Descrizione del ritratto | |
ritratto giulio-claudio ritrovamenti archeologici attribuzione |
Il cattivo stato di conservazione della testa
è da imputare soprattutto alla secolare esposizione in esterno:
le superfici sono infatti fortemente dilavate, soprattutto in corrispondenza
della zona frontale della capigliatura, della bocca e del naso, dove si
nota anche una piccola scheggiatura che ne interessa il dorso. Il manto
che copriva il capo risulta rotto su entrambi i lati, con una frattura
più evidente in quello sinistro, dove manca anche la parte inferiore
dell'orecchio.
Il velo risulta inoltre notevolmente rilavorato nella zona posteriore: l'originale andamento delle pieghe, che ricadevano verticalmente, è stato infatti alterato dalla realizzazione di una fascia oblunga triangolare. Questa rilavorazione potrebbe essere legata al reimpiego del manufatto, anche se non è facile ipotizzare una relazione tra la particolare forma incavata nella superficie (un triangolo pressoché regolare con punta rivolta verso il basso) e la necessità di inserire la testa nel nuovo basamento.
Il volto è ovale, fortemente dilatato in corrispondenza degli
zigomi e delle mascelle. La fronte è piatta, con attaccatura dei
capelli piuttosto bassa; negli occhi, a mandorla, sono evidenziate le ghiandole
lacrimali. La parte inferiore del volto è caratterizzata dai due
profondi solchi nasogenieni, che attestano l'età matura della donna
effigiata, e dal mento quadrato, piccolo e poco prominente.
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1
Per i confronti si veda FURNÉE VAN ZWEET 1956, pp. 9-11, 21-22,
figg. 37-39, con particolare riferimento ad acconciature databili negli
anni Quaranta e Cinquanta del secolo. Ulteriori confronti: POLASCHEK 1973,
pp. 178-180, Abb. 11 (Frisuren der früclaudischen bis spätclaudischen
Zeit).
2
SERV. Ad Aen. 10, 538: Infula, fascia in modum diadematis a quo
vitta ab utroque parte pendent quae plerumque lata, plerumque tortilis
de albo et croco. PRUD. In Symm. 2, 1086: Interea dum torta
vagas ligat infula crines fatos addit ... innupta sacerdos. ISID. Orig.
19.30.4: Infula est fasciola sacerdotalis alba in modo diadematis, a
quo vittae ab utraque parte pendent, quae infuale vinciunt; unde et vittae
dictae sunt quod vinciunt. Infula autem plerumque lata est, plerumque tortilis
de albo et croco. Sull'identificazione e sull'uso dell'infula nel mundus
muliebre romano: SENSI 1980-81, pp. 70-71, 79-80; elenco di ritratti femminili
con infula tortilis: pp. 87-88. Sull'uso dell'infula come insegna del titolo
di sacerdos Divi Augusti (Antonia Minore): SMALL 1990, pp. 224-28. Sulle
diverse rappresentazioni dell'infula nell'ambito della ritrattistica imperiale
romana, con particolare attenzione al caso di Drusilla: WOOD 1995, p. 478-79,
in cui l'ornamento è considerato un generico segno di sacralità
più che un riferimento ad un preciso ruolo liturgico. Tale ipotesi
è stata ripresa anche da C. Rose (ROSE 1996, p. 354). In genere
sull'infula: DARSAG III, pp. 515-516.
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