ANNA FRANCESCA BOSCARDIN

Anna Francesca Boscardin, nasce a Brendola (VI) - paese dei Colli Berici - il 6 ottobre 1888, da Angelo e Maria Teresa Benetti, primogenita di una famiglia contadina;

Il paese di Brendola ha origini antichissime. È situato per il 60% in pianura, ricca di sorgive, laghetti, ruscelli e attraversata da un fiume, per il 40% in collina.

L’economia è prevalentemente agricola, dato comune dell’ottocento veneto. Angelo Boscardin, nell’atto di nascita della figlia Anna Francesca è definito possidente.

La vita in seno alla famiglia non è per niente serena. Angelo - che è geloso della moglie - e, non di rado eccede in qualche bicchiere di vino diventa litigioso e talvolta violento. La stessa figlia, parlando con le  consorelle della propria famiglia, ricorda questo tratto negativo del carattere del padre, senza tuttavia provare risentimento.

La madre invece, nelle testimonianze, è descritta come una donna mite, di virtù esemplare e di buona religiosità - appartiene al Terz’Ordine francescano ed è iscritta nella Congregazione delle Figlie di Maria.

A circa dodici anni Anna Francesca entra a far parte come aspirante della Congregazione delle Figlie di Maria, l’anno dopo riceve la medaglia di membro effettivo della stessa, in anticipo di circa un anno rispetto all’età minima richiesta, quattordici anni. Sr. Ave Pieropan giudica questo fatto come un’eccezione che testimonia la profonda pietà mariana di Anna Francesca, tenendo presente come il parroco don Grezele, sia molto rigoroso verso le Figlie di Maria, e le allontani facilmente dalla Congregazione se queste non si comportano secondo quanto era loro richiesto.

Nel 1894 inizia a frequentare la scuola, fino alla terza elementare, con la massima assiduità.

Il 1905 è un anno fondamentale nella vita di Anna Francesca: l’8 aprile entra nell’Istituto delle Suore Maestre di santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori, dove il 15 ottobre inizierà il noviziato canonico, assumendo il nome di Maria Bertilla.

Finito l’anno canonico di noviziato, trascorso nella casa di Vicenza dove aveva assunto l’ufficio di fare il pane prima e poi quello del riordinare la cucina, è mandata a Treviso, presso l’ospedale civile.

È l’ospedale S. Leonardo di Treviso l’ambiente dove santa Bertilla presta la sua opera apostolica. Un ambiente tutt’altro che semplice. La popolazione ospedaliera proviene «dalla classe meno abbiente e più maltrattata dalle fatiche e dalle privazioni», la situazione morale - come sottolinea il presidente Marzinotto nella sua relazione - è di «transizione»; il personale infermieristico non è di prim’ordine; neppure i reparti rispondono alle esigenze di un nosocomio. Il direttore medico Finzi, riportando le lamentele dei due infermieri del reparto difterico, scrive al presidente ponendo la questione «dell’ospitalizzazione dei difterici, il cui isolamento in sale riservate, ma attigue ad altre, non offre alcuna sicurezza contro il diffondersi dell’infezione».

L’8 dicembre 1907 emette la sua professione religiosa alla quale si è preparata con scrupolo e della quale comprende l’importanza.

Dopo la professione è rimandata all’ospedale di Treviso, dove la superiora non senza meraviglia per il suo ritorno, la rimanda in cucina perché sempre convinta della sua incapacità ad essere infermiera. Ma questa strada non è quella di Dio, il quale segue strade proprie. All’improvviso si deve sostituire una suora al reparto contagio, «luogo assai delicato, perché vi erano bambini colpiti da difterite, anche gravi, con tracheotomia e intubazione». Inoltre, non va dimenticato che nel 1910 ottiene il diploma di infermiera con la valutazione di 25/30; i cinque punti in meno rispetto alla massima votazione non sono dovuti alla non conoscenza della materia, ma dal possedere poco la lingua italiana, frutto questo del non aver continuato gli studi; che interruppe a dieci anni per iniziare a lavorare, per circa un mese presso un laboratorio situato nei pressi della Chiesa, poi andando saltuariamente a servizio presso la famiglia Rigodanza;  quello che guadagna lo dà a sua madre.

Anche la sofferenza darà il suo contributo alla formazione dei lineamenti spirituali della giovane. Oltre a quelle già provate nella sua fanciullezza per la situazione familiare, nel 1910 un tumore, che in seguito la porterà alla morte, farà che l’esperienza del dolore la segni sempre più in profondità. Ad una ammalata sofferente, lei stessa confida: «Se sapeste quanto soffro anch’io». La stessa ammalata continua così la sua lettera testimoniale: « Soffriva sì, ma dimenticava il suo martirio, nell’asciugare le lagrime, nel lenire il dolore, nel guarire a volte, anche delle ferite dell’anima del suo prossimo»

Sul finire della prima guerra mondiale, l’Ospedale di Treviso, viene smembrato e sfollato in varie parti d’Italia. Sr. Bertilla andrà prima a Villa Raverio e poi all’ospedale di Viggiù dove  resterà fino agli inizi del 1919.

Il 20 ottobre 1922 - all’età di trentaquattro anni -, minata da un male incurabile, chiude gli occhi su questa terra per aprirli al cielo.  

Santa Maria Bertilla - Anna Francesca Boscardin

"Iddio, Gesù Cristo, cosa vuole? L'anima mia, il mio cuore? L'eternità? Tutto il resto è vanità... Io sono una povera miserabile non sono capace di far niente solo che peccati; ma tutta mi abbandono in Gesù: Lui è il mio Maestro, il mio aiuto, il mio sostegno, il mio tutto...

Gesù Crocifisso è il mio modello, e poi lavorare, patire con generosità con cuore largo, portare la propria croce volentieri perchè prima di me l'ha portata Gesù, grande, pesante.

Gesù che mi ama appassionatamente, che mi ha chiamata, a farmi sua sposa, che mi ha ricolmata di tante grazie dopo tante mie ingratitudini, sono certa e sicura che tutto è niente, basta che voglia risoluta e con cuore largo mi metto all'opera; mi faccio santa io, e conduco a Gesù tante anime"

Dagli scritti di Anna Francesca Boscardin - santa Maria Bertilla

 

Santa Maria Bertilla - Anna Francesca Boscardin

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