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UN PO' DI STORIA...

Scerne di Pineto nasce, molto probabilmente, come tutte le prime civiltà della storia, in maniera spontanea sulle rive del fiume Vomano. Originariamente era una zona paludosa, testimonianza ne è il nome di una delle vie principali, appunto, "Via delle paludi". Dopo la bonifica, a ricordo dell'antica indole palustre, rimasero dei canali di scolo chiamati "cavate" (dal latino cavus: vuoto). Ve n'era uno al lato della strada principale, la statale Adriatica, ed altri che provenivano dalle vie interne tra cui, appunto, Via delle Paludi, e che gli abitanti del posto utilizzavano per vari scopi: le signore vi lavavano i panni, i bar ed i negozi vi tenevano in fresco birra e bevande. Canali oggi coperti dall'asfalto.
Il problema della rete idrica, tuttavia, permane ancora ai nostri giorni ne è la prova l'alluvione di qualche anno fa dovuta alla colpevole mancata manutenzione.
Annosa è la questione della zona industriale da sempre contesa tra Atri e Pineto, ma che può senz'altro attribuirsi, data la contiguità, a Scerne. Come si dice: tra i due litiganti... La diatriba tra Atri e Pineto ha radici antiche.. Anche la titolarità del territorio di Scerne è stato motivo di discussione tra le due città. Infatti nella storia di Pineto raccontata da Michele Marano leggiamo che:

(...) Nel 1934 con R.D. L.8/7/1934 n.1112 furono aggregati al Comune di Pineto i territori di Calvano e Scerne, già frazioni di Atri. Nel 1946, subito dopo la guerra del '40-'43, il Comune di Atri, dopo una lunga campagna di preparazione sul Gazzettino Atriano, rivendicava la restituzione dei territori di Calvano e Scerne, usurpati da Pineto, e a tal uopo, avanzava domanda al Prefetto. Dall'amministrazione comunale di Pineto dell'epoca, tuttavia, con Sindaco Elio Della Loggia e segretario comunale Michele Marano, appunto, la minaccia fu tenuta sotto controllo, predisponendo documenti ed un'opposizione motivata. Il comune di Pineto in un primo momento si era astenuto dal contrastare la richiesta di Atri in attesa che si normalizzassero i tempi e le istituzioni, in quanto vi era la tendenza generale a distruggere quanto definito durante il fascismo. Trascorse così un biennio di attesa e quando l'amministrazione comunale di Atri decise di produrre domanda per la restituzione dei territori di Calvano e Scerne, l'amministrazione comunale di Pineto mise in atto il processo di opposizione studiato e predisposto. Così con l'aiuto finanziario del Gr.Uff. Luigi Filiani, colui che donò la pineta all'omonima Pineto, essendo il comune privo di entrate, fu possibile, con l'ausilio di un notaio, interpellare in poco tempo gli abitanti di Calvano e Scerne ed ottenere l'assenso a rimanera aggregati al comune di Pineto. Fu così facile a Pineto prevalere e conservare i territori controversi. (...) Dal 1950 gradualmente si cominciò a potenziare i servizi generali... e la creazione nelle frazioni di Mutignano, Scerne e Calvano delle opere destinate ai pubblici servizi, come le opere igieniche, la rete fognante, la viabilità, le strade e le piazze... la pubblica illuminazione...

Come sopra accennato la città di Pineto si caratterizza per il fatto di avere due pinete, una che lambisce la costa ed un'altra sui colli sovrastanti, prendendo il nome dalla poesia di D'Annunzio, ad opera di Filiani, il benefattore che donò la pineta alla cittadina e la battezzò come tale.

La pioggia nel pineto

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, Ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani

ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

"La pineta" nacque negli anni 20 ad opera del Comm. Luigi Filiani che si adoperò per arricchire la città di tanto verde. Pineto è divenuto comune poco più di 70 anni fa; prima era soltanto un piccolo agglomerato di casupole, abitato in massima parte da slavi, di cui permangono tuttora l'accento e le inflessioni dialettali.

Pineto nasce dalla vicina Mutignano, paesino arroccato per difesa su un colle che domina la vallata. Nella caratteristica frazione di Mutignano, la parrocchiale di S. Silvestro custodisce un prezioso crocifisso in marmo di G. L. Bernini e un interessante dipinto quattrocentesco di Andrea De Litio. Assolutamente da visitare.

Caratteristica è la famosa Torre di Cerrano. E' una costruzione del XIII secolo costtruita su un'altura sul mare dove sorgeva il Porto di cerrano struttura fortificata di avvistamento eretta a tutela dalle incursioni di slavi e Saraceni. Ha forma piramidale a base quadrata. Le sue mura sono coronate da merli. Numerose le costruzioni e le aggiunte. Dal 1983 è sede di un laboratorio di biologia marina. Da sempre oggetto di contesa tra Pineto e Silvi Marina, perchè situata proprio al confine tra i due paesi, ed Atri cittadina a salvaguardia della quale sarebbe stata costruita. Da questa torre nasce l'appellativo di "Terre del Cerrano" che caratterizza, appunto, l'insieme di questi territori.

A nord Scerne confina con Roseto degli Abruzzi, ridente cittadina turistica piena di vita e di cultura che negli anni '60 è stata meta di divi e personaggi influenti per la sua indubbia bellezza e per il paesaggio insolitamente adatto ad accogliere forestieri. Roseto è dotata di un'ampia spiaggia, un lungomare, in via di ristrutturazione, particolarmente adatto alle passeggiate serali e numerosi locali. Gli abitanti di Scerne da sempre si sentono molto affini agli abitanti di Roseto. Molte sono le manifestazioni, sportive e musicali, ivi svolgentisi. Tra tutte: il Trofeo di minibasket (17/23 Luglio), il Teatro del Mare con spettacoli di strada (1/2 agosto), il teatro dei bambini (3/5 agosto), Soundlabs Festival 2005 (28/31 Luglio) ed il famosissimo Trofeo Lido delle Rose a Settembre.

A 10 Km verso l'interno, a 400 m di altitudine, si trova Atri città che risale al V sec. a.C.

CENNI STORICI DEL TERRITORIO
EPOCA ROMANA
Plinio il Vecchio dichirò che l'area Piceno-Abruzzese rientrava nella V Regione: il Picenum. (Plinio, N.H. cap 13): "La V Regione è il Piceno... i Picenti possedettero i territori che vanno dal fiume Aterno dove ora si trovano l'agro adriano e la colonia di Adria, che distano dal mare sei miglia; in cui scorre il Vomano e si estendono gli agri Pretuziano e Palmense; così come Castrum Novum (Giulianova) con il Batino (Tordino)." Quindi nel cap. 14: "A questo punto si congiunge la VI Regione, che abbraccia l'Umbria e l'agro gallico limitrofo a Rimini: da Ancona ha inizio la cosiddetta <<Gallia Togata>>". Siculi e Liburni ne occupavano prima la maggior parte della superficie, e soprattutto il territorio Palmense, quello Pretuziano e l'Adriano. Costoro poi furono cacciati dagli Umbri, cacciati a loro volta dagli Etruschi, ai quali infine subentrarono violentemente i Galli".
Di questi popoli che signoreggiarono l'agro Atriano, meritano particolare menzione i Siculi, originaria dell'Illiria, emigrati in Italia dopo i Liburni, circa sedici secoli prima dell'Era Cristiana. Sembra provato che i Siculi, dopo breve permanenza nelle località marittime, si inoltrassero verso i monti. Esiste tutt'ora memoria infatti della <> o <> od anche semplicemente <> nel territorio compreso tra il fiume Mavone e il Vomano, dove sono i comuni di Isola del Gran Sasso, Colledara e Tossicia.
(Camarra - De Teat.Ant.Lib.I cap.3): "Questa popolazione sicula conserva anche il suo nome in qualche luogo in Abruzzo".
Dibattuta questione è quella relativa ai nomi dei due fiumi che scorrono ai confini Nord e Sud del territorio Atriano e precisamente il Vomano e il Piomba. Alcuni sono del parere che il Vomano fosse denominato anche "Matrinus" o "Macrinus", ma dimenticano di precisare quale fosse il nome del Piomba. Altri, avvalendosi di una fonte certamente affidabile, ritengono (Plinio-Hist.Nat. lib.3 cap.13) che il Vomano si chiamasse "flumen Vomanum" e che "Matrinus" fosse il nome del torrente Piomba.
Questa ipotesi non può essere sicuramente disattesa sebbene l'ipotesi più probabile sia che Macrinus o Matrinus o Vomanus o anche Comano o Gomano siano nomi dati allo stesso fiume forse da popoli diversi o anche da storici diversi in epoche remote.
Il Piceno meridionale, secondo Plinio, risulta diviso in tre cantoni, e precisamente :
1) L'ager Hadrianus, dominato dalla città di Hadria (Atri), confinante a sud con la IV regione mediante il torrente Piomba ed Nord con l'Ager Praetutianus mediante il fiume Vomano;
2) L'Ager Praetutianus, dominato dalla città di Interamna Praetutionarum (Teramo), che comprendeva il territorio tra il fiume Vomano e il fiume Tronto;
3) L'Ager Palmensis, al nord del fiume Tronto.
Ovviamente il territorio del comune di Mutignano faceva parte dell'Ager Hadrianus che, risalendo dalle dolci spiagge adriatiche, seguendo la sponda destra del fiume Vomano, si estendeva fino al grande arco formato dalla catena del Gran Sasso.
La tradizione ci consente di stabilire che l'espansione dei Piceni, provenienti dalla valle del Tronto, si estendesse all'incirca non oltre il fiume Pescara "... sia che ad arrestrli fosse il naturale esaurirsi del loro impeto, sia che si opponesse loro la tribù dei marruccini che abitava le terre oltre la riva destra del fiume".
Si può pertanto tranquillamente confermare l'appartenenza del nostro territorio ai Piceni che stanziavano dal Metauro al Saline, lungo tutta la costa marchigiano-abruzzese, e che in esso la città più importante fosse Atri.
Melchiorre Delfico nella sua dottissima opera "Dell'antica numismatica della città di Atri nel Piceno" soggiunge, a conferma che dall'Aterno al promontorio Cumeno no si incontrano medaglie con nome di città fuori delle atriane: dal che molto plausibilmente deduce che Atri fosse stata la città primate e sede della picena rappresentanza, avanti la conquista dei Romani.
Va ricordato infine che, in virtù della divisione dell'Italia, fatta da Augusto, gli Agri Adriano, Petruziano e Palmense vennero compresi nel Piceno. Questa fu però una divisione più geografica che politica, in quanto pare probabile che non fosse mai stata posta in opera.
Strabone (Libro V) descrivendo il Piceno afferma "... vengono poi il Truento con la città omonima, quindi il Matrino, che scorre sotto la città di Adria e la stazione navale di Adria, che ha il nome coerente con la sua posizione". In questo scritto Strabone parla di una stazione navale, ciò fa pensare a un porto esistente nel territorio Atriano, la cui ubicazione può essere posta sulla foce del Vomano o in quel di Torre Cerrano. (Curiosità: da tempo si parla della costruzione di un porticciolo turistico a Pineto... vox populi...). Palma nella Storia di una città e diocesi di Teramo scrive: ".. di un porto sul Vomano abbiamo sicure notizie nel diploma di Ugone e Lotario re d'Italia, dell'anno 942 e in altri documenti dei bassi tempi". Sta di fatto che esistono poche tracce o reperti archeologici che possano suffragare l'una o l'altra ipotesi. In mare all'altezza della Torre Cerrano vi sono alcuni scogli, resti di rovine di costruzioni di tempi remoti, ma è ancora in via di accertamento la loro natura. Sicuramente una stazione navale è esistita in quell'epoca data l'importanza dei traffici della grande Atri e dei cantoni limitrofi e data la prossimità delle saline.
Dalle numerose testimonianze esistenti si deduce infatti che in epoca romana un porto sorgesse alla foce del Vomano e che fosse in seguito scomparso a causa dell'inoltrarsi e dell'interramento della foce del fiume verso il mare. In epoca medioevale il porto risorse nei pressi della Torre di Cerrano alla foce del torrente omonimo. Sta di fatto che il pontefice Alessandro I "per utile di Atri e del suo distretto" decretò nel 1255 la concessione del porto, i cui lavori ebbero inizio senza indugi.
Tra gli avvenimenti degni di nota, che nel periodo romano interessarono il nostro territorio, deve essere annoverato il passaggio di Annibale, dopo la battaglia del Trasimeno. (Tito Livio lib.22 cap.6) "... Annibale, fatto passare un sufficiente lasso di tempo perchè l'esercito si ristorasse, quando si accorse che esso preferiva fare bottino e devastare più che osservare assoluto riposo, partì verso i territori dei Pretuzi e degli Atriani e li mise a ferro e fuoco: quindi fece altrettanto, continuando ad avanzare, con i Marsi, i Marrucini e i Peligni e con quella parte della Puglia che confina con i suddetti popoli". E Polibio (lib.III) aggiunge: "... Annibale mosse gli accampamenti e con brevi marce avanzò lungo il litorale adriatico attraverso un territorio ricco e fertile, dei cui prodotti si servì per sostenere il suo esercito e il cui vino annoso, abbondantissimo da quelle parti, adoperò per lavare i piedi dei cavalli, liberandoli così dalla scabbia: fece curare scrupolosamente e rimettere in sesto anche i feriti in preparazione di future imprese; e da quì partendo, attraverso il Pretuziano e l'Atriano devasta i territori dei Marzi, dei Marrucini e dei Peligni."
Pertanto non mi pare che si possa escludere che Annibale sia passato dalle nostre parti.
Invece non sono chiare e sufficienti le notizie relative alla partecipazione o meno di Atri alal guerra sociale, quando nella peligna Corfinio si confederarono contro Roma gli Italici per rivendicare il diritto di Cittadinanza.

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Aggiornato il 16/10/2006
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