San Sebastiano nell'arte

San Sebastiano è, insieme a San Girolamo, il santo che più spesso ritorna nell'arte figurativa italiana del'500. In questa sezione analizzeremo i dipinti dei più famosi artisti che hanno raffigurato questo santo quali Antonello da Messina e Andrea Mantegna.

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San Sebastiano ( Antonello da Messina.pdf )

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La tavola era parte di un trittico originariamente collocato su un altare della chiesa di San Giuliano a Venezia. Il trittico era composto da una struttura lignea di San Rocco e letteralmente da San Sebastiano e da una tavola ora perduta raffigurante San Cristoforo, forse anch'essa di mano antonellesca. Alcuni studiosi ottocenteschi attribuirono il dipinto a Giovanni Bellini, incontrato a Venezia da Antonello tra il 1475 e il 1476; si tratta tuttavia di un'ipotesi definitivamente superata. Un'attenta analisi della superficie pittorica ha rivelato numerosi restauri, in particolare nelle ombre del viso e del corpo del santo e nella parte superiore del cielo.

 

Una luminosa "innaturale" naturalezza

La fase veneziana di Antonello concise con una rinnovata attenzione verso la figura umana, sia in quanto "macchina" corporea, sia in quanto soggetto espressivo. In questo senso, un assoluto vertice artistico è rappresentato dal San Sebastiano, oggi
conservato a Dresda, opera in cui culminarono le ricerche di un'amorosa bellezza classica e al contempo di un controllo intellettuale della composizione. Il corpo del santo, proporzionato sui modelli della statuaria greca, tondeggiante e abraso come una colonna (come la colonna che segnala sul pavimento la direttrice prospettica), subisce una leggera torsione ed è arcuato verso destra, a contrastare la curvatura dell'albero a cui è avvinto e che è asse centrale del dipinto.
L'albero non sbuca, come sarebbe ovvio, dalla terra, ma sorge fra i marmi policromi con la medesima "innaturale" naturalezza che sostanzia il dolore del martire, a stento distinguibile dall'estasi, se non per deduzione, cioè per quelle frecce conficcate nel torso e nelle gambe a perpendicolo, come i raggi di un sole di mezzogiorno. Dorme il soldato sulla sinistra e conversano amabilmente i due personaggi sul lato destro; più sopra le dame al balcone intrattengono un'amena conversazione, affacciate a un parapetto la cui troppo accesa continuità è interrotta da tappeti stesi: così l'evento sacro è ridotto alla cronaca, alla contemporaneità, all'oggi, ed è inserito con tale consonanza all'interno del tono pacato della rapppresentazione da realizzare una piena integrazione fra la dimensione del sacro e quella della vita quotidiana.

Il rapporto con Piero della Francesca

In nessun altro quadro di Antonello è così evidente l'influsso di Piero della Francesca, sia per l'accorta disposizione geometrica di ogni elemento figurativo, sia per l'enfasi prospettica del vertiginoso pavimento scorciato, che porta lo sguardo verso il piazzale urbano retrostante, popolato di figurine le cui minuscole proporzioni contrastano con quelle monumentali del santo, accentuate dal punto di vista ribassato.
Eppure Antonello supera l'insegnamento di Piero: sia rifiutando la scomposizione geometrica del martire, di cui sono anzi risaltati i morbidi contorni, sia, come abbiamo visto, evitando l'allontanamento della storia in un passato ideale.

Lo spazio e la figura umana

Scrive lo storico dell'arte J. Latus nella sua monografia su Antonello: «I grandi dipinti degli ultimi anni - la Pala di San Cassiano e il San Sebastiano di Dresda - presntano uno spazio che non solo è indiscibilmente legato alla figura, ma che solo esiste in funzione e in ragione di essa. Questa nuova importanza assunta dalla figura umna rivela una viosione artistica che deve essere considerata italiana nel vero senso della parola. Ciò implica anche un atteggiamento mutato e indipendente nei confronti dell'arte fiamminga, i cui caratteri fondamentali vengono in parte adottati dall'artista, ma in seguito a una scelta e in conformità alle sue personali predilezioni artistiche». Nel passaggio dalle prime opere ai dipinti della maturità, dunque, «la figura umana è collocata sempre più al centro della creazione artistica; subordinata dapprima allo spazio circostante, ne assume presto uguale significato, finchè giunge a dominarlo».

 

San Sebastiano ( Andrea Mantegna.pdf )

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Il San Sebastiano di Andrea Mantegna è un olio su tavola, di 257x142 cm, e fu dipinto dall' artista intorno al 1480 durante il
periodo mantovano, periodo in cui dipinse anche un'altra famosissima opera: il Cristo morto. Il tema di San Sebastiano ritorna spesso nella produzione di Mantegna, il quale dedicò almeno tre tele a questo soggetto. Oggi la tavola è conservata al museo del Louvre di Parigi.

Il rapporto tra Antonello da Messina e Andrea Mantegna

Nella versione di Mantegna, l'immagine di San Sebastiano è più drammatica: il volto è contratto in una smorfia di dolore, e il corpo è percorso da una tensione assente dal dipinto di Antonello. La differenza più radicale sta però nelle scelte formali dei due artisti: mentre Antonello ammorbidisce la plasticità della figura attraverso il lento digradare della luce sulle membra levigate, Mantegna si affida a un segno duro, secco, spigoloso, che delinea attraverso contorni netti e precisi ogni particolare: dalle rughe che segnano il volto del santo ai rilievi delle ossa e dei muscoli, alle pieghe contorte del panneggio che ne cinge i fianchi. Persino le nuvole, nitidamente delineate sull'azzurro cupo del cielo attraverso un disegno tagliente e minuzioso, sembrano avere la consistenza dei corpi solidi, dalla superficie tormentata.

Il carattere dell'opera

Il carattere energico e monumentale del quadro è sottolineato dagli elementi architettonici, dipinti con la stessa accanita precisione dedicata alla figura. Il santo è legato a una colonna romana, sormontata da un capitello riccamente lavorato, dalla quale si diparte un arco spezzato; ai suoi piedi sono sparsi altri resti dell'edificio antico e i frammenti di una scultura; tra le rovine crescono l'edera e il fico selvatico, che proseguono l'opera distruttrice del tempo. Attraverso questa ricostruzione architettonica accuratissima e vigorosa, Mantegna evoca la classicità vagheggiata dal circolo umanistico della corte di Mantova, presso la quale lavorava come artista di corte: un mondo remoto, dei cui grandiosi monumenti restavano solo ruderi e frammenti, ma il cui spirito riprendeva vita nella rappresentazione degli artisti e dei letterati. Più che a un martire cristiano, il suo San Sebastiano, pietroso e tornito come la colonna alla quale è legato, fa pensare a un eroe classico redivivo.


 

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