La notte di Matapan

28 - 29 marzo 1941

 

Si apre qui una pagine che, con l'affondamento del Roma, può essere considerata la più tragica della storia della Marina Militare Italiana.  

Iniziò tutto dove ebbe termine la Battaglia di Gaudo.   
Avevamo lasciato la flotta italiana sotto l'alto comando navale dell'ammiraglio Iachino sulla via del ritorno verso le basi, ignaro che la flotta inglese fosse tanto vicina.   
Cunningham invece era ben conscio di quanta poca acqua lo separasse dalle navi italiane, e sapeva bene, non potendo le sue navi sviluppare una velocità complessiva superiore ai 20 nodi, che l'unica speranza di raggiungere le navi di Iachino era di rallentarne la velocità, e questo era possibile ovviamente solo tramite attacchi aerei.

Alle 14.25 a bordo del Vittorio Veneto giunse un messaggio riguardante l'avvistamento, effettuato da un aereo dell'Aeronautica dell'Egeo, di una nave da battaglia e una portaerei.   
Il messaggio però non precisava che l'aereo era un bombardiere S.M. 79, e che tale aereo aveva anche effettuato un attacco proprio contro la nave portaerei, di conseguenza si ritenne che non fosse attendibile.


La Vittorio Veneto appoppata dopo essere stata colpita dal siluro.  Si noti l'aereo a poppa danneggiato

Alle 14.30 iniziarono gli attacchi aerei contro la flotta italiana.   
Tre contro il Vittorio Veneto, due contro la III divisione e quattro sul gruppo Zara
L'ultimo attacco contro l'ammiraglia fu quello decisivo : un aerosilurante Albacore inglese riuscì a sganciare il suo siluro molto vicino alla nave, venendo subito dopo abbattuto dal preciso fuoco della contraerea.   
La Vittorio Veneto fu colpita all'altezza dell'elica esterna di sinistra e alle 15.30 si fermò.   Rimase bloccato il timone di sinistra e l'unità imbarcò circa 4.000 tonnellate d'acqua che provocarono un lieve ma visibile appoppamento.   Distrutto risultò anche l'aereo sulla catapulta a poppa, come si può chiaramente vedere nelle immagini relative.   
La nave rimase ferma per poco tempo, e alle 15.36 ripartì con velocità prima  di 16 nodi, e poi di 19.   Subito Iachino richiese la copertura aerea per le sue navi, e si ripeté nuovamente un copione ormai vecchio, infatti gli aerei promessi da Luftwaffe e Regia Aeronautica non si videro.


La I divisione all'ancora a Napoli

Poco dopo le 18.00 le navi italiane assunsero la disposizione stabilita per la navigazione notturna, con la formazione su cinque colonne intorno all'ammiraglia danneggiata.   
Al centro Granatiere, Fuciliere, Vittorio Veneto, Bersagliere, Alpino.   A dritta la I divisione, all'estrema destra Alfieri, Gioberti, Carducci, Oriani.   A sinistra la III divisione, all'estrema sinistra i caccia Corazziere, Carabiniere e Ascari.

Alle 18.23 giunsero sul cielo della formazione italiana altri aerei britannici, che si tennero a distanza in attesa del tramonto.   L'attacco partì alle 19.28, dopo che le navi italiane si erano predisposte alla difesa, con l'accensione dei riflettori e la produzione di cortine fumogene.   E qui ebbe inizio il vero dramma.


Una immagine del Pola durante una rivista prima della guerra

L'incrociatore pesante Pola venne infatti centrato a poppa da un siluro.   
Immediatamente andò fuori uso tutto l'impianto elettrico della nave, impedendo l'uso di tutti gli apparati di bordo, artiglierie, apparato motore, organi di governo eccetera.   La nave restò silenziosa e immobile in mezzo al mare mentre il resto della formazione si allontanava.   
Iachino venne a conoscenza della situazione del Pola alle 20.15, quando la flotta inglese si trovava a sole 55 miglia dalla formazione italiana.   Tuttavia, egli al momento credeva che si trovasse invece a 75 miglia di distanza, evidentemente non aveva considerato che la sua formazione, dal momento del siluramento, aveva proceduto a velocità molto bassa, tra i 15 e i 20 nodi.

Alle 20.27 l'ammiraglio Cattaneo, al comando della I divisione, segnalò a Iachino che avrebbe lasciato due caccia a soccorrere il Pola, ma quest'ultimo con una decisione decisamente controversa e che ci trova in posizione di disaccordo gli ordinò di andare in soccorso della nave ferita con tutta la I divisione e i 4 caccia della IX squadriglia!   La divisione di Cattaneo, dopo aver richiesto ulteriore conferma del messaggio, invertì la rotta alle 21.06, con molto ritardo quindi, e questo perché vi fu un intenso scambio di messaggi tra lo Zara e il Vittorio Veneto in merito appunto a questo ordine, che a quanto pare il comandante della I divisione non aveva trovato molto opportuno.


Il Fiume in navigazione

A questo punto vi sono ulteriori considerazioni da fare.   Innanzitutto le navi di Cattaneo procedettero in linea di fila, con i due incrociatori pesanti davanti ed i caccia a seguire, contrariamente a quanto prescrivevano le norme sulla navigazione notturna e la logica, che avrebbero voluto l'utilizzo dei caccia in posizione avanzata, a fare da avanscoperta.   Inoltre non si spiega come mai, invece di affrettarsi ad andare incontro a tutta forza al Pola, la I divisione procedesse a soli 16 nodi, potendone sviluppare agevolmente più di 30.   A causa di ciò gli incrociatori arrivarono nei pressi del Pola molto tardi, e in contemporanea con la flotta inglese.

Alle ore 20.40 il radar dell'Orion segnalò una unità immobile a una distanza di 6 miglia.   
Alle 21.55 furono individuate anche le altre navi da parte dell'Ajax.   
La I divisione fu avvistata dal caccia Stuart alle 22.23.


Lo Zara mentre fa fuoco, cosa che non accadde a Matapan.

Il dramma iniziò alle 22.27, quando i grossi calibri, cannoni da 381 mm, delle corazzate inglesi dettero inizio al cannoneggiamento delle unità italiane, ignare di quanto stava accadendo ed addirittura impossibilitate a difendersi perchè non dotate di cariche a vampa ridotta per il tiro notturno.   Addirittura, i cannoni erano disposti ancora per chiglia.   
Il Warspite e il Valiant diressero il fuoco sul Fiume, il Barham sullo Zara, da distanze tra i 2.000 e i 3.000 metri, praticamente ad alzo zero.   Era impossibile mancare il bersaglio.   In breve tempo il Fiume, lo Zara e i caccia Alfieri e Carducci si trasformarono in relitti galleggianti, mentre l'Oriani e il Gioberti riuscirono a fuggire.   Quattro minuti dopo era tutto finito.

Il Fiume fu l'unico degli incrociatori ad affondare per conto proprio, preso di mira da ben due corazzate.   Si appoppò fino a capovolgersi.   Lo Zara, ancora risolutamente a galla, fu colpito da 4 siluri lanciati dal caccia Jervis.   Il Pola fu anch'esso affondato con il lancio di 4 siluri dal caccia Nubian.   
Erano le 04.03 del 29 marzo 1941.


Una foto dell'equipaggio del Pola scattata prima delle ostilità

Quella maledetta e assurda notte, nelle acque di capo Matapan colarono a picco tre dei quattro migliori incrociatori pesanti del mondo di tipo Washington, e due cacciatorpediniere.   
Morirono oltre 2.300 uomini.

 

Commenti

 

Non voglio trarre conclusioni su quanto avvenne quella tragica notte.

Vorrei però commentare la decisione dell'ammiraglio Iachino di inviare tutta la I divisione in soccorso del Pola.

Innanzitutto, dal punto di vista strettamente tecnico, sarebbero stati sufficienti i due caccia prospettati dall'ammiraglio Cattaneo per soccorrere e rimorchiare l'incrociatore ferito.   
A questo punto risulta difficile da comprendere la decisione fatidica, infatti se si aveva sentore della possibilità di incontrare la flotta britannica, ben poco avrebbero potuto fare gli incrociatori contro i 381 delle corazzate, come infatti è avvenuto.   
Se invece non si aveva sentore degli inglesi, che senso aveva mandare tutte quelle navi quando erano perfettamente sufficienti due caccia?

Fu avviata una commissione d'inchiesta che alla fine mandò assolti tutti quanti, salvo sollevare qualche dubbio sull'operato di Cattaneo (!), che in ogni caso era andato a fondo con le sue navi e non aveva più la possibilità di difendersi.   
Iachino rimase al suo posto, mentre poco dopo fu rimosso dal grado di sottocapo di Stato Maggiore Inigo Campioni, che aveva avuto il comando delle operazioni a Roma e su cui Iachino aveva avanzato qualche critica, e fu sostituito dall'ammiraglio Sansonetti.

Conseguenza principale fu di accelerare la conversione del piroscafo Roma nella portaerei Aquila, già in atto a Genova, e dell'Augustus nella Sparviero.   Infatti è indubbio che se una nave del genere fosse stata presente nella squadra italiana quella notte le cose sarebbero andate in maniera ben diversa.   
Bisogna però anche notare che durante tutta la guerra navale del Mediterraneo furono ben pochi gli episodi in cui una nave portaerei sarebbe potuta risultare significativa.

Infine un cenno a quello che spesso è stato chiamato in causa per giustificare sconfitte o mancate vittorie : il radar.    
E' stato in questa occasione che i comandi italiani si sono resi conto che il nemico aveva il radar (ma lo avevano anche i tedeschi, e ce lo avevano pure offerto!!), e finalmente si iniziò a lavorare seriamente per averlo, ma si ricordi comunque che le navi italiane sono state sì avvistate con il radar, ma i momenti cruciali dello scontro, quelli in cui si è fatto fuoco e si sono colate a picco le navi ancora a galla, sono stati effettuati rigorosamente a vista. 
Quindi, è vero che  il radar è stato molto utile, ma non determinante, infatti se il servizio di vedetta italiano fosse stato efficiente come quello inglese, con tutta probabilità le navi di Cunningham sarebbero state avvistate prima, e allora forse qualche vita in più si sarebbe potuta salvare.   
In ogni caso, ad esempio, nel Pacifico i giapponesi, senza radar, stavano dando filo da torcere nei combattimenti notturni ai loro nemici americani, ottenendo, soprattutto con i cacciatorpediniere, molte vittorie tattiche.

Polemiche ce ne sono state molte, e molte ce ne saranno, ma l'unica cosa certa è che a causa degli errori di qualcuno, quella notte 2.300 marinai andarono incontro al loro destino.

 

La Battaglia di Gaudo  

Torna a Battaglie