"IL PARADISO?
PURCHE' CI SIA
GROUCHO MARX"
di Antonio D'Olivo e Marco Spagnoli
Ve lo ricordate quello strampalato giovanotto che
negli anni Settanta interpretava Mork l'extraterrestre nella sit-com Mork
& Mindy? Beh, quel ragazzo è cresciuto, ed oggi, a quasi 48 anni, Robin
Williams può vantare una serie di ruoli di grande
successo, che gli hanno valso tre nomination e un Oscar. Alle eccezionali
interpretazioni de L'attimo fuggente, Good morning Vietnam, Mrs.
Doubtfire, Will Hunting - genio ribelle, Risvegli, Toys, ecco
che Williams aggiunge il nuovo ruolo di un pediatra morto in un incidente
d'auto, il quale si ritrova in un paradiso soggettivo e in stile New Age
composto dai quadri della moglie artista. Costato settanta milioni di dollari
(130 miliardi di lire circa),Al di la dei sogni di Vincent Ward è una
pellicola intensa e affascinante, che seduce soprattutto dal punto di vista
visuale, mentre sul piano della trama risulta vagamente banale, nonostante
l'ottimo Williams e la discreta recitazione di Annabella Sciorra nei panni della
moglie e madre disperata.
Mr.Williams, qual è il suo rapporto con l'aldilà?
Dal punto di vista personale l'unica morte che ho conosciuto è quella della commedia sul palcoscenico, dalla quale ci si risveglia sempre quando il pubblico ride. Una volta un mio amico che ha avuto un'esperienza di morte per qualche minuto, mi ha detto che la sua più grande paura non era quella di morire, bensì di lasciare sua moglie sola.
Chi vorrebbe incontrare in un ipotetico viaggio ultraterreno?
Mio padre, Mozart, Beethoven, Miles Davis, Einstein e soprattutto Groucho Marx. Qualche donna come Marylin Monroe, Giovanna D'Arco e Marlene Dietrich. All'inferno mi piacerebbe vedere la stanza dove sono chiusi tutti insieme Hitler, Stalin, Mussolini e Mao Tse Dong. Un bel caos, davvero...
Lei crede nella reincarnazione?
No, anche se alle volte mi viene da pensare di essere stato il cavallo dell'imperatrice Caterina di Russia...
E' religioso?
Sono stato cresciuto nella dottrina episcopale, ma è un sacco di tempo che non vado in chiesa. Sono affascinato dalle religioni e dalla loro differenza e credo in un'altra vita dopo la morte. Quando guardo attraverso un telescopio o vedo un paesaggio meraviglioso penso che un Dio ci debba davvero essere. Nel modo in cui lo concepiva Einstein, ovvero qualcosa di straordinario che supera l'immediato della nostra vita.
La grande bellezza e poesia di Al di lá dei sogni sta soprattutto nell'utilizzo straordinario degli effetti speciali. Lei ormai ha una grande dimestichezza nel lavorare con qualcosa che non vede realmente...
Ho iniziato con Hook per continuare con Jumanjii, con Flubber e col film di Woody Allen Harry a pezzi , in cui io stesso ero un effetto speciale. Sono un appassionato di computers e mi piace molto giocare, soprattutto on line. Non è un grande sforzo, ma riconosco che bisogna esserci abituati. Conosco bene i ragazzi dell'Industrial Light & Magic, siamo amici, perché abbiamo lavorato tanto insieme. Nel mio prossimo film - per la regia di Chris Columbus - intitolato Bicentennial man sarò addirittura un robot e quindi sarà interessante vedere tutti questi effetti intorno a me.
Nonostante il suo Oscar per Will Hunting, la sua intepretazione de L'attimo fuggente e tutti gli altri suoi film, in Italia lei viene ricordato principalmente per la sua partecipazione alla serie tv Mork & Mindy e per il grande successo di Mrs. Doubtfire. Ricordando quel film non ha mai temuto paragoni con il Dustin Hoffman di Tootsie?
No, perché Dustin ed io siamo da sempre molto amici, e poi io sono più alto.
A chi si ispirò per la voce di Mrs. Doubtfire?
Un po' a Margareth Tatcher in versione al cortisone e un po' ad un regista scozzese di nome Bill Forsythe che ha lo stesso accento di Mrs. Doubtfire, con l'unica differenza che Bill non porta la gonna.
E' stato duro sottoporsi al trucco per quattro ore al giorno?
Per me sì, ma molte mie amiche mi hanno detto che nello stesso lasso di tempo loro riescono soltanto a mettersi la matita sotto gli occhi.
E come si è trovato a recitare vestito da donna?
Sapete, io abito a San Francisco (la città degli Usa con il più alto numero di omosessuali, n.d.r.) e lì uscire vestiti da donna è una cosa abbastanza normale.
Lei ha avuto anche alcune esperienze come doppiatore di cartoni animati. Come ricorda quella di Aladino, in cui ha prestato la voce al genio della lampada?
Ho realizzato più di sessanta voci per il personaggio del genio. Vi dirò che mi sono molto divertito a farlo, traendone un compenso molto basso e questo non mi è importato molto, perché a me piace fare film che mi divertano e che divertano il pubblico, che in questo caso era principalmente composto da bambini, tra cui c'erano due dei miei tre figli, perché il terzo - all'epoca - aveva solo due anni e non andava al cinema da solo.
Quali sono i comici che le piacciono di più?
Stanlio e Ollio, i Fratelli Marx e Ronald Reagan.
All'inizio della sua carriera, ovvero nei primi anni Ottanta, lei interpretò un film divertente, ma anche molto duro che si chiamava Mosca a New York. Prendendo spunto dalla storia di un russo che chiedeva asilo politico negli Stati Uniti, la pellicola rifletteva su un problema molto sentito ancora oggi in America e in Europa, e cioè l'immigrazione...
Quando feci quel film incontrai molti russi, perché per esigenze di copione fui costretto ad imparare il russo. Così li ho conosciuti molto bene e so che per loro, come per la maggior parte degli immigrati, questo è un problema molto serio e molto grave. Quando la maggior parte di loro scappò negli Stati Uniti, la cosidetta "cortina di ferro" non era ancora diventata uno straccio da cucina. Si erano lasciati dietro gli amici, i parenti, la casa e talvolta anche una donna. Erano arrivati in America con un grande senso di libertà, ma sentivano nel profondo della loro anima anche la perdita di qualche cosa di immenso. Adesso è più facile. Il mio maestro di russo, infatti, è tornato a Mosca e lì lavora per una compagnia televisiva americana, ma all'epoca viveva momenti di dolore e di incertezza terribili. Cosa accadrebbe se voi due doveste lasciare l'Italia e ci fosse qualcuno che vi dicesse che non potrete mai tornare indietro? Sarebbe tremendo per voi, credo, così come lo sarebbe altrettanto per me. Noi americani siamo un popolo di immigrati. Il nostro paese è stato fondato dai Padri Pellegrini, persone talmente puritane che perfino gli inglesi gli diedero un calcio nel sedere, perchè all'epoca non era ancora nata Margareth Tatcher. Soltanto Toro seduto ed i suoi potevano e possono dirsi "veri americani."
Cosa pensa del futuro degli Stati Uniti e della società americana?
Credo che il sogno americano non sia morto e lo dimostra quello che è successo a Los Angeles durante il terremoto, con la gente che si aiutava per le strade senza conoscersi e che lavorava insieme per salvare le persone intrappolate sotto le macerie. Per noi che abitiamo sulla faglia di Sant'Andrea l'unica vera grande paura è quella del "Big One", ovvero il grande terremoto che potrebbe inghiottire in un colpo solo Los Angeles, San Diego e San Francisco nell'oceano Pacifico. Per il resto sono ottimista, si respira un'aria nuova in America e credo davvero che il sogno sia tornato.
Qual è il suo prossimo film che vedremo?
Jakob the liar, un film in cui un ebreo polacco scopre ascoltandolo alla radio che i russi hanno invaso la Polonia e che la salvezza è vicina. Allora decide di inventarsi mille modi per fare arrivare la notizia a tutti.
Come decide di alternare i ruoli drammatici a quelli comici?
Adoro fare ridere, ma non ho una strategia precisa. Scelgo i ruoli in base a come me li propongono, ma il mio grande amore resta la commedia. In genere scelgo di intepretare un film quando scopro di non poter fare a meno di entrare nel personaggio che mi propongono. Se mi addormento mentre leggo il copione, allora lascio perdere.
Scriverebbe un suo film?
Non credo di avere un senso della trama e della scena così sviluppato da potere scrivere addirittura un film.
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INTERVISTA A ROBIN WILLIAMSLe conferenze stampa di Robin Williams dovrebbero essere a
pagamento.
Quelli che hanno la fortuna di assistervi, infatti, hanno il privilegio di
vedere dal vivo il grande comico al lavoro. Willams non si accontenta di
rispondere alle domande spesso bizzarre dei cronisti, sempre pronti a parlare di
tutto fuorché di cinema, ma si esibisce in un vero e proprio "one man
show" - fatto di smorfie, di imitazioni e di barzellette - che ci dà la
misura del suo talento di "stand-up comedian". Paradossalmente, Robin
Williams appare più comico dal vivo che nei film di cui è protagonista, il ché
ci lascia supporre che il suo talento comico non sia in fondo poi tanto
sfruttato dal cinema hollywoodiano.
La prima domanda verte naturalmente sul personaggio dell'omossessuale
padre di famiglia da lui interpretato nel film di Mike Nichols, "Piume di
struzzo", e sull'accoglienza che la comunità gay ha riservato in America
al film.
Robin Williams: Armand è una persona con una grande carica affettiva. Il
punto focale del personaggio sta proprio nel calore umano che sprigiona, nella
capacità affettiva che dimostra nei confronti del figlio e nei confronti del
suo partner Albert.
Sostanzialmente, la risposta delle comuntià gay è stata favorevole al film. E'
stata apprezzata sopratutto l'immagine positiva che si dava della coppia gay,
una coppia felice che aldilà delle liti riesce a mantenere un rapporto
affettivo solido. D'altronde, condivido la rabbia della comunità gay di fronte
a certi film hollywoodiani che propongono stereotipi in cui gli omossesuali
vengono ridicolizzati e contrapposti a certi modelli di comportamento virile,
del tipo "taglialegna". (segue un'imitazione sarcastica di
Silvester Stallone e di Antonio Banderas che scatena l'ilarità dei presenti)
Cosa pensa della classifica fatta dalla stampa americana
circa il rapporto tra i guadagni delle star e quello che effettivamente rendono
sullo schermo in termini commerciali? Lei in questa classifica ne esce piuttosto
bene; dalle statistiche pubblicate dalla stampa, quello che guadagna corrisponde
a quello che fa guadagnare ai produttori. Quanto crede di valere?
R. W.: Trovo strana quest'abitudine della stampa americana - che è anche
degli Studios - di classificare gli attori per categorie a seconda del loro
valore commerciale. Mi fa venire in mente il mercato degli schiavi. (A questo
punto Williams si mette ad imitare il dialogo di un film d'avventura di serie B:)
"Quanto vale questo schiavo? Lavatelo e portatelo nella mia tenda!" A
parte gli scherzi, la questione dei compensi è stata molto dibattuta a
Hollywood e costituisce un argomento molto controverso.
Ammetto che i compensi delle star sono enormi, ma un modo per controbilanciare
questa tendenza è quello di interpretare film più piccoli praticamente gratis.
Io per esempio, ho recitato nell'ultimo film di Christopher Hampton,
"Secret agent", per un compenso minimo, perché si trattava di un film
interessante fatto con pochi soldi. Comunque è un discorso che torna a benefico
degli studios, perché sono loro poi che hanno bisogno di un nome di richiamo
per chiudere il pacchetto di un film. Per esempio, "Jumanji", che è
un film di effetti speciali, avrebbe potuto essere interamente interpretato da
bambini. Ma hanno richiesto la mia partecipazione perché avevano bisogno della
mia fama per la promozione del film. In realtà, i veri compensi smisurati sono
quelli dei produttori di Hollywood. Come John Peters, che quando è stato
assunto dalla Sony, ha avuto un contratto miliardario. E poi per mandarlo via,
lo hanno pagato anche di più. Il trucco per arricchirsi potrebbe essere quello
di farsi assumere per poi farsi buttare fuori, visto che ti pagano di più
quando ti licenziano che quando ti assumono.
Anche se il film è una commedia, la sua interpretazione
del personaggio di Armand appare molto serie e misurata. Questa serietà del
personaggio è stata concordata col regista oppure è stata voluta da lei
personalmente?
R. W.: Aldilà della comicità, quello che premeva a Mike Nichols era di
restituire sullo schermo la realtà del rapporto d'amore tra padre e figlio.
Quello che il figlio di Armand chiede al padre per aiutarlo a farsi accetare dai
suoceri è molto crudele. E Armand decide di fare quel sacrificio esattamente
come in una famiglia eterossessuale i genitori si sacrificano per mandare i
figli all'università, per assicurare loro un avvenire migliore. Quindi la
chiave per interpretare il mio personaggio era semplicemente di emanare per il
figlio l'amore classico di un genitore qualsiasi, esattamente come in una
famiglia normale, procedendo per analogia. D'altro canto, ho tenuto molto a dare
al personaggio di Armand quella dignità che ho percepito nelle coppie
omossessuali che ho conosciuto. Ho vissuto per molti anni a San Francisco in un
quartiere gay, dove ho avuto modo di conoscere la vita delle coppie omossessuali,
che si comportano in modo molto diverso dagli stereotipi divulgati dal cinema.
Il film vuole, aldilà del divertimento, tentare di rompere i classici
pregiudizi che ancora esistono negli Stati Uniti. In America, i matrimoni tra
gay sono ammessi in alcuni Stati, mentre in altri sono proibiti. E molti degli
Stati che hanno legalizzato questi matrimoni stanno facendo dei passi indietro e
vogliono di nuovo a proibirli. Così era importante fare questo film ora, per
tenere la mente della gente aperta. Spero che questo film possa contribuire ad
invertire questa tendenza di ritorno ai vecchi pregiudizi.
Quando ancora lei non era così famoso, è stato
protagonista di un film drammatico molto bello, "Il mondo secondo Garp".
In quel film venivano affrontati alcuni problemi della società americana che
sembrano essersi risolti, visto che lei li affronta ora in una commedia. Le
sembra che il mondo sia molto cambiato da quel film ad oggi?
R. W.:Ora che mi ci fa pensare, il paragone tra "Piume di
struzzo" e "Il mondo secondo Garp" mi sembra azzeccato.
I due film parlano, anche se con toni diversi, di famiglie stravaganti che
riescono a rimanere unite malgrado tutti gli eventi catastrofici che devono
affrontare. Ma quello che è realmente cambiato da quel film ad oggi è la mia
vicenda personale. Quando feci "Il mondo secondo Garp", ero in una
fase esistenziale molto diversa da quella che vivo oggi. La mia vita allora era
molto tumultuosa, mi drogavo. Ora la mia vita è molto felice, ed è forse per
questo che sono portato a scegliere la commedia come il mio mezzo espressivo
prediletto. A quell'epoca avevo, come dire, un piccolissimo problema di droga,
sapete... Ma era una cosa che facevano tutti. E' un periodo che mi appare oggi
lontanissimo.
Lei era stato scelto fin dall'inizio per la parte di Armand?
R. W.:No, in realtà ero stato scelto per interpretare Albert, il più
vivace dei due. Ma la mia sarebbe stata una interpretazione un pò sopra le
righe. (inizia ad emettere urla assordanti al microfono, provocando l'ilarità
generale).
Il film di Rob Reiner, "The american president",
è stato recepito come una sorta di spot elettorale pro-Clinton. Anche in
"Piume di struzzo" si allude in modo molto preciso all'attualità
politica americana. Attraverso il personaggio del politico repubblicano
interpretato da Gene Hackman, il film prende molto in giro una certa opposizione
repubblicana, da Bush a Doyle. Quest'accentuazione della satira politica è per
caso opera sua o di Mike Nichols, che come lei, è notoriamente un simpatizzante
democratico?
R. W.:La parte di Hackman era già scritta così nella sceneggiatura di
Elaine May. L'esistenza di questa destra ultraconservatrice è ormai una
tradizione negli Stati Uniti. Si tratta di persone sempre pronte a scagliarsi
contro i diversi, contro i gays, ma che poi si rivelano essere quelli che si
fanno sorprendere con la mani nel sacco, come quel predicatore sorpreso con una
prostituta in un motel. Gli americani ci sono abituati. Il personaggio del
politico conservatore esisteva già nel film francese. Elaine May lo ha adattato
alla realtà americana con dei riferimenti a Bob Doyle o a Pat Buchanan. A
proposito, la sapete quella barzelletta su Buchanan? Si racconta di lui che i
suoi discorsi perdono un pò del loro eloquio perché sono tradotti dal tedesco.
Non avete idea di quanto Hackman sia divertente sul set. Il suo lungo monologo
nel film, in cui imita la monotonia soporifera dei discorsi di Reagan, è per me
il discorso noioso più divertente che abbia mai sentito. E devo dire che
quando, alla fine del film, Hackman si traveste da donna, la sua somiglianza con
Margaret Tatcher è sorprendente... Una Margaret Tatcher che avrebbe subito una
cura di steroidi.
Hackman è un grande attore comico, come aveva dimostrato in "Frankenstein
Junior". Ma vederlo recitare dal vivo è veramente irresistibile. Mike
Nichols doveva spesso allontanarsi dalla macchina da presa, perché le sue
risate rischiavano di interrompere le riprese.
Ha visto "Dead man walking"?
R. W.:Carina come transizione! A questo proposito, quello che mi
sorprende di certi conservatori americani è l'ipocrisia. Sono proprio gli
anti-abortisti che poi si rivelano essere i più accaniti sostenitori della pena
di morte. Mi fa pensare a quella storiella del pescatore che ributta il pesce in
mare dicendo "tanto ti beccherò più tardi". "Dead man walking"
è un film straordinario che ha la forza di mostrare il problema dai due lati.
Qualche tempo fà, ho recitato in un telefilm di una serie americana intitolata
"Homicide" , in cui interpretavo la parte di un uomo la cui moglie era
stata uccisa, e che una volta che il colpevole era stato arrestato e condannato
all'ergastolo, faceva l'amara constatazione che la vendetta non lo faceva
sentire meglio e che non serviva a riportare sua moglie in vita. Ho ricevuto
molte lettere all'indomani della programmazione di questo episodio televisivo.
Gente che aveva vissuto le stesse esperienze e chi si era riconosciuta nel film.
La cosa che non viene mai mostrata nei film o in televisione è quello che
accade dopo la violenza, la pena, la rabbia, che sono invece i sentimenti
affrontati mirabilmente in "Dead man walking".
D.: Lei ha recitato in "Peter Pan" la
parte di un adulto che torna ad essere fanciullo. Come si sente realmente?
R. W.:Molto spesso le persone mi dicono che sono un bambino intrappolato
nel corpo di un adulto. In realtà quando mi guardo allo specchio vedo un uomo
intrappolato nel corpo di un Orango utango!
A cura di Gianguido Spinelli
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Lei crede nella reincarnazione?
Sì, infatti credo di essere la reincarnazione del cavallo di Caterina la
Grande... Ovviamente scherzo.
Ma l'aver vissuto come attore l'esperienza della vita
ultraterrena a cambiato qualcosa in lei?
Mi stai chiedendo se dopo aver realizzato questo film credo ancora nelle cose in
cui credevo prima? Si. Se sono stato sia all'inferno che in paradiso? Si, ma
solo in maniera virtuale. Credo ancora nell'al di là? Sì.
Come se lo immagina?
Vorrei che fosse altrettanto colorato ma più comico e più ricco di musica di
quello del film, per poterci incontrare Grucho Marx e per poter ascoltre
Einstein, Mozart, Beethoven e Miles Davis suonare insieme.
E' vero che teme di più le cose di questo mondo di quanto
non l'aspetti nell'al di là?
Verissimo. Mi terrorizzano la possibilità di un disastro ecologico, di una
guerra nucleare visto che adesso la bomba atomica ce l'hanno paesi come il
Pakistan, l'India e che altri, come l'Iran, stanno cercando con tutti i mezzi di
costruirsela. Mi fanno paura le armi biologiche e chimiche, soprattutto se
associate al terrorismo o al fondamentalismo. Sarei felice se queste cose
sparissero. Se gli uomini smettessero di considerarsi nelle loro diversità e
cominciassero a collaborare, invece che a farsi la guerra, allora le armi non
servirebbero più e, per citare Mark Twain, la comicità sarebbe l'arma più
potente, perche' ci mette tutti sullo stesso piano.
Lei adopera la comicità anche come forma di auto-terapia?
Si, autoterapia, mi serve contro lo stress ed anche molto meno costosa di
qualsiasi droga ...
Adesso una domanda molto seria: in "Al di là dei
sogni lei"' interpreta un uomo che, ad un certo punto, si trova, a dover
scegliere tra sua moglie e i suoi figli, e sceglie di andare a salavre la
moglie. Se nella vita reale si dovesse trovare davanti ad una situazione simile,
come agirebbe?
Sarebbe una cosa orribile. Non saprei cosa fare. Se i miei figli fossero adulti
come quelli nel film allora la scelta sarebbe un pochino più semplice perché
saprei che loro stanno bene, sono maturi e se la caveranno anche senza di me. Ma
se fossero piccoli sarebbe la scelta più terribile che che un genitore si possa
trovare a dover compiere.
Crede in un tipo di amore assoluto e inossidabile come
quello che lega i due protagonisti?
Sì. nella mia vita ho avuto la fortuna di provare un amore così forte che è
quello che mi lega a mia moglie. Sarebbe per me atroce se venisse a mancare e
non so cosa farei.
Nel film viene condannato il suicidio come tentativo,
sbagliato, dell'uomo di avere il controllo su questa sorta di viaggio che è la
nostra esistenza. Tuttavia c'è una scena molto emozionante in cui la madre
spiega al bambino che il cane deve essere soppresso perché non può guarire e
quindi quello è l'unico modo per aiutarlo a smettere di soffrire. Qual'è la
sua posizione personale nei confronti del suicidio e dell'eutanasia?
In America c'è un dottore molto famoso (Kerchokian) che da anni combatte per il
diritto dei malati terminali di porre termine alla propria vita. Riesco a
capirlo se una persona decide che non ce la fa più a continuare tra mille
sofferenze. E soprattutto comprendo l'agonia di chi gli sta accanto ed è
costretto a vederlo soffrire. Capisco come qualcuno non voglia tutto questo. Il
concetto che qualcuno possa essere dannato per l'eternità per essersi suicidato
è simile per me all'idea che i bambini non battezzati, per la chiesa cattolica,
non possano andare in paradiso, un'idea che finalmente è stata abolita. E' un
caso diverso nel caso in cui una persona si suicidi perché è arrabbiata e
perché nel togliersi la vita sa che ti farà soffrire. Quello è inamissibile.
Ma credo che la sofferenza mentale possa essere altrettanto dolorosa della
sofferenza fisica.
Sandra Bordigoni
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