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articolo tratto da la Repubblica del 24 luglio 2003
 

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LEGGE GASPARRI - il partito bottega, anomalia italiana

 

 

 

di Ezio Mauro

Il richiamo della foresta berlusconiana ha riportato d'incanto l'ordine e la disciplina nella Casa delle libertà, ormai totalmente incapace di produrre politica per le divisioni interne, ma ubbidiente come una falange ogni volta che si toccano le due questioni che formano la moderna ideologia del Cavaliere, perché riguardano la sua vita e la sua morte politica: la lotta alla magistratura e la potenza del partito-azienda televisivo.

In un Paese anestetizzato, costretto dalla bolla politico-mediatica del berlusconismo a seguire per due anni scontri estremi con nemici ideologici di comodo (i magistrati e i comunisti), il conflitto d'interessi era finito in secondo piano. Ma l'Europa, clamorosamente, ha dimostrato che quell'anomalia esiste, almeno nei Paesi dove la stampa e le televisioni fanno il loro mestiere e parlano all'opinione pubblica. Dunque il progetto Frattini che regola all'italiana il conflitto (assegnando al Premier-imprenditore il potere di nominare il presidente dell'Autorità che lo deve controllare, e mantenendo all'imprenditore-Premier il potere di votare nell'assemblea delle sue società, controllando così direttamente gli amministratori-gestori) è stato ripescato in fretta e furia e sta per diventare legge.

Una gran brutta legge-alibi, che non risolve il conflitto né lo argina, ma in qualche modo lo codifica, perpetuandolo. Per un'ottusa e proterva ironia della politica, Berlusconi ha fatto approvare dalla sua maggioranza la normativa che dovrebbe controllare il conflitto d'interessi nel giorno in cui la stessa maggioranza ha allargato a dismisura il potere del suo partito-azienda, con la legge Gasparri. Una legge che viola la Costituzione, aggira le sentenze della Corte e dell'Antitrust, irride e calpesta il messaggio del presidente Ciampi sul pluralismo informativo. Con queste due norme, e con la loro coincidenza, il partito-azienda e il loro comune imprenditore si pongono fuori dalle regole a tal punto da essere al di sopra della morale corrente, sia politica, che di mercato.

Il dottor Confalonieri, editore ma insofferente alle critiche della stampa, si è permesso di dire ieri che "Repubblica" difende interessi di bottega. Potremmo restituirgli la volgarità, ricordandogli che stanno trasformando lo Stato in bottega. Ma preferiamo spiegargli che il pluralismo e il diritto dei cittadini ad essere informati sono temi d'interesse generale, non di parte. Come spiega il dottor Confalonieri che la grande stampa d'establishment europea sostenga esattamente le stesse tesi di "Repubblica" e denunci la medesima anomalia in Silvio Berlusconi? Soltanto la mancanza in Italia di un establishment consapevole degli interessi del Paese, autonomo e cosciente delle regole, spiega il silenzio e la disinformazione sugli eccessi e gli arbitrii con cui il partito-bottega viola ogni regola per accrescere il suo potere. Ma il silenzio, e la connivenza, non cancellano l'anomalia: noi continueremo a chiamarla così.

  articolo tratto da la Repubblica del 24 luglio 2003
   

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