ISTRIA
E DALMAZIA I GIORNI NOSTRI
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Fratelli d'Istria di Guido Rumici |
"...quando
toccò il mio turno, entrato negli uffici, alcuni signori, vedendomi, mi
dissero sorridendo: <<Non penserai mica di andartene?>>. Ed
infatti l'opzione [per l'esodo] mi fu negata con la motivazione che la
lingua d'uso nella mia famiglia era il croato. E pensare che a mala pena
avevo imparato a dire in croato <<buon giorno!>>. Oltre al
fatto che io ero italiano, come lo erano stati mio padre, mia madre, i
miei nonni e tutti i miei antenati. Mai nella mia famiglia si era
parlato il croato, per il semplice fatto che nessuno lo
conosceva."
[Un sopravvissuto rovignese da Isola Calva] Secondo recenti studi al giorno d'oggi quasi 50.000 italiani vivono nelle repubbliche di Slovenia e Croazia in un'area che interessa tutta l'Istria e la zona quarnerina. Questi nostri connazionali sono spesso definiti i "Rimasti", indicando che per svariati motivi hanno preferito non optare per l'esodo, negli anni dello sradicamento etnico operato dai comunisti slavi. Sorta ancor prima della fine delle ostilità (11 Luglio 1945) come organizzazione destinata a raggruppare tutte le forze antifasciste italiane la U.I.I.F. (Unione degli Italiani dell'Istria e di Fiume) diventerà l'unica contropartita di lingua italiana riconosciuta dal regime di Tito. Tale associazione, che avrebbe dovuto essere il punto di riferimento principale per la comunità italiana dei Rimasti, in realtà subirà negli anni pesanti ingerenze dal governo centrale di Belgrado nell'ottica di forzare un completo asservimento alle tesi di regime. Un periodo di estrema incertezza e tensione per gli italiani d'Istria fu quello a ridosso della crisi italo-jugoslava conseguente la proposta anglo-americana di spartizione definitiva del T.L.T. (Dichiarazione Bipartita, Ottobre 1953). Si registrarono innumerevoli episodi di vandalismo, violenza ed intimidazione verso i nostri connazionali e le loro istituzioni in tutta la penisola istriana con l'abolizione di ogni forma di bilinguismo ed il veto dell'uso della lingua italiana negli uffici pubblici. Il Memorandum di Londra del 5 Ottobre 1954 con uno Statuto speciale impone alle due nazioni il rispetto del carattere etnico del territorio, il diritto per le componenti minoritarie (nelle ormai ex Zone A e B, vedasi Confini) di coltivare rapporti culturali con la Nazione Madre, il diritto alla libertà di stampa in lingua madre, la libertà di promuovere iniziative ed istituzioni educative, sociali , culturali e sportive e soprattutto la concessione di asili infantili, scuole elementari, secondarie e professionali in lingua madre. I fatti dei decenni seguenti dimostreranno come una parte di questi sacrosanti principi sia stata in buona misura ignorata dal regime di Tito, quando invece la comunità slovena in territorio italiano ha sempre goduto delle più ampie garanzie e sovvenzioni. Non si dà il caso che un professionista debba dichiararsi italiano per trovare lavoro a Trieste, o che una coppia venga bastonata dopo le nozze per aver celebrato il matrimonio in chiesa... Negli ultimi anni, dopo la disgregazione della Jugoslavia, gran parte dei voti dell'elettorato della minoranza italiana (in Croazia) si è riversata sulla D.D.I. (Dieta Democratica Istriana). Questa formazione promuove un modello di tolleranza e di convivenza plurietnica che ha permesso il consolidarsi dei rapporti con l'Unione degli Italiani; molti italiani sono stati eletti sia a livello comunale che conteale, conferendo alla minoranza italiana una visibilità ed una rappresentatività sconosciuta nei duri decenni passati. Ma è altrettanto vero che permane un'insofferenza di fondo slava per questo nucleo italiano che non è voluto fuggire 60 anni fa (si veda la sezione Articoli). E chi sono veramente gli istriani di oggi? Quasi due generazioni sono passate... è ancora vivo il sentimento di appartenenza nazionale? Sono noti e ben visti gli sforzi delle varie associazioni di esuli sparse per il mondo intero? Da queste domande un invito a visitare l'Istria e la Dalmazia, magari non fermandosi al sole ed agli scogli di Abbazia o alla cena di pesce a Rovigno. Visitiamo i paesi dell'interno ancora semideserti e, se possibile, parliamo con chi ci capiterà di incontrare ammirandone le antiche vestigia venete. Presenza italiana in Istria e Fiume secondo censimenti jugoslavi effettuati spesso in un clima di ostilità per la minoranza italiana:
La presenza italiana in Dalmazia ai nostri giorni è ridotta al minimo. Un nucleo di alcune decine di connazionali vive nelle città di Zara e Spalato. Innumerevoli sono invece i segni della civiltà romana e veneziana sopravvissuti alle distruzioni e alle scalpellature degli slavi. Impressiona la quantità di tombe italiane nei cimiteri di Perasto e Cattaro, estremo lembo meridionale della Dalmazia, ora in territorio montenegrino. Perché così pochi italiani restati in Dalmazia? |
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