BATTAGLIA DI CAPO MATAPAN

(28 marzo 1941)

LA TRAGEDIA DELLA FLOTTA ITALIANA


  LA BATTAGLIA VISTA DAGLI ITALIANI  


IL TERZO ATTACCO ALLA CORAZZATA VITTORIO VENETO

(Tratto da "Gaudo e la sorpresa di Matapan" dell'Amiraglio Iachino, 1963)


Passato il pericolo immediato, potei dedicarmi a un apprezzamento della nostra situazione. 

Alle 15,50, un ricognitore tedesco c aveva comunicato l'avvistamento di una nave da battaglia, 4 incrociatori e 12 C.T. in un punto che distava circa 165 mg dal V. Veneto. 

Ciò veniva a confermare che si trova va in mare un nucleo di unità della Mediterranean Fleet, composto di una corazzata, un portaerei, oltre a naviglio minore, e la cui posizione, praticamente immutata da mezzogiorno distava molto da noi. 

Pensai quindi che si trattasse di un gruppo di unità formato intorno alla portaerei uscita da Alessandria. 

Quel gruppi non mostrava alcuna intenzione di avvicinarsi a noi e comunque non avrebbe mai potuto raggiungerci, data la grande distanza e la veloci1 inferiore alla nostra. 

Il fatto poi che in questo gruppo era sempre stata vista una sola nave da battaglia, concordava con l'informazione tedesca circa l'indisponibilità delle altre due; informazione inesatta, come ho già detto, senza però che noi lo sapessimo.


Mentre dunque il Vittorio Veneto procedeva faticosamente alla velocità di 16 nodi, su rotta 300°, le mie preoccupazioni non riguardavano tanto il grosso di Alessandria quanto piuttosto la portaerei che si preparava a sferrare un grande attacco di aerosiluranti intercettato e descritto. 

Contro un simile attacco, non era possibile contare sulla protezione della caccia nazionale o tedesca: nonostante le nostre insistenti richieste per radio, quella sera apparecchi da caccia non apparvero mai nel nostro cielo. 

Prima che calasse la notte, pensai quindi di improvvisare una difesa contraerea del Vittorio Veneto ferito, disponendo la I Divisione a dritta e la III a sinistra, con le rispettive squadriglie di C. T. schierate su due linee parallele all'esterno degli incrociatori. 

Si veniva cosi a costituire, intorno alla corazzata, una formazione compatta di 18 unità su cinque colonne. 

Al momento dell'attacco, poi, tutte le unità dovevano distendere cortine di nebbia, in modo da occultare i singoli bersagli all'osservazione degli aerei attaccanti.


Naturalmente, navigare in una formazione cosi complessa dentro una fitta nebbia artificiale era cosa difficile e pericolosa. 

Tuttavia, avevo fiducia nell'abilità manovriera dei miei comandanti, e infatti non si verificò il minimo incidente, malgrado che, per ingannare.gli aerei attaccanti, io ordinassi, durante l'attacco, due accostate di 300 per volta, in senso opposto.


Disposi poi che, appena delineato l'attacco aereo nemico, tutte le unità sviluppassero la massima intensità di fuoco contraereo con le piccole artiglierie e con le mitragliere; lo sbarramento di fuoco cosi creato avrebbe certo intimidito gli attaccanti, obbligandoli a sganciare i siluri a distanza.


Infine, allo sbarramento di fuoco decisi di aggiungere una specie di sbarramento abbagliante, facendo accendere e sventagliare verso l'esterno tutti i proiettori degli incrociatori e dei C. T. a destra e a sinistra. 

Quando, alle 19.30, 12 aerosiluranti nemici a bassa quota si avvicinarono di poppa alla nostra fonnazione nel debole chiarore crepuscolare, e si scatenò dalla nostra massa nebbiosa una tempesta di luci e di fuoco, nella quale i fasci vividi dei proiettori, sciabolando il cielo, si mescola. vano ai traccianti multicolori dei proiettili di centinaia di cannoni e di mitragliatrici, grande fu l'impressione che ne riportarono i piloti nemici. 

Cosi infatti scrisse, nel suo rapporto, l'ammiraglio Pridham-Wippell che, con le sue unità, si trovava di poppa a noi, a una distanza che egli apprezzò di sole 9 mg, ma che in realtà doveva essere non minore di 14 mg.


L'attacco aereo durò circa mezz'ora; furono lanciati contro la nostra formazione almeno otto siluri, dei quali uno colpì il Pola. 

Al loro ritorno, gli aerosiluranti riferirono di aver colpito alcune unità italiane, senza poterle però precisare. 

L 'ammiraglio Cunningham decise allora di mandare alla ricerca e all'attacco della nostra formazione 8 dei suoi C. T., appoggiandoli con i 4 incrociatori Orion, uno dei quali (l' Ajax) possedeva l'apparecchiatura radar. 

I dati, però, con cui quei. caccia partirono per la ricerca notturna, risultarono inesatti, in parte per errore di apprezzamento inglese e in parte perchè, appena finito l'attacco aereo, io avevo fatto accostare la nostra formazione di circa 300 a dritta e aumentare la velocità da 16 a 19 nodi.


In conseguenza di ciò, ne gli incrociatori Orion ne gli 8 C. T. incaricati di attaccarci col siluro riuscirono a rintracciarci nell'oscurità della notte, e nulla di grave sarebbe successo se il tentativo di salvataggio del Pola non fosse intervenuto a provocare il tragico scontro di Matapan.


BATTAGLIA DI CAPO MATAPAN


BATTAGLIA DI CAPO MATAPAN VISTA DAGLI ITALIANI


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