BATTAGLIA DELLE MARIANNE
(LA PIU' GRANDE BATTAGLIA TRA PORTAEREI DELLA STORIA)
IL SECONDO ATTACCO GIAPPONESE
-LA FINE DELLA SHOKAKU E DELLA TAIHO-
(TRATTO DA "LA GUERRA DEL PACIFICO" DI B. MILLOT)
Stabilendo il piano di attacco in funzione dei risultati delle precedenti ricognizioni aeree, l'ammiraglio Ozawa fece partire, alle 8.56, una seconda ondata d'assalto verso il punto di contatto situato a nord-ovest di Guam.
Era la seconda zona nella quale avrebbe dovuto trovarsi la flotta americana. Questa seconda ondata, di notevolissima importanza, contava 128 apparecchi, che comprendevano 48 caccia Zero, 27 aerosiluranti Jill e 53 bombardieri in picchiata Judy, 9 aerei ebbero noie meccaniche e dovettero fare ritorno alle proprie basi galleggianti.
I rimanenti 119 si portarono ad alta quota e sorvolarono poco dopo la squadra di avanguardia dell'ammiraglio Kurita; i cannonieri giapponesi, sovreccitati, spararono furiosamente su di essi, avendoli scambiati per americani.
Questo deplorevolissimo equivoco causò la perdita di due aerei e il danneggiamento di altri 8, che ritornarono sulle
portaerei giapponesi. Rimanevano ormai soltanto 109 apparecchi; continuarono la propria missione volando in formazione chiusa.
Il sommergibile americano Albacore, di pattuglia sulla presunta rotta della flotta dell'ammiraglio Ozawa, scorse, il 19 giugno, alle 8.16, un
importante gruppo di navi nemiche. Il comandante dell'Albacore ordinò all'equipaggio di portarsi ai posti di combattimento e fece rotta
sulle navi nipponiche.
Le unità giapponesi divenivano di mano in mano più grandi nell'oculare del periscopio e, a 8000 metri, egli decise di lanciare i siluri, ma
la presenza di un caccia torpediniere nipponico gli impedì di agire.
Il comandante si avvicinò maggiormente a una grossa portaerei e, alle 9.06, venne a trovarsi a 4800 metri dal bersaglio. Era il preciso momento
in cui la seconda ondata d'attacco nipponica prendeva il volo.
Alle 9.09 un fascio di siluri venne lanciato, ma soltanto due di essi
si diressero verso il bersaglio.
Uno dei due ordigni colpì la portaerei Taiho qualche minuto dopo. Il siluro esplose di prora a dritta, all'altezza dei depositi di benzina
degli aerei e bloccò I'elevatore di prua, il fondo della cui gabbia si riempì subito di un miscuglio di acqua, nafta e benzina. La velocità
della portaerei diminuì soltanto di un nodo e il ponte non subì alcun
danno. La Taiho aveva incassato. questo brutto colpo con la stessa resistenza di un pugile professionista. La Taiho era infatti nuovissima e
discendeva dalla serie delle Shokaku, delle quali aveva ereditato la forma delle chiglia e la loro straordinaria resistenza ai colpi. Sarebbe stata
l'ultima nave di questo tipo ad aver beneficiato di una concezione e di
una costruzione così perfette.
Le portaerei impostate dopo di essa nei cantieri non furono altro che trasformazioni di altri tipi di navi: navi
rifornimento, cargo, piroscafi e petroliere, la cui solidità rimase moltodiscutibile.
Poco dopo, un altro sommergibile americano, il Cavalla, pattugliò, senza saperlo, sulla rotta della squadra nipponica e, alle 11.52, il
comandante scorse una grande portaerei giapponese accompagnata da 2 incrociatori e da un
cacciatorpediniere. Si avvicinò fino a 800 metri e fece approntare un fascio di 6 siluri. Il caccia torpediniere nipponico
intervenne, ma il Cavalla lanciò gli ordigni, immergendosi poi in profondità. Qualche minuto dopo, il mare trasmise una serie di violente
onde d'urto, rivelando che tre dei siluri avevano colpito il nemico.
Il comandante del Cavalla guardò l'orologio; erano le 12.20.
Un istante dopo, la portaerei presa di mira, la Shokaku, uscì dalla formazione nipponica e tentò, con l'aiuto del cacciatorpediniere
Urakaze, di domare i numerosi incendi che già la devastavano. Le squadre di sicurezza della Shokaku realizzarono un vero e proprio tour de torce
riuscendo a spegnere la maggior parte dei focolai e, verso le 14.. la
portaerei sembrava salva. Ciononostante, notevoli quantità di vapori di benzina continuavano a diffondersi in tutta la nave, mentre piccoli
incendi ribelli tenevano sempre in scacco le squadre di sicurezza. Tutto si sarebbe certo accomodato se una bomba d'aereo, venutasi a trovare
vicino a uno di questi focolai, non fosse d'improvviso esplosa poco dopo le 15. Avendo evidentemente raggiunta la temperatura critica, scoppiò
spontaneamente, con il risultato di incendiare tutto il gas surriscaldato.
L'immane esplosione spaccò in due la nave. Una serie di scoppi si determinò allora e la grande portaerei ne fu dilaniata con rombi di
tuono prima di affondare.
A bordo della Taiho, se a prima vista la situazione sembrava normale, poichè quasi tutto continuava a funzionare, i vapori di benzina e
quelli del petrolio grezzo volatile di Tarakan, andavano diffondendosi nei vari compartimenti. Un ufficiale del servizio di sicurezza della nave,
ritenendo di approfittare al massimo della grande velocità della Taiho
contro vento, fece aprire del tutto le grandi prese d'aria per scacciare questi vapori. L 'effetto fu disastroso, perche, invece di sfuggire,
i vapori si diffusero in tutta la nave rendendo la situazione particolarmente pericolosa. La Taiho rimase allora alla merce della più piccola
fiammella, della più minuscola scintilla. E fu appunto quello che avvenne alle 15.32, senza che mai se ne sia saputa la causa. Una spaventosa esplosione scosse la portaerei, il ponte di volo blindato si sollevò come
un foglio di carta spiegazzato, nuvole di gas in fiamme giunsero fino ai locali macchine, uccidendo centinaia di uomini al loro passaggio. La Taiho sbandò subito fortemente e cominciò ad affondare. L'ammiraglio Ozawa lasciò la nave giusto in tempo e prese posto in una scialuppa,
con i membri del suo stato maggiore e il sacrosanto ritratto dell'imperatore. Si imbarcò sul cacciatorpediniere Wakutsuki, poi
sull'incrociatore Haguro.
L'ammiraglio Ozawa e il suo seguito erano appena saliti a bordo dell'incrociatore pesante Haguro quando un'ultima e violentissima
esplosione pose termine alla breve carriera della Taiho. Sui 2150 uomini di equipaggio, se ne poterono salvare soltanto 500. La flotta dei
sommergibili americani aveva riportato due magnifiche vittorie che dovevano
molto pesare nel bilancio generale della battaglia delle Marianne, ancora in corso.
Mentre questi avvenimenti si svolgevano in campo giapponese, le operazioni aeree continuavano ad essere effettuate secondo gli ordini di
Ozawa. Gli aerei della seconda ondata di attacco giapponese si erano diretti a est con rotta a 800 e, verso le 11.3°, i comandanti delle
squadriglie si stupirono di non scorgere la flotta americana come avevano
previsto i loro calcoli.
Nel frattempo, infatti, la Task Force 58 aveva accostato alle 10.23, ed era stata costretta a navigare con la prua a 105° (est-sud-est) allo scopo
di poter far decollare e appontare gli aerei contro vento. Questa rotta la allontanava dal nemico. Le pattuglie della caccia americana, dirette
dai radar, furono guidate di fronte agli assalitori nipponici e, alle 11.39,
ebbe luogo il secondo grande combattimento aereo della giornata. Gli Hellcat, sfruttando il vantaggio dell'alta quota, discesero in picchiata
sugli aerei nipponici e ne abbatterono un gran numero. Circa 7° apparecchi giapponesi precipitarono in questo secondo combattimento aereo.
Quelli che furono risparmiati continuarono la missione e giunsero in vicinanza della flotta di corazzate americane, che scatenò contro di essi
un fuoco d'artiglieria di una incredibile intensità.
Verso le 11-45, una ventina di apparecchi nipponici tentò attacchi mal coordinatii e prese di mira le corazzate South Dakota, Alabama e Indiana.
Su quest 'ultima piombò un aereo giapponese, in un attacco disperato, e si fracassò contro la linea di galleggiamento dell'unità americana,
senza causarle, d'altronde, alcun danno mortale. Era il primo attacco di questo genere della giornata.
Uno stormo di 16 Hellcat decollati dalla portaerei Yorktown giunse a questo punto e decimò i velivoli nipponici. Continuando con
ostinazione e con grande coraggio la missione, alcuni apparecchi giapponesi giunsero fino alle portaerei della Task Force 58 e sferrarono attacchi
con siluri e con bombe. 6 Judy scesero in picchiata sulla Wasp, ma
nessuna delle loro bombe colpi la nave. Una di esse esplose cosi vicino allo scafo che le schegge uccisero un marinaio e ne ferirono altri 12.
Due Judy attaccarono la Bunker Hill, causandole soltanto danni insignificanti.
Dei 128 apparecchi partiti per questa azione nipponica, 97 furono abbattuti e si ritiene che soltanto una dozzina fossero riusciti ad atterrare
a Guam e a Rota, come prevedeva il piano operativo giapponese.
LE PIU' GRANDI BATTAGLIE NAVALI