BATTAGLIA DELLE MARIANNE
(LA PIU' GRANDE BATTAGLIA TRA PORTAEREI DELLA STORIA)
LA RICONQUISTA DI GUAM
(TRATTO DA "LA GUERRA DEL PACIFICO" DI B. MILLOT)
L'isola di Guam aveva già subito un'intensa preparazione
contemporaneamente a quella effettuata su Saipan, ma, a partire dal 7 luglio, i
bombardamenti navali e aerei si intensificarono e si protrassero per quattordici giorni consecutivi. Fu certamente la più lunga e la più violenta fase
preparatoria in vista di uno sbarco. Nella notte dal 20 al 21 luglio, il corpo di spedizione americano si avvicinò da nord-est all'isola.
Le navi lanciarazzi si unirono all'artiglieria navale nel bombardamento e, non appena venne segnalato, alle 8.33, che tutte le truppe della prima
ondata avevano preso terra, le artiglierie allungarono il tiro. I Marines della 3a divisione erano sbarcati tra Punta Adelup e Punta Asan, ai piedi
della scogliera di Chonito. Il 22° reggimento dei Marines, invece, sbarcò più a sud, verso Agat, a sud della penisola di
Orote.
Nell'una e nell'altra testa di ponte i primi contatti con il nemico furono sanguinosi e le
perdite in vite umane divennero ben presto ingenti. A sud, gli uomini avanzarono nella direzione del Monte Alifan, mentre
altre unità attaccavano verso il villaggio di Agat Intorno a mezzogiorno, la testa di ponte di Agat si era consolidata e ciò consenti al 305°
reggimento dell'armata di sbarcare insieme ad alcune unità di artiglieria munite di cannoni da 105 mm.
A nord, i Marines avevano dovuto scalare le ripide scogliere di Chonito per raggiungere l'orlo dell'altopiano che domina il mare e le spiagge
dello sbarco. Il caldo, il terreno difficile, e i franchi tiratori giapponesi isolati avevano costituito ?1trettanti penosi ostacoli, talvolta mortali.
Furono necessari quattro giorni per consolidare la testa di ponte della zona nord.
Al centro, i difensori giapponesi si erano ritirati verso l'interno, senza dar luogo a combattimenti accaniti
perché il generale Takashima intendeva attenersi a un piano che era il più aderente alle forme tradizionali.
Infatti, egli aveva previsto di consentire agli americani di attestarsi, per poi passare al contrattacco quando gli invasori avessero sbarcato molti
uomini e ingenti quantità di rifornimenti e di armi; questo per rendere la loro disfatta più spettacolare e più definitiva.
La testa di ponte americana al nord aveva, in quel momento, soltanto una profondità di 15 metri per una lunghezza di 6 chilometri. Si trattava
di una stretta fascia costiera ancora molto vulnerabile. Takashima ritenne giunto il momento opportuno e radunò le proprie truppe sul Pianoro
Fonte. Infatti i suoi uomini non erano combattenti comuni, ma piuttosto soldati suicidi, vere bombe umane. Ognuno portava granate e tubi
di esplosivo appesi alla cintola e aveva il compito preciso di distruggere
tutti i veicoli americani con i quali si fosse incontrato, saltando in aria insieme ad essi.
Gli speciali soldati nipponici cominciarono a infiltrarsi, verso le 22, nelle linee dei Marines e penetrarono nel loro schieramento.
Circa 5000 soldati giapponesi attaccarono il 25 luglio. Per ben sette volte la X L VIII brigata si slanciò sulle posizioni, ancora assai precarie, dei
Marines, e per sette volte venne respinta.
Il generale Takashima si dovette arrendere all'evidenza: il suo attacco Banzai era stato un fiasco e gli aveva fatto perdere 3500 uomini, morti
o gravemente feriti. Più a sud, nella regione di Agat, i giapponesi avevano sferrato un attacco analogo. Per la maggior parte ubriachi, i
soldati giapponesi si misero a urlare mentre stavano per giungere sugli avamposti americani, ma i Marines tennero duro, respingendo
addirittura i giapponesi verso le paludi della penisola di Orote.
Gli americani avanzarono nella direzione della penisola di Orote e sterminarono i pochi giapponesi rimastivi.
Il 26 luglio, alle 7, le forze americane si gettarono all'assalto del monte
Tenjo, ove si sospettava che i giapponesi si fossero trincerati. Alle 12.45 gli obiettivi vennero raggiunti e si iniziò il rastrellamento. Il 28 il
generale Takashima fu ucciso; lo sostituì il generale di corpo d'armata Obata, mentre i Marines si impadronivano delle vecchie installazioni
americane di Guam e del grande aeroporto.
Il 31 luglio, la maggior parte dei numerosi fortini giapponesi era stata distrutta, grazie all'azione combinata dell'artiglieria e dei carri armati,
che tiravano a distanza ravvicinata nelle feritoie delle opere fortificate.
Quello che rimaneva delle forze nipponiche di Guam ripiegò verso nord, nella direzione del monte Santa Rosa. Quello stesso 31 luglio le forze
americane attaccarono in numerose direzioni contemporaneamente; si impadronirono della cittadina di Agana, l'antica capitale, e continua.
La conquista americana non si svolse senza perdite perchè era necessario affrontare numerosi franchi tiratori. Il 10 agosto le truppe dei Marines
e dell'esercito raggiunsero la costa nord, vicino a Punta Ritidian.
Guam poteva considerarsi conquistata, sebbene restassero numerosi giapponesi vaganti sulle montagne dell'interno dell'isola. L'impresa era costata 7800 morti o feriti, di cui 6716 Marines, 245 marinai e 839 GI.
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