TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

DOSSIER GUERRA

di Giorgio Bongiovanni con la coll. di Monica Centofante
 

 

IL GRANDE INGANNO
USA-NATO:
NO AL GENDARME DEL MONDO
JUGOSLAVIA:
LO STERMINIO DEGLI INNOCENTI

Il 23 marzo 1999, a Belgrado, fallisce l’ultima azione diplomatica volta ad evitare l’ingaggio di una guerra in Jugoslavia e l’inizio di una crisi profonda ed estremamente pericolosa. Il mediatore Richard Holbrooke, in partenza per Bruxelles dove avrebbe riferito ai vertici della NATO, non rilascia alla stampa alcuna dichiarazione relativa all’incontro con il presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia, Slobodan Milosevic, ma solo qualche secco commento : “Da quando, quattro anni fa, abbiamo iniziato gli sforzi diplomatici questa è la situazione peggiore”. Dopo tanti tentativi di mediazione, colloqui di pace, negoziati a Rambouillet, il silenzio stampa di Holbrooke non può che suscitare interrogativi. Che cosa non possiamo sapere? Potrei azzardare una risposta che, anche se non supportata da “prove certe”, si basa sull’analisi politica degli ultimi capitoli di storia contemporanea. Già nel 1989, e precisamente il 23 marzo, Milosevic abolisce l’autonomia del Kosovo (regione della Federazione Jugoslava formata da Kosovo, Serbia, Montenegro e Vojvodina), prevista nella Costituzione del 1974, con un emendamento secondo il quale il controllo della polizia e della magistratura in Kosovo spetta alla Serbia. Per rafforzarsi politicamente, quindi, usa il nazionalismo serbo e gli antichi odi razziali contro kosovari e albanesi. Quando l’assemblea del Kosovo approva la misura assistiamo alle prime manifestazioni di violenza e, in seguito, ad una guerriglia che sembra non avere fine. Per questo motivo la NATO, qualche anno fa, da il via alle azioni diplomatiche e, da poco, prepara in Francia il famoso accordo di pace di Rambouillet che la Serbia non accetta di sottoscrivere.
Credo che chiunque si sia indignato con i serbi per questa decisione non conosca il contenuto dell’accordo. Il capitolo 8 di un’appendice B del capitolo VII recita infatti che “Il personale della NATO dovrà godere, con i suoi veicoli, vascelli, aerei e equipaggiamento di libero e incondizionato transito attraverso l’intero territorio della Federazione delle Repubbliche Jugoslave, ivi compreso l’accesso al suo spazio aereo e alle sue acque territoriali. Questo dovrà includere, ma non essere a questo limitato, il diritto di bivacco, di manovra e di utilizzo di ogni area o servizio necessario al sostegno, all’addestramento e alle operazioni”. L’articolo precedente dice che “Il personale della NATO sarà immune da ogni forma di arresto, inquisizione e detenzione da parte delle autorità della Federazione delle Repubbliche Jugoslave. Personale della NATO erroneamente arrestato o detenuto dovrà essere immediatamente riconsegnato alle autorità NATO”. Penso che, in seguito alla lettura di queste informazioni decisamente poco “pubblicizzate”, converrete con me che nessuno stato sovrano avrebbe accettato di sottoscrivere una simile proposta. Ma, le minacce della NATO e la guerra civile del Kosovo, e questo gli americani lo sapevano, sarebbero potute servire a Milosevic per rafforzarsi politicamente riguadagnando la fiducia in un popolo ormai stanco del suo regime dittatoriale. Già tempo fa migliaia di persone, a Belgrado, hanno manifestato (giustamente) e, con l’aiuto della stampa, avanzato proteste politiche contro il presidente; questo forte indebolimento interno avrebbe compromesso l’esito positivo delle future elezioni. Per rimanere al potere Milosevic avrebbe dovuto quindi “escogitare qualcosa” e probabilmente la guerra era l’occasione giusta. Questo è, secondo me, il tema trattato, anche se non esplicitamente, da Holbrooke e Milosevic in occasione del loro ultimo incontro. Entrambi sapevano che se nessuna delle parti avesse ceduto, il conflitto sarebbe stato inevitabile. Milosevic, resistendo agli attacchi, avrebbe guadagnato l’approvazione del suo popolo agli occhi del quale la NATO sarebbe apparsa come il nemico che vuole distruggere la Serbia. La Borsa di New York, grazie alla vendita delle armi, sarebbe salita alle stelle e la NATO avrebbe dimostrato di avere il controllo militare dell’Europa.
E così è stato. Al clima di violenza e disperazione che si respira in Kosovo corrisponde, negli Stati Uniti d’America l’incontenibile euforia di un mercato che registra, ogni giorno, rialzi da record.
Il 19/4/99 Giovanni Palladino commenta, sul “Corriere della Sera”: “Nel primo trimestre ‘99 le emissioni obbligazionarie dell’euromercato hanno visto per la prima volta superare quelle in dollari: 181,3 miliardi contro 180,9 miliardi (in dollari)... Il disavanzo della bilancia dei pagamenti USA si aggraverà. Ora il vero incubo dello zio Sam è quello che un creditore straniero possa chiedere di essere pagato in euro anziché in dollari”. E’ forse per sventare questo pericolo che è stato “organizzato” il conflitto? “E’ nell’interesse dell’America che l’Europa non nasca”, commenta il filosofo Umberto Galimberti al giornalista Marco Marra (vedi “Avvenimenti” 18 aprile 1999), “mi pare così evidente, così ovvio, che non capisco la cecità politica di quelli che agli americani si aggregano. No?”. Partendo dalla tesi del tacito e segreto accordo tra la NATO e Milosevic è facile giustificare non solo il silenzio stampa di Holbrooke ma anche la notizia, trapelata nella prima settimana di bombardamenti, di una spia che informava Milosevic dei punti d’attacco strategici. Risultato: carri armati nascosti, caserme evacuate poco prima degli attacchi aerei, nessun danno agli apparati bellici. Intanto, indisturbato, il presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia può continuare l’atroce pulizia etnica, paradossalmente favorito dal disordine creato dal conflitto. I missili della NATO non fanno altro che accelerare il piano del dittatore jugoslavo: cacciare gli albanesi dal Kosovo. In un articolo riportato su “Il Foglio” in data 22.04.1999 Madeleine Albright spiega le “ragioni di sicurezza” che hanno spinto la NATO a sferrare gli attacchi. “E’ vero che siamo addolorati e offesi a causa delle sofferenze umane di cui siamo testimoni - spiega - le lunghe colonne di profughi, lo strazio di chi cerca le persone care scomparse, i massacri a sangue freddo. Ma cerchiamo di essere chiari sulla posta in gioco e sulle responsabilità di questa tragedia. Guardando la carta geografica, come ci ha ripetutamente esortato a fare il presidente Clinton, si vede che il Kosovo è una piccola regione in una zona che è di grande importanza storica e ha un ruolo fondamentale nel futuro dell’Europa. Quest’area è un crocevia importante tra l’Europa, l’Asia e il Medio Oriente. Dalla sua stabilità dipendono direttamente la sicurezza dei nostri alleati greci e turchi, al sud, e dei nostri nuovi alleati, Ungheria, Polonia e repubblica Ceca, al nord. Il Kosovo stesso è circondato da piccoli paesi democratici in lotta che potrebbero essere travolti dall’ondata dei profughi... Questa regione rappresenta oggi la parte mancante del mosaico di un’Europa libera e unita. La visione di un’Europa unita e democratizzata è fondamentale per la nostra stessa sicurezza. E non potrà realizzarsi fino a quando questa parte del continente sarà divisa e martoriata dalla guerra”.
La Albright esprime quindi con sufficiente chiarezza che vi sono interessi territoriali e soprattutto economici alla base delle ostilità e questo rafforza ulteriormente la mia idea che il braccio di ferro tra dollaro ed Euro sia la principale causa della guerra. Vi è inoltre da specificare che in seguito a quanto concordato il 17 aprile nel vertice dei Ministri Europei di Dresda, le spese per il piano di ricostruzione del Kosovo saranno sostenute dall’Unione Europea e non dagli Stati Uniti. E questa è solo la minima parte del prezzo che l’Europa sta pagando e dovrà pagare per il conflitto nei Balcani. Come è noto, le maggiori industrie produttrici di armi sono statunitensi. “E’ dalla metà degli anni Ottanta, nel pieno dell’era Reagan, che gli affari non andavano tanto bene” è il commento di Brett Lambert, lobbista della Dfi International riportato su “Panorama”. L’articolo, a firma di Marco De Martino, prosegue elencando le percentuali di aumento dei titoli azionari in seguito agli interventi NATO in Kosovo : “Del 20% è cresciuto il titolo della Boeing (che oltre ai Cruise produce gli aerei da trasporto), dell’8% quello della Lockheed Martin (caccia da combattimento), del 20% quello della General Dynamics (sottomarini atomici). Wall Street da fiducia alla guerra non tanto per i 1.200 miliardi spesi finora dal governo americano: a fare gola sono i 2 mila miliardi che verranno spesi ogni mese per l’attacco aereo, destinati a diventare 2.500 nel caso debba intervenire l’esercito”. Logica deduzione: per gli USA la guerra è un mercato e noi siamo gli acquirenti. In data 7/4/1999, una lettera pubblicata su “Il Manifesto” e firmata da Mao Valpiana, direttore della rivista “Azione Nonviolenta” rivela che “un giorno di bombardamenti costa 225 miliardi, quanto il bilancio annuale dell’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati)”. Per non parlare poi del costo degli armamenti. Un aereo modello F - 117A Nighthawk, meglio conosciuto come “aereo invisibile”, per esempio, ha un costo di 45 milioni di dollari (circa 81 miliardi di lire); il B - 2 Spirit ne vale un miliardo e trecento milioni. Pare infine che il prezzo di un solo missile ammonti a circa 500 milioni.
A contribuire al forte indebolimento della Moneta Unica Europea entra poi in gioco la situazione di crisi economica nella quale già versa l’Italia. Per ovvi motivi, un’altissima percentuale di prenotazioni di vacanze estive, sulla costa Adriatica, sono state annullate, proprio adesso che l’Italia era tra i paesi che registravano il maggior numero di guadagni da turismo, seconda solo agli Stati Uniti. La regione più penalizzata è naturalmente la Puglia dove le disdette hanno raggiunto il 100% per quanto concerne i turisti stranieri e il 70% per quelli italiani. Secondo la Federalalberghi i miliardi incassati ogni anno nelle zone a rischio sarebbero circa 40 mila. In crisi anche il settore della pesca, dei trasporti (l’Alitalia perde un fatturato di 40 miliardi mensili) e, naturalmente l’import - export Italia - Jugoslavia. A quanto ammontano le spese strettamente militari per il nostro Paese? Circa 129 miliardi al mese. Per quanto riguarda le spese militari e civili sostenute dall’inizio del conflitto abbiamo già raggiunto i 450 miliardi.
“E’ duro da accettare ma è così”, ci ha detto Padre Jean Marie Benjamin, segretario generale della “Fondazione Beato Angelico”, membro della “Société des Gens de Lettres de France”, direttore della TAU Production Srl e autore del film documentario “Iraq: Genesi del tempo”, prodotto in seguito ad un suo viaggio in Iraq durante il quale ha potuto toccare con mano le conseguenze dell’embargo e dei bombardamenti sulla popolazione. “Il mondo è nelle mani di 200 persone, l’economia mondiale è nelle mani di 200 persone, delle quali il 90% si trova negli Stati Uniti. Costoro si sono resi complici di questa ‘macchina da distruzione’ presente nei Balcani, così come sono complici di 8 anni di genocidio in Iraq. Si bombarda a ‘casa nostra’ e noi siamo collaboratori di questo bombardamento che inquina e non solo all’uranio impoverito. In un programma di Rai 3 al quale ho partecipato, c’era un ‘esperto’ del Dipartimento di Stato Americano, Mr. Arkin, in collegamento da New York. Alla domanda del presentatore sull’utilizzo da parte degli USA di bombe e missili all’uranio nella guerra in Kosovo, questo ‘esperto’ ha risposto molto imbarazzato che non lo riteneva probabile, visto che erano intervenuti F15, F16, A10 ecc. Fortunatamente avevo con me dei documenti del Segretariato di Stato alla Difesa, che invece attestavano il contrario, così gli chiesi spiegazioni. Come era possibile negare un’evidenza? Gli A10 sparano solo missili a componente di uranio. Sono dei missili di 30 millimetri montati su cannoni G.A.U.8 e ciascuno ha una componente di uranio di 138 gr, quando poi esplodono, liberano nell’aria milioni di particelle di 7 micro, quasi invisibili, ma radioattive, respirate si infilano nei polmoni che sviluppano in poco tempo cancro, leucemie e infezioni. Questo va dappertutto nell’aria, i primi paesi che ne subiranno le conseguenze saranno la Grecia e l’Italia... A queste mie affermazioni Mr. Arkin ha tergiversato. Due giorni dopo, hanno rifatto una trasmissione simile, con l’intervento di un comandante della NATO che ha ammesso che ormai tutte le armi sono all’uranio impoverito, ma che non c’era da preoccuparsi visto che inquinavano poco più di un orologio o di un cellulare... ma l’uranio non muore… I carri armati, in Iraq (anche l’Iraq era stata bombardata con bombe e missili all’uranio ndr.) stanno arrugginendo e con le piogge filtrano nella sabbia, nell’acqua che lì stanno bevendo… acqua radioattiva, già piena di malattie. In 6 mesi sono morti 3.000.000 di animali… E poi ci vengono a dire che non inquina più di un orologio?!? Così si sta ingannando la gente! Bisogna dire la verità! Una volta che si è al corrente che queste armi sono micidiali, come è possibile che gli stessi paesi europei stiano collaborando a farle esplodere nelle ‘loro case’? Il Kosovo è casa nostra, è il cuore dell’Europa”.
In un prossimo futuro dovremo quindi fare i conti con una nuova Chernobyl, con una nuova contaminazione radioattiva i cui effetti sarebbero ancora più devastanti se venisse bombardato l’Istituto di scienza nucleare di Vinca, a dieci miglia da Belgrado. Il timore di un simile disastro ecologico potrebbe infatti trasformarsi in realtà ed è per questo che uno dei fisici impiegati presso l’istituto, il dott. Petar Adzic, ha lanciato un appello (vedi box pag.68) in seguito ad “una minaccia reale da autorità più alte”, come lui stesso afferma. “Nella peggiore delle ipotesi”, continua “i Balcani e tutti i paesi europei non avrebbero possibilità di scampo”.
Morale della favola: alla fine del conflitto (se mai ci sarà una fine) rimarrà in piedi solo il dollaro e vi sarà un nuovo ordine mondiale gestito dalle forze militari statunitensi. Ed ecco che l’ombra della famosa bestia biblica simboleggiata dal numero 666 (vedi Terzo Millennio verso l’antropocrazia n. 4 “Mercanti di morte”) prende corpo e graffia per proteggere ed affermare la sua potenza economica e quindi la sua egemonia sul mondo. I nostri politici questo lo sanno come lo sanno i governanti di tutti i paesi europei alleati e che non reagiscono per timore di vedere la propria economia crollare per sempre. Se per esempio l’Italia si sottraesse al Patto Atlantico, come chiedono i comunisti in nome della pace, in meno di quindici anni entrerebbe nella lista dei paesi del terzo mondo. I grandi monoliti industriali questo non lo permetterebbero e, appoggiati dagli Stati Uniti, organizzerebbero una nuova ondata di terrorismo per evitare l’uscita dell’Italia dal Patto Atlantico e quindi la fine del loro impero. Vi è una sola possibilità che i Paesi europei si stacchino dalla Nato ed è rappresentata dalla creazione degli stati uniti d’Europa. Ma lo permetterebbero gli americani? Uno degli stati ad avere opposto resistenza alle decisioni della Nato, oltre all’Italia e alla Germania è la Francia, in quanto potenza nucleare, ma la sottile rete di interessi che collega i sette paesi che rappresentano l’Anticristo economico è così resistente da non permettere a nessuno di loro, nonostante vari contrasti, di staccarsi. Chi tradisce il patto viene abbandonato a sé stesso, a meno che a sciogliere l’accordo non siano tutti gli alleati europei. In tal caso l’Europa diverrebbe una potenza autonoma sia sul piano economico che su quello militare con il conseguente incremento della produzione di armi nucleari, già in possesso della Francia e quindi la definitiva dissociazione della Gran Bretagna dall’Unione Europea. E’ anche vero che se l’attuale situazione politica non subisse cambiamenti di alcun genere, come pronostica l’ex-presidente Gorbaciov, “ciascuno cercherà di accumulare armi per la propria difesa. E poiché la maggior parte dei Paesi non può permettersi armi moderne, farcite di elettronica, non seguirà la logica dei più ricchi e cercherà di procurarsi armi di sterminio, nucleari, chimiche, batteriologiche, spesso perfino meno costose. Infine c’è l’arma meno cara di tutte: il terrorismo, contro il quale è impossibile difendersi con mezzi puramente tecnici e militari” (vedi “La Stampa”, 21.04.1999).
Ma la cosa che temo più di tutte, e che sicuramente non era prevista al momento dell’ingaggio della guerra, è l’aria di instabilità politica che si respira oggi in Russia. Sia il presidente Eltsin che lo stesso Viktor Cernomyrdin sono uomini occidentali per eccellenza (vedi Terzo Millennio verso l’antropocrazia n. 5 “Russia Addio”) e in quanto tali non appoggerebbero mai Milosevic il quale ha più volte chiesto aiuto alla Russia. Il timore di un forte indebolimento economico e il sospetto che la NATO non gli avrebbe consentito di restare in sella hanno infatti spinto il presidente jugoslavo a non rispettare “i patti”, nella speranza di ricevere un appoggio dall’alleata di sempre. In questa decisione il dittatore ha subito l’influenza degli “affari di famiglia”. Secondo quanto riportato dal “Sunday Times” di Johannesburg, il figlio Marko impegnato in affari di import - export e proprietario di un locale notturno, avrebbe messo al sicuro in Sudafrica un capitale di 1.800 miliardi di lire. Complici la moglie Marjana Markovic, la figlia Marija, direttrice di Tv Kosava e il fratello del “macellaio dei Balcani” l’ambasciatore serbo a Mosca e magnate del petrolio, il quale, insieme a Marko e allo stesso Slobodan, temeva l’embargo dell’oro nero. Mentre Mandela smentisce attraverso l’agenzia Sapa la notizia che i Milosevic, in caso di fuga, verrebbero ospitati in Sudafrica, la Russia, giustamente, assume una posizione neutrale, scongiurando il rischio di un terzo conflitto mondiale. Ma cosa accadrebbe se Eltsin fosse destituito dalla carica di presidente? Il 15 maggio, alla Duma, viene bocciato l’impeachment perché manca il quorum per avviare il processo al leader russo. L’accusa di aver provocato la guerra in Cecenia (l’unica delle cinque presentate che avesse probabilità di passare) ha ottenuto 283 voti in luogo dei 300 necessari per la messa in stato d’accusa del presidente. C’è già chi sostiene che le elezioni fossero manipolate mentre sicuramente lo è stata la decisione politica di sostituire Stepashin a Primakov. L’ex primo ministro godeva infatti di una grande popolarità (75% del rating, il presidente Eltsin il 4%), cosa che non può certo vantare Stepashin, ed è quindi lecito pensare che i servizi segreti americani abbiano imposto a Eltsin di destituire Primakov. La posta in gioco ? Il prestito che il fondo monetario internazionale dovrebbe concedere alla Russia. Ma, come ci ha più volte confidato Giulietto Chiesa, l’occidente sta scherzando con il fuoco. E se nell’ex-Unione Sovietica si verificasse un colpo di stato e salisse al potere un nazionalista? La situazione precipiterebbe di colpo. La grave crisi economica nella quale versa la Russia, isolata da tutte le potenze economiche, indurrebbe il neo-leader a svendere le armi convenzionali, comprese quelle nucleari, chimiche, batteriologiche e biologiche ai paesi del terzo mondo non allineati con gli Stati Uniti e con l’Europa. Le conseguenze le potete immaginare.
Tutto questo mi suggerisce l’ipotesi che ci stiamo avviando, a grandi passi, verso l’adempimento del messaggio di Fatima (vedi speciale Fatima pag. 46) il quale, tra le altre cose, profetizza una grande guerra e il ruolo decisivo dei paesi dell’est europeo, e in particolare della Russia, nell’instaurazione di un regime di pace o di guerra nel mondo.
Per evitare il peggio è quindi necessario che cessino quanto prima sia i bombardamenti NATO che la pulizia etnica in Kosovo e che si raggiunga una soluzione pacifica. Purtroppo gli ideali “pacifisti”, quelli delle sinistre, sono falliti insieme ai loro promotori tra i quali figurano i nomi dei protagonisti di questa “guerra umanitaria”: Clinton, Blair e Solana. Ma sono falliti anche gli ideali di destra e quelli del centro, spazzati via dal miraggio del potere economico e militare e venduti agli Stati Uniti d’America i quali, consapevoli del pericolo di un’insurrezione politica di destra e quindi della nascita di un’Europa unita, nazionalista, e militarmente forte (inizierebbe di sicuro la corsa agli armamenti nucleari) hanno pensato bene di appoggiare le sinistre e di scongiurare non tanto il pericolo per la sicurezza del proprio Paese quanto per la perdita del titolo di incontrastata regina dell’economia mondiale. E ancora questo è il movente del recente bombardamento dell’ambasciata cinese in Jugoslavia. Mi sento infatti di poter affermare con sufficiente sicurezza che non si è trattato di un errore bensì di un vero e proprio attentato. I servizi segreti americani, grazie alla tecnologia satellitare, possiedono le mappe dettagliate di qualsiasi paese del mondo e, probabilmente all’insaputa dello stesso Clinton o del segretario del Pentagono William Cohen, hanno fornito al generale Wesley Clark e al comandante supremo delle forze NATO, le coordinate corrispondenti alla collocazione dell’ambasciata. Ma per quale motivo? Prima dell’ “incidente” i membri del G8 avevano raggiunto un accordo secondo il quale venivano decretati la fine immediata della repressione in Kosovo, il ritiro delle truppe militari e paramilitari serbe, il dispiegamento di una presenza di sicurezza internazionale e civile con l’approvazione delle Nazioni Unite, la costituzione di un’amministrazione provvisoria, sempre sotto l’egida dell’Onu, per garantire la sicurezza nella zona, l’avvio di una procedura per giungere ad un’amministrazione indipendente, il ritorno degli sfollati e dei profughi, l’avvio di un processo per giungere a un autogoverno del Kosovo, che non leda l’integrità nazionale di ogni Stato dei Balcani e la smilitarizzazione dell’Uck. Tale risoluzione avrebbe quindi determinato la cessazione immediata dei bombardamenti e il ritiro delle forze NATO, cosa che i servizi segreti americani non potevano permettere. L’attacco all’ambasciata doveva quindi servire ad irrigidire i cinesi e a porre il veto, in sede Onu, a qualsiasi proposta di risoluzione diplomatica avanzata dal G7 in accordo con la Russia. Operando in tal modo la Cia ha assicurato l’ulteriore svolgimento degli attacchi aerei tutelando gli interessi degli Stati Uniti. Pare inoltre che la Cina stesse vendendo missili terra - aria alla Jugoslavia in modo che questa potesse sferrare un attacco all’occidente. Nel corso del programma “Prima” trasmesso da RAI1 in data 12-5-99 l’esperto militare Margelletti da forza a questa eventualità nonostante la inserisca in un contesto di fantapolitica.
Da quanto finora elencato deduciamo che gli Stati Uniti d’America stanno ingannando il mondo mascherando di giustizia il bagno di sangue necessario all’affermazione del loro potere su tutte le nazioni. Vorrei specificare che io non sono contrario all’istituzione di una polizia internazionale incaricata di ristabilire l’ordine e la pace tra i popoli della terra, ma ritengo sia assolutamente folle l’idea che tale ruolo possa essere rivestito da un paese che lotta solo per i propri interessi economici. Perché gli americani non hanno fatto nulla per porre fine alla pulizia etnica operata dal dittatore africano Mobutu per oltre trentacinque anni? Perché non sono intervenuti, anzi hanno appoggiato la politica di Pinochet o di altri tiranni che, indisturbati, continuano a compiere atroci massacri? Perché l’occidente, gli USA e l’Europa, non hanno fatto nulla o quasi nulla per fermare i genocidi in Ruanda, Sudan, Algeria, Somalia, Etiopia, Eritrea, Angola e altri Paesi africani, e ancora in Tibet, India, Pakistan, Indonesia, Cina, nella stessa Cuba dove vi è il totalitarismo di Castro e chissà in quanti altri Paesi ancora? Perché queste dittature erano e sono appoggiate, per interesse economico, dall’occidente mentre Milosevic è uno dei tiranni che non hanno accettato di allinearsi al nuovo ordine mondiale ed è per questo che oserei definirlo “fuori dal coro”. Tutti gli stati del mondo sono governati da dittature le quali si suddividono in dittature evidenti o velate (vedi art. “No alle dittature” pag. 26). E sono le dittature velate a permettere che Cernomyrdin, mafioso, corrotto, che vive sulla pelle di centinaia di milioni di cittadini, possa svolgere il ruolo di mediatore di pace o che Eltsin, colpevole della morte di 250.000 persone, in Cecenia, possa continuare, indisturbato, a rivestire la carica di presidente. Perché non nominare mediatore di pace un personaggio illustre come il premio nobel Gorbaciov, il quale nonostante gli errori che può aver commesso ha restituito la libertà al popolo russo? Eltsin, Berezovskij, Cernomyrdin, sono nelle mani degli Stati Uniti d’America i quali decidono le sorti del pianeta. Pensate che continuando di questo passo ci sarà mai la pace nei Balcani e nel mondo? Oppure la NATO dovrebbe bombardare tutti i Paesi sopracitati?
Mentre noi cerchiamo una risposta a questi interrogativi migliaia di vite vengono private di un domani, barbaramente falciate dall’odio per la diversità e dalla sete di potere economico. E forse tutti, a parte l’Italia (la quale è stata la prima e forse l’unica nazione ad aiutare i profughi), sono troppo impegnati ad asciugarsi ipocrite lacrime dal viso per pensare a mettere in atto reali iniziative in grado di alleviare le sofferenze di chi viene privato di ogni diritto umano e bene materiale. La NATO, ogni giorno di più, si dimostra tanto brava a sferrare gli attacchi quanto cinicamente indifferente nei confronti di chi ne patisce gli effetti. E anche gli stessi che lei ha tanto amorevolmente giurato di proteggere subiranno le conseguenze delle tonnellate di uranio impoverito quotidianamente lanciate in territorio jugoslavo. Secondo le notizie fornite da Fulvio Grimaldi di ritorno da Belgrado, questa sostanza, impattando, diventa incandescente e genera un micidiale aerosol radioattivo che contamina l’aria, il suolo e l’acqua per circa un milione e mezzo di anni. Naturalmente basta un po’ di vento e anche i Paesi limitrofi (noi non siamo esclusi) potranno fare la stessa fine in modo che chi riuscirà a sfuggire al massacro della guerra potrà soffrire a causa di malattie di ogni tipo o generare bambini malformati.
Si può ancora pensare al futuro? La speranza è l’ultima a morire.

Guerra del Golfo: Il nemico artificiale
Anche nel caso della Guerra del Golfo la tesi dell’accordo Saddam Hussein - George Bush è l’unica che possa rispondere con sufficiente chiarezza agli innumerevoli quesiti sorti in merito a questo conflitto e rimasti irrisolti. Perché la marina statunitense ha appoggiato la riconquista della penisola di Faw? Perché ha taciuto circa l’utilizzo di armi chimiche da parte degli iracheni contro i popoli iraniano e curdo? Perché la BNL di Atlanta ha fornito ingenti somme di denaro all’Iraq? E’ da sottolineare che i mesi che precedettero i bombardamenti in terra irachena furono caratterizzati da una pericolosa regressione dell’economia statunitense e che è sicuramente in questo che va ricercata la decisione di aprire le ostilità. Secondo quanto riportato nel libro di Paolo Ermani e Anna Fanton “Dall’accordo Saddam Hussein - Bush ad una nuova teoria della guerra”, “L’amico americano... ha consentito a Saddam Hussein di restare in sella, anzi di rinforzare il partito Baath cooptando nei ruoli chiave del governo gli elementi più violenti e i parenti più fedeli”.

Gli errori della NATO

Presentiamo un elenco cronologico degli “errori” più gravi commessi dalla NATO nel corso dei raid aerei:

5 aprile: un missile della NATO colpisce la città serba di Aleksinac, 200 km. a sud di Belgrado: 17 morti - La NATO ammette l’errore.
7 aprile: colpita un’area residenziale di Pristina: 12 morti - La NATO ammette l’errore.
12 aprile: missili lanciati su un ponte a Gredelicka Lisura, nel sud della Serbia. Viene colpito un treno: 55 le vittime - La NATO ammette l’errore.
14 aprile: due convogli di profughi vengono bombardati da un caccia F-16 della NATO tra Prizren e Djakovica: 75 morti - La NATO ammette l’errore.
23 aprile: i missili della NATO colpiscono a Belgrado la Rts: fonti serbe parlano di 13 vittime.
28 aprile: bombardata una zona residenziale a Surdulica, a 250 km. a sud di Belgrado: 20 civili rimangono uccisi - La NATO ammette l’errore.
1° maggio: colpito un autobus a Luzane, a venti km. da Pristina: 47 vittime. Per la NATO l’autobus è transitato in seguito al lancio del missile.
3 maggio: bombe a frammentazione colpiscono un piccolo posto di blocco a Savine Vode, nel Kosovo: 17 morti e 43 feriti - La NATO declina ogni responsabilità.
7 maggio: bombe a grappolo colpiscono il mercato di Nis e l’ospedale civile: 20 morti - La NATO ammette l’errore.
8 maggio: viene colpita, a Belgrado, l’ambasciata cinese: 3 morti. Poco dopo viene colpito il vicino Hotel Jugoslavia: 1 morto - La NATO ammette l’errore.
14 maggio: bombe a frammentazione colpiscono Korisa, Kosovo: 79 morti e un centinaio di feriti - La NATO non si esprime.

Altri articoli del dossier:

Cause spirituali delle guerre umane di Giorgio                                                                                                                       Bongiovanni

Intervista a Massimo Fini di Lorenzo Baldo

USA: il gendarme del mondo di Lorenzo Baldo in                                                                                    collaborazione di Elena Benigni

Orrori e Menzogne di Claudio Ciavaroli

Messaggio di G. Bongiovanni del 19/05/99

 

 

Mappa tematica del Sito NONSIAMOSOLI

Mappa del  sito

 

 

 

 

 

 

Per tornare alla pagina iniziale

Home Page

 

 

 

 

 

 

 

Indirizzi di posta elettronica del gruppo

Indirizzi di mail

 

 

 

 

 

 

ultime novità e prossimi impegni di Giorgio

Ultimissime

 

 

 

 

 

Altri articoli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La rivista mensile ufologica presente in tutte le edicole. Puo' essere tua a sole Lire 7.000 oppure con Videocassetta a Lire 19.900 ogni due mesi.

Conosci l'altra nostra  rivista?

 

 

 

 

 

 

 

 

Conoscere.... per scegliere