La città di Sciacca ha origini molto antiche. I primi
abitanti della nostra contrada, come del resto della Sicilia occidentale,
furono i Sicani. Essi si ritengono, a tutt'oggi, autoctoni ed erano uno
stesso popolo con i siculi; i quali, venuti in un tempo posteriore,
occupavano la parte centrale e orientale dell'isola. La civiltà di questo
popolo nasce, si svolge e si spegne dal II millennio al V secolo a.
C.; nel quale essa definitivamente scompare assorbita da quella greca. Le
infinite celle funebri ( grotticelle a forno) scavate le une accanto alle
altre nelle rupi calcaree di quasi tutta la Sicilia, attestano il culto dei
morti di questo antichissimo popolo e distinguono con le reliquie che vi si
conservano, vasi armi ornamenti del defunto per il viaggio d'oltretomba, le
tre fasi di civiltà attraversate: della pietra, del bronzo, del ferro. Una
delle più importanti necropoli Sicane nella nostra contrada è quella di
Caltabellotta ( circa 15 km da Sciacca); la quale dall'alto della rupe, che stringe la strada
arrivando
da Sciacca, mostra le nere cavità delle celle funebri, comunemente chiamate
"grotte dei saracini".
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In un tempo imprecisato vennero a stabilirsi
presso
tutte le coste della Sicilia i Fenici; i quali dalle loro sedi d'oriente, a
nord della Palestina, diffondevano in tutto il mediterraneo il loro
commercio, le industrie, la scrittura alfabetica. Nell'VIII secolo a.C. (
quando i Greci cominciarono a colonizzare la Sicilia) abbandonarono la
maggior parte delle loro sedi nell'isola per restringersi in Motya, Panormo
e Solunto.
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La colonizzazione della Sicilia da parte dei
Greci o Elleni nel 735 a. C. mirava a procurare nuove e migliori sedi a una
popolazione composta non soltanto da coloni desiderosi di terra da coltivare
e da commercianti, ma anche da esuli, artisti, poeti e filosofi, che avevano
sulle labbra i canti di Omero. Così si introducono in Sicilia culti più
umani, usanze più gaie, istituzioni politiche, che diverranno famose anche
fra i Greci della madre patria. Nel 628 a. C. fondarono Selinunte; così
chiamata dal nome greco del sedano, che vegetando su quelle rive, diede il
suo nome anche al ruscello, detto allora Selino, oggi Madiuni; e come
simbolo della città fu impresso sulle monete. Selinunte fissò il suo
territorio con due castelli sul mare; a ovest Mazara e a oriente con
Terme Selinuntine, l'odierna Sciacca, dove si crede che prima fosse una sede
dei Fenici.
Terme Selinuntine, si pensa, è stata fondata intorno
al 620 a.C.. Il suo nome è dovuto ai caratteri naturali del luogo, ricco di
acque termali, che, dalle sorgenti intestine del monte Kronio, si riversano
nella "valle dei bagni", da sempre, riguardate dagli antichi con religioso rispetto. Come una
volta Terme Selinuntine, ora Sciacca posa su una collina che dolcemente si
eleva dal mare fino a 80 metri d'altezza - tranne dal lato sud orientale -
dove assume l'aspetto di una bianca rupe, detta Cammordino; che taglia le
acque con un lungo sperone, chiamato "coda di volpe".
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Nella lotta fra i Sicelioti e i Cartaginesi Selinunte
venne distrutta nel 409 a. C. da parte di questi ultimi. Selinunte cadde
sotto la furia dei barbari guidati da Annibale di Magone dopo 9 giorni di
eroica difesa, stupendamente narrati da Diodoro Siculo. Perirono 16.000
cittadini, 5.000 furono fatti prigionieri, 2600 trovarono salvezza in
Agrigento. Si calcola che allora la popolazione della città col territorio
ammontasse a 100.000 abitanti. Duecento venti anni era durata la sua
vita. Del suo splendore ora non rimangono che le rovine venerate nel sublime
deserto della sue colline.
Terme Selinuntine, l'odierna Sciacca, ebbe una vita
umile e continua; e sebbene sembri abbia avuto un accrescimento di
popolazione scappata da Selinunte, distrutta, pure non può essere pensato
che come un paesello dedito all'arte figulina (arte vasara), all'esercizio
dei bagni termali, al commercio del grano, senz'altra gloria fuorché la
leggenda di Dedalo e l'aver dato i natali ad Agatocle. Questi, secondo
Diodoro Siculo, nacque nel 361 a. C. " in Terme di Sicilia allorché questa
città era sotto il dominio dei Cartaginesi"
Agatocle, figlio di vasaio, grande oratore,
avventuriero, gran capitano, tiranno di Siracusa, sterminatore crudele dei
suoi avversari, è una delle più singolari figure del mondo antico che, come
Gelone, Dionisio, Timoleone, Hanno personificato la lotta della civiltà
Siceliota contro la civiltà Punica.
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Nel 210 a. C. Roma conquista tutta la Sicilia e ne
eredita la missione di combattere la civiltà Cartaginese, e da questo
momento, finito il periodo Greco Punico, tutta l'isola stette sotto il
dominio di Roma.
Roma divise le città di Sicilia in 4 classi: 1) città
alleate; 2) città libere e immuni da tributi; 3) città decumane, tenute a
dare a Roma una decima parte dei proventi agricoli; 4) città censorie, il
cui territorio era considerato proprietà del popolo romano, condizione di
rigore per aver esse resistito nelle guerre puniche. Fra queste Selinunte! e
per circa cinquanta anni la Sicilia in triste pace attese a fornire il grano
necessario alla plebe di Roma.
Nel mezzo del IV secolo, avendo già gl'imperatori
Diocleziano e Costantino perfezionato il servizio postale (cursus publicus)
, che assicurava all'Italia, con una rapidità veramente notevole per quei
tempi, la regolarità delle comunicazioni che permetteva allo Stato di far
sentire la sua azione diretta ai paesi più lontani, troviamo Aquae Labodes,
cioè Terme Selinuntine, l'attuale Sciacca, è divenuta stazione postale,
ovvero luogo di fermata della posta. Tale informazione è data da una
iscrizione, tuttora conservata, la cui lapide esisteva una volta in Sciacca
presso porta Bagni, nella casa di Mariano Leofante, barone della Verdura.
Sembra anzi che sia stata la sede della direzione delle poste dell'isola.
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I Vandali, di religione Ariana, nel 455 dopo aver dato
a Roma il famosissimo "sacco" e nel 468 sconfitto le forze unite dell'impero
romano d'occidente e d'oriente, furono nefasti alle città siciliane che pur
resistevano per ispirazione dei monaci greci (Calogeri). Le persecuzioni dei
monaci, Santi predicatori, furono molti; uno di essi, - " San Calogero" -
fuggendo le persecuzioni dei vandali in africa sbarcò in Sicilia e si
rifugiò in un antro del monte Kronio, ove visse santamente fino alla sua
fine, operando miracoli.
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Mentre la nostra
contrada, come tutta la Sicilia, languiva sotto la dominazione Bizantina
un popolo nuovo si affacciava alla storia: gli Arabi. Dopo avere visitato la
Sicilia con numerose incursioni, la prima volta nel 652 e, dal 700 in poi
sempre più spesso; la mia contrada conobbe i musulmani fin dal loro
primo arrivo, nell'827. Nell'840, Triocala, che ora si incomincia a
chiamarla Caltabellotta, fu costretta a promettere obbedienza e tributo
insieme a Terme Selinuntine che ora comincia ad assumere il nome di Sciacca.
La storia dei musulmani dell'isola presenta tre periodi: 1) dal 827 al
895 è una continua guerra per la conquista dell'isola; 2) dall'896
all'1038 è lotta intestina fra le diverse stirpi musulmane e, fin dal 969,
indipendenza dall'africa; 3) dal 1038 comincia un periodo di disordini, nei
quali parecchi signori (emiri) si rendono indipendenti, finché venuti a
contesa, uno di loro non chiama i normanni, nel 1060. Sotto la dominazione
Araba le popolazioni continuarono a vivere secondo le proprie leggi e
costumanze; e tutti gli uomini liberi, tranne i servi e i coloni, si
eguagliavano dinanzi ai vincitori nell'unica condizione di sudditi. Godevano
del libero esercizio della proprietà; dalla legge musulmana erano protetti
nelle persone e negli averi come i musulmani. Nel complesso i vinti di
Sicilia vivevano meno aggravati sotto i musulmani che le popolazioni sulla
terraferma sotto i Longobardi e i Franchi. Mentre alcune località della
Sicilia sotto la dominazione araba raggiunsero livelli di grande splendore,
l'importanza di Sciacca dovette essere molto ridotta e non paragonabile
certo a quella che acquistò con la conquista dei Normanni.
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I primi
Normanni giunsero in Sicilia da Mileto col Conte Ruggero d'Altavilla.
Non appena Ruggero conquistò Sciacca, una delle sue prime cure fu di
restaurarne le mura e di costruire un castello ben difeso, a protezione del
Caricatore. Poco prima di morire, Ruggero donò Sciacca col suo territorio
alla figlia Giulietta come dote di nozze. Gli storici locali, raccontano
dell'amore segreto di Giulietta per il cugino Roberto di Basseville, essendo
il loro amore contrastato, i due decisero di fuggire; la loro sparizione
suscitò un vero e proprio scandalo. Giulietta si era nascosta nella sua
stessa Sciacca, cercando riparo, sullo scoglio di Sant'Elmo (è per questa
leggenda che il popolo lo chiamò poi Rocca Regina). Qui Giulietta partorì un
bambino. Dopodichè la coppia decise di affidarsi all'aiuto di fra Mauro.
Andarono dal Conte Ruggero muovendolo a compassione ed al perdono. Furono
celebrate le nozze riparatrici.
Fu Giulietta a fondare la Chiesa Madre ed
a dedicarla a Maria Maddalena. un'altro particolare dell'opera della
contessa riguarda lo stemma civico : alcuni vedono nella figura femminile la
stessa Giulietta e, nei due leoni, il padre e il fratello che ostacolarono
la sua storia d'amore col cugino. Lo stemma con Giulietta fu usato fino al
1860, poi fu adottato quello odierno.
Allo scoccare
della "Guerra del Vespro", nel 1282, gli abitanti si associano
immediatamente allo slancio dei conterranei: risultato, l'eroica difesa alla
guida di Federico Incisa che, nell'agosto 1303, respinge decisamente dalle
inviolate mura Carlo di Valois. La celeberrima "Pace
di Caltabellotta" è solo un corollario dell'evento.
La città non conosce solo imprese guerresche, ma vive in modo
estremamente civile, come documenta il "Libro Rosso" della
Biblioteca Comunale. Qui, nelle "consuetudini" medievali, è
registrata la famosa rubrica "De Balneis", che regola
minuziosamente l'uso delle acque termali.
Tutto il '300 scorre praticamente tra due grandi personalità: l'Incisa e
Guglielmo Peralta. Il primo, crea il presupposto per l'ampliamento della
cinta muraria dalla Porta Bagni ad est a quella del Salvatore ad ovest,
dalla Porta di Mare a sud a quella di S. Calogero a nord. Solo il '500, con
l'intervento del viceré De Vega, vede un ulteriore ampliamento, qual è
praticamente rimasto sino alla seconda guerra mondiale.
Il Peralta, per conto suo, diviene uno dei quattro Vicari di Sicilia
e, dopo aver battuto moneta in proprio, edifica la Chiesa di Santa Maria
dell'Itria ed il Castello Nuovo, ambedue nella parte alta dell'abitato.
Sciacca è una comunità ricca. Dal suo caricatore prospiciente il mare
partono derrate e mercanzie di ogni tipo provenienti dall'entroterra; al
caricatore fanno quotidianamente capo le colonie dei Pisani e Genovesi.
Evento destinato a rimanere nella storia siciliana è il Caso di
Sciacca. Pretestuoso diverbio tra le grandi famiglie dei siciliani Perollo e
degli spagnoli De Luna, si vuole sia iniziato nell'anno 1400 per le mancate
nozze tra la bella e ricchissima Margherita Peralta con Giovanni Perollo. Il
Caso trasse invece la sua orgia di sangue e vendette, conclusasi nel 1529
con la barbara fine di Giovanni Perollo junior, da un possedimento
contestato.
Tutto il '600 Sciacchitano è praticamente inglobato nella politica
spagnola.
Spiccano, in ogni caso, il mecenatismo di Giovan Battista Perollo ed il
talento dell'architetto - pittore Michele Blasco; fondatore il primo del
collegio dei Gesuiti (oggi Palazzo di Città), autore il secondo della
ricostruzione della Chiesa Madre, di affreschi e tele.
Spetta al secolo successivo, il bel gesto degli abitanti in brava
difesa dalle truppe austriache del generale Sekendorff. È anche il momento
delle arti figurative. Mentre i secoli precedenti avevano registrato i
Grandi Fazello e Inveges nella storiografia, Noceto e Bocconi nelle scienze
naturali, lo stesso Amodei nella musica, il '700 annovera Tresca e Testone,
oltre al notevole Mariano Rossi. Questi onorano la tradizione pittorica
rinascimentale facente capo a Riccardo Quartararo, maestro di Antonello da
Messina.
La dominazione sabauda passa senza storia, come senza storia si
afferma quella borbonica.
Notevoli sono invece le vicende risorgimentali, che vedono all'azione la
migliore gioventù locale guidata prima dal frate domenicano Saverio Friscia,
poi dall'omonimo cugino. Questi, conosciuto dieci anni di esilio a Parigi,
ritorna in Sicilia nel '60, acquista subito la statura di capo
rivoluzionario divenendo addirittura il porgitore della proposta
dell'indipendenza siciliana presso Garibaldi, che non aveva dimenticato il
primo progetto di sbarco in Sicilia proprio per Sciacca.
Friscia, ormai dell'Internazionale di Bakounin, diviene deputato al
Parlamento Nazionale dove si fa promotore della causa del porto e dello
sfruttamento delle acque termali. Lo stesso faranno Giuseppe Licata e, nel
nostro secolo, Onofrio D'Agostino. Con quest'ultimo si apre l'attuale fase
del termalismo di Sciacca con nuove iniziative all'attenzione del mondo.
Certo, questo centro è molto più grande che non tremila anni fa. Ma la
costante è rimasta intatta: la Città delle Acque ieri, la Città delle
Terme oggi.
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Alcuni dei monumenti di Sciacca
Il centro storico è ricco di monumentIi di notevole interesse architettonico
quali i Castelli dei Perollo (1300) e dei Luna (1380); la Chiesa di S. Maria
delle Giummare; la Badia Grande; la Chiesa di Sant’Agostino (1753); il
Duomo, con la volta affrescata da Tommaso Rossi, l’icona marmorea di A.
Gagini e il crocifisso ligneo del Navarro; la Chiesa di San Lorenzo (1393);
la Chiesa di San Francesco di Paola (1744), dove sono conservati alcuni
affreschi del pittore saccense Mariano Rossi; la Chiesa di San Vito (XIII
sec.); la Chiesa di Santa Margherita (1342), con il bel portale marmoreo,
opera dell’artista Francesco Laurana e il raffinato organo ligneo; la Chiesa
del Purgatorio (1480), dove si trova una preziosa tela della “Vergine che
consola le anime”.
Degno di nota il Palazzo Steripinto (1501), costruzione di rara bellezza con
una facciata con bugnato a punta di diamante.
Nei dintorni si eleva il Santuario di San Calogero, le cui origini risalgono
al 1400. Sull’altare centrale, all’interno di una custodia lignea, è posta
la raffinata statua di San Calogero.
CHIESA DI S. DOMENICO
(P.zza A. Scandaliato)
La chiesa di S. Domenico si deve alla volontà del grande storico Tommaso
Fazello. Edificata fra il 1534 ed il 1538. Successivamente i figli del
nobile Antonio Medici fecero costruire un Cappellone, terminato da Caterina
dei Medici nel 1582, la quale ottenne il titolo di fondatrice e dotatrice.
PALAZZO TAGLIAVIA
Conserva all'interno un grande cortile barocco con una bellissima scala
coperta. Sul muro occidentale si apre una bifora con elegante davanzale del
XV sec. In cima alla colonnina della bifora compare lo stemma della
famiglia.
PALAZZO STERIPINTO
La costruzione risale al 1501; il palazzo venne fatto costruire da Antonio
Noceto. Lo spazio antistante il palazzo era detto un tempo "testa di la
cursa", perchè qui aveva termine la rituale antica corsa dei cavalli che,
partendo dalla piazza, percorreva il Corso V. Emanuele. La parte decisamente
più interessante del palazzo è il prospetto, costituito da un originale e
fitto bugnato a punta di diamante. in esso si intrecciano tendenze culturali
di diversa origine: dalle rigide geometrie simmetriche di tutta la
struttura, alla cornice catalana che delimita tutto intorno la finestra
centrale; dal portale con architrave e stipiti ben scanalati, alle bifore
con colonnina centrale di tipo gotico.
CHIESA DEL CARMINE
La chiesa del Carmine è una delle più antiche della città, infatti, il suo
primo nucleo fu la Chiesa del Salvatore; fondata nel 1089 dal Conte Ruggero
quando edificò il Castello Vecchio e restaurò le antiche mura. La chiesa fu
rifatta, ampliata e riaperta al culto nel 1579: fu allora che venne fatto il
Cappellone e il soffitto in legno.
INTERNO: All'inizio della navata centrale è posta una grande croce di legno
del '700, la cui parte posteriore è finemente dipinta con la Resurrezione di
Cristo e con S. Michele Arcangelo. La navata di destra inizia col sarcofago
di Gilberto Perollo, esso non rappresenta particolari elementi
architettonici e la stessa iscrizione è tracciata rozzamente su intonaco.
ESTERNO: La facciata in stile neoclassico, risalente al 1817, è rimasta
incompleta; questo permette di scorgere le tracce dell'antica Chiesa del
Salvatore. Contrastante con lo stile del prospetto è lo splendido rosone
gotico. Bellissima è anche la cupola, poggiante su un tamburo cilindrico,
rivestita in piastrelle di ceramica a scaglie sovrapposte a colori
alternati verde e bianco.
PORTA DEL SS. SALVATORE
(Piazza Carmine)
E' la più bella delle porte esistenti e risale al tempo di Federico III
d'Aragona che, nel 1335-36, permise l'allargamento delle mura della città.
Nel 1894 fu aperto accanto ad essa un secondo arco; questo passaggio fu, poi,
però, demolito al tempo della seconda guerra mondiale per consentire il
transito dei grossi mezzi militari. L'aspetto attuale, di stile
rinascimentale, risale al 1581: due colonne, sostenute da elefanti stilofori,
delimitano un grande arco riccamente ornato da arabeschi e volte. le
incisioni a bassorilievo rappresentano rosette, teste di animali, elementi
arcuati e cornucopie; sulla sommità dell’arco due bei leoni affiancano la
chiave di volta.
CHIESA DI S. MARGHERITA
La fondazione della chiesa di S. Margherita, voluta da Eleonora d'Aragona,
risale al 1342. Qualche anno dopo, la chiesa, venne concessa ai Cavalieri
Teutonici. Nel 1393 il ricco mercante Antonio Pardo fece fare numerosi
lavori di restauro e
di ampliamento lasciandole in eredità, alla sua morte, la metà del suo
ingente patrimonio. La chiesa trovò il suo assetto definitivo nella seconda
metà dell'800.
INTERNO: Fra il 1609 e il 1624 Orazio Ferraro eseguì gli stucchi e le
decorazioni dell'interno e il dipinto della Madonna dell'Itria, tuttora
esistente. Il Ciaccio riferisce che nel 1629 il licatese Giovanni Portaluni
eseguì sei grandi quadri,
diversi medaglioni e quadretti sulle pareti e negli arconi presbiterali.
Nello stesso anno il saccense Francesco Mordino completò il bel soffitto
a cassettoni, mentre nel 1630 furono commissionate ai palermitani
Marcantonio Runca e Bartolomeo Bajana diverse migliaia di fogli d’oro per la
cappella maggiore.
ESTERNO: Il portale principale è quello sulla Piazza del Carmine: è in stile
gotico e presenta tre archi ogivali inseriti fra due pilastri ottagonali
che continuano oltre i capitelli di raccordo. La cosa più preziosa è
certamente il bel portale marmoreo che si apre sulla via Incisa,
considerato un’opera di scultura fra le più ragguardevoli realizzate nel’400
in Sicilia. E' costituito da due leggere e sottili colonnine corinzie
che sorreggono un ordine di trabeazione punteggiato da cinque testine
d’angeli e minuscole conchiglie; sugli stipiti stessi le figure dei
patroni di Sciacca: la Maddalena da una parte e San Calogero dall'altra.
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Ricerca ed elaborazione della pagina: Catanzaro
Veronica; Vitabile Simona
Bibliografia: Storia di Sciacca (I Scaturro);
Materiale pubblicitario messo a disposizione dell'A.A.C.S.T. di Sciacca.