Come si è detto la Royal Navy, per la prima volta dall'inizio della guerra, si trovava in mare senza una scorta aerea.
La RAF era del tutto assente dal cielo della battaglia.Ben diversa era la situazione da parte italiana. Infatti la Luftwaffe, a partire dalle 09.30 del 22, lanciò all'attacco contro il convoglio 124 aerei, mentre altri 149 furono destinati alla neutralizzazione di Malta.
La Regia Aeronautica non fu certo da meno, destinando agli attacchi ben 150 aerei, tra cui spiccavano 42 preziosi e temuti aerosiluranti.
Gli effetti degli attacchi aerei dettero ben più frutti di quanto fecero le cannonate della Marina, infatti la cisterna Breconshire fu centrata ed immobilizzata mentre era in prossimità dell'isola.
Fu affondata il giorno dopo sempre da attacchi aerei mentre si trovava ancorata a Malta.
Colò a picco anche il caccia Southwold, che incappò in una mina mentre cercava di dare assistenza alla petroliera danneggiata.
Venne affondato anche il Clan Campbell, centrato da bombe d'aereo, mentre i restanti due mercantili, Pampas e Talabot, affondarono per bombardamento il giorno dopo, mentre già si trovavano in porto.
Delle 25.000 t di materiali trasportati dal convoglio, ne furono salvati solamente 5.000 t.
L'incrociatore leggero Giovanni dalle Bande
Nere
Da parte britannica, oltre la perdita del convoglio ad opera degli attacchi aerei, si lamentarono danneggiamenti anche pesanti ad opera del tiro navale nemico, in particolare il Cleopatra fu colpito da un proietto da 152 mm esploso dall'armamento secondario del Littorio; fu colpito in maniera grave anche il cacciatorpediniere Havock, che dovette quindi riunirsi al convoglio.
Colpito e danneggiato in modo serio anche il caccia Kingstom, distrutto poi da un bombardamento aereo mentre si trovava in bacino a La Valletta per le riparazioni.
Inoltre risultarono gravemente danneggiati anche l'incrociatore Euryalus ed i caccia Sikh, Lively, Legion, Lance e Kingstom.
Il tiro italiano non era certo stato inefficace.Da parte italiana invece, quello che non fecero i cannoni inglesi, lo fece il mare.
Infatti sulla rotta di rientro verso le basi la formazione italiana rimase vittima di una violentissima tempesta che fece colare a picco i cacciatorpediniere Lanciere e Scirocco, cosa all'epoca non rara in tutte le marine del mondo.I cannoni inglesi invece non fecero danni, se si esclude un colpo da 120 mm di un caccia caduto a bordo del Littorio senza conseguenze.
Il cacciatorpediniere Scirocco
La storiografia marittima italiana volle battezzare lo scontro avvenuto nelle acque della Sirte come battaglia, ma si può ben notare dalla ricostruzione dei fatti che si trattò solamente di un breve scambio di cannonate senza conseguenze tra una formazione potente, molto superiore a quella di un avversario costretto a difendere un pugno di vulnerabili e lenti mercantili. Ciononostante quella che facilmente sarebbe potuta diventare una brillante vittoria italiana, si tramutò in un niente di fatto, almeno per la Marina.
Tutto il lavoro lo fece in pratica l'Aeronautica, e se è pur vero che l'azione delle navi aveva rallentato il convoglio rendendolo più vulnerabile all'offesa aerea, i cannoni della Regia Marina non hanno fatto il loro dovere.Di chi è stata la colpa?
Non so se sia lecito parlare di colpe, in fondo non c'è stata nessuna sconfitta, ma una mancata vittoria (sebbene la perdita di due caccia a causa delle intemperie sia comunque un prezzo piuttosto alto da pagare per un nulla di fatto), in ogni caso la responsabilità di quella giornata è certamente da ascriversi completamente, nel bene e nel male, all'ammiraglio Angelo Iachino.
A sua parziale discolpa va detto che nel progredire della giornata le condizioni del mare erano andate progressivamente peggiorando, rendendo i colpi messi a segno sempre più frutto della fortuna che della perizia.Superiorità numerica, predominio del cielo, direttive che spronavano ad un attacco deciso, sono tutte concause che avrebbero potuto portare a risultati ben più lusinghieri.
Ma come si è visto così non fu.