Margherita News
Corriere della Sera
Nessuna
democrazia può ammettere la tortura
30-04-2004
Di tutte le iniziative del nostro governo, questa della tortura è per me la
più ripugnante, la più regressiva. Difficile da capire oltretutto: come si
può tornare indietro su una conquista faticosamente ottenuta, considerata
alla base di ogni democrazia moderna? Stabilire che un poco di tortura (
come se si potesse pesare al bilancino un fatto così grave, così lesivo,
così violento) sia da permettere, non solo è ridicolo perché mostra che chi
lo chiede prova vergogna e si nasconde dietro un dito, ma fa capire l’enorme
vocazione all’autoritarismo di una coalizione che grottescamente si richiama
al liberalismo. E’ chiaro che ancora in molte parti del mondo la tortura è
praticata, ma ormai nessuno la considera più un diritto, bensì una necessità
vergognosa da nascondere e tacitare. La condanna universale della tortura è
stata la grande conquista dell’illuminismo, delle scienze umanistiche e di
una religione più a misura d’uomo. Al tempo della cattolica Santa
Inquisizione, la tortura era considerata una pratica lecita, per carpire le
occulte manovre del demonio. Ci si riferiva addirittura a un libro, il
Malleus maleficarum che trattava i casi e le pene da propinare come fosse un
codice di diritto penale. Ma, dopo secoli di scoperte scientifiche, di
riflessioni sui diritti dell’uomo, di indagini sulla psiche, si è arrivati
alla conclusione che la tortura è un ignobile pratica di asservimento del
più debole. Una pratica che avvilisce chi la fa e chi la subisce. Per quanto
colpevole sia chi si vuole umiliare e ferire, non facciamo che degradare noi
stessi se pensiamo di servirci di un dolore fisico inflitto col ricatto per
ottenere una verità. Ma quale verità? Né tanta né poca La sua abolizione è
stata una conquista dell’illuminismo L a tortura, come scrive Beccaria, fra
l’altro non serve a scoprire la verità in sé, ma solo quella che i
torturatori vogliono che le loro vittime rivelino. Vedi le streghe sotto il
torchio dell’Inquisizione: appese al chiurlo, con le braccia rotte, tese
sulla ruota, private delle unghie tirate con le tenaglie, confessavano
qualsiasi cosa. Ma, soprattutto, ripetevano quello che volevano sentirsi
dire i loro torturatori, come per esempio, di essersi accoppiate con il
demonio, il quale si presentava ai loro occhi con tanto di corna e piedi
biforcuti, di avere gettato il malocchio su animali e persone, di avere
volato con le scope, di avere mangiato cuori di bambini, bolliti e
arrostiti, sostituendoli poi con cuori di paglia. Freud e, dopo di lui,
Fanon hanno dimostrato quanto la tortura peschi nelle zone oscure
dell’inconscio, quanto ci sia di sadismo, ovvero di sessualità deviata, nel
rapporto fra aguzzino e prigioniero. La tortura segue un rituale alla fine
convenzionale: il denudamento del corpo da torturare, l’infierire quasi
sempre sui punti più sensibili e delicati, come i genitali, soprattutto
quando la torturata è una donna, il piacere di assistere al dolore e alla
paura che attanagliano il malcapitato. Se ciò era storicamente comprensibile
quando il torturatore agiva in nome di un dio intollerante, collerico e
crudele, oggi, fatto in nome di uno Stato moderno, di un governo
democratico, fa solo ridere ( o meglio piangere per l’ignoranza che
l’accompagna). Paradossalmente, chi in questo momento è deciso a portare la
democrazia e il liberalismo, anche imponendoli con le armi, in Paesi
considerati arretrati, sta assumendo le pratiche più arcaiche di codesti
Paesi, come l’abolizione nelle scuole del concetto di evoluzione,
l’inserimento massiccio della religione nell’insegnamento, l’uso personale
delle armi, l’esaltazione della guerra e del razzismo e infine, come
coronamento di tutto questo, la tortura. A quando, signori, il taglio delle
mani per i ladri?
DACIA MARAINI