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Barthes aveva tenuto una rubrica costituita di brevissimi interventi, intitolata appunto Chroniques, sul Nouvel Observateur, un settimanale francese molto conosciuto, fra il 1978 e il 1979. Con Paolo Fabbri la abbiamo tradotta in occasione di un convegno tenutosi a Reggio Emilia nell'aprile del 1984, pochi anni dopo la scomparsa di Barthes, e in presenza di tanti suoi amici ed allievi. [Questo è un passo più esteso del testo citato a p. 17 dell'Introduzione a Trailer, spot, clip, siti, banner]


Pausa

…La forma cercata è una forma breve, o, se si preferisce, una forma dolce: non la solennità della massima, né la ruvidezza dell'epigramma; qualcosa che, almeno tendenzialmente, vorrebbe richiamarsi all'haiku giapponese, l'epifania joyciana, il frammento di diario. Una forma deliberatamente minore, insomma, ricordando, con Borges, che il minore non è un ripiego, ma un genere come un altro. Certo io per primo rimango confuso, quando la mia cronaca esce, nel vedere la mia piccola prosa, la mia piccola sintassi (curata), insomma, la mia piccola forma, schiacciata e come annullata dalla concitazione delle scritture che ci circondano. Ma, dopo tutto, c'è una battaglia per la dolcezza: a partire dal momento in cui la dolcezza è decisa, non diventa forse una forza? Scrivo accurato per morale.
(…)

Perché dare il futile, l'insignificante, perché rischiare l'accusa di dire dei "nonnulla"? L'idea di questo tentativo è il seguente: l'avvenimento di cui si occupa la stampa mi sembra una cosa del tutto semplice, voglio dire che mi sembra sempre che ci sia un "avvenimento", e che si tratti di qualcosa di forte.
Ma , e se ci fossero degli avvenimenti "deboli", la cui tenuità tuttavia continua ad agitare del senso, a designare ciò che nel mondo "non va bene"?
Insomma, e se ci si occupasse, poco a poco, pazientemente, di rielaborare la griglia delle intensità? I grandi media mi sembra trattino l'avvenimento come i pittori dell'Impero trattavano una battaglia celebre. Ma la pittura ha avuto un'evoluzione anche perché ha accettato di cambiare le misure: tutto Nicolas de Stael, si dice, è uscito da un centimetro quadrato di Cézanne.
Forse bisogna, e anche nella stampa, tentare di resistere al prestigio delle grandi proporzioni, in modo da frenare l'impulso dei media a creare essi stessi l'avvenimento. So bene che il mio linguaggio è piccolo ("I limiti del mio linguaggio, diceva Wittgenstein, segnano i limiti del mio mondo"), ma questa piccolezza forse è utile, perché è da lei che sento a mia volta, ogni tanto, i limiti dell'altro mondo, del mondo degli altri, del "grande" mondo, ed è per dire questo fastidio, forse questa sofferenza, che io scrivo: oggi, non dobbiamo forse far intendere il più gran numero di "piccoli mondi"? Attaccare ilo "gran mondo" (gregario) con la divisione instancabile delle particolarità?
(…)

Da Roland Barthes, "Pausa", La cronaca, in P. Fabbri e I. Pezzini, Mitologie di Roland Barthes. I Testi e gli Atti, Parma, Pratiche, 1986, pp. 82-83.