Attribuzione del ritratto
                       Ritratto giulio-claudio   ritrovamenti archeologici   descrizione

 
L'insieme delle caratteristiche fisiognomiche (pur scarsamen- te leggibili) potrebbe rendere plausibile l'inserimento della testa nella serie dei ritratti di Agrippina Maggiore, che ha in ambito cisalpino attestazioni sicure a Velleia e Luni1, oppure, più probabilmente, in quella di Agrippina Minore, che ha attestazioni a Milano, Vicenza e nel ciclo giulio-claudio veleiate2.
 
 
Vercelli,  Chiesa di Sant'Agnese. 
Ritratto femminile. 
Lato sinistro

 
 
 
 
Vercelli, Chiesa di Sant'Agnese. Ritratto femminile.Vista dall'alto. Si noti la presenza dell'infula che cinge la fronte

 
 
 
 

Se l'attribuzione del ritratto ad Agrippina Maggiore può apparire proponibile in base ai riscontri numismatici, tutti relativi a coniazioni postume3, e al confronto con la statua-ritratto del ciclo di Velleia, simile sia per la presenza del velo (rara nella ritrattistica della madre di Caligola4) sia per le corrispondenze nella disposizione dei riccioli vicino alle orecchie5, diversi elementi sembrano però ostacolare tale identificazione. 

  • Nella ritrattistica della moglie di Germanico, la presenza dell'infulaè attestata solo nell'esemplare di Luni e in una testa da Tindari, di dubbia identificazione, in entrambi i casi accompagnata dal diadema6. Nel ritratto vercellese sono invece combinati i due attributi tipicamente "religiosi" del velo e dell'infula mentre non è riprodotto il diadema, elemento che ricondurrebbe facilmente ad un'attribuzione imperiale della testa7
  • Anche l'accentuazione della maturità della donna effigiata è un elemento estraneo alla serie dei ritratti conosciuti di Agrippina Maggiore, in genere idealizzati8.
La struttura complessiva del volto, con fronte bassa e mascellare quadrato, concorda meglio con i ritratti sicuri di Agrippina Minore, con cui la testa qui considerata condivide anche il caratteristico particolare delle fosse nasali dilatate. Dal punto di vista iconografico, la presenza di caput velatum e infula ben si addice alla moglie di Claudio, che rivestì in vita lo status sacerdotale, prima, sotto il principato del fratello Caligola, come virgo Vestalis, poi, dopo la deificazione di Claudio, come flaminica Claudialis9
Più complessi appaiono i confronti riguardo all'acconciatura, elemento spesso discriminante per la classificazione dei ritratti di Agrippina. 
L'assenza di riccioli nella parte frontale è un elemento distintivo del tipo "Parma - Napoli" (si consideri in particolare la statua n. 6242 del Museo Nazionale di Napoli10); il ritratto vercellese si differenzia però dalle repliche inserite nel tipo per il trattamento dei capelli nella zona temporale, articolati nel nostro esemplare in riccioli eseguiti a trapano e non in ciocche piatte. 
Il caratteristico andamento a "onde" dell'acconciatura, abbinato alla copertura delle tempie con una serie di riccioli sovrapposti, trova invece riscontri nel tipo "Providence - Schloss Fasanerie", ricondotto da W. Trillmich e S. Wood ad Agrippina Minore, i cui prototipi sarebbero stati scolpiti sotto il principato di Caligola11. Diversa è però la disposizione dei riccioli, che nella testa vercellese interessa tutta la zona temporale e non solo una fascia poco sviluppata al di sopra delle orecchie. 
Neanche l'attribuzione ad Agrippina Minore appare quindi sicura, anche se la pettinatura indirizza con certezza all'età giulio-claudia e per l'ampiezza della fascia di riccioli, suggerisce una possibile collocazione cronologica del ritratto sotto il principato di Claudio12.
 

Lo stato di conservazione e la conseguente impossibilità di valutare con precisione i dettagli della fisionomia e della capigliatura inducono dunque a proporre una possibile lettura del manufatto come ritratto privato13.  La testa di Vercelli potrebbe infatti essere pertinente alla statua onoraria in dimensioni naturali di una sacerdotessa municipale di rango elevato, forse ministra del culto imperiale (flaminica o sacerdos) 14
Tale supposizione troverebbe un supporto nel rinvenimento della base di Domitia Vettilla, non anteriore però alla seconda metà del II secolo d.C., nonché nella possibile identificazione della zona di ritrovamento del manufatto come area connessa al culto imperiale. Il Sommo aveva ipotizzato un legame diretto della testa con la grande base dedicata dai seviri vercellesi alla patrona15; se, alla luce della sicura datazione giulio-claudia del ritratto, tale interpretazione è superata, resta però valida l'ipotesi di una relazione topografica fra i due manufatti, collocati forse originariamente nello stesso luogo, in prossimità di un centro di culto della domus divina.
 

  1 Il ritratto di Velleia (Parma, Museo Archeologico, inv. 1952 n. 829), lavorato in un blocco unico con una statua che rielabora il tipo dell'"offerente", appartiene ad un ciclo statuario raffigurante 12 personaggi della famiglia giulio-claudia, eretto a partire dall'età tiberiana: SALETTI 1968, pp. 30-33 n. 3, pp. 103-106, Tavv, VII-X; TANSINI 1995, p. 68, con bibliografia precedente. Sul ritratto di Luni (Luni, Museo Archeologico, s. n. inv.), proveniente dall'area a sud del foro: FROVA 1983, pp. 46-48, fig. 10; FITTSCHEN 1987, p. 213; TANSINI 1995, pp. 30-31, 61, con datazione in età claudia; LEGROTTAGLIE 1997, pp. 173-186, con datazione nell'età di Caligola. Provengono da collezione i ritratti di Modena (Modena, Museo Archeologico, s. n.  inv.) e Mantova (Mantova, Palazzo Ducale, inv. n. 6754), entrambi di dubbia identificazione. Sul ritratto modenese: WEST 1933 p. 186, Tav. LXVI, fig. 206; FUCHS  1936,  p. 228, nt. 4 n. 8; TANSINI 1995, p. 27, con datazione in età claudia. Sul ritratto di Mantova: MAGGI 1985, p. 1 e sgg, con bibliografia precedente.
Sul ritratto di Velleia (Parma, Museo Archeologico, inv. 1952 n.  83), inserito in una statua che rielabora il tipo dell'"offerente": SALETTI 1968, pp. 120-123; JUCKER 1977, p. 205 e sgg.,  ).  Sul ritratto di Milano (Milano, Civici Musei Archeologici, inv. n. A 1132, tipo "Milano"), la cui provenienza è sconosciuta ma riferibile al municipium o a centri limitrofi: CAMPORINI 1979, n. 76 p. 88, tav. LII;: Il ritratto di Vicenza (Vicenza, Museo Civico, inv. n. E I 254, tipo "Ancona") proviene dal teatro del municipium  (GALLIAZZO 1976, n. 29 pp. 109-112; FUCHS 1987, pp. 122 C I 3, p. 173 e sgg.  Proviene da collezione un ritratto  di Mantova (Mantova, Palazzo Ducale), attribuito con certezza ad Agrippina Minore (MAGGI 1980. pp. 353 - 359; FITTSCHEN-ZANKER 1983, n. 4 pp. 6-7, nt. 4; inserimento del ritratto nel tipo "Ancona"). Ci sembra inoltre possibile l'attribuzione ad Agrippina Minore di un ulteriore ritratto milanese (CAMPORINI 1979, n. 14 pp. 31-32.).
La documentazione numismatica dei ritratti di Agrippina Maggiore comprende sia coniazioni in metallo prezioso sia sesterzi. La fisionomia della moglie di Germanico appare contrassegnata dalla fronte bassa e diritta, dagli occhi infossati e dal mento piccolo e pronunciato; l'acconciatura, che presenta anteriormente una scriminatura centrale, si articola in due (o tre) registri di riccioli sovrapposti, mentre nella parte posteriore i capelli sono raccolti in una crocchia da cui fuoriescono due ciocche desinenti lungo il collo. Negli aurei e nei denari si distinguono quattro emissioni, realizzate nell'età di Caligola dalle zecche di Lugdunum e Roma (TRILLMICH 1981,  pp. 181-184, fig. 1; TRILLMICH 1978, pp. 10-12, pp. 25-33, Tav. 1; TANSINI 1995, p. 22,  fig. 1). Nell'età di Caligola furono coniate anche tre emissioni di sesterzi, che presentano nel recto il ritratto di Agrippina Maggiore e nel verso il carpentum, una delle onorificenze postume conferite dall'imperatore alla madre (WOOD 1988,  p. 410; TANSINI 1995, pp. 22-23, fig. 2). Anche Claudio fece coniare tre serie di sesterzi in onore di Agrippina Maggiore, che si datano dopo il 50 d. C. (TRILLMICH  1981,  p. 184 e sgg,  fig. 4; TRILLMICH 1978, pp. 15-17, Tavv. 4-5; TANSINI  1995, p. 23, fig. 4). 
4 Oltre all'esemplare veleiate, si ricordano i ritratti di Leptis Magna, pertinente ad un ciclo dinastico dedicato nel 23 d.C., (Tripoli, Museo: TANSINI 1995, p. 78, fig. 34), Roselle (Ricerche, pp. 81-83, Tav. XXXIII - XXXIV; TANSINI 1995, p. 74)  e Tenos  (QUEYREL  1985, pp.  609-620, fig. 1 a-d; TANSINI 1995, p 77, figg. 25-26)
5 La mancanza delle ciocche spiraliformi desinenti lungo il collo, che compaiono invece in tutte le emissioni monetali, potrebbe trovare una spiegazione, come suggerito dalla Tansini riguardo alla testa di Velleia, nella stessa raffigurazione del caput velatum, che renderebbe trascurabile la loro realizzazione (TANSINI 1995, p. 25). L'assenza delle due ciocche laterali trova  d'altronde riscontri anche in alcuni ritratti plastici in cui Agrippina Maggiore non compare capite velato. Anche nei ritratti di Avenches (Avenches, Museo, inv. n. 72/10), Luni (Luni, Museo Archeologico) e Tindari (Palermo, Museo Nazionale, inv. n. 698) mancano infatti le ciocche desinenti sul collo. Sul ritratto di Avenches: TANSINI 1995, p. 28. Sul ritratto di Tindari: TANSINI 1995, p. 32, 64, con attribuzione ad Agrippina Maggiore. Trillmich (TRILLMICH 1984, p. 139 nt. 20) Zanker (FITTSCHEN-ZANKER 1983, p. 5 nt. 3) e Rose (ROSE 1996, p. 354) inseriscono invece l'esemplare nella ritrattistica di Agrippina Minore.
Sul ritratto di Luni cf. nt. 1. Sul ritratto di Tindari cf. nt. precedente. La presenza dell'infula nei ritratti di Agrippina Maggiore, che non fu mai insignita del titolo di  sacerdos Divi Augusti, è stata messa in relazione da Trillmich con il flaminato esercitato dal marito Germanico, di cui abbiamo notizia dalle fonti epigrafiche (TRILLMICH 1984, pp. 139-140; ipotesi ripresa in TANSINI 1995, pp. 30-31). La vitta purpurea innnexa crinibus è infatti secondo la testimonianza di Festo l'attributo caratteristico della flaminica (FEST. 484-86 L). Per una critica a questa ipotesi, motivata dalla negazione di una relazione esclusiva tra l'infula e lo status sacerdotale: ROSE 1996, p. 354. La descrizione di Festo è d'altronde relativa al tutulus flaminico, extructum in altitudinem, e non all'infula, semplice benda con vittae laterali, presente sia nel ritratto di Luni sai in quello (dubbio) di Tindari. 
Sull'uso del diadema, combinato con l'infula, nei ritratti imperiali: ROSE 1997, pp. 76-77. 
8 Una leggera allusione ai primi tratti della maturità (pieghe sotto al mento, piccoli solchi lungo il collo) si può rilevare nel ritratto di Leptis Magna, realizzato in vita, e in quello di Roselle, entrambi capite velato.
Conferimento del titolo onorario di virgines Vestales a Drusilla, Livilla e Agrippina Minore: DIO. 59, 3, 4. Conferimento del flamonium Claudiale ad Agrippina Minore (54 d. C.): TAC. 13, 2.
10  Napoli. Museo Nazionale, inv. n. 6242: FURNÉE VAN ZWEET 1956 pp. 21-22, fig. 38; SALETTI  1968, p. 120 nt. 52 (con bibliografia). Il ritratto presenta numerosi fori di trapano nella zona temporale, che la Wood ha interpretato come tracce di rilavorazione: l'acconciatura a ciocche piatte sarebbe stata realizzata modificando un precedente ritratto "that had ringlets around the face"
11 TRILLMICH 1983, pp. 26-34, p. 27; WOOD 1995, p. 464-470..
12  Sull'evoluzione delle acconciature dall'età di Caligola alla tarda età claudia si veda in particolare POLASCHEK 1972, pp. 174 e sgg.
13  Le attestazioni di ritratti femminili con caput velatum e infula non attribuibili a membri della domus imperiale sono numerose. Si considerino ad esempio la cosiddetta "Livia" di Pompei (Napoli, Museo Nazionale, inv. n. 6041: RUMPF 1941, n. 2 p. 22, pl. 2 c) e una statua di sacerdotessa dall'Heraion di Olimpia: FURNÉE VAN ZWEET 1956, p. 22, fig. 42. L'acconciatura tipo "Agrippina Minore", nelle sue molte varianti, appare d'altronde  attestata in Cisalpina attorno alla metà del I sec. d.C. in numerosi manufatti scultorei. Si considerino ad esempio, in aree prossime a Vercellae, l'ara di Manilius Iustus da Lomello (Vigevano, Istituto Roncalli) e l'altare votivo di Narcissus da Pallanza (Pallanza, Chiesa di S. Stefano). Fra i ritratti a tutto tondo cf. ad esempio in area veneta la testa di fanciulla n. 242 del Museo Civico di Padova (GHEDINI 1980, pp. 46-48). 
14 A Vercellae è attestato epigraficamente il sacerdozio maschile relativo al culto imperiale: CIL V, 6657 = RODA 1985,  n. 7 pp. 22-24 ; CIL V, 6658 = RODA 1985,  n. 8 p. 25 ; CIL V, 6665 = RODA 1985, n. 14 pp. 34-35. Sui sacerdozi femminili e sul culto alla domus divina in Cisalpina: PASCAL 1964, pp. 18-22; attestazioni epigrafiche: RODA 1985, p. 159; attestazioni in aree prossime a Vercelli: RODA 1985, n. 94 p. 159-160, da Biella.
15   SOMMO 1980, p. 2; SOMMO 1982, p. 51 nt. 13, p. 266 nt. 36.. 
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