LO STAGISTA

Carte da decifrare

Eros

Tamburi nella giungla

L'incontro con N

Il vento impetuoso piegava i rami degli alberi del giardino e li teneva giù, quasi schiacciati per terra. La pioggia sbatteva sul vetro. Era la tempesta. Stava passando sulle nostre teste, sentivo strani e inquietanti scricchiolii provenire dal tetto e mi chiedevo se la casa avesse retto all'urto. Guardavo le persone intorno a me e osservavo i loro volti. Erano tranquilli e così mi tranquillizzai anch'io. Si, la casa avrebbe retto. Era successo altre volte che una tempesta passasse da queste parti e la casa non sarebbe crollata neanche questa volta. Mike richiamò la mia attenzione: "Usciamo fuori. Andiamo sulla spiaggia". Attraversammo prima la strada e poi un breve tratto di boscaglia. Mike mi parlava dei programmi per la serata: "Dobbiamo andare da lui stanotte. Dobbiamo andare nella foresta", disse sorridendo. "Ok. Mi sembra la serata adatta. Con questa tempesta passeremo inosservati. Chi vuoi che metta il becco fuori di casa. Non ci vedrà nessuno", risposi.

Ci riparammo sotto una tettoia. Eravamo all'interno di una struttura circolare aperta, era un bar prima che venisse distrutto dall'ultima tempesta. La spiaggia era proprio davanti a noi. Il mare era grigio, aveva lo stesso colore del cielo. Grosse nubi nere e cariche di pioggia erano disegnate sulla linea dell'orizzonte. N ci raggiunse portando qualcosa da bere. Il vento violento rendeva tutto difficoltoso; i movimenti, appoggiare i bicchieri, accendersi una sigaretta, sentire le nostre voci. Mike, urlò: "N vuole venire con noi stanotte, che ne pensi?" "Ok. Per me è ok!",  risposi. Aveva i capelli raccolti a coda di cavallo, i jeans, una maglietta gialla e un paio di sandali. Adoravo quel piccolo neo che aveva appena sopra il labbro. Si avvicinò e mi chiese se fossi geloso. Non capii il perchè di quella domanda, ma risposi lo stesso: "No. Non sono geloso. Ma ci sono cose che mi fanno cambiare. Se quelle cose accadono non sto nemmeno a discutere. Perchè non c'è niente da discutere. Ognuno per la sua strada."

N aveva dei modi dolci e uno sguardo interrogativo e penetrante. Era una donna con molti segreti; non mi interessava saperli tutti, ma quelli più importanti volevo saperli. Ci saremmo infilati nel bosco quella notte ed io volevo sapere. "Perchè vuoi venire?", le chiesi. "Perchè voglio stare con te", rispose lei. A volte fare domande può essere molto difficile, perchè poi ci si deve confrontare con le risposte. Se credi alle risposte, poi, non puoi più fare finta; devi andare fino in fondo e ti devi fidare completamente. La vita e la morte dipendono da quel fidarsi. Devi abbandonare ogni dubbio, fidarti e andare fino in fondo. Se, invece, non ci credi, la devi mandare via subito. Senza tentennamenti, senza dubbi, senza mai voltarsi indietro. "Ok. Sarò al tuo fianco questa notte. E tu sarai con me."

L'attesa

Il vento stava rinforzando ed era diventato quasi impossibile stare lì. Feci un cenno a Mike: "Torniamo dentro", urlai. Attraversammo tutti insieme la boscaglia, poi la strada. Entrammo in casa e ci versammo qualcosa da bere. Era pomeriggio presto, mancava ancora molto tempo al tramonto. Gli altri ospiti stavano giocando a carte e noi ci unimmo al gruppo. Qualcuno era già ubriaco; ci sedemmo intorno al tavolo e giocammo a carte con loro. Il tempo passava e lentamente l'alcol allentò la tensione. Eravamo tutti apparentemente concentrati sul gioco. Si parlava e ogni tanto le risate squarciavano il brusio di fondo. N sembrava apparentemente assorbita dal gioco, divertita e leggera. Io la osservavo. Osservavo quel piccolo neo che aveva sopra il labbro, osservavo la sua bocca; i capelli raccolti, la pelle chiara del volto, il suo sguardo interrogativo e penetrante. Osservavo gli occhi, cercavo di leggere i suoi pensieri. Continuavo a ripetermi che non avevo dubbi, ma lo facevo più che altro per scacciarli. Le ore scorrevano lente in serenità e allegria, finchè, finalmente, arrivò sera.

N si alzò, abbassò la testa e, sfiorandomi l'orecchio, disse: "Vado a prepararmi. Ci vediamo tra mezz'ora." Scossi la testa in un gesto affermativo e continuai a giocare mostrando apparente disinteresse per quelle parole. Dopo qualche minuto uscii sulla strada a fumare una sigaretta. Era ormai buio e la tensione cresceva. Sentivo come un sottile malessere dentro l'anima, come se una lama lentamente mi penetrasse il torace. N mi raggiunse sulla strada. Eravamo uno di fronte all'altra, sentivo il profumo intenso della sua pelle; sentivo il calore del suo corpo. Sentivo il suo sguardo interrogativo e penetrante. "Perchè non parli?", mi chiese. Ero semplicemente stordito dalla sua presenza, catturato dal suo odore. Ero immerso nei miei sensi. Non avevo pensieri, solo sensazioni. Eccitazione, desiderio. Ero stordito. "Hai un odore intenso e dolce", dissi. Quelle furono le uniche parole che riuscii a pronunciare. Mike uscì sulla strada, mi fece un cenno con la mano. Risposi con lo stesso cenno e dopo qualche minuto apparvero sulla strada le luci dei fari di una macchina. Era un SUV che si fermò a un passo da noi.

Il viaggio nella foresta

Salimmo a bordo, Mike dietro, N ed io davanti. "E gli altri?", chiesi a Mike. Lui mi disse: "Ci seguiranno nell'oscurità in modo discreto, su altre tre macchine. E' meglio non far percepire che siamo in molti. La gente si chiederebbe cosa ci fanno così tante persone nella foresta di notte. Diventerebbe curiosa. Potrebbero fermarci e farci domande alle quali non possiamo rispondere."

"E il corpo? Che mi dici del corpo? Non facciamo cazzate Mike. E' tutto a posto?", chiesi con una punta di inquietudine. Passò qualche secondo di silenzio, il SUV si era già infilato nello stretto sentiero che conduceva nel cuore della foresta. Mike rispose: "Il corpo è già pronto. E' una donna della mia famiglia. Una mia cugina. Non avrei organizzato tutto se non avessi avuto la totale disponibilità della mia famiglia. Agiremo col massimo rispetto. Il Papaloa che vive nella foresta lo conosciamo tutti. La mia famiglia lo conosce bene. Ci fidiamo e lo stimiamo. Mia cugina sarà in buone mani e dopo questa notte potrà riposare in pace."

Ero sempre più teso e nervoso. N era vicina a me, i nostri corpi si sfioravano e si toccavano di continuo a causa della strada sconnessa. Era tra il guidatore e me ed io ero attaccato alla portiera del SUV. Le nostre mani si sfiorarono e finirono per stringersi. Sentivo la sua mano calda, la pelle morbida. Nell'oscurità guardavo il chiarore della pelle delle sue gambe, lunghe e sottili. Una sensazione di eccitazione mista ad ansia, di desiderio misto a paura si era impossessata del mio corpo e della mia mente. N guardava diritto davanti a sè nella oscurità. Disse: "Sei sicuro di volermi al tuo fianco questa notte? Erzulie non è una loa tenera. E' molto esigente e sa essere spietata. Sei proprio sicuro?" "Si, sono sicuro. E poi confido nella protezione di Erinle." E le sorrisi dolcemente.

Nel frattempo la pioggia si era calmata ed anche il vento era calato di intensità. In macchina c'era silenzio. Io tenevo stretta la mano di N e mi ripetevo che sarebbe andato tutto bene. A un certo punto lo dissi a voce alta: "Vedrai, andrà tutto bene." N sorrise e appoggiò la testa sulla mia spalla. Sentivo il profumo intenso dei suoi capelli riempirmi la mente, i sensi, l'anima. Dopo circa un'ora di viaggio arrivammo, finalmente, alla capanna del Papaloa. Lui ci stava aspettando seduto di fronte al fuoco, mentre sorseggiava, da una tazza, un liquido bollente che emanava un odore forte e penetrante.  

L'incontro col Papaloa

Ci sedemmo intorno al fuoco insieme a lui, senza dire una parola. Poi, dopo averci guardati tutti uno ad uno, il Papaloa iniziò a parlare in modo solenne, spezzando il silenzio che ci avvolgeva: "Avete avuto coraggio a venire qui. Erzulie è una loa esigente e spietata. Il suo potere è unico, tremendo e può essere sintetizzato in una sola parola: desiderio. E il desiderio è come un sole. Se il vostro cuore non è puro, guardare fisso il desiderio vi ucciderà. Sei consapevole del fatto che potresti non vedere la luce del giorno di domani? E potresti non farla vedere neanche a lei?"

"Sì", risposi. Proseguì: "Erzulie vi leggerà il cuore. Lei vi leggerà l'anima. Non esiste posto al mondo nel quale potrete nascondervi. Siete disposti ad affrontare questo rischio estremo? Sappiate che ne va della vostra vita."   "Sì", N ed io rispondemmo insieme. Il Papaloa ci osservò per qualche secondo come a voler capire quanta determinazione ci fosse nei nostri cuori. Poi aggiunse rivolgendosi a me: "Quando saremo lì non abbassare mai lo sguardo. E non rispondere alle domande, perchè Erzulie sa già tutto. Se ti fa delle domande è perchè tu dia le risposte a te stesso. Tutto quello che ti dirà lo dirà a tuo beneficio e tuo soltanto. Solo tu potrai comprenderlo. Quindi non parlare. Ricorda bene! Se abbassi lo sguardo, morirai. Se parli, morirai. E tu, N, non potrai guardarla. Starai rannicchiata col volto rivolto verso il basso. Non parlerai e non la guarderai. La tua vita dipenderà da questo. E da lui!", indicò me puntando il dito. Poi concluse: "Ora bevete questo infuso di erbe. Vi aiuterà. Io vado a prepararmi. Mike provvederà a tutto il resto."

La cerimonia Vudù

All'esterno della capanna il cerchio era già stato tracciato sul terreno. Sulla sua circonferenza erano stati accesi dei fuochi a distanza regolare. All'interno del cerchio era stata posta una tavola di legno sulla quale era disteso il corpo nudo e privo di vita di una giovane donna. N ed io ci mettemmo in ginocchio a 5 o 6 metri dal cerchio di fuoco. Dopo qualche istante arrivò il Papaloa. Gli altri invitati si erano sistemati intorno, da un lato c'era un gruppo che aveva in mano dei tamburi. Il Papaloa fece un cenno col capo rivolto a tutti ed entrò nel cerchio. I tamburi rullarono e il Papaloa iniziò a danzare. Pian piano anche tutti gli altri invitati si unirono alla danza, rimanendo fuori dal cerchio.

 TUM-TUM-TUM-TUM-TUM-TUM-TUM-TUM

I tamburi dettavano il ritmo. E il ritmo era frenetico. Mike si avvicinò ai fuochi tenendo saldamente un galletto nelle mani. Si inginocchiò. E con un colpo di machete gli staccò la testa di netto facendo fluire il sangue in una ciotola, posta per terra vicino a lui. Porse la ciotola al Papaloa, che bevve avidamente, poi la passò agli altri e riprese a danzare. Dopo aver bevuto il sangue del sacrificio, il Papaloa e tutti i danzatori cominciarono a invocare a gran voce Damballa, seguendo il ritmo dei tamburi: "DAMBALLA...DAMBALLA...DAMBALLA...DAMBALLA..."

A un certo punto il Papaloa cadde a terra, in trance, all'interno del cerchio e iniziò a invocare Erzulie, prima con un filo di voce. Poi sempre più forte. "Erzulie...Erzulie...ERZULIE...ERZULIE!" Durante queste invocazioni il cadavere della donna distesa sulla tavola ebbe un sussulto e si animò. Iniziò a muoversi, come una persona che si risveglia dopo un lungo sonno. Si alzò in piedi, alzò capo e braccia verso il cielo e urlò: "ERZULIE!" La Loa si era incarnata. Aveva preso possesso del corpo della donna. Avevamo davanti a noi lo ZOMBI.

Ero in ginocchio e osservavo quel corpo di donna temporaneamente tornato in vita. Ero allibito, terrorizzato, sgomento. Sudavo e tremavo dal terrore. N era al mio fianco in ginocchio anche lei, ma rannicchiata su se stessa e col volto rivolto a terra. Piangeva. Piangeva intensamente con un lamento continuo. Il corpo di donna impugnava saldamente il machete usato per il sacrificio, lo aveva raccolto da terra e lo muoveva in aria con un movimento circolare del braccio. Danzava muovendosi molto lentamente e si avvicinò a noi. Sempre di più. Era sempre più vicina. Quando fu a un passo da noi si inginocchiò davanti a me e avvicinò il suo volto al mio. I suoi occhi erano spenti. Privi di vita. I suoi occhi erano quelli di un cadavere. Il corpo di donna iniziò a parlare con una voce indefinibile, priva di toni, priva di calore, priva di vita.

"Guardami! Io ti conosco. E tu! Tu conosci me? Rispondi!" 

Fece roteare il machete in aria e poi lo appoggiò di taglio sulla mia gola.  

"Puoi ringraziare Bondyè, perchè ho letto il tuo cuore. E il tuo cuore è puro. Altrimenti saresti già morto. Nessuno puo' stare al mio cospetto se non è puro. Ringrazialo!"  

TUM-TUM-TUM-TUM-TUM  

Si alzò in piedi. Alzò la testa e le braccia verso il cielo e urlò.

 "Io sono vita. E sono morte. Sono vita e morte insieme, come questo corpo."  

TUM-TUM-TUM-TUM-TUM  

Poi mi guardò e inizò a ridere.  

"Ti sento vicino. Sento che mi raggiungerai presto nel mondo dei morti. ahahahahaha....."  

TUM-TUM-TUM-TUM-TUM  

Riprese il suo ballo lento facendo roteare il machete sopra la sua testa. Poi puntò il machete verso la mia faccia.

 "La tua ferita non si rimarginerà. Mai! Finchè vivrai! Mai! Perchè io sono vita e morte insieme. E quella morte te la porterai dentro. Per sempre!"  

TUM-TUM-TUM-TUM-TUM  

Si bloccò e mi guardò. Si avvicinò guardandomi fisso negli occhi.  

 "Vuoi sapere il tuo futuro? Rispondi!"  

 TUM-TUM-TUM-TUM-TUM  

"Non ti dirò il futuro. Non esiste futuro. E non esiste passato. Tutto è Bondyè. Tutto è vodun. Tutto è qui e ora!"  

TUM-TUM-TUM-TUM-TUM  

Avvicinò ancora il machete di taglio alla mia gola.  

"Tu lo sai! Per quello che hai fatto dovresti morire! Ora! Ma quello che hai fatto era necessario affinchè lei comprendesse. Ed è per questo che vivrai! ahahahahahah....."  

TUM-TUM-TUM-TUM-TUM  

Volse il suo sguardo verso N che non si era mossa dalla posizione fetale. E continuava a piangere. Le appoggiò il machete sulla parte superiore del collo.  

"Lei è figlia di questa terra. La ami? Rispondi! ahahahahah......"  

TUM-TUM-TUM-TUM-TUM  

"Lei vivrà! Perchè il suo cuore è puro!"  

TUM-TUM-TUM-TUM-TUM  

"Amala come lei ti ama! L'amore chiama amore. Il desiderio chiama desiderio. Il desiderio è carne. Il desiderio è sangue che pulsa nelle vene. Io sono il Desiderio totale! Desidera questa donna! Desidera la figlia di questa terra!"  

 TUM-TUM-TUM-TUM-TUM  

Iniziò a ballare freneticamente allontanandosi. Il machete cadde per terra. Rientrò nel cerchio di fuoco. Danzava roteando su se stessa. E poi stramazzò al suolo esanime. Lentamente il Papaloa si riprese. Mentre i tamburi continuavano a rullare nella foresta, Mike si avvicinò al Papaloa porgendogli un po' d'acqua.

Tamburi nella giungla

Ciò che fa la differenza, ciò che determina il passaggio da un prima a un dopo è il senso di appartenenza. Superata questa linea di demarcazione immaginaria nulla è più come prima. Il senso di appartenenza costruisce una nuova realtà. Una nuova consapevolezza. Il senso di appartenenza è paragonabile alle mura possenti di una antica città all'interno delle quali l'incontro cresce, si sviluppa, diventa storia condivisa, identità comune. L’incontro cresce proprio come una nuova città cresce all'interno delle proprie mura. Ed esattamente come le mura di una città, il senso di appartenenza è al tempo stesso simbolo di una nuova prosperità e baluardo inespugnabile.

Quella notte segnò, per noi, il passaggio di quella linea di demarcazione immaginaria. In quella notte nacque un senso di appartenenza reciproco che trasforma due racconti separati in una storia condivisa. N ed io c’eravamo incontrati e uniti a un livello profondo. Una forza straordinaria, trascendente, aveva posato il suo sguardo su di noi e ci aveva trasmesso la sua essenza: il desiderio totale. Era la forza di Erzulie.

I tamburi rullavano ed io ero incapace di muovermi. Fermo, in ginocchio, osservavo la scena intorno a me incapace di qualunque reazione. Sentivo N che piangeva. Sentivo la pioggia cadere copiosa sul mio volto, sulla terra, sugli alberi. Un lampo squarciò il cielo, seguito da un fragore assordante che ebbe l’effetto di scuotermi per un attimo. Due uomini ci afferrarono e ci trascinarono in una capanna illuminata e scaldata dal fuoco. Ricordo che era assai confortevole. Ci adagiarono su un letto. Una donna con una voce calda e rassicurante ci porse due tazze fumanti: “Bevete! Vi aiuterà a riprendere le forze.” Dopo aver bevuto, N ed io ci stendemmo vicini. Non potevo fare a meno di pensare a quello che era accaduto quella notte. Era tutto vero o era stato un sogno? Una terribile suggestione? Lì fuori, vicino al cerchio di fuoco, mi sentivo come ipnotizzato, come privo di forze, incapace di reagire. Che cosa era successo realmente?

Una notte d'amore

Il ricordo di quanto era appena successo e le infinite domande che affollavano la mia mente vennero immediatamente cancellati dai suoi occhi che mi fissavano, dalle sue mani. Nei suoi occhi, fissi nei miei, vedevo il riflesso della luce del fuoco. La sentivo muoversi, accarezzarmi. Sentivo il piacere crescere mentre le sue mani si facevano spazio dentro di me. Le sue mani, il mio piacere. Iniziò a mordicchiarmi le labbra, vogliosa, sentivo il calore del suo respiro attaccato alla mia bocca. Poi un bacio, intenso, e anche io iniziaia toccarla.

Sentivo i capezzoli turgidi. Toccavo e accarezzavo i suoi seni pieno di desiderio. Poi la mano scivolò sul ventre, lentamente, fino ad arrivare sotto la sua gonna, in mezzo alle cosce, fino in fondo, e sentii l'umido del suo desiderio trapassare gli slip e bagnare le mie dita. Lei, fradicia di desiderio, con quel bacio mi contagiava e mi trasmetteva tutta la sua voglia, la sua eccitazione, il suo desiderio. Quel bacio diceva prendimi, sono tua, prendimi ora, ti voglio. Spostai la sottile linea dello slip per sentire il calore delle sue labbra umide, e affondai le dita in quel piacere caldo. Poi ci affondai la lingua, per sentire il suo sapore e il suo piacere.

<indietro>