Lettera di Prodi a Rutelli e alla Margherita.
1-9-03
Carissimo Francesco, carissimi amici, ”Giorni d’Europa”. Con questo
titolo, che richiama anche il nome del vostro quotidiano, voi avete
giustamente voluto porre l’Europa al centro degli incontri, delle
riflessioni e dei dibattiti di queste vostre giornate di Lerici. Vi prego
di considerarmi pienamente partecipe di questa vostra iniziativa.
Io credo con voi che davvero l’Europa segni oramai i nostri giorni, quelli
presenti e quelli futuri. Il nostro paese, noi stessi, d’ora in avanti,
non potremmo che pensarci come partecipi e responsabili di una comune
storia europea, dal momento che, liberamente, assieme a centinaia di
milioni di donne e di uomini, noi abbiamo scelto di unire e ampliare i
confini dell’Europa, di coniugare assieme unità e diversità, sovranità
nazionale e federalismo, uguaglianza e sviluppo, libertà e azione comune,
per costruire, secondo i valori dell’umanesimo democratico, l’Europa di
tutti.
Quel che il nostro paese, assieme agli altri paesi, decide di essere in
Europa contribuisce a determinare quel che l’Europa può decidere di essere
in se stessa e nel mondo.
Si tratta di una responsabilità e, vorrei dire, di una sensibilità e di un
sentimento nuovi. Il nostro comune destino europeo è dunque il frutto
della qualità dell’ispirazione e dell’azione europeista delle forze
politiche nei singoli paesi e in Europa.
Dico queste cose perché anche il campo delle forze democratiche e
riformatrici del nostro paese deve misurarsi in modo adeguato con questo
nuovo compito, ad un tempo nazionale ed europeo. Di questo sono stato
convinto fin dall’inizio del mio impegno politico. Per questo assieme a
molti di voi indicammo, nella proposta dell’Ulivo, l’avvio di un progetto
politico di rinnovamento per l’Italia e per l’Europa.
Far fare oggi passi decisivi a quella proposta politica è divenuto
urgente. Più volte in passato ho richiamato le forze politiche del
centro-sinistra a questa necessità e questo sono andato riaffermando
recentemente in numerosi incontri.
Noi non possiamo ripetere il passato in nessuna delle sue forme e delle
sue suddivisioni ideologiche: né in Italia, né in Europa. Quelle forme,
quelle suddivisioni sono passate.
Noi dobbiamo intendere le nostre storie, le nostre rispettive tradizioni
come una lezione esigente, che mentre esclude nominalistiche ripetizioni
sa trarre da esse nuovo alimento e nuova forza, sia dalla memoria dei
momenti più alti, sia dalla memoria delle insufficienze e delle colpe.
Sono ben consapevole che l’Ulivo non comprende e non esaurisce l’intero
campo del centro-sinistra in Italia, così come so altrettanto bene che le
aggregazioni politiche europee, nella loro attuale definizione, non
possono immaginare di contenere o pensare di circoscrivere, attraverso un
processo di inglobamento, la spinta innovatrice di cui siamo portatori, in
Italia e in Europa.
Il vino nuovo del cambiamento non può essere contenuto in otri vecchi.
Vogliamo portare noi stessi, e convincere diverse altre forze a farlo con
noi, oltre i recinti ideologici e politici della vecchia Europa.
Quando penso a voi, quando penso alla Margherita vedo chiaramente i
contorni di questo problema.
La Margherita è stata infatti la novità politica più significativa di
questi anni recenti: essa ha dato vita con decisione a una nuova
aggregazione nella quale appartenenze politiche diverse, da quelle nate
nel solco del movimento cattolico popolare a quelle laico-liberali, si
sono incontrate e stanno imparando a vivere assieme. Essa ha avviato un
processo di condivisione politica tra realtà che un tempo erano divise e
contrapposte, trasformando in proposta politica comune la parte migliore
di una storia sino ad allora separata.
Tutto questo è stato possibile grazie al progetto dell’Ulivo. Tutto questo
trova il proprio significato in funzione del compimento di quel progetto.
La Margherita ha mostrato infatti che l?Ulivo non solo era una proposta
politica realistica e possibile, ma adeguata e necessaria alle attese e ai
bisogni del paese.
Ora è tempo di fare altri passi in avanti. Di camminare assieme anche ad
altre forze democratiche di diversa ispirazione, a quelle sorte dalla
tradizione del movimento operaio, a quelle ambientaliste. Il 18 luglio
scorso ho proposto concretamente che alle prossime elezioni europee del
2004 tutte le diverse forze che condividono la stessa idea di Europa si
presentino agli elettori in una lista unitaria. Lo considero un atto
decisivo nella costruzione dell’Ulivo; un passo indispensabile se vogliamo
dare un contributo significato allo sviluppo del bipolarismo nel nostro
paese ed esercitare significativamente la nostra responsabilità nei
confronti dell’Europa.
Per confermare questa mia convinzione ho recentemente detto che quella
proposta non può essere intesa come un gesto isolato, senza conseguenze
politiche per l’Italia e per l’Europa. Quel passo innovativo per l’intera
politica italiana va dunque inteso come un nuovo inizio, essenziale se si
vuole giungere alla piena realizzazione dell’Ulivo. Se si vuole davvero
giungere alla realizzazione di un soggetto politico unitario, capace di
accogliere con pari dignità, di rispettare, di riconoscere e di promuovere
forze e aggregazioni di diversa ispirazione e tradizione, valorizzando e
portando ad unità le organizzazioni e i partiti che hanno detto sì
all’Ulivo.
Caro Francesco, cari amici, in questo arduo ed ambizioso progetto noi
siamo spinti dalla convinzione che la Democrazia e’ figlia e madre della
Libertà; che la politica non è una responsabilità di pochi, bensì
un’impresa autenticamente popolare; che il suo compito è quello di
contribuire a costruire giorni migliori, per questo opera per rimuovere le
disuguaglianze e trasformare le condizioni che opprimono le donne e gli
uomini che vivono assieme, per questo tende a promuovere giustizia e
sviluppo sociale e umano. Noi siamo spinti dalla convinzione che la
politica è una grande responsabilità che riguarda il bene degli uomini:
tutti e ciascuno, storia per storia, volto per volto. Con questo
convincimento nel cuore, noi non possiamo accontentarci di dichiarare le
nostre intenzioni per poi assolverci di fronte alla loro mancata
realizzazione.
La nostra è una responsabilità difficile. Essa va esercitata con fermezza
e con gradualità. Rispettando l’ordine dei giorni e delle opere, sapendo
che le decisioni che vengono prima non possono essere rimandate, non
possono essere saltate.
Noi non conseguiremo alcun obiettivo significativo se salteremo le tappe
intermedie di questo percorso. Vi è infatti un rapporto qualitativo e non
solo logico consequenziale tra ciò che deve essere fatto oggi e quel che,
grazie a ciò che si è compiuto oggi, può essere realizzato domani. Per la
nostra stessa responsabilità in Italia e in Europa, noi non sostituiremo
alla fatica dei giorni l’effetto effimero di una dichiarazione di intenti.
Se è vero che senza un progetto non si intraprende un cammino è ancora più
vero che la grandezza e la necessità del progetto debbono sollecitarci ad
intraprenderlo subito, non a rinviarlo al domani.
Roma, 31 agosto 2003 Romano Prodi