Aerosolterapia - Aerosol atmosferico

 

L'aerosol atmosferico


Spesso il termine particolato è usato come sinonimo di aerosol; gli aerosol sono una sospensione di materiale solido o liquido (con bassa velocità di deposizione) in un mezzo gassoso (nel nostro caso l’aria). In questo contesto, la differenza tra i due termini riguarda l’acqua, che non viene considerata quando si parla di particolato.

Le particelle di aerosol atmosferico contengono solfati, nitrati, ammonio, materiali organici, specie crostali, sale marino, ioni idrogeno e acqua. Di queste specie, il solfato, l’ammonio, il carbonio organico e alcuni metalli di transizione predominano nelle particelle fini(vedi figura), che sono legate principalmente a fonti secondarie (reazioni chimiche che convertono i vapori e i gas atmosferici in fase condensata liquida e/o solida). Tuttavia, nella frazione fine esistono anche composti di origine primaria, come il carbonio elementare, alcuni metalli e gli IPA. L’emissione primaria da combustione ad esempio crea particelle che in origine sono submicrometriche. Al contrario, i materiali crostali (Si, Ca, Mg, Al, Fe,...) e le particelle organiche biogeniche (polline, spore, frammenti di piante) fanno parte solitamente della frazione grossolana, che deriva da fonti primarie, ovvero da emissione diretta in atmosfera.

Gli ioni inorganici solubili in acqua costituiscono uno dei maggiori componenti degli aerosol atmosferici.

In questa occasione sono stati analizzati alcuni di questi:
anioni (fluoruro, cloruro, nitrato, fosfato e solfato); cationi (sodio, ammonio, potassio, magnesio e calcio). Si è visto che Cl, NO3, Na+, Mg2+ e Ca2+ predominano nel particolato grossolano. Invece, SO42– e NH4+ si trovano preferibilmente nel particolato fine (Seinfeld e Pandis; Tørseth et al., 1999).


Ione solfato SO42– Ione nitrato NO3 Lo ione ammonio NH4+ Gli ioni cloruro Cle sodio Na+ Gli altri cationi

Gli effetti degli aerosol

Gli aerosol influenzano molti processi atmosferici, inclusi la formazione delle nubi, la variazione della visibilità e il trasferimento della radiazione solare, e giocano un ruolo principale nell’acidificazione di nubi, pioggia e nebbia. Vediamo un po’ più nel dettaglio alcuni degli effetti del particolato.

Sul clima e sul microclima

L’aerosol assorbe o riflette la radiazione solare in funzione della sua dimensione e composizione chimica e della lunghezza d’onda della radiazione. L’aerosol ha quindi un’influenza diretta sul bilancio radiativo terrestre, a cui è legato il clima, e l’effetto complessivo dipenderà dal quantitativo relativo di energia luminosa riflessa verso lo spazio (backscattering) rispetto a quella assorbita.
Le particelle di aerosol possono inoltre agire indirettamente a favore di un raffreddamento del pianeta quando agiscono come nuclei di condensazione per le nuvole (CCN), aumentando la probabilità di formazione delle nuvole. La riflessione della luce solare da parte delle nuvole, più efficiente di quella degli oceani e delle terre emerse, porta ad un raffreddamento radiativo della superficie della Terra. Le nuvole possono avere però anche un ruolo nei fenomeni d’assorbimento della radiazione infrarossa terrestre, contribuendo positivamente al riscaldamento della Terra.

Il particolato ha effetti anche sul microclima urbano. Infatti, nelle città l’inquinamento dell’aria contribuisce all’effetto “isola di calore” poiché inibisce la perdita di radiazioni a onde lunghe di notte. Oltre a questo, il particolato presente su città di grandi dimensioni può ridurre anche di più del 15% la quantità di radiazione solare che raggiunge la superficie. Questo effetto è più evidente quando il sole è basso sull’orizzonte, poiché il cammino percorso dalla luce attraverso l’aria inquinata aumenta al ridursi dell’altezza del sole. Quindi, a una data quantità di particolato, l’energia solare sarà ridotta in modo più intenso in città presenti ad alte latitudini e durante l’inverno. Rispetto alle aree rurali circostanti, l’umidità relativa nelle città è generalmente più bassa del 2-8%. Ciò è dovuto al fatto che le città sono più calde e che le acque meteoriche scorrono via rapidamente. Nonostante ciò, sulle città le nubi e la nebbia si formano frequentemente. Questo perché le attività umane nelle aree urbane producono grandi quantità di particelle che possono agire come nuclei di condensazione, favorendo appunto la formazione di nubi e nebbie. Infatti, quando i nuclei igroscopici sono molti il vapor d’acqua condensa rapidamente su di essi, in alcuni casi anche in situazioni di sottosaturazione. Come effetto si ha un aumento delle precipitazioni sulle città dovuto proprio al particolato (Lutgens e Tarbuck).

Sulla visibilità

La visibilità è definita come la più grande distanza, in una certa direzione, alla quale viene visto e identificato un oggetto scuro alla luce del giorno, o una fonte di luce non focalizzata nella notte (Kouimtzis e Samara, 1995). La riflessione della radiazione solare ad opera delle particelle di aerosol di dimensioni nell’ordine della lunghezza d’onda del visibile è il fenomeno principalmente responsabile della diminuzione della visibilità atmosferica.

Sugli ecosistemi e sulle superfici

L’aerosol, in seguito a deposizione secca o umida, può contribuire all’acidificazione (associata in particolare ad H2SO4 e HNO3) e all’eutrofizzazione (associata ai sali nitrati) dell’ambiente terrestre e acquatico. L’acidificazione dei suoli può portare al rilascio di elementi tossici come l’alluminio, comportando seri danni alle piante e alle varie forme di vita acquatica. Inoltre si hanno effetti diretti sulla vegetazione in relazione ad un’azione acida e ossidante delle particelle, che porta al danneggiamento dei tessuti vegetali.
Il clima e l’inquinamento atmosferico, interagendo tra loro, degradano il patrimonio artistico, architettonico ed archeologico. Un esempio ben noto è l’effetto di disgregazione dei materiali lapidei, in particolare quelli a componente calcarea, causati dall’acidità delle deposizioni umide (determinata dalle emissioni atmosferiche di biossido di zolfo ed ossidi di azoto, ma anche, in misura minore, dalla presenza di anidride carbonica disciolta). Anche il particolato atmosferico agisce sui materiali lapidei annerendoli. L’erosione dei materiali è dovuta principalmente a pioggia, deposizioni di zolfo, acido nitrico e apporto di acidità. Il più importante agente dell’annerimento, invece, è il particolato. È stato calcolato che l’annerimento pesa 2,5 volte di più dell’erosione sulla pericolosità atmosferica nei confronti del patrimonio culturale (Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia 2001).

Sulla salute umana

Il particolato atmosferico viene collocato tra i principali fattori di rischio ambientale per la salute. L’esposizione ad inquinamento atmosferico è particolare poiché è estesa a tutta la popolazione, è praticamente inevitabile (soprattutto per i cittadini di grandi aree urbane) e non è riducibile a zero. Le ricerche epidemiologiche sugli effetti del particolato atmosferico sulla salute sono relativamente recenti. La maggior parte degli studi sul particolato effettuati finora mostrano l’esistenza di associazioni statistico-epidemiologiche, ovvero una supposta consequenzialità causale tra l’aumento di inquinamento e l’aumento di patologie.

Le caratteristiche delle particelle che determinano gli effetti che esse avranno sulla salute umana sono il dae e la composizione chimica. Il dae determina la capacità della particella di penetrare e depositarsi all’interno dell’albero respiratorio. Il particolato atmosferico può essere classificato in funzione della sua capacità di penetrazione all’interno dell’apparato respiratorio umano, ottenendo in tal modo anche un’indicazione sul rischio per la salute umana.

In tal senso si distinguono tre frazioni:

1) frazione inalabile: include tutte le particelle che riescono a entrare dalle narici e dalla bocca;

2) frazione toracica: comprende le particelle che riescono a passare attraverso la laringe e ad entrare nei polmoni durante l’inalazione, raggiungendo la regione tracheo-bronchiale (inclusa la trachea e le vie cigliate); a questa frazione è assimilabile il PM10

3) frazione respirabile: include le particelle sufficientemente piccole da riuscire a raggiungere la regione alveolare, incluse le vie aeree non cigliate e i sacchi alveolari; a questa frazione è assimilabile il PM2,5.

La dimensione delle particelle risulta quindi importante per gli effetti tossici esercitati sull’organismo, poiché più le particelle penetrano in profondità e maggiore sarà l’effetto tossico esercitato da esse. Inoltre, le particelle ultrafini possono superare la barriera alveolare ed entrare nel circolo sanguigno, concorrendo ad aumentare la viscosità del plasma e favorendo l’insorgere di trombosi, che possono portare a infarti ed ischemie. Le particelle più piccole possiedono un’elevata superficie specifica sulla quale avvengono i processi di adsorbimento e condensazione e presentano un maggior contenuto di inquinanti. Queste, appartenendo alla frazione respirabile, giungono fino agli alveoli, dove si trovano in intimo contatto con il comparto ematico e trasportano così all’interno dell’organismo sostanze tossiche e spesso cancerogene adsorbite sulla loro superficie.
Per quanto riguarda la composizione chimica delle particelle, il rischio è associato in particolare al contenuto di metalli pesanti in tracce (Pb, Cd, As, Zn, Hg...) e di diversi cancerogeni, tra i quali gli IPA. Importante è anche l’acidità delle particelle. L’acidità dell’aerosol atmosferico è associata principalmente alla frazione fine (le particelle più grosse, essendo costituite essenzialmente da materiale crostale, sono alcaline), e dipende dal grado di neutralizzazione di composti acidi quali acido solforico e acido nitrico con ammoniaca. Mentre i gas acidi solubili in acqua (es. HNO3, SO2) vengono rimossi nel tratto respiratorio superiore, i composti acidi delle particelle respirabili giungono fin dentro i polmoni, ed è stato provato che sono responsabili dell’insorgenza di broncocostrizione in asmatici, danneggiamento dei polmoni e indebolimento del sistema immunitario (Kazuaki et al., 1998).

L’inquinamento atmosferico non dà origine a una malattia specifica, ma può contribuire ad una vasta gamma di processi multi-causali. È utile distinguere due tipologie di effetti dovuti a differenti modalità di esposizione agli agenti inquinanti, sebbene concretamente questi tendano a sovrapporsi.
Gli effetti acuti sono quegli effetti che si manifestano in un breve arco di tempo (entro giorni o settimane) a seguito di un’esposizione non prolungata (dell’ordine di giorni o settimane), ma intensa all’inquinamento atmosferico. In caso di aumento dell’inquinamento si verifica un brusco incremento di sintomi respiratori quali tosse, attacchi d’asma, polmonite, aggravamento di bronchiti croniche, disturbi respiratori, aritmia o infarto miocardio (N. Kunzli).
Una pubblicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO Air quality guidelines. World Health Organization, Geneva, 1999) riporta una relazione lineare tra livelli di PM10 medio giornaliero e aumento percentuale dei ricoveri ospedalieri: per ogni 10 µg m–3 di PM10 si stima un aumento percentuale di ricoveri dello 0,84%, concernenti principalmente patologie cardiache e respiratorie; gli anziani risultano la categoria maggiormente colpita. Finora sono state raccolte prove che dimostrano una relazione tra episodi acuti di inquinamento atmosferico da PM10 e aumento della mortalità giornaliera della popolazione. Ad esempio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce una relazione tra mortalità e livelli di PM10 e stima un aumento della mortalità giornaliera pari allo 0,070% per ogni incremento unitario di PM10 (misurato in µg m–3) nello stesso giorno. Le persone anziane o sofferenti di patologie cardiache o respiratorie sono le più esposte a questi rischi.

Si considerano effetti cronici quei danni alla salute umana che sopraggiungono a seguito di un’esposizione prolungata (mesi o anni). Variazioni su scala giornaliera delle concentrazioni atmosferiche di inquinanti non avrebbero influenza diretta su questi effetti a lungo termine; questi, invece, subirebbero una significativa diminuzione nell’arco di anni a seguito di un consistente miglioramento della qualità dell’aria. Ricerche condotte negli Stati Uniti e in Europa mettono in luce che l’esposizione cumulativa all’inquinamento atmosferico riduce lo sviluppo polmonare nei bambini, accelera l’«invecchiamento» delle funzioni polmonari negli adulti, aumenta la comparsa di sintomi respiratori di carattere cronico e può dare luogo anche ad una maggiore incidenza del tasso di tumore ai polmoni negli adulti.
Tutti questi effetti, considerati nella loro globalità, conducono ad una aspettativa di vita più limitata (N. Kunzli). Studi effettuati sulla componente acida dell’aerosol hanno evidenziato come i composti acidi presenti nelle particelle respirabili giungano fino ai polmoni, causando bronco-costrizioni in asmatici, danneggiamento dei polmoni e indebolimento del sistema immunitario, mentre i gas acidi solubili in acqua (es. HNO3, SO2) vengano assorbiti e rimossi dalle pareti umide del tratto respiratorio superiore. Gli effetti degli inquinanti atmosferici sulla salute umana si riscontrano in aumento di patologie respiratorie, diminuzione degli indici di funzionalità polmonare, rischio di tumori e leucemie dovuti principalmente al PM2,5.

Rimarrebbe al PM10 la responsabilità dei sintomi delle alte vie respiratorie, quali la tosse (Min. Ambiente). Gli episodi acuti di inquinamento determinano nella popolazione adulta in buona salute effetti clinici lievi, con una piccola riduzione delle prestazioni polmonari, che il singolo può anche non avvertire, ma che hanno grande rilevanza epidemiologica e grande impatto sulla salute pubblica, determinando l’aumento di numerosità delle classi di popolazione con ridotta funzionalità respiratoria.
Per ragioni di carattere metodologico, è intrinsecamente difficile attribuire questi effetti nocivi sulla salute umana ai singoli inquinanti. Sebbene sia ampiamente provato che l’inquinamento da particolato fine ne sia il maggior responsabile a livello fisiopatologico, il contributo, singolo o combinato, di altri inquinanti (es. NOx, CO…) non può non essere tenuto in considerazione. Dagli studi effettuati emerge come non si possa definire una soglia di concentrazione di particolato al di sotto della quale vi sia effetto nullo sulla salute. La WHO precisa che al di sotto dei 20 µg m–3 la relazione PM10-effetti sanitari negativi, può non seguire un andamento lineare, ma non si esclude che vi siano effetti negativi anche al di sotto di tale valore.


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