Vista la netta inferiorità numerica della formazione del contrammiraglio Vian di fronte alla possibilità di un'uscita della flotta italiana, gli inglesi predisposero una manovra diversiva da Gibilterra per confondere i comandi italiani nella speranza di trarli in inganno e di costringerli a dividere le forze o restare inattivi.
Tale manovra però non riuscì ad ingannare Supermarina che capì quanto stava avvenendo e concentrò la sua attenzione immediatamente sul convoglio proveniente da Malta.Nella mattinata del 20 marzo uscirono da Gibilterra, con rotta verso il Mediterraneo centrale, la corazzata Malaya, le vecchie portaerei Eagle e Argus (la moderna Ark Royal era stata affondata nel novembre del 1941 dai siluri del sommergibile tedesco U.81), l'incrociatore Hermione e 8 cacciatorpediniere.
Oltre a costituire una manovra diversiva per ingannare la Regia Marina, questa formazione aveva il compito di lanciare aerei verso la base di Malta, e ciò avvenne il giorno 22 marzo.
Il convoglio inglese prese il mare il 20 marzo di primo mattino, seguito nel tardo pomeriggio dalle navi di Vian, e furono avvistate alle 17.05 del 21 marzo dal sommergibile Platino, in agguato tra Creta e la Cirenaica.
Supermarina, forte della superiorità navale e del pesante appoggio aereo garantito dalla Regia Aeronautica e dal II e X C.A.T., valutò di poter intercettare il convoglio nel pomeriggio del 22 nel Golfo della Sirte.
L'ammiraglio Angelo Iachino, con insegna sul Littorio, prese il mare dalla base di Taranto alle 24.00 del 21 marzo con la scorta dei cacciatorpediniere dell'XI squadriglia, mentre alle 01.00 del 22 presero il mare, al comando dell'ammiraglio Parona, gli incrociatori e gli altri cacciatorpediniere, dalla base di Messina.
Vian venne presto a sapere della presenza in mare di forze preponderanti italiane, ciononostante proseguì per Malta, e intorno alle 08.00 del 22 marzo si unirono alla sua formazione anche il Penelope ed il Legion, provenienti da Malta. Vian effettuò varie modifiche alla sua rotta volte a ritardare il più possibile l'incontro con il nemico, ben sapendo che al buio le navi italiane, ancora prive di radar, non avrebbero voluto accettare battaglia.
Alle 11.01 fu catapultato il ricognitore R.O.43 dell'incrociatore Trento per coadiuvare la ricerca del nemico, il quale alle 12.20 avvistò le navi inglesi e ne comunicò posizione e velocità.
Finalmente alle 14.24 del 22 marzo, dal Gorizia vennero avvistate, ad una distanza di 23.000 metri, le navi da guerra ed i mercantili di Vian. La battaglia ebbe quindi inizio.
L'ammiraglio Parona portò le sue navi a nord, mantenendosi parallelo agli incrociatori inglesi e tenendosi alla massima distanza di tiro, mantenendo così le proprie unità al di fuori della gittata di quelle del nemico.
Data la superiorità di cui si godeva, forse sarebbe stato più opportuno cercare di accorciare le distanze.
In ogni caso si aprì il fuoco contro gli incrociatori Cleopatra ed Euryalus, che si trovavano ad una distanza di 21.000 metri, con i cannoni da 203 mm e da 152 mm degli incrociatori. Vian reagì in maniera molto decisa, serrò le distanze con le navi italiane e quando giunse a 18.000 metri di distanza aprì anche lui il fuoco con i cannoni da 133 mm, inquadrando immediatamente, pur senza colpirlo, l'incrociatore Bande Nere.
Erano le 14.56.Il problema principale di Vian era quello di proteggere il convoglio, con la produzione di fumo e nebbia e con il suo dirottamento verso sud, al riparo dall'avvistamento delle navi italiane, ancorché sotto il costante attacco delle forze aeree dell'Asse.
Molto astutamente (!) a questo punto Parona interruppe il contatto accostando verso nord, con l'intenzione di farsi inseguire dalle navi inglesi.
Ovviamente non sarebbe stato molto logico se le poco armate e poco protette navi di Vian avessero inseguito gli incrociatori leggeri e pesanti italiani, anche se Parona non avesse saputo del convoglio, ma lo sapeva!, la sua manovra era del tutto illogica.
Vian, dovendo proteggere i mercantili, resto dov'era e guardò allontanarsi le navi italiane, tirando senza dubbio un .Fatto sta che alle 15.23 la formazione italiana era di nuovo riunita sotto il Littorio, intorno alla cortina di fumo stesa dalle navi britanniche. A questo punto la battaglia si risolse in un susseguirsi di puntate delle navi inglese fuori dalla cortina verso quelle italiane, che rispondevano al fuoco.
In questa fase dell'azione fu colpito l'incrociatore Cleopatra da un proietto da 152 sparato dall'armamento secondario del Littorio.
Il Littorio fa fuoco contro il nemico il
22 marzo 1942
Alle 18.35 finalmente la squadra italiana riuscì a risalire la cortina fumogena (ricordo che i mercantili erano decisamente più lenti rispetto alle navi da guerra), ma venne subito sottoposta ad attacco silurante da parte delle navi della 15a flottiglia, che giunsero a lanciare a soli 5.500 metri dal Littorio, anche se nessuna delle molte armi lanciate andò a segno.
A questo punto, quasi inspiegabilmente, l'ammiraglio Iachino ordinò di interrompere il contatto.
Erano le 18.47 e stava per calare l'oscurità sulla formazione. Così, nonostante una netta superiorità numerica e tattica e il predominio dell'aria, le navi italiane abbandonarono il terreno dello scontro.
Non erano state battute, certo, ma non avevano neanche vinto, nonostante quello che affermerà in seguito la propaganda fascista.La Seconda Battaglia della Sirte era terminata.
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