Stemma Città di Montichiari
Guerra Maledetta

  Ultimo aggiornamento: 25-04-04

Home
Su
Crisi IRAQ
Prospettive internazionali
Futuro di Pace
Giornata della Pace 04
Guerra Maledetta

 

 

Guerra inutile e maledetta

di Enrico Micheli
17-04-04


Anche gli Americani cominciano a capire quel che non va nella strategia del presidente Bush. Oltre il 50% non apprezza o, forse è meglio dire non comprende. Kerry, il candidato democratico raccoglie consensi sempre più vasti e suscita la speranza di un vero cambiamento. Bush non va oltre la strategia che cerca di imporre «la democrazia con la forza», non c’è uno straccio di azione diplomatica seria che abbia accompagnato la scelta fatale della guerra preventiva in Iraq.
L’intero teatro mediorientale è soggetto all’azione della forza, la road map e tutto il resto risultano sepolti sotto l’incapacità diplomatica di Washington. Bush sembra impotente di fronte a Sharon e al generale Abizean che chiede più uomini, perché, da buon generale ritiene che solo con la forza si può imporre la democrazia all’interno di un paese frammentato e in rivolta come l’Iraq. I corifei degli americani seguono le parole d’ordine e non maturano alcuna riflessione politica che vada oltre la «lotta al terrorismo» che pur esiste, ovviamente, ma che non copre l’intero disastro iracheno con quel crocevia micidiale di istanze religiose e tribali.
Basta ascoltare e vedere i servizi inviati dai giornalisti occidentali. La delusione degli iracheni sta nel fatto che in un anno i soldati del Signor Bremer hanno mostrato di avere sotto controllo nulla se non il grilletto delle loro mitragliatrici: la sicurezza non è garantita (il terrorismo di Al Queeda incombe, bande varie rapiscono gli occidentali) nulla è migliorato riguardo alle più elementari esigenze vitali. Non mancano i soliti errori di misura come il sequestro del giornale sciita e il bombardamento della moschea di Falluja (se è vero che vi si nascondevano i terroristi forse sarebbe bastato assediarla). Ma per Bush, Blair, Berlusconi e anche Follini (sic!) è tutto terrorismo. Erano terroristi i sunniti e gli sciiti per la prima volta in marcia insieme verso Falluja? Sono semplici montature televisive quelle da cui traspaiono i volti stravolti della popolazione che inveiscono contro gli occupanti? E quelle testimonianze impressionanti che emergono, tra gli stessi Americani, e che parlano, a proposito dell'assedio di Falluja, di duecento donne e cento bambini massacrati durante i combattimenti? E i quindicimila morti tra la popolazione irachena? La verità è che questa guerra assurda fondata sulle menzogne, non ha risolto un problema che è uno, anzi lo scenario è peggiorato, non c'è infatti alcuno in buona fede che possa sostenere che la guerra al terrorismo abbia fatto dei passi avanti. Di recente Henry Kissinger - quindi non un liberal - ha scritto “Poiché la democrazia deve essere radicata nella realtà locale, funzionerà solo in presenza di un certo entroterra culturale storico e istituzionale. Ecco perché il tentativo di imporre le istituzioni di tipo occidentale altrove riesce raramente senza una lunga tutela”. Tutela che non può ridursi semplicemente all'uso della forza. E Kissinger aggiunge: “Il cambio di regime è un caso speciale: non può essere il principale esercizio del potere militare americano”.
Ciò è tanto più vero se escludiamo l'ipotesi fantascientifica che gli Usa debbano svolgere il ruolo di poliziotto del mondo per i tanti pericolosi e perniciosi dittatori che agitano le acque del mondo. Quando il processo s'innesta sul vuoto politico e ancor peggio su informazioni false strumentalmente utilizzate come “casus belli”, si rischia di provocare soltanto il caos. La via diplomatica è tutt'altra cosa, richiede umiltà e una grande determinazione nel far valere pacificamente i valori che s'intende rappresentare. Si discute molto anche in Italia su Blair, cioè sull'azione diplomatica che starebbe svolgendo per emanciparsi in qualche modo dalla asfissiante leadership americana, e si cita a tal proposito anche il suo ultimo articolo pubblicato sull'Observer. Dico subito che non sono tra gli entusiasti ammiratori di Blair, al contrario lo ritengo molto responsabile della involuzione che è seguita alla guerra afgana e alla prima fase di lotta seguita all'11 settembre 2001. L'uomo è certamente intelligente, ma anche spregiudicato. È un leader, diciamo con un brutto neologismo “deideologicizzato” e ciò non è male, ma poi è troppo disinvolto nel seguire il proprio egocentrismo.
Ben altro ruolo avrebbe potuto giocare nel costringere Bush a riflettere con maggiore acume sulla opportunità di non delegittimare l'Onu e nel salvaguardare quella partnership con l'Europa nel suo insieme che è stato un pilastro delle grandi presidenze democratiche da Kennedy a Clinton. Quando afferma che una loro sconfitta (sua e di Bush) farebbe felici i dittatori e i fanatici, può anche dire il vero, ma resta la manifestazione di un ego particolare - da cavaliere solitario - che gli fa dimenticare la stragrande maggioranza della opinione pubblica mondiale, ivi compresa quella del suo paese - che non si augura la sconfitta dei due dioscuri, ma che considera ancora più di prima la guerra in Iraq una maledetta, inutile guerra che sta arrecando gravi danni da ogni punto di vista. Resta una ultima considerazione da fare circa l'inerzia della Europa, nonostante comincino ad esservi degli spazi per battere un colpo. I governi europei ancora troppi divisi tra loro, se ne guardano bene dall'assumere l'iniziativa per esplorare con decisione una qualche via diplomatica d'intesa con l'Onu.