza del 50%.

PM2,5: è la frazione di particolato raccolta da uno specifico sistema di campionamento tale per cui le particelle con diametro aerodinamico uguale a 2,5 µm sono campionate con efficienza del 50%.

 

È convenzione suddividere il particolato atmosferico in funzione del diametro aerodinamico nelle seguenti frazioni:

coarse (grossolana): diametro aerodinamico compreso tra 2,5 e 10 µm;

fine (sottile): diametro aerodinamico inferiore a 2,5 µm;

superfine
(ultra-sottile): diametro aerodinamico inferiore a 0,1 µm.

Le particelle fini con dae < 1 µm hanno una concentrazione in atmosfera compresa tra 10 e 10.000 pp cm–3 (pp = particelle), mentre quelle che superano 1 µm di diametro hanno un concentrazione minore di 10 pp cm–3. Le particelle con dae < 2,5 µm rappresentano numericamente oltre il 95% delle particelle totali. Le particelle di
dimensioni maggiori (in particolare con dae tra 5 e 50 µm), essendo più pesanti, spiegano la maggior parte della massa del particolato in ambiente urbano. Ad esempio, a Milano il rapporto tra PM2,5 e PM10 è in media 60% e nel 2005 è salito a circa 80%.


Origine

Il particolato (così come gli inquinanti in genere) può essere distinto in due categorie: primaria e secondaria. Il particolato primario è emesso in atmosfera direttamente nella sua forma finale da sorgenti identificabili. Esso sarà dunque molto concentrato nell’aria immediatamente circostante il suo punto di emissione. Al contrario, il particolato secondario è prodotto in atmosfera in seguito a reazioni chimiche tra inquinanti primari. Le sorgenti di aerosol in atmosfera sono comunemente riunite sotto due grandi gruppi:
Sorgenti naturali, sono ad esempio particelle di suolo erose e sollevate o risospese dal vento, spray marini, ceneri vulcaniche, materiale organico derivante da incendi di foreste, pollini, spore, etc;
sorgenti antropiche
, sono legate principalmente all’uso di combustibili fossili (produzione di energia, riscaldamento, mezzi di trasporto, etc.), ad attività industriali (raffinerie, processi chimici, operazioni minerarie, etc.) e allo smaltimento di rifiuti (inceneritori).
Si ritiene che le particelle grossolane siano introdotte nell’ambiente soprattutto a causa di fenomeni naturali, mentre quelle più fini derivino per lo più dalle attività antropiche. A livello globale, le masse di particolato prodotte per cause naturali sono preponderanti rispetto a quelle prodotte dalle attività umane. Tuttavia le sorgenti antropiche sono in grado di immettere in atmosfera una maggior quantità di particelle contenenti sostanze tossicologicamente rilevanti per la salute e per l’ambiente. Un’altra caratteristica tipica delle sorgenti antropiche è la tendenza alla concentrazione spaziale, che rende alcune zone maggiormente a rischio rispetto ad altre; ne sono un tipico esempio i centri urbani e industriali.
Molti studi provano infatti che la concentrazione tipica di particelle antropogeniche presente in un’atmosfera urbana può rappresentare un serio rischio per la salute dell’uomo (Sesana et al.; Raes et al., 1999). Alla luce di queste evidenze assumono rilevanza considerevole il monitoraggio e la caratterizzazione di tali zone e la quantificazione del contributo dato da ciascuna sorgente, al fine di individuare provvedimenti specifici di controllo e mitigazione o di politica ambientale per uno sviluppo sostenibile.
Una volta che le particelle di aerosol hanno raggiunto l’atmosfera vanno incontro ad un’evoluzione a opera di diversi meccanismi, quali condensazione, evaporazione, coagulazione e attivazione; inoltre, le specie chimiche che compongono gli aerosol possono essere coinvolte in vari tipi di reazioni chimiche. Alla fine, le particelle di aerosol potranno essere definitivamente rimosse per deposizione secca o umida.


La condensazione è un processo in cui composti chimici semivolatili passano dallo stato gassoso ad uno (liquido o solido) a maggiore densità; ciò avviene quando l’equilibrio termodinamico della specie chimica tra fase gassosa e fase particolata si sposta verso quest’ultima, a causa della variazione delle condizioni esterne. Il processo inverso alla condensazione è l’evaporazione. Le principali specie gassose inorganiche che sono coinvolte sia nei processi di formazione che di crescita delle particelle di aerosol per condensazione sono NH3, HNO3, H2SO4 e HCl.

 
La coagulazione si verifica per collisione tra due particelle che si muovono per agitazione termica, con formazione di particelle di maggiori dimensioni; in seguito a ciò si ha globalmente una perdita del numero di particelle, anche se la concentrazione in massa dell’aerosol atmosferico rimane invariata.
L’attivazione delle particelle di aerosol a formare goccioline d’acqua (di nebbia o di nubi) si ha quando, in condizioni di sovrasaturazione del vapor acqueo (RH > 100%), le particelle crescono rapidamente per condensazione su di esse del vapor acqueo. Oltre al vapor acqueo, alcuni gas solubili (es. HNO3) possono condensare durante il processo di attivazione, aumentando il contenuto di soluti in fase acquosa e diminuendo il valore critico di sovrasaturazione.

La deposizione. L’aerosol viene rimosso dall’atmosfera per deposizione secca o umida. La deposizione secca è il trasferimento diretto alla superficie terrestre e procede senza l’intervento delle precipitazioni.
La deposizione umida, al contrario, comprende tutti i processi che comportano il trasferimento alla superficie terrestre in forma acquosa (come pioggia, neve o nebbia).

È importante notare che sebbene un composto (gassoso o particolato) sia raccolto da una gocciolina d’acqua, non sarà tuttavia rimosso dall’aria se la gocciolina evapora piuttosto che precipitare al suolo. La deposizione secca è il meccanismo predominante di rimozione delle particelle che si trovano vicino al suolo, mentre ad altezze superiori a 100 m prevale lo scavenging operato dalle precipitazioni. Le particelle più grosse (dae > 1 µm) subiscono più frequentemente sedimentazione, mentre le particelle con dae < 1 µm sono rimosse più facilmente per diffusione verso la superficie terrestre, principalmente attraverso un processo di deposizione umida in seguito ad attivazione nelle nuvole e successiva precipitazione.

A differenza dell’aerosol, un composto può essere eliminato dall’atmosfera mediante i processi di deposizione appena descritti, oppure in seguito a reazioni chimiche. In particolare, tra i numerosi fenomeni fisico-chimici un ruolo predominante è rivestito dai processi fotochimici, che in determinate circostanze possono portare alla formazione del cosiddetto smog fotochimico, caratterizzato dall’elevata produzione di inquinanti secondari come O3, HNO3, composti organici derivati (es. PAN), composti in fase particolata (es. nitrati, solfati). Le reazioni fotochimiche innescate dalla luce danno origine ad una molteplicità di sostanze organiche; molte di queste vengono successivamente adsorbite sulla superficie dell’aerosol, influenzando quindi le caratteristiche chimico-fisiche del particolato stesso. La conoscenza della composizione chimica del particolato atmosferico è importante al fine di identificare le diverse fonti che hanno contribuito alla sua formazione e di comprendere i suoi possibili effetti sull’ambiente e sulla salute umana. Diversi studi sulla composizione chimica delle particelle hanno evidenziato una differenza generale tra particelle grossolane (dae > 2,5 µm) e fini (dae < 2,5 µm).


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