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Speciali - Perchè sono nato, dice Dio: dicembre 2000

> siamo soddisfatti di noi e del nostro mondo?
> si è fatto uomo per mostrarci la luce
> povertà d'animo: Dio è morto nel consumismo
> più alta è la salita, più bello il panorama

“…Sono nato nudo, dice Dio, perché tu possa spogliarti di te stesso.
Sono nato povero perché tu possa considerarmi l’unica ricchezza.
Sono nato in una stalla perché tu impari a santificare ogni ambiente…”


Povertà d'animo: Dio è morto nel consumismo
di Leonardo F.

Povertà. Diciamocelo pure in faccia; parlare di povertà comporta il rischio di predicare bene e razzolare male. È finita l’epoca degli emigranti, delle promesse Americane, il desiderio di benessere.

Ai nostri giorni la bandiera a stelle e strisce s’è spostata qui da noi. Lo vediamo nelle case, quando per andare a messa non sappiamo più quale mettere delle decine di “vestiti a festa”; lo vediamo andando a fare la spesa nei centri commerciali, col carrello gigante pieno di tutto tranne di quel che volevamo quando siamo partiti da casa; Lo vediamo non appena alla nostra porta si presentano extracomunitari sorridenti che ogni anno di questo periodo cercano sempre di appiopparci uno zerbino con scritto “buon Natale” e che, come ogni anno, rifiutiamo sorridenti dato che abbiamo già quello comprato cinque anni fa; lo intuiamo quando, a pranzo con la famiglia, salta fuori un discorso riguardante qualcuno che tutt’un tratto ha perso tutto quel che aveva, e mentre ne parliamo diamo una guardata intorno a noi, guardiamo la tv, il frigo, il forno e la caffettiera, tirando un sospiro di sollievo.

Eppure in tutto questo benessere c’è ancora qualcosa che non va. Manca ancora qualcosa, quel pezzo che completa il puzzle e che non trovi mai. D’accordo lo stereo, il cellulare, il computer, l’auto e l’abbonamento a tutte le partite dell’Inter: ma perché quando stacchiamo la spina, sempre se troviamo tempo, a volte prende quella strana sensazione, quella specie di smarrimento? Perché?

È il fantasma dei nostri tempi, dell’era del consumismo. La nostra “povertà”. Buffo… ci affanniamo tutta la vita per riempire portafogli e conto in banca, senza fermarci a chiedere perché, ma con la certezza che al giorno d’oggi i soldi non bastano mai, quando poi non ci accorgiamo che ci pian piano l’unica a riempirsi è la testa, piena, quello sì, ma di problemi accumulati nel tempo e di stress che ci fa tremare da capo a piedi come piccoli martelli pneumatici, mentre per lasciare spazio scompaiono valori, ideali, e tutto quel che poteva fare di noi elementi scomodi per la società, la nostra personalità, il nostro mondo, i nostri sogni più belli.

“Sono nato nudo perché tu possa spogliarti di te stesso…” com’è lontano da noi quest’insegnamento, come suona male passando davanti ad una vetrina di Armani, come sembra stupido quando proviamo la nuova giacca davanti allo specchio. Ma siamo sicuri di aver capito? Basta fare un po’ più di attenzione per rendersene conto: spogliarsi di sé stessi, togliersi di dosso il peso che grava sulla nostra vita, l’ambizione del successo a tutti costi non guardando in faccia a nessuno. Fermarsi a riscoprire sé stessi guardandosi allo specchio, ripartire da noi per andare avanti, abbandonando per la strada tutto ciò che fino a ieri impediva di guardare più in là degli indici di borsa e del prezzo della benzina.

La più grande e difficile delle nostre sfide. E dopo essersene resi conto ecco che le parole sono ancora più scomode. Come cominciare? A cosa fare riferimento?

“Sono nato povero perché tu possa considerarmi l’unica ricchezza….”Francesco era il figlio del più ricco mercante di Assisi, ma nonostante ciò vestiva di un sacco e chiedeva l’elemosina. “…nudo, perché tu possa spogliarti di te stesso”. Sarebbe potuto diventare a sua volta un ricco mercante, lavorando nella bottega del padre. “…Povero, perché tu possa considerarmi l’unica ricchezza…” chi mai ai nostri giorni riuscirebbe a piegarsi a tal punto?

Forse nessuno darà peso a queste parole, forse leggerete in fretta quest’articolo e non capirete molto di quel che vi è scritto. Ma se qualcuno è riuscito a leggere fin qui senza annoiarsi troppo, vorrà dire che il mio lavoro non è stato vano.

Così quando andrete a comprare i vostri regali costosi e mangerete fino a scoppiare, pensate un attimo davvero se vi ricordate il senso di tutto quel che state festeggiando, il ricordo della nascita di un Bambino povero e speciale o semplicemente il ricordo di una festa come le altre, contornata da festoni, luci colorate, panettoni e tredicesime.

“...non abbiamo i soldi per comprare giocattoli. Ma il mio papà ha glil occhi azzurri, la mia mamma ha gli occhi azzurri, il nonno ha gli occhi azzurri, mio fratello ha gli occhi azzurri. Quando siamo tutti a tavola, nella mia famiglia si vede il cielo.”


immagine by Ansa

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