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Storia del Castello di Fontaneto.

I primi documenti relativi alla presenza di edifici nell’area dell’attuale Castello, risalgono al 900 d.C. Da un diploma di re Berengario I, che reca la data del 908 d.C., si apprende chein loco functanetoera stato costruito, dal vicecomes Gariardo, un cenobio benedettino, dedicato a San Sebastiano. Possiamo quindi dedurre che, a quell’epoca, a Fontaneto esistevano già un insediamento ed un monastero. Un altro documento del 945 attesta la presenza accanto al monastero di un castrum difensivo e cita un tale Groppardo, visconte di Fontaneto, che, presumibilmente, si può identificare con lo stesso Gariardo.  Nello stesso diploma del 908, inoltre, Berengario I aveva confermato al Contado di Fontaneto il privilegio di tenere mercato una volta al mese, circostanza questa che ci fa capire l’importanza assunta dal luogo in quel periodo.
Circa tre secoli dopo, in una pergamena del 1222, Fontaneto prende il nome di “borgo”, ad indicare ormai una comunità vitale e ben organizzata; nella stessa pergamena, è documentata anche la presenza di un mulino.
Per facilitare la comprensione abbiamo deciso di racchiudere la secolare storia del castello di Fontaneto in tre periodi, durante i quali il complesso d’edifici dovette apparire, agli occhi degli abitanti del tempo, in una veste, ogni volta, diversa.

 



1. IL MONASTERO BENEDETTINO (dal 900 d.C. circa al 1454 d. C.)

Si tratta del periodo in cui nascono e si sviluppano il cenobio e l'abbazia, della quale resta testimonianza nella Chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano.
Una data indicativa di quest'epoca fu il 1057, anno in cui l'arcivescovo di Milano, Guido da Velate, indisse il "Sinodo di Fontaneto", durante il quale i vescovi lombardi presenti decisero di combattere la Pataria e condannarono alcuni dei suoi esponenti: Sant'Arialdo e Landolfo.

L’Abate del monastero aveva, allora, piena giurisdizione sulle terre del Contado e questo fino a quando, probabilmente all’inizio del XII secolo, il cenobio passò alle dipendenze dell’Abate del monastero dei SS. Gratiniano e Felino di Arona, che assunse la signoria su tutta la zona di Fontaneto.
Nel 1300, anche in queste terre divamparono le lotte tra guelfi e ghibellini. Un tale Calcino Tornielli, sostenitore dei Visconti, nel 1311 assediò il Castello di Cureggio, occupato dalla famiglia rivale dei Brusati. Per questo, si decise di edificare una nuova fortificazione a Fontaneto. In seguito, quando finalmente il Castello di Cureggio fu espugnato e raso al suolo, i suoi arredi giunsero ad abbellire il nuovo castello di Fontaneto.
Nel 1363, il castello fu distrutto a seguito delle lotte tra i Visconti ed il marchese del Monferrato, che aveva inviato in queste terre compagnie di soldati inglesi.
Nel 1399, l’abate di Arona affittò quanto rimaneva del monastero e delle case di Fontaneto a Manfredo Barbavara, consigliere di fiducia del duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti. L’acerrimo nemico dei Barbavara, Facino Cane, saccheggiò di nuovo la località e rese il territorio desolato e incolto. 
Di tutta quest’epoca, ci rimangono solo alcune tracce a documentare i resti dell’abbazia e dell’antico castello: tra i più indicativi, ricordiamo i fregi sull’architrave e sui muri esterni dell’antica chiesa, diversi capitelli di colonne, presenti nei muri laterali della chiesa e in altri edifici del complesso, una colonna affrescata raffigurante i Santi Bartolomeo, Lorenzo, Biagio all’interno dell’oratorio e il sovrastante fregio romanico, parte di una lastra cimiteriale all’esterno della chiesa, basamenti di colonne e altri resti, riconducibili al periodo romanico, sparsi nei cortili del Castello.  

 

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pianta del 1526

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Fortezza viscontea

2. LA FORTEZZA VISCONTEA (Dal 1454 al 1700 circa)

Attorno al 1454, Papa Nicolò V concesse il permesso all’Abate di Arona di cedere il monastero e tutte le terre di Fontaneto alla famiglia dei Visconti.
Filippo Maria Visconti prese così a riedificare il nuovo castello, realizzando buona parte delle costruzioni che possiamo vedere tutt’oggi.
Il primo edificio visconteo fu eretto proprio nell’area, dove un tempo probabilmente sorgeva il monastero. Si tratta del palazzo collocato nella parte sud del complesso, che, già in un documento del 1526  (vedi disegno a sin.), era chiamato “Palazzo Vecchio”. Questo edificio, sicuramente rimaneggiato nei periodi successivi, lascia ancora affiorare da sotto l’intonaco le sagome di grandi finestre a sesto acuto, simili a quelle dei palazzotti lombardi di epoca medioevale. Il Visconti costruì poi un nuovo corpo di castello, probabilmente in onore della terza moglie, che, nel documento del 1526, venne indicato con il termine di “Palazzo Nuovo”. Questo edificio è orientato un direzione nord-sud e vi si può ancora ammirare una splendida “lobbia” sostenuta da mensoloni di serizzo. Sotto il tetto corre un fregio in cotto, con una teoria di stemmi affrescati nel primo decennio del Cinquecento. In molti di essi è riconoscibile il motto dei Visconti "Ad bon fin”, ad indicare la ferrea volontà di non lasciare mai un’impresa incompiuta; si nota anche lo stemma con l’aquila imperiale; infatti, uno dei Visconti aveva combattuto per l’imperatore Carlo V, durante il lungo periodo delle guerre che insanguinarono l’Italia, nella prima metà del Cinquecento.
A quell’epoca, per ampliare l’ingresso che da Piazza Castello porta al Palazzo Nuovo, l’abbazia dei Santi Fabiano e Sebastiano venne ridimensionata, con l’abbattimento delle absidi, e, in seguito, inglobata all’interno del complesso del Castello. Lo stesso Filippo Maria Visconti, nel 1476, fece edificare una nuova Chiesa Parrocchiale, dedicata alla Vergine Assunta, che declassò la chiesa del Castello a cappella privata.

Agli inizi del XVI secolo la configurazione del complesso doveva essere quella di un castello fortificato ad andamento rettangolare, con quattro torri angolari e palazzi nobiliari, oltre ad edifici destinati alla servitù, alle scuderie, ai servizi.

I secoli XVI e XVII furono tutt’altro che tranquilli, anche Fontaneto risentì della situazione europea che, nel 1500, contrapponeva i francesi di Francesco I agli spagnoli di Carlo V. Fu, però, con la guerra dei Trent’anni che il paese visse il suo episodio cruciale. Il 13 giugno del 1636 i francesi assediarono il castello, allora occupato da una guarnigione spagnola, e li costrinsero alla resa nello spazio di un giorno. La battaglia causò la distruzione di 142 case del paese. Il materiale degli edifici distrutti andò a rafforzare i terrapieni del Castello stesso, che non uscì indenne dalla cruenta lotta. Nel 1645 la fortezza fu distrutta per ordine del governatore di Milano.

 

3. DA FORTEZZA A RESIDENZA PRIVATA - La nascita delle piazze (dal 1700 ad oggi)

Dalla metà del ‘600 il castello smise di essere fortezza, per diventare un complesso di palazzi, case nobiliari e edifici rustici, in gran parte da ristrutturare.

Alla fine del ‘700, i Visconti si erano divisi in tre rami: Borromeo, Arese, Visconti. Si imparentarono poi con altre famiglie e la proprietà del Castello subì molteplici divisioni.

Nel 1742 i diversi proprietari si accordarono per abbattere la Torre Rossa e lasciare posto a quella che sarà l’attuale Piazza Castello, mentre, dove un tempo sorgeva la Torre Bianca, ormai andata perduta, si creò lo spazio per l’attuale piazza dell’Annunziata.

Altre famiglie si imparentarono con i Visconti ed il castello ebbe nuovi proprietari, come i Del Maino, i Conelli de Prosperi o il marchese Rovida di Boca, che fece abbattere tutte le casupole del lato sud che soffocavano la grandiosa costruzione del Palazzo Vecchio, dando così vita a una grande piazza, di cui oggi rimane la piccola piazza Matteotti.

Una parte del castello rimase all’ultimo Visconti, il conte Pirro, il quale la lasciò in eredità alla figlia sposata con il conte Colleoni di Bergamo; quindi, tramite la nipote, l’edificio passò al marchese Stanga.


Palazzo Vecchio ai primi del '900

Oggi, all’interno del tracciato del vecchio fossato, abitano una ventina di famiglie. Scomparso il quartiere sud-ovest, compromesso quello nord-ovest, rimane soprattutto la metà orientale dell’ex-fortezza, dove troviamo ancora belle sale, con solai a cassettoni, volte affrescate, dipinti e camini con stemmi araldici, cornici in cotto, balconate dalle mensole in serizzo, murature in pietra di grande spessore, muri a spina di pesce… tutti silenziosi testimoni di un passato ricco e affascinante.

   

 

 

 


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