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20 novembre 2001

E' in procinto di essere approvato il cosiddetto decreto sblocca centrali, il decreto firmato dal Ministro delle Attività Produttive Marzano destinato a snellire il procedimento di approvazione per la costruzione o potenziamento di centrali di produzione energia e quindi a favorire la nascita di un mercato elettrico gestito dai privati. L'argomento è quanto mai d'attualità trovando spesso spazio nelle cronache dei quotidiani italiani a causa delle immancabili polemiche destinate a sollevarsi per la scelta del sito di insediamento. Se i numeri delle potenziali installazioni sono quelle indicate dai giornali, qualcosa come 546 domande in attesa di essere istruite (fonte Sole 24ore), allora possiamo prevedere che vi sarà lo stesso numero di "comitati antiturbogas".

Il decreto Marzano, come è stato subito ribattezzato, sarà in grado di favorire la nascita di nuove centrali nel rispetto dei principi di trasparenza introdotti dalle direttive CEE in materia di valutazione di impatto ambientale? E' quello che cercheremo di capire commentando passa a passo lo schema di regolamento il cui testo completo trovate nella raccolta "speciale turbogas".

In premessa è necessario sottolineare che il decreto, per la maggiorparte, è stato ideato nella passata legislatura sempre dallo stesso Ministero guidato questa volta dall'On. Gianni Letta. Vedremo nel corso dell'esame quali sono le modifiche più significative che ha subito il testo dopo la revisione operata dal nuovo Ministro.

La prima osservazione che viene di fare è che il regolamento è importante sotto il profilo dell'innovazione legislativa, in quanto anticipa alcune riforme che erano già nell'aria nella passata legislatura ed anche le probabili intenzioni di revisione della disciplina sulla VIA che sono state annunciate sul decreto Lunardi, o dei cento giorni, anche questo in procinto di essere approvato.

Leggendo infatti le premesse all'articolato si scopre che i riferimenti normativi sulla base dei nuovi si presenta il nuovo testo sono quelli si della disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n.377, e successive modifiche ed integrazioni, Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988, Decreto del Presidente della Repubblica 14 aprile 1996, n. 354), ma anche delle nuove norme in materia di autorizzazione integrata (Decreto legislativo 4 agosto 1999, n.372) che, come sappiamo, non sono ancora applicabili ai nuovi impianti. Questa è la prima novità della versione Marzano. Vi sono poi gli inevitabili riferimenti sia alla normativa di tutela della qualità dell'aria dall'inquinamento prodotto da impianti industriali che alla legislazione in materia di rischi di incidenti rilevanti.

Oggetto del regolamento sono "la costruzione e l'esercizio di nuovi impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore ai 300 MW termici, alimentati da fonti convenzionali nonché la modifica e il ripotenziamento di impianti di produzione di energia elettrica esistenti alimentati da fonti convenzionali ed aventi, anteriormente o successivamente alla modifica o al ripotenziamento, una potenza superiore ai 300 MW termici."

C'è un unico procedimento di autorizzazione riguardante queste tipologie di impianti e "l'autorizzazione riguarda sia l'impianto principale che le opere connesse e le infrastrutture indispensabili al suo esercizio". Ecco a questo punto chiederci cosa si intende per "opere connesse" e "infrastrutture". Ci aiutano le definizioni descritte all'art.2.

Per "opere connesse" si intendono: "manufatti destinati al ricevimento, allo stoccaggio ed all’alimentazione del combustibile e allo smaltimento dei prodotti di risulta; opere di presa e scarico delle acque; dispositivi di interconnessione, linee elettriche dirette e linee elettriche funzionalmente necessarie al collegamento dell’impianto al sistema elettrico nazionale con esclusione delle opere pubbliche rientranti negli interventi di sviluppo della rete di trasmissione nazionale."

Per "infrastrutture" si intendono: "complesso delle opere portuali, fluviali, stradali e ferroviarie volte a consentire la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e che si trovano entro un’area territorialmente e funzionalmente circoscritta rispetto all’impianto da realizzare o modificare."

L'indicazione è chiara. I siti destinati a ricevere questi impianti non saranno esclusivamente interessati dalla localizzazione di un insediamento, per quanto grande, ma vedranno in qualche modo rivista tutta la rete infrastrutturale che li deve servire. Poichè l'autorizzazione è unica comprenderà anche le nuove costruzioni di reti che sono indispensabili alla realizzabilità delle centrali, in primis quelle linee elettriche alle quali gli impianti dovranno indispensabilmente connettersi per poter "smaltire" l'energia prodotta. Tra i servizi più importanti da assicurare vi saranno inoltre le opere di presa e per lo scarico delle acque, rimanendo necessarie grandi quantità di acque superficiali per il raffreddamento degli impianti e manufatti per poterle prelevare e restuire con qualche grado in più rispetto alla temperatura di utilizzo. Anche questa è una novita rispetto al decreto Letta. L'estensione di territorio potenzialmente interessata dagli effetti ambientali del progetto potrà essere quindi maggiore rispetto all'area vera e propria di insediamento, orientativamente anche fino a 10 km dall'impianto.

La domanda sarà corredata dal progetto preliminare dell'impianto e delle opere connesse, delle costruzioni e delle infrastrutture ritenute indispensabili. Il dubbio che sovviene è sulla qualifica del soggetto che ne sopporterà gli oneri. Sarà lo stesso soggetto intenzionato a costruire la centrale o dovrà essere piuttosto lo Stato nelle sue articolazioni centrali o locali a doversi sobbarcare le spese?

Il procedimento per l'approvazione del progetto di una nuova centrale si articola sostanzialmente in quattro fasi: verifica preliminare, istruttoria della domanda, valutazione di impatto ambientale, autorizzazione unica integrata.

Verifica preliminare

Il Dominus di tutta l'operazione non poteva che essere il Ministero delle Attività Produttive.

Correttamente, con la verifica preliminare, il Ministero si incarica di valutare la compatibilità dell'iniziativa con il sistema energetico e la sua fattibilità con riguardo ai seguenti elementi: a) destinazione urbanistica e livello di infrastrutturazione del sito e delle aree adiacenti, anche in virtù di accordi o intese raggiunte dal soggetto proponente con gli enti locali competenti per territorio; b) vocazione prevalente dell’area interessata dalla localizzazione e vincoli di tutela degli aspetti idrogeologici e a salvaguardia dei beni culturali ed ambientali e delle aree protette; c) pianificazione e programmazione regionale e locale in materia di attività produttive e di produzione di energia; d) ottimizzazione delle opere connesse, in particolare del collegamento alla rete elettrica; e) standard di qualità ambientale, sicurezza, salute ed igiene pubblica previsti dalle norme nazionali e locali.

Tra i punti critici è difficile possa rientrarvi l'ottemperanza agli standard di qualità comunque intesi. Gli investimenti che stanno alla base di questi progetti sono tali da potersi permettere la migliore tecnologia disponibile per la mitigazione degli impatti ambientali, di sicurezza e igienico sanitari. Quello che potrebbe invece mettere in discussione un progetto è la pianificazione regionale in materia di energia. Stabilite le necessità di un territorio un'offerta che superi la domanda non dovrebbe essere più ammessa. Ecco il motivo per cui i piani energetici regionali sono diventati improvvisamente così importanti. Nello stesso tempo si pongono le basi per un conflitto di poteri: con la modifica del titolo V della Costituzione le "politiche energetiche" rientrano nelle competenze delle Regioni, le quali hanno già fatto sapere al Ministero che sarebbe meglio fossero almeno consultate sugli indirizzi relativi alla nascita di nuove centrali.

Proseguendo nella lettura, rispetto alla versione precedente scompare l'intesa con le amministrazioni interessate che evidentemente non è più il caso di ricercare. Le conclusioni della verifica preliminare sono inoltre assunte a maggioranza dei presenti alla prima riunione istruttoria convocata entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione.

La prima domanda che occorre fare è come si certifica la compatibilità del progetto con il sistema energetico in particolare con riferimento al fabbisogno nazionale ed agli obiettivi di diversificazione delle fonti di produzione di energia elettrica. Non abbiamo trovato spiegazioni in proposito. Questo compito verrà svolto dal responsabile del procedimento interno al ministero entro 10 giorni dal ricevimento della documentazione. Un secondo dubbio che potrebbe assalirci è capire come si concilia la liberalizzazione del mercato elettrico e l'esplosione della domanda di nuove centrali con gli obiettivi di riduzione dei gas serra stabiliti dal protocollo di Kyoto. Al riguardo dovremmo dare un'occhiata alla delibera Cipe 137/98.

Istruttoria della domanda ammissibile

All'esito positivo della verifica preliminare ed entro il termine di dieci giorni dal suo compimento, il Ministero delle attività produttive avvia l’istruttoria dell’iniziativa per gli aspetti che non riguardano la tutela ambientale e della salute e richiede, contestualmente, il parere a sè stesso e ai Ministeri dell'Interno, dell'Economia e delle finanze, della Difesa, i quali devono rispondere entro trenta giorni. Ma cosa succede in caso di pareri sfavorevoli?

Il parere non favorevole, congruamente motivato, deve indicare, a pena di inammissibilità, le condizioni e le modifiche progettuali che si reputano necessarie per un parere favorevole.

Verrebbe da dire che queste centrali s'hanno da fare a tutti i costi.

Parallelamente si apre la procedura di VIA.

Valutazione dell’impatto ambientale e autorizzazione integrata in materia ambientale

Anche il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ha il suo da fare. Inizia la procedura di VIA. Entro dieci giorni dal ricevimento della domanda richiede i pareri di rispettiva competenza ai Ministeri della salute, per i beni e le attività culturali, delle infrastrutture e dei trasporti nonché alla Regione, alla Provincia e al Comune competenti per territorio e alle altre Amministrazioni eventualmente interessate. I pareri sono resi entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della richiesta, termine che può essere sospeso, per una sola volta, in caso di richiesta di informazioni o documentazione aggiuntiva.

Anche in questo caso si coglie una certa idiosincrasia per i dissensi:

Il dissenso di ciascuna amministrazione è congruamente motivato ed indica altresì, a pena di inammissibilità, le condizioni e le modifiche progettuali necessarie per il suo eventuale superamento.

Nel caso di pareri sfavorevoli o mancanti, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio indice una Conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14-ter e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n.241, come sostituiti dagli articoli 11 e 12 della legge 24 novembre 2000, n.340. Anche in questo caso la decisione sarà presa a maggioranza.

C'è tuttavia un elemento più importante ancora che sembra essersi perso per strada. La partecipazione pubblica, l'informazione al pubblico. Quello che non è chiaro cioè è se la procedura di VIA si svolge secondo le modalità ordinarie, quelle descritte dall'allegato IV al DPCM 27 dicembre 1988, specificatamente per le centrali turbogas. La risposta sta nell'art.17 del decreto: l'allegato IV è da intendersi come abrogato. Rimangono i decreti attuativi dell'art.6 della Legge 349/86.

La pronuncia positiva di compatibilità ambientale permette di autorizzare l'intervento in ottemperanza alle disposizioni della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento. L’autorizzazione integrata ambientale sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle predette Amministrazioni.

Provvedimento di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dell’impianto

Siamo in dirittura d'arrivo. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento dei pareri richiesti e dal completamento con esito favorevole della procedura di valutazione di impatto ambientale, il responsabile del procedimento conclude l’istruttoria di competenza, dandone adeguata informativa al soggetto proponente. Entro il termine di 15 giorni dalla conclusione dell’istruttoria, il Ministero delle attività produttive adotta il provvedimento di rilascio o di diniego alla costruzione e all'esercizio dell’impianto.

Nella migliore tradizione di snellimento dei procedimenti l'autorizzazione costituisce variante degli strumenti urbanistici. In effetti è difficile che si possa trovare un'area industriale bell'e pronta per l'insediamento, più frequente sarà il caso di zone agricole trasformate per l'occorrenza. Del resto si dovesse presentare la disponibilità di una zona industriale "i termini procedimentali sono ridotti di un terzo", lo dice l'art.14. Ora se si prova a rivedere la tempistica ci si accorge che il procedimento in questione non è snello, è decisamente fulmineo. Sempre che la documentazione pervenga alle amministrazioni interessate entro un termine ragionevole (a logica il ricevimento dovrebbe avvenire per tutte nella stessa data, anche se, si sa, spesso le poste fanno brutti scherzi), quei trenta giorni di cui dispongono per l'istruttoria di propria competenza si riducono a 10.

Chi ha provato a seguire l'iter di una domanda attraverso gli uffici pubblici può rendersi conto di come tutto questo sappia di improbabile. Ma mettiamo anche che la macchina organizzativa del Comune o della Provincia sia efficiente come e più del privato. Quanto efficace, quanto approfondito potrà mai essere un'esame di compatibilità territoriale che si svolge con il cronometro?

Nello "speciale turbogas" è possibile leggere il parere regionale richiesto per la pronuncia di compatibilità ambientale riguardante il progetto di trasformazione in ciclo combinato della centrale termoelettrica di Porto Corsini a Ravenna, un'opera autorizzata nel 1996. Dal testo è possibile evincere quanti e quanto complessi siano gli elementi in gioco e quindi il tempo che l'istruttoria deve prendersi per esaminarli tutti con ponderazione.

L'autorizzazione inoltre assume anche valore di concessione edilizia se il comune territorialmente competente si sarà espresso positivamente in merito all’iniziativa e il proponente avrà pagato i relativi oneri concessori e, infine, sostituisce tutte le autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, eventualmente richiesti ai fini della realizzazione dell’iniziativa autorizzata e costituisce titolo a costruire e ad esercire l’impianto in conformità al progetto approvato.

Infine l'’autorizzazione unica è da intendersi comprensiva delle disposizioni relative alle autorizzazioni previste dalla vigente normativa in materia di inquinamento atmosferico, idrico, acustico e del suolo, anche in recepimento delle direttive elencate nell’allegato II al decreto legislativo 4 agosto 1999 n. 372, e si applica agli impianti esistenti sino a quando il gestore si sia adeguato alle condizioni fissate nell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi dell'articolo 4 del predetto decreto, nonché ai nuovi impianti, in attesa di ulteriori definizioni normative.

Il problema che si potrà presentare è a quale Autorità fare riferimento in caso di mancata ottemperanza a una o più disposizioni contenute nell'atto autorizzativo. Non vogliamo credere che di questo si occuperà il Ministero delle Attività Produttive, tuttavia il dubbio è lecito. Naturalmente chi è dotato di un minimo di buon senso può riflettere sull'efficacia di un controllo che ha sede a Roma.

Conclusioni

Dalla lettura dell'articolato emerge un principio di fondo. E' l'ora di smetterla con gli ostacoli pregiudiziali al nascere di nuove centrali. Gli altri ostacoli, quelli motivati da vincoli di carattere territoriali o condizioni ambientali particolari, è indispensabile che siano superati. Per incentivare le Amministrazioni a non frapporre impedimenti di natura burocratica sono stabiliti tempi ridotti, anzi ridottissimi, per prendere le relative decisioni. E comunque i dissensi, se minoritari, non avranno appello.

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