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di
Ezio Mauro
Il richiamo della foresta berlusconiana ha riportato d'incanto l'ordine
e la disciplina nella Casa delle libertà, ormai totalmente
incapace di produrre politica per le divisioni interne, ma ubbidiente
come una falange ogni volta che si toccano le due questioni che
formano la moderna ideologia del Cavaliere, perché riguardano
la sua vita e la sua morte politica: la lotta alla magistratura
e la potenza del partito-azienda televisivo.
In un Paese anestetizzato,
costretto dalla bolla politico-mediatica del berlusconismo a seguire
per due anni scontri estremi con nemici ideologici di comodo (i
magistrati e i comunisti), il conflitto d'interessi era finito in
secondo piano. Ma l'Europa, clamorosamente, ha dimostrato che quell'anomalia
esiste, almeno nei Paesi dove la stampa e le televisioni fanno il
loro mestiere e parlano all'opinione pubblica. Dunque il progetto
Frattini che regola all'italiana il conflitto (assegnando al Premier-imprenditore
il potere di nominare il presidente dell'Autorità che lo
deve controllare, e mantenendo all'imprenditore-Premier il potere
di votare nell'assemblea delle sue società, controllando
così direttamente gli amministratori-gestori) è stato
ripescato in fretta e furia e sta per diventare legge.
Una gran brutta legge-alibi,
che non risolve il conflitto né lo argina, ma in qualche
modo lo codifica, perpetuandolo. Per un'ottusa e proterva ironia
della politica, Berlusconi ha fatto approvare dalla sua maggioranza
la normativa che dovrebbe controllare il conflitto d'interessi nel
giorno in cui la stessa maggioranza ha allargato a dismisura il
potere del suo partito-azienda, con la legge Gasparri. Una legge
che viola la Costituzione, aggira le sentenze della Corte e dell'Antitrust,
irride e calpesta il messaggio del presidente Ciampi sul pluralismo
informativo. Con queste due norme, e con la loro coincidenza, il
partito-azienda e il loro comune imprenditore si pongono fuori dalle
regole a tal punto da essere al di sopra della morale corrente,
sia politica, che di mercato.
Il dottor Confalonieri, editore
ma insofferente alle critiche della stampa, si è permesso
di dire ieri che "Repubblica" difende interessi di bottega.
Potremmo restituirgli la volgarità, ricordandogli che stanno
trasformando lo Stato in bottega. Ma preferiamo spiegargli che il
pluralismo e il diritto dei cittadini ad essere informati sono temi
d'interesse generale, non di parte. Come spiega il dottor Confalonieri
che la grande stampa d'establishment europea sostenga esattamente
le stesse tesi di "Repubblica" e denunci la medesima anomalia
in Silvio Berlusconi? Soltanto la mancanza in Italia di un establishment
consapevole degli interessi del Paese, autonomo e cosciente delle
regole, spiega il silenzio e la disinformazione sugli eccessi e
gli arbitrii con cui il partito-bottega viola ogni regola per accrescere
il suo potere. Ma il silenzio, e la connivenza, non cancellano l'anomalia:
noi continueremo a chiamarla così.
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