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Quei
Cittadini più Uguali
Sottoponiamo agli amici del nostro Circolo la
riflessione del presidente Scalfaro.
18-06-2003
La memoria è il rispetto della verità. Questo discorso l’abbiamo fatto tante
volte. Certe volte ci stanca un po’ ripeterlo. Però lasciatemi dire qualcosa
a proposito del 25 aprile quando sono uscite delle voci che dirò
innanzitutto inintelligenti. Ma perché, perché tu, cittadino che sei di una
destra particolare, ti senti una specie di irritazione epidermica se si
ricorda che ci fu una dittatura nella quale forse tu non c’eri essendo molto
più giovane? Perché solo per una ereditarietà che forse non è gloriosa ci
credi ancora o ci speri in qualche modo? Perché ti dà fastidio che qualcuno
ricordi chi ha detto no, chi non ha ceduto? Non può accettare. Ma c'è la
Storia. La Storia è venuta così. Poi la Storia può avere delle ridondanze.
Ma non c'è dubbio. Quelli di noi che hanno vissuto certi periodi può darsi
che raccontandoli… Abbiamo con l'età una produzione immaginifica. Ma andate
a vedere il punto fondamentale e vedete se è stato inventato. Andate a
vedere gli elenchi di quelli che hanno pagato nelle torture, nel carcere,
nell'esilio. E poi fermatevi almeno a rispettare. Come quando passa un
funerale e uno se ha il cappello se lo toglie. Se no, si ferma. Se si ha una
fede si fa un segno di croce. Si ferma un momento, si chiede chi è. Non so
chi sia, ma è un morto. Mi fermo, mi inchino, medito. Non molto tempo fa - e
il professor Dellavalle lo ricorda con me - in una certa riunione, una
persona, che era anche colta e in buonissima fede, disse: "Ma perché non
istituiamo una giornata che ricorda tutto: tutte le glorie, tutti i fatti,
tutto quanto e non la festeggiamo?". Si alzò il professor Dellavalle e disse
con parole semplici ma spietatamente chiare. "No, no". Un no che io ho
goduto, perché questa è la memoria che non si può confondere, non si può
inventare, annullare, seppellire con la scusa di una memoria grande,
universale dove ci sta dentro tutto e il contrario di tutto. Almeno ci preme
questa memoria. E confidiamo che i giovani seguano e proseguano a portarla
innanzi, a tenerla viva e a farla vivere e a viverla dentro di sé. Ci sono
tre momenti, tre fatti qualificanti. La lotta di liberazione, la Repubblica,
la Costituzione. Sono assolutamente inscindibili, sono consequenziali, sono
una realtà sola, sono la nostra Storia viva. Il presidente della Repubblica
ci ha parlato della Costituzione che la gente sente viva, operante. Ma il
Parlamento ha visto presentare un emendamento dove si userebbe un
trattamento particolare per le massime cariche dello Stato. Ed ancora
studiosi contorsionisti hanno sostenuto che questa che è una modifica della
Carta costituzionale - ammesso che le parole abbiano un significato - si può
benissimo fare con una legge normale. La Costituzione conosce un istituto
che si chiama immunità parlamentare. Non si parla di immunità, ma di
immunità parlamentare, cioè di un istituto antico che protegge gli eletti
del popolo, i quali sono tutelati perché non siano ostacolati nella loro
libertà e nella loro azione politica. Perfetto. Ora si prevede un tipo di
immunità parziale, temporanea, una sospensiva - non mi interessano i termini
- per i vertici istituzionali. Non è una cosa diversa rispetto all'immunità
parlamentare e quindi non contemplata nella Costituzione? Non c'è dubbio. E
se si vuole introdurla - ma io sono totalmente contrario - bisogna farlo con
la procedura prevista per riformare e modificare la Carta costituzionale.
Noi abbiamo il diritto e il dovere di ribellarci a questo, perché diventa
troppo comodo sentire il capo dello Stato che parla, fare dichiarazioni di
adesione, anche di gratitudine, giustamente immediate. Siamo d'accordo, la
pensiamo nello stesso modo. Ma poi i fatti sono l'opposto e li riesce a
vedere e a sentire chi ha occhi e timpani, anche se un po' affievoliti
dall'età. Ma come può sostenere uno di essere totalmente d'accordo su un
certo tema e poi operare all'opposto? E infine, questo articolo 3 della
Costituzione, dove è scritta qualche parola modestissima, proprio povera,
bella, semplice: "Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge"? Tutti i
cittadini sono uguali davanti alla legge. Che devo dire? Evidentemente
alcuni non si sentono cittadini e quindi soggettivamente pensano di essere
diseguali. La Lotta per la Liberazione, la Repubblica, la Costituzione. Noi
che votammo, 2 giugno 1946, noi ricordiamo come molti votarono monarchia.
Nessuno nega glorie e capacità. I monumenti a Vittorio Emanuele II, a
Umberto I sono ancora nelle nostre piazze, nelle nostre terre. Ma non
possiamo negare che noi giovani allora avevamo raccolto delle ferite. Perché
a un certo momento nel 1924 era stato ammazzato un uomo importante, un capo
dell'opposizione, Matteotti, e il processo aveva dimostrato una giustizia
diciamo quanto meno aggiustata. E il re tacque. 1930: si dice a tutti i
dipendenti statali o vi iscrivete o siete licenziati. Aggressione dello
Stato al cittadino. E il re tacque. 1938: si disse (mi inchino alla memoria
di Primo Levi), si disse: tu sei ebreo, tu non hai la pienezza dei diritti.
E il re firmò. Non sono qui a fare il pubblico ministero, però ci sono dei
fatti che non si possono mettere in dimenticanza. Anche questa è memoria,
che è memoria di giustizia, quali le guerre di conquista e di imperi e altre
cose. Vince la Repubblica. E noi abbiamo la festa della Repubblica, grande
festa. Per sette anni non ho ritenuto, io che ho fatto il servizio militare
durante il tempo di guerra e sono andato a casa quando lo Stato decretò che
tutti i magistrati dovevano essere congedati per mancanza totale di
amministratori della giustizia, non ho mai ritenuto che la parata militare
fosse necessaria. Di qui faccio partire insieme con voi un pensiero ai
nostri militari in giro per il mondo per portare pace e giustizia e sempre
per azione umanitaria. Questo lo facciamo con sentimento profondo e lo
diciamo ad alta voce. Ma personalmente non penso che la celebrazione della
Repubblica, della Costituzione dei diritti e dei doveri possa essere
concentrata in una manifestazione militare. Ci sia pure una manifestazione
militare; ma l'essenza della Patria, dell'amore di Patria è un'essenza di
rispetto delle leggi, di devozione dei principi, è il comportarsi da
cittadini dabbene, l'essere disponibili a collaborare e a lavorare per i più
deboli. È un'insieme di patrimonio enorme, dove c'è anche la parte di
servizio militare che oggi è rappresentato dai militari di pace. Ci è stato
detto autorevolmente, ce l'hanno annunziato anche alla televisione. Comunque
ritorna questa festa della Repubblica, ritorna quindi questo legame fra
resistenza, lotta di liberazione, Repubblica, Carta costituzionale. Questa
Carta costituzionale chiede di essere rispettata perché segue la voce
Repubblica. Questa Carta costituzionale chiede che l'eguaglianza sia sempre
vera e totale fra i cittadini della stessa Patria. E questo vuol dire
onorare la Repubblica. Questa Costituzione ci chiede che la libertà delle
comunicazioni sia rispettata, perché è uno dei temi più delicati e dei
diritti più delicati dei cittadini. E questo vuol dire in ogni modo
rispettare la Repubblica. E allora siamo qui per dirci cose importanti, per
ringraziare tutti quelli che hanno preparato queste sedi nuove per le
iniziative, le tradizioni, i patrimoni che riteniamo indispensabili per la
vita del nostro popolo. E qui solennemente noi vogliamo confermare la nostra
fede nella libertà, nella democrazia, nella nostra Repubblica che è costata
tante lacrime e tanto sangue. Qui vogliamo confermarlo con umiltà ma con
grande impegno di coscienza, di intelletto e di cuore. Qui vogliamo
rinnovare con serenità e con amore verso tutti, perché la verità non può
offendere nessuno. Qui vogliamo confermare questa nostra disposizione a
essere come cittadini garanti di questa Repubblica, garanti di questa
democrazia, perché questa Carta costituzionale è la fonte dell'eguaglianza e
della fratellanza, è la fonte della giustizia e della pace. Questa
Costituzione ognuno di noi ha il dovere di difenderla, queste opere sono
fatte perché anche i giovani e i giovani di domani e di dopo domani non
dimentichino mai questo patrimonio di vero amor di Patria, lo portino avanti
e credano fortemente nella libertà e nella pace. Questo testo (raccolto da
Mirella Caveggia) è un ampio stralcio del discorso tenuto da Oscar Luigi
Scalfaro il 31 Maggio in occasione della inaugurazione del Museo Diffuso
della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della
Libertà a Torino.
Oscar Luigi Scalfaro
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