La corazzata Vittorio Veneto, al comando dell'ammiraglio Angelo Iachino, prese il mare alle 21.00 del 26 marzo da Napoli, con la scorta della X squadriglia caccia, poi rilevata dalla XIII arrivata da Messina.
Tra le 21.00 e le 23.00 lasciarono Brindisi VIII divisione e XVI squadriglia, mentre da Taranto prendevano il mare la I divisione e la IX squadriglia. Infine alle 05.30 del 27 uscirono da Messina la III divisione e la XII squadriglia.
Il Trieste in navigazione nel Tirreno
durante una esercitazione dell'agosto 1940. Sta per lanciare l'aereo
Tra le 06.00 e le 11.00 del 27 marzo le formazioni si riunirono e assunsero la rotta prestabilita per sud - est.
Come detto era considerata essenziale la presenza di una adeguata scorta aerea alla formazione.
Ebbene, il giorno 27, di tutta la gran profusione di aerei promessa dalle due aviazioni alleate, si fecero vivi sul cielo della formazione italiana solamente due Junkers Ju. 88 e due CANT Z. 506.L'effetto sorpresa venne a mancare parzialmente già alle 12.35, quando la III divisione fu avvistata da un Sunderland inglese.
A bordo del Vittorio Veneto e a Supermarina si decise di far continuare la missione in quanto da intercettazioni parce chiaro che era stata avvistata solo una piccola aliquota delle navi, il grosso, comprendente anche la corazzata, restava nel buio.Da notarsi che né il gruppo di decrittazione saggiamente imbarcato da Iachino sul Vittorio Veneto, né quello di Supermarina a Roma, erano riusciti a decrittare i messaggi britannici che annunciavano in pratica la cessazione del traffico convogliato e la presenza in mare delle corazzate inglesi.
Se si fosse stati a conoscenza di ciò la missione si sarebbe potuta tranquillamente annullare essendone venuti a mancare gli obiettivi.
Il Trieste, nave ammiraglia di
Sansonetti, ripreso probabilmente il 28 marzo 1941, con un caccia
Quando fu noto che anche le navi di Cunningham erano in mare, si decise di continuare, più per motivi politici che opportunità militare, la missione.
All'alba del 28 marzo il ricognitore RO. 43 del Vittorio Veneto avvistò i 4 incrociatori e i 4 caccia torpediniere della 7a divisione inglese.
Erano le 06.35 e la battaglia stava per avere inizio.
Quando gli incrociatori di Pridham-Wippell avvistarono la III divisione, Cunningham intuì che non doveva essere sola, intuì la presenza alle spalle della nave da battaglia.
Lo Zara, nave ammiraglia di Cattaneo
Iachino ordinò alle navi dell'ammiraglio Sansonetti, la III divisione appunto, di ripiegare nel tentativo di farsi inseguire dagli incrociatori inglesi, con lo scopo di portarsi sotto il tiro della Vittorio Veneto, che stava sopraggiungendo a tutta forza.
Erano le 07.34.Alle 08.12 la III divisione aprì il fuoco con i suoi 203 mm contro le navi nemiche da una distanza di circa 22.000 metri, una distanza che andava oltre la gittata dei 152 inglesi, pertanto la 7a divisione ripiegò, e da inseguitrice diventò inseguita, con le navi di Sansonetti all'attacco.
Stava accadendo in pratica quello che aveva in mente Iachino, ma a parti invertite, erano ora gli incrociatori italiani che stavano andando incontro ai grossi calibri britannici.
Una bella immagine dei cannoni da 203 mm e del
torrione del Trento
Iachino, forse sentendo puzza di bruciato, ordinò alle navi di Sansonetti di rompere il contatto e di ripiegare verso il resto della flotta, cosa che fecero alle 08.55.
A questo punto le parti tornarono ad invertirsi, con la forza B che invertì anch'essa la rotta e si mise a tallonare la formazione italiana mantenendo il contatto visivo ma tenendosi fuori tiro.
A questo punto forse un qualche dubbio circa la presenza di una più importante formazione alle spalle degli incrociatori leggeri sarebbe dovuta venire in mente a Iachino, come suggerisce giustamente Giorgio Giorgerini nel suo "La guerra italiana sul mare".
E' ben raro che una formazione più piccola si metta ad inseguire una formazione ben più potente quale era quella di Sansonetti.Fu così che alle 11.00 la 7a divisione si trovò improvvisamente sotto il tiro dei possenti cannoni da 381 mm del Vittorio Veneto, da una distanza di 23.000 metri, e Sansonetti invertì la rotta puntando di nuovo contro gli incrociatori nemici.
Il tiro italiano fu ben diretto, come avveniva di solito, ma le salve risultarono, e non era una novità, piuttosto disperse.
Ciononostante risultarono colpiti l'Orion e il Gloucester. Riferiscono gli inglesi che quest'ultimo sia stato colpito più volte.
I poderosi canoni da 381 mm del Vittorio
Veneto aprono il fuoco contro il nemico
A questo punto, erano le 11.18, le navi italiane desistettero dall'inseguimento in quanto furono attaccate dagli aerei decollati dalla Formidable, 6 aerosiluranti e 2 caccia, che non colpirono nessun bersaglio.
L'aviazione dell'Asse era del tutto assente.
Alle 12.07 fu anche attaccata la III divisione, da 3 aerosiluranti che mancarono il bersaglio.Finalmente, Iachino dette l'ordine di ripiegare verso le basi metropolitane, ancora ignaro del fatto che la Mediterranean Fleet al gran completo distava solamente 70 miglia dalle sue navi.
La battaglia di Gaudo era definitivamente terminata, ed iniziava il lungo interminabile ritorno che sarebbe stato teatro del tiro a segno di Capo Matapan.
Per ora però, le cose stavano ancora andando bene, con la missione annullata senza aver avuto altro esito che il danneggiamento di due incrociatori leggeri nemici, ma con tutte le navi italiane ancora illese.
Una bella foto del Vittorio Veneto in
navigazione
Conclusioni non ve ne possono essere se non dopo aver trattato di quanto accadde a Matapan durante la notte seguente, tuttavia si possono fare alcune considerazioni.
Innanzitutto i sommergibili schierati da Supermarina non segnalarono alcun avvistamento nemico, risultarono quindi perfettamente inutili. Si parla di quella che era la prima flotta di sommergibili del mondo!
L'Aviazione. Che bella cosa, se ci fosse stata. Praticamente assente dal cielo della formazione italiana, per tutta la durata dello scontro e ancora di più. La giustificazione fu che ciò era avvenuto a causa delle avverse condizioni meteo, ma allora come mai gli aerei inglesi erano sempre presenti sul cielo della formazione italiana e attaccavano senza sosta, nonostante dovessero pure decollare da una portaerei? Non solo erano assenti gli aerei promessi dalla Regia Aeronautica, ma anche quelli offerti dal prestigioso corpo aereo tedesco. Ancora una volta la mancanza, più che di una portaerei, di una reale collaborazione tra Marina e Aeronautica si fece sentire in maniera dolorosa.