La città ebbe origine da una colonia militare romana, Saena Iulia, fondata in area di civiltà etrusca nell'età di Cesare o poco dopo. Circa la sua storia anteriore, mancano notizie attendibili. Se nell'età imperiale non ebbe particolare rilievo, crebbe durante le invasioni barbariche, quando, per la sua posizione in collina, attrasse molti profughi dal piano in cerca di sicurezza e difesa. Divenuta così un centro di notevole importanza, fu sede di castaldi sotto i Longobardi (e, dall'inizio dell' VIII sec., anche di vescovi) e di conti sotto i Franchi. Nei sec. IX-XI venne sempre più affermandosi il potere episcopale, interprete degli interessi dei cittadini in contrasto coi numerosi signori feudali del territorio circostante che dominavano le vie di comunicazione. E in questo ambiente di solidarietà il vescovo e il popolo nel conflitto con la feudalità sorse a poco a poco il comune (la prima testimonianza del consolato è del 1147). La costituzione del comune coincise con alcune importanti conquiste nel territorio, come quella delle miniere d'argento di Montieri (che permisero un'abbondante coniazione di monete), e con le prime ostilità nei confronti di Firenze per il predominio sulla valle dell'Elsa. Di parte imperiale, Siena ottenne molti diritti da Federico Barbarossa, che le conferirono una posizione preminente sul territori vicino. Tra la fine del XII sec. e la metà del XIII l'ordinamento del comune si modificò in rapporto alle trasformazioni sociali e alle vicende politiche interne ed esterne: al regime dei consoli succedette così quello del podestà (1199) affiancato poi nel 1236 da uno speciale consiglio di 24 Servitori del popolo (destinato a perdurare fino alla metà del XV sec.) e dal capitano del popolo (1252), capo di tale consiglio, forestiero e investito di amplissimi poteri. Intanto falliti alcuni tentativi di contendere ai Fiorentini Montepulciano, Montalcino, Poggibonsi e altri castelli, i Senesi riuscivano a imporsi, a spese dei signori locali (Aldobrandeschi, Pannochieschi, ecc.), sulla Maremma e a impadronirsi di Grosseto (1224). Nella seconda metà del XIII sec., col crollo della potenza degli Svevi e del ghibellinismo (cui Siena era sempre stata fedele), la città subì gravi rovesci nell'urto con la guelfa Firenze: la vittoria di Montaperti (1260) fu neutralizzata dalla ben più rilevante sconfitta di Colle di Val d'Elsa (1269), in seguito alla quale Firenze e gli Angioini imposero ai Senesi un severo regime di parte guelfa, causa di interminabili lotte civili, sia per la presenza d'una ancor forte fazione ghibellina, sia per le ambizioni di potere delle grandi famiglie e i contrasti sociali. A ciò si aggiunse il fallimento di alcune tra le più potenti compagnie bancarie, a cominciare da quella dei Buonsiggnori, che tolse a Siena la posizione fino a quel momento dominante in tale attività, a vantaggio dei concorrenti fiorentini. Dopo una serie di convulsi mutamenti costituzionali, la città si assestò sotto un governo di Nove magistrati (tutti esponenti della ricca borghesia) guelfi e in buone relazioni con Firenze (1287-1355), sotto il quale si ebbe una rigogliosa ripresa della vita economica e civile, nonostante la terribile peste del 1348 avesse particolarmente infierito nelle due città: Siena e Firenze furono allora veramente arbitre della Toscana. Ma nella seconda metà del XIV sec., dopo una sollevazione del popolo minuto, appoggiata da alcune famiglie potenti, come i Piccolomini, i Salimbeni, i Tolomei, che rovesciò i Nove (1355), ricominciarono le lotte di parte e le continue mutazioni di regime; e ciò diede occasione Firenze d'intraprendere una minacciosa espansione in direzione di Siena e indusse infine quest'ultima a porsi sotto la protezione dei duchi di Milano (1390-1392 e 1399-1404). In questo periodo esercitarono un profondo influsso sulla popolazione senese santa Caterina e san Bernardino. Resasi indipendente da Milano, rappacificata con Firenze e alleata con essa contro Ladislao di Napoli (1410) consolidati i domini maremmani, Siena non trovò tuttavia un ordinamento stabile, nonostante l'interessamento di papa Pio II, il senese Enea Silvio Piccolomini, finché Pandolfo Petrucci vi impose, dapprima larvata (1487), poi dichiarata (1502-1512), la sua personale signoria, che preservò abilmente la città dalla conquista di Cesare Borgia, vi stabilì una relativa pace e ne curò lo sviluppo economico. Ma l'opera di Pandolfo non fu continuata dai suoi successori, che conservarono a stento il potere fino al 1525, quando vi fu una nuova restaurazione della libertà repubblicana. Siena tuttavia era ormai coinvolta nella lotta tra Francesi e Ispano-imperiali per il predominio sull'Italia: Carlo V dettò riforme di governo, a favore dell'alta borghesia (1530), introdusse un presidio e vi iniziò la costruzione di una fortezza (1532), la Fortezza Medicea. Di qui una rivolta, la cacciata degli imperiali e l'alleanza coi Francesi e con gli esuli da Firenze (dove la repubblica era stata abbattuta nel 1530), con a capo Piero Strozzi. Dopo oltre un ventennio di altere, drammatiche vicende, la città fu assediata dagli imperiali nel marzo 1554 e, dopo una tenace resistenza, cui concorsero poche forze francesi, stremata dalla fame e dalle malattie, si arrese il 17 aprile 1555. Da 650 a 700 famiglie l'abbandonarono e continuarono la resistenza a Montalcino, dove si trovava Piero Strozzi (che nel corso dell'assedio aveva abilmente impegnato le forze imperiali), fino al 1559. Di Siena intanto Filippo II succeduto nel regno di Spagna a duca Cosimo I de' Medici, già regnante a Firenze, che ne prese possesso nel luglio 1557. A lui fu pure assegnato il resto dei territori della cessata repubblica di Siena, eccettuati quelli che costituirono lo Stato dei Presidi (Orbetello, Talamone, Porto Ercole, Porto Santo Stefano, Monte Argentario, qualche punto dell'Elba), soggetto alla Spagna. Retta da un governatore, Siena godette sotto i Medici e gli Asburgo-Lorena di una certa autonomia, e, dopo un periodo di lenta decadenza, ebbe un risveglio economico negli ultimi decenni del XVIII sec. Seguì le sorti della Toscana fino all'annessione agli Stati sabaudi che fu tra le prime a votare nel 1859. Sappiamo per certo che anche Re Vittorio Emanuele II sia stato a Siena infatti diede ad alcuni artisti del tempo l'incarico di affrescare una sala del Palazzo Pubblico, chiamata "Sala Monumentale" o "Sala di Vittorio Emanuele II", oggi fa parte del Museo Civico del Palazzo Pubblico.