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Barocco e porcellana nella Firenze tedesca Mariadele D'Amato
Sono
passati quasi 60anni da quella
notte, 13 / 14 febbraio 1945, quando un bombardamento americano ridusse in
cenere la città causando 130.000 morti. Ancora oggi sono visibili
lasciati nel tessuto urbano i segni lasciati dai bombardamenti. Nonostante
i contrasti con le tetre costruzioni comunista successive, Dresda non ha
perso il suo fascino che l’ha resa famosa nei secoli, al punto da essere
soprannominata la Firenze sull'Elba. Il centro storico conserva il bel
Teatro dell'Opera, bellissimi giardini affacciati sull'Elba, chiese,
fontane e maestosi palazzi ora trasformati in musei. Ma il principale
monumento barocco è lo Zwinger, costruito ai primi del Settecento. Un
insieme di palazzi e bastioni che si dispone attorno ad un unico, grande
cortile, un tempo sede di grandiosi giochi d'acqua. Oggi i padiglioni
barocchi contengono collezioni d'arte antica e l'incredibile raccolta di
porcellane cinesi e locali, la pregiata porcellana di Meissen. Una storia
curiosa quella della porcellana dura, prodotta per la prima volta in
Europa proprio a Dresda regnante Augusto il Forte, libertino e
sperperatore. Questi, che aveva dato fondo alle sue ricchezze, per ovviare
al dissesto finanziario chiese al farmacista alchimista Friederich Bottger,
di trovare la formula per la produzione dell'oro artificiale. Questi
regnucoli tedeschi avevano sperperato i loro fondi, oltre che per
l’acquisto di opere d’arte e gioielli, anche per comprare porcellana
cinese. Bottger non trovò l'oro ma, dopo prove ed esperimenti, se ne
venne fuori con la formula della porcellana, prima di allora in Europa
conosciuta solo grazie alle importazioni dalla Cina. Augusto il Forte spedì
il farmacista in una località vicina a Dresda, Meissen, dove la formula
poteva restare segreta e dove le materie prime erano più facilmente
reperibili. Da allora a Meissen, bella cittadina medioevale a pochi
chilometri da Dresda, si produce una porcellana finissima, contraddistinta
dalla presenza di due spade azzurre incrociate. La galleria di pittura dei
maestri antichi è stata fondata nella prima metá del 18° secolo da
Augusto il Forte e da suo figlio Augusto III. In meno di 60 anni, grazie
ai proventi della loro porcellana comprarono una serie di meravigliosi
dipinti provenienti da ogni parte d'Europa e li aggiunsero alla
Kunstkammer ("camera d'arte") fondata nel 1560. È una
collezione (760 pezzi) nata per puro piacere personale e soprattutto una
delle poche a non essere stata preda di guerra. Accanto a dipinti del
Rinascimento e del Barocco italiano di artisti come Raffaello, Giorgione,
Tiziano, Correggio e Guercino, si trovano dipinti olandesi e fiamminghi
del 17° secolo di Rubens, Van Dyck, Rembrandt, Vermeer e tanti altri. Per
facilitare la visita i dipinti italiani sono appesi su pareti a sfondo
rosso, quelli olandesi e fiamminghi su sfondo verde, mentre quelli
spagnoli e francesi su sfondo azzurro. La collezione di gioielli e oggetti
preziosi é stata creata da Augusto il Forte tra il 1723 e il 1729 raccogliendo tutti i tesori dei
suoi castelli in un'unica stanza, in una vera e propria "caverna di
Alì Babà”.
LA
VENDITA DI DRESDA
L’anno 1598 segna un momento cruciale nella storia
della famiglia estense a Modena e della sua eccezionale raccolta d’arte:
il duca Cesare, costretto a cedere Ferrara al Papa, si ritira a Modena che
diviene la nuova capitale. Inizia così la lenta dispersione e
ricomposizione dell’enorme patrimonio artistico accumulato nei due
secoli precedenti. Spettò a Francesco I, al governo dal 1629 al
1658, il compito di risollevare le sorti del casato; notevole
personalità di politico e di mecenate, avvalendosi di consiglieri esperti
si dedicò alla realizzazione di una collezione di opere capace di
riportare agli antichi fasti l’immagine della famiglia e di competere
con le migliori raccolte d’arte italiane. Fece inoltre ricostruire e
ampliare il vecchio castello per mano di Bartolomeo Avanzini e costruire
la reggia estiva di Sassuolo; affidò un ritratto a Velasquez e un busto
marmoreo a Bernini, commissionò e ricercò sul mercato dipinti dei
maggiori artisti come Reni, Guercino, Albani, Salvator Rosa. E pur di
ampliare e rendere più prestigiosa la sua collezione non esitò a
depredare le chiese in cui si trovavano dipinti di valore come la
celeberrima Notte del Correggio, sottratta alla chiesa reggiana di San
Prospero, e - sempre del Correggio, amatissimo dal duca - La fuga in
Egitto, che si trovava originariamente nell’altare della chiesa di San
Francesco. La Galleria Ducale raggiunse a metà seicento il massimo
del suo splendore ospitando capolavori pittorici di artisti quali
Correggio, Dosso, Garofalo,
i Carracci, Rubens, Veronese, Tiziano. Le vicissitudini delle
raccolte proseguirono con Alfonso IV, duca dal 1658 al 1662, che
persistette negli intenti collezionistici familiari conservando
sostanzialmente il nucleo della Galleria nonostante le sopraggiunte
difficoltà economiche. Con Francesco II, duca dal 1674 al 1694, le
collezioni vissero un altro momento tormentato poiché furono parzialmente
trasferite a Sassuolo, Scandiano e Rivalta. Fortunatamente, per merito di
Cesare Ignazio d’Este, consigliere del duca e fervido appassionato
d’arte, nel 1681 fu comprata la quadreria del conte Prospero Toschi, fra
cui si contavano tele del Guercino. Sotto Francesco III, duca dal
1737 al 1780, Antonio Consetti allestì la quadreria nei modi propri delle
raccolte principesche europee. Nel 1712 un estimatore di cose d’arte,
Augusto II di Sassonia (Il Forte), visitò la Galleria Estense, ne conservò
"invidiosi ricordi" e a distanza di anni il figlio avviò le trattative
per acquisirla almeno in parte, potendo contare sui debiti che gravavano
su Francesco III. Fu così che "li 6 luglio 1746 cinque carrozzoni,
coi 100 quadri famosi, abbandonarono l’Italia, e s’incamminarono verso
Dresda", ceduti in cambio della ragguardevole cifra di 100.000
zecchini d’oro. La vendita di Dresda rappresentò la perdita più
tragica e dolorosa nella storia della Galleria. Ercole III, duca dal
1780 all’invasione francese, perlustrò chiese, palazzi e castelli dei
suoi stati e la collezione finì per contare circa 400 dipinti, una
cospicua quantità di cammei, medaglie, bronzi, circa 300 disegni e 10.000
stampe. A partire dal 1796 tele,
pietre incise, cammei e disegni lasciarono Modena per Parigi (Louvre) in
seguito alle requisizioni compiute dai commissari di Napoleone. Alcuni dipinti furono
poi restituiti. Nel 1803 il casato ereditò gran parte della collezione
del marchese Tommaso Obizzi, discendente di una famiglia aristocratica
rimasta fedele agli Estensi; il patrimonio in parte finì nella Galleria,
in parte andò a Vienna, dove tuttora attende una completa identificazione
dei soggetti.
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