NASCITA DEGLI ORDINI.
L'ordine è quella tipologia di struttura decorata che veniva utilizzata in un primo tempo nella peristasi: il colonnato a portico che circonda un edificio templare. Le tecniche di base per la costruzione dei templi derivavano dai cantieri navali dell'antica Grecia. Anche le macchine per il sollevamento del materiale erano le stesse. Gli ordini ci sono stati tramandati da Vitruvio, un architetto romano. Li descrisse nel trattato "De Architectura" in 10 libri, dedicato all'imperatore Ottaviano. E' stato scritto tra il 25 e il 23 a.C.. Si avvaleva di trattati ellenistici del IV e III secolo. In questo periodo però, il tempio non era più l'elemento architettonico principale della civiltà greca antica.
Gli ordini erano:
- Dorico Grecia orientale, Magna Grecia;
- Ionico Asia Minore (dorico e ionico nascono contemporaneamente);
- Corinzio;
- Composito.
I vari tipi di ordine erano anche impiegati per esprimere particolari stati d'animo a seconda dell'impiego dell'edificio. Per esempio la colonna dorica è simile alla figura maschile in quanto esprime virilità e forza. La colonna ionica è affiancata all'immagine femminile. Quella corinzia a quella di una fanciulla. Callimaco è l'inventore, secondo Vitruvio, del capitello corinzio. Viene utilizzato nella metà del II sec. a.C. per la prima volta. L'ordine ionico si diffonde in Asia Minore. Esistevano anche altri tipi di ordini che però rimasero confinati a livello locale. Per esempio in ambito eolico si diffonde un tipo di capitello ionico arcaico con due enormi volute.
Il capitello composito è romano, di epoca flavia.
Le prime utilizzazioni degli ordini architettonici risalgono ai santuari di:
- Delfi ed Olimpia in Grecia, in stile dorico;
- Samo (isola dell'Asia Minore)ed Efeso (attuale Anatolia) in stile ionico;
- Paestum e Selinunte (Magna Grecia, colonie dell'Italia del sud) ancora in stile dorico.
ORDINE DORICO.
Il capitello era in genere privo di decorazioni, tutt'al più aveva un collarino sotto l'echino (vedi figura per i termini). Il capitello si divide dall'alto al basso in abaco, echino e collarino o ipotrachelio.
L'abaco è una tavola quadrata al di sopra dell'echino. L'ipotrachelio è la parte con anuli tra colonna ed echino. L'echino è un allargamento della colonna. In età arcaica aveva una forma schiacciata. Tra echino e abaco vi è una profonda gola: probabilmente all'inizio si usavano due materiali diversi. Con il passare del tempo, l'abaco si assottiglia e l'echino diventa tronco conico.
La colonna dorica poggiava su di un basamento, lo stilobate. Questo non era un piedistallo, ma un basamento continuo che sosteneva una serie di colonne. In pratica era l'ultimo gradino di un tempio.
Il fusto della colonna presentava delle scanalature con sezione di arco di cerchio ellittico . Per un terzo della sua altezza, la colonna è cilindrica, poi si rastrema, questo motivo decorativo si chiama entasi. Al di sopra del summoscapo c'erano tre scanalature orizzontali dette anche ipotrachelio, che fanno parte del capitello.
In cantiere si preparava il capitello più una parte di colonna già scanalata. La parte restante si scanalava in opera. Perché la scanalatura fosse continua si utilizzavano delle guide.
L'ordine dorico compare nel tempio di Athena Egina. L'edificio è costruito su un piano orizzontale. Si innalza su una serie di gradini, che in età classica era tre. A Selinunte sono quattro. In genere hanno la stessa altezza, in questo tempio l'ultimo è più alto.
I blocchi hanno la stessa dimensione. L'ultimo gradino è detto stilobate e regge le colonne. Lo spazio tra le colonne è l'intercolunnio. La colonna dorica ha la funzione strutturale di reggere i pesi superiori.
Secondo Vitruvio e Pausania (scrittore di una guida per viaggiare in Grecia) la colonna deriva dal tronco d'albero sgrossato. Probabilmente le prime colonne il legno potevano essere formate da tavole affiancate tenute assieme da una legatura. Questa teoria è suggerita dalla presenza delle scanalature. Le scanalature erano 16 in età arcaica, poi diventano 20 in quella classica.
All'inizio la colonna era un elemento monolitico, soprattutto in Magna Grecia, la sua lavorazione derivava dalle tecniche che i greci videro in medioriente. In età classica era formata da rocchi sovrapposti. Per esempio nel Partenone i rocchi sono 10 per colonna.
I rocchi in pietra erano dotati di un foro quadrato in cui si inseriva un perno, nei primi tempi in legno, che doveva evitare lo scorrimento (Polos ed empolion). Col tempo il perno diventò di bronzo e poi di ferro per evitare che le infiltrazioni d'acqua col gelo facessero espandere il legno e spaccassero la pietra. Quando il perno divenne di ferro, per evitare la ruggine si faceva colare, dopo la posa dei blocchi, del piombo fuso lungo una scanalatura predisposta.
Il summoscapo è la parte superiore, l'imoscapo quella inferiore del fusto. Il nome di entasi dato alla parte di fusto ad 1/3 di altezza, ci è stato tramandato da Vitruvio.
Il collarino è costituito da degli anuli, forse il ricordo della legatura delle tavole delle prime colonne lignee. Servono anche ad impedire che la colonna si scheggi durante le lavorazioni.
Vitruvio dà come altezza della colonna dorica 6 diametri. Ma nel mondo classico se ne trovano anche di 5 diametri e successivamente di 7 - 8 diametri.
Al di sopra delle colonne troviamo la trabeazione. Questa si può dividere in tre elementi orizzontali:
- Architrave;
- Fregio;
- Cornice.
Schema del tempio dorico.
In genere quando la colonna era d'angolo, la trabeazione partiva in corrispondenza del collarino della colonna, sulle altre colonne cadeva in mezzeria. Al di sopra dell'abaco vi era uno spessore di pochi millimetri che corrisponde al diametro della colonna sottostante. Serviva per concentrare le forze in questo punto. L'echino era molto ampio all'inizio, per cui c'era uno spazio minore tra un echino e l'altro.
L'architrave in sezione era composto da tre lastre che sarebbero dovute essere completamente lisciate, ma per risparmio di tempo e mano d'opera, si lisciavano solo all'esterno. All'interno si scalpellavano. Il marmo poteva avere delle lesioni interne. Utilizzando tre lastre invece di una diminuivano i rischi.
Al di sopra dell'architrave veniva posto il fregio, e tra di essi un listello detto tenia.
Il fregio dorico è composto da:
- triglifi aggettanti;
- metope rientranti.
I triglifi sono sempre in asse alle colonne, tra di essi ci sono le metope.
Il triglifo poteva avere due forme:
Al di sopra cerano i mutuli aventi funzione di gocciolatoi. Aggettano rispetto all'architrave perchè sono a livello della cornice, anch'essa aggettante. Al di sotto della tenia ci sono le regule con le gocce, in corrispondenza dei triglifi come i mutuli.
Quindi si poneva un listello e poi la cornice. La parte superiore della cornice si dice sima. Al di sopra della cornice nelle facciate dei templi c'era il timpano, la parte racchiusa da frontone. La sima, cioè la gronda, sormonta la cornice sui due fianchi del tempio e sui lati inclinati dei frontoni.
Per quanto riguarda il triglifo d'angolo, a volte lo si spostava all'esterno creando una metopa più grande, altre volte si mantenevano le metope uguali e si restringeva un po' l'ultimo intercolunnio. I triglifi erano sempre sull'asse delle colonne e degli intercolunni.
Correzioni ottiche.
Poiché le linee orizzontali sembrano concave, venivano realizzate leggermente convesse. Quelle verticali sembravano tendere verso l'esterno e allora venivano fatte tendere verso l'interno. Tali correzioni erano di piccola entità e testimoniano il grado di precisione con cui operavano i costruttori antichi. L'occhio dell'uomo moderno comunque non è in grado di valutare queste correzioni.
Il tempio, come già visto, è probabilmente derivato da una struttura analoga in legno, ecco alcune interpretazioni delle varie parti:
- il fusto delle colonne deriva probabilmente dal tronco d'albero;
- le scanalature forse erano le screpolature del legno dovute al carico;
- il capitello, che era già in pietra, era l'elemento di trasmissione dei carichi;
- il collarino poteva anche essere una lastrina di bronzo per nascondere l'unione di pietra e legno;
- l'architrave erano i travi in legno che univano i tronchi;
- la tenia era un'asse aggettante rispetto all'architrave su cui venivano poste alte travi perpendicolari che poi sono diventate i triglifi. Altri vedono nei triglifi delle colonne piccolissime e nelle metope delle aperture per la luce. In templi quali quello di Olimpia (misti in legno e pietra), vi sono delle lastre in bronzo con le dimensioni uguali a quelle delle metope.
- le regule erano lastre interposte tra le due travi;
- le gocce erano dei cavicchi;
- i mutuli erano assi di legno che vincolavano la cornice a tutto il sistema del tetto;
- la sima era come già visto, un elemento in terra cotta nel cui interno era ricavato un canale per la raccolta dell'acqua (gronda). Ogni tanto vi erano dei fori ad interasse regolare per l'acqua.
- la cornice o gheison, serviva a ricoprire il trave ed era decorata vivacemente.
Il legno utilizzato per le strutture era in prevalenza il cedro, il cipresso, il noce e l'ulivo. Per le soffittature veniva usato il cedro, la quercia ed il faggio. Le metope potevano essere tamponate anche con una sottile muratura.
Il legno era lavorato a scure o ascia.
Il tetto.
All'inizio le coperture sia a falde inclinate che piane erano impermeabilizzate con argilla pressata mista a paglia. Era difficile ottenere una buona pressatura nei tetti a falda inclinata. I tetti piani richiedevano una grande manutenzione:
l'argilla doveva essere rullata e si doveva evitare un eccessivo essiccamento perché le fessure facevano penetrare l'acqua. Alla fine dell'VIII secolo, inizio del VII gli artigiani di Corinto "reinventano" le tegole, già utilizzate a Lerna (Casa delle Tegole) nel II millennio a.C..
La tegola nasce in ambiente spartano, dove assieme ai coppi sono di forma semicircolari (VII sec.). In ambiente corinzio nasce la tegola "corinzia". E' una tavola rettilinea con bordi rilevati, coprigiunto poligonale ed interno semicircolare. Erano le forme diffuse in Grecia. In vece la tegola "siciliota" è una commistione delle due precedenti.
Al di sopra il tetto era composto da tegole di argilla di tre tipi:
- tipo laconico;
- tipo corinzio;
- tipo siciliota.
Le tegole del primo tipo (laconico) erano poco curve, come per i coppi la parte inferiore era la più stretta. Le loro misure erano circa 60 x 100 cm spessore 1 cm. Erano posate una sull'altra ed erano dotate di coprigiunto. Poco prima della tangenza veniva inserito un cavicchio per impedire lo scorrimento.
I coppi (detti in greco kalupter) potevano essere posti uno sull'altro o avere una sezione ad incastro:
le misure erano di 100 x 20 cm.
Il tipo corinzio era formato da lastre piane e rilevate accostate (85 x 60 cm). I giunti erano coperti da coppi esternamente poligonali ed internamente semicircolari.
Il tipo siciliota adottava la lastra piana corinzia ed il coppo coprigiunto laconico.
A partire dal VI secolo verrà poi prodotta una tegola con lastra inferiore unita al coppo inventata a Corinto. Nel VI secolo poi per i templi verranno impiegate le tegole lapidee in marmo. Le tegole erano fornite come materiale finito al cantiere, c'erano delle fornaci che le producevano industrialmente. Ne venivano acquistate sempre un po' di più per la manutenzione.
La giunzione tra tegola inferiore e superiore era risolta con
un peduncolo che si incastrava in una fessura dell'altra tegola
o con dei chiavicchi sulle travature. All'inizio della sua comparsa
la tegola era posata su di un manto d'argilla.
Per evitare che gli uccelli nidificassero, al termine del tetto vi erano dei coppi speciali (antefisse kalupter). Questi avevano forma di rosetta all'inizio e di palmette successivamente. Nei tetti sicilioti la decorazione delle antefisse era ottenuta con la testa di un animale. Costituivano una sorta di "tappo" terminale dei coppi. Al di sopra del tetto si posavano i coppi di colmo.
Le tegole laconiche erano usate in Asia Minore, quelle corinzie al nord dell'Attica. La soluzione mista, tegole corinzie e tegole laconiche è la più usata in Sicilia, Magna Grecia e Asia Minore.
I costruttori antichi si posero il problema dello scolo delle acque sulla facciata. Per evitarlo nasce la sima, un canale che porta l'acqua via dalla falda inclinata della facciata.
Altro punto critico del tetto era il colmo. Si risolve con un enorme coppo detto "principale". Aveva un sistema di incastro e sovrapposizione con il coppo successivo. Alla base era tagliato per far passare i coppi di falda. Sul coppo ci poteva essere una decorazione scultorea.
Il coppo di colmo corinzio aveva una forma a sella che copriva i coprigiunti di falda. Nei tetti più arcaici non era ancora presente la sima, cioè la gronda. Si usavano delle tegole particolarmente aggettanti con dei pezzi speciali.
Esistevano delle tegole terminali con sima incorporata. Le decorazioni erano di tipo vegetale. In Magna Grecia si usava anche un canale a cannocchiale con sezione sempre più piccola che portava l'acqua lontano. Vi erano anche tegole speciali con vuoti circolari o rettangolari per illuminare l'interno. Il foro era rilevato per non far passare l'acqua all'interno.
Le lastre delle tegole erano lunghe fino ad un metro. A volte gli archeologi hanno trovato tegole forate. Un tetto ritrovato in Asia Minore ci mostra il primo esempio di sima. Le tegole di facciata avevano un risvolto che convogliava via l'acqua dal muro sottostante.
In oriente si usava un sistema con elementi verticali del tetto. Il canale veniva posto dietro le decorazioni (lantenia: fiori di loto e palmette affrontate). La parte che sosteneva la sima detta sima a cassetta era molto importante.
In ambiente occidentale c'era un rivestimento in terracotta. Si utilizzava sul frontone e sulla parte orizzontale del frontone, anche se in quest'ultimo caso era solo decorativo. E' la cosidetta sima di Gela. Aveva tre fasce: una orizzontale liscia con decorazioni a rosette racchiuse da due astragali.
I vari elementi erano in terra cotta e si incastravano ad appoggio sul trave sottostante. Sulla cornice c'era un elemento che reggeva la decorazione in terracotta e la sima. A Selinunte era un elemento in pietra. La terracotta aveva dei chiavicchi in bronzo. Anche la scuola di Gela utilizzava questo elemento (a volte due), a cui venivano inchiodate le decorazioni in terracotta.
In Magna Grecia si mise a punto la sima a "baldacchino". La parte inferiore in terracotta avvolgeva l'elemento in legno. Nel Metaponto la sima aveva un andamento a "S". Le prime ante fisse avevano un sistema di aggancio con l'ultimo coppo.
Passò un certo lasso di tempo tra la prima tegola e la sua standardizzazione. Fu un salto qualitativo perché la fabbricazione di tegole richiede delle fornaci molto grandi. Erano fornaci sotterranee, coperte con volte a botte. La camera di cottura aveva una volta a se stante. Ogni volta che si effettuava la cottura bisognava approntare una fornace nuova. Le tegole ed i mattoni crudi non venivano realizzati appositamente ma venivano acquistati dai cantieri come materiale finito. Le tegole venivano anche dipinte come le travi in legno oppure venivano bitumate.
Alcune tegole comunque sono state trovate con il "bollo" con il nome della divinità del tempio o il nome dell'acquirente o la posizione in cui dovevano essere posate.
Le dimensioni ottimali sono legate alla tecnica edilizia. Il tetto in tegole assicura un'impermeabilizzazione perfetta. E' un materiale che si adatta all'edificio perché è modulare. E' un elemento che non richiede la manutenzione del tetto in argilla. Si sono però dovute trasformare le strutture lignee. Le falde divennero con le tegole, meno inclinate. Le tegole hanno un peso notevole e dimensioni costanti. L'armatura fu rinforzata e regolarizzata.
Anche il mattone crudo fu un'unità modulare, questo regolarizzò le strutture lignee (solai). La falda divenuta più pesante, esercitava una spinta maggiore sulle pareti. Questo fece si che si misero in relazione le travi del tetto con i telai lignei delle pareti e con le colonne.
La capriata appare solo nel IV - V secolo a.C., in età arcaica invece si creava una struttura sopra l'architrave per sostenere le travi del tetto. Nasce così il fregio, inserito su supporti verticali. Si costituisce un elemento dell'ordine architettonico. Noi lo consideriamo attraverso Vitruvio ed i trattatisti rinascimentali, come una successione di elementi del linguaggio accademico. In realtà l'ordine è il punto di arrivo dei costruttori che sperimentarono tecniche precedenti. Tennero conto del dimensionamento, della copertura e dell'impermeabilizzazione.
L'acroterio era un elemento decorativo posto sopra il timpano, realizzato in terra cotta come la sima. Ad Olimpia era circolare. Aveva anche la funzione di protezione delle facciate dall'acqua meteorica.
ORDINE IONICO.
Venne usato maggiormente nelle isole greche ed in Asia Minore contemporaneamente a quello dorico. Al contrario dell'ordine dorico, in quello ionico il fusto della colonna non poggiava direttamente sullo stilobate. Vi era un elemento intermedio detto base, questa poteva essere attica o asiatica.
Nella base asiatica o ionica, c'era un elemento detto plinto, circolare o poligonale con sopra un toro (decorazione semicircolare).
Nella base attica si utilizzavano elementi più complicati: saranno utilizzati anche nell'ordine corinzio, poi nel romanico, nel gotico e nel rinascimento. Il plinto era quadrato.
Il rapporto dell'altezza colonna con il diametro era di circa 7 - 8 volte fino a 9. L'altezza è data dai tre elementi base, fusto e capitello. L'intercolunnio era di circa 2 - 3 diametri.
Mentre le scanalature dell'ordine dorico avevano sezione di arco di cerchio e si univano fra loro a spigolo vivo, quelle dell'ordine ionico erano a semicerchio ed erano separate da un pianetto.
La superficie della colonna dorica era meno riflettente, nell'ordine ionico i giochi luministici erano più accentuati.
Nell'ordine ionico le scanalature erano 20 o 24. Anche nell'ordine ionico c'era la rastremazione oltre 1/3 dell'altezza.
Anche quest'ordine deriva come il dorico, da un precedente ligneo.
il capitello ionico aveva le volute solo su due lati, negli altri due vi erano decorazioni (rotuli). Il capitello d'angolo aveva la voluta a 45 gradi. Al di sopra del capitello c'era la trabeazione (1/4 dell'altezza colonna) suddivisa in architrave, fregio e cornice. Il fregio poteva essere liscio o zooforo (con figure di animali). Nell'arte asiatica invece non c'era il fregio.
ORDINE CORINZIO.
Nasce in Grecia posteriormente agli altri due ordini. Il capitello corinzio presentava lo stesso aspetto da qualunque punto lo si osservava. Nella sua forma generale il capitello corinzio era diviso in kalatos o campane. L'abaco era quadrato, al di sotto di esso vi erano i caulicoli, sottili volute che sovrastano un giro di foglie d'acanto. I caulicoli sono due esterni e due interni. Al centro dell'abaco vi erano delle roselline (fiori d'acanto). Sotto il primo giro di fogli d'acanto, era scolpito un secondo giro di foglie (sfalsato rispetto al primo).
La trabeazione era alta 2 diametri.
La colonna con base attica, era alta (compresi anche fusto e capitello) 10 diametri. Sia la trabeazione che il fusto erano gli stessi dell'ordine ionico. La fortuna dell'ordine corinzio iniziò con i Romani. I Greci utilizzarono poco quest'ordine, solo in piccoli edifici in Attica e Asia Minore.
ORDINE COMPOSITO.
E' costituito dalla sovrapposizione di un capitello ionico a quattro facce uguali, su due giri di foglie d'acanto (cioè il capitello corinzio). Il suo pieno sviluppo si ha a partire dall'età flavia, nell'architettura romana.
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