ESODO FOIBE E DEPORTAZIONI

Movimento Nazionale Istria Fiume e Dalmazia

 

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Foibe a Trieste

ed in Istria

FOIBE:  immagini delle esumazioni in Istria e nel Carso triestino

DEPORTAZIONI: italiani deportati nei campi titini (Borovnica - Slovenia)

"Nelle foibe vennero scaraventati migliaia di nostri fratelli [...] dopo essere stati seviziati orribilmente, legati l'uno all'altro col filo spinato, spesso i vivi legati ai morti, i genitori ai figli, le mogli ai mariti. A rievocare, sia pure parzialmente, il martirio delle nostre genti, dopo la capitolazione delle nostre province orientali, c'è da vergognarsi di essere uomini".  [Giorgio Pisanò]

Dopo l'8 di settembre 1943, con l'armistizio firmato da Badoglio, una prima ondata di violenza si scatena sulle popolazioni italiane di Istria e Dalmazia. I vertici delle milizie comuniste jugoslave già dal 25 di Luglio, con l'arresto di Mussolini, avevano minuziosamente progettato il piano di occupazione militare dell'Istria, supportati in questo persino dalla propaganda fornita dal clero sloveno e croato che, accecato dal nazionalismo anti-italiano preferì buttarsi in pasto ai discepoli del credo materialista e sovietico pur di liberarsi dell'odiato coabitante italiano. I partigiani titini, sopraffacendo i presidi italiani allo sbando, si impadronirono militarmente di buona parte dei piccoli centri dell'interno, non arrivando però a prendere le citta' maggiori Pola e Fiume innanzitutto, ma nemmeno molti centri costieri ove guarnigioni tedesche resistettero agli assalti. Gran parte degli armamenti abbandonati intatti nei presidi italiani contribuiranno ad armare l'esercito dei partigiani di Tito. Negli stessi giorni il governo Croato approfitta a dichiarare guerra all'Italia per seguire l'alleato tedesco e ciò porterà all'immediata rivendicazioni da parte degli ustascia di tutti i centri costieri dalmati. Inizia così il martirio di Zara e degli oltre 20.000 italiani che l'abitano. In Istria invece hanno libero sfogo le epurazioni dei comunisti titini, che colpiscono alla cieca la componente italiana, rea solo della propria italianità. Almeno 700 persone finiscono infoibate  spesso ancora vive o dopo aver subito orrende torture, basti ricordare il caso della studentessa Norma Cossetto, violentata e seviziata da 17 partigiani e quindi precipitata in una foiba di Villa Surani. Questi possono essere considerati i prodromi degli eccidi dell'immediato dopoguerra, seguiti alla ritirata dell'esercito tedesco che si era re-impadronito velocemente del "Litorale Adriatico" nelle settimane seguenti lo sbandamento dovuto al tradimento badogliano dell'8 settembre. I recuperi delle salme dalle foibe istriane iniziarono quindi nell'ottobre del 1943 grazie al Distaccamento di Pola del 41° Corpo dei Vigili del Fuoco, sotto il coordinamento del Maresciallo Arnaldo Harzarich. Esemplare figura di patriota il maresciallo polesano, produsse  una dettagliata relazione sugli orrori e le difficoltà delle esumazioni (Relazione Harzarich, consegnata agli anglo-americani nel febbraio 1945). Più volte minacciato di morte dai partigiani slavi il maresciallo Harzarich otterrà la Medaglia d'oro al Valor Civile per essersi distinto in particolari atti di coraggio e perizia nell'espletamento delle sue funzioni. Occorre sottolineare che nei durissimi 20 mesi che precedettero la fine "ufficiale" delle ostilità, gran parte del merito nella guerra anti-partigiana, guerra portata avanti dagli slavocomunisti con i consueti metodi di guerriglia all'insegna del più vile mordi e fuggi, va addebitato ai reparti della divisione della marina militare italiana della X MAS, dislocata per volere del Comandante Junio Valerio Borghese nei maggiori centri istriani. Altrettanto valoroso l'impari sforzo sostenuto dal battaglione bersaglieri "Mussolini" nel goriziano che consentì di impedire l'avanzata delle largamente superiori forze slave sino ai primi giorni di Maggio del '45. E ricordiamo che gli eroici patrioti del battaglione 'M' furono vilmente raggirati dai comandi slavi del IX  Korpus, che promettendo l'amnistia alla deposizione delle armi, secondo le consuete prassi comuniste operarono nei giorni a seguire un primo massacro fucilando centinaia di graduati, per poi spedire nei campi di sterminio (vedi (Borovnica) in Jugoslavia (Borovnica, Vrsac, Skofja Loka, Zemum) centinaia di valorosi soldati, colpevoli di non essere stati sopraffatti sul campo di battaglia. Pochi di questi sopravvissero alle indicibili sofferenze, per rientrare in Italia il 28 giugno 1947 (!) dopo aver attraversato l'adriatico proveniendo da Spalato e giusto in tempo per essere accolti al grido di "Fascisti" dalle  maestranze portuali di Ancona. Una cappa di silenzio avvolse nel dopo-guerra la sorte di migliaia di italiani deportati in Jugoslavia o eliminati nella zona geografica ormai sotto amministrazione slava. Non ci fu pertanto un maresciallo Harzarich che possa aiutare a delineare i contorni e la portata delle stragi, quando una delle prime azioni portate avanti dai comitati di liberazione popolari di Tito ("Poteri Popolari") fu la sistematica eliminazione di tutti i documenti ufficiali dei comuni occupati. Per decenni si è aspramente dibattuto in merito alla quantificazione delle stragi del maggio-giugno 1945, senza dimenticare che le autorità Jugoslave hanno continuato ad eliminare capillarmente ogni elemento inviso al potere titoista per vari anni nel dopoguerra. Riteniamo che una cifra sensata, che comprenda pure le stragi compiute da elementi slavi durante la capitolazione della Dalmazia nell'autunno del 1944, porti a circa 16.500 morti di etnia italiana (tra infoibati, annegati e deportati mai più rivisti dai familiari).

Le Foibe

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