Massenzio
Roma, 22.3.2003
Gent.mo sig De Florio,

ringraziandola per il secondo responso, le invio come d'accordo i dati della terza moneta:
 

Num. Diam. (mm) min-max Peso (g) Ang. (°)  D.-->R. Materiale e/o colore Aspetto generale Note ulteriori
3 24-24,5 6  -45 Bronzo scura sottile

Nota : l'angolo di rotazione tra il dritto e il rovescio è stato misurato come angolo tra Croce e Testa, ovvero come angolo, visto dal lato testa (ovvero il rovescio) tra l'asse del Dritto e quello del rovescio, considerando convenzionalmente positiva la rotazione oraria. 
In questo caso quindi, abbiamo 45 gradi circa in senso antiorario tra l'asse della croce e quello della testa, guardando quest'ultima.
Spero di essere stato chiaro. 
Cordiali saluti.

fig. 1
Roma, 7.9.2003
Egregio Lettore,
di seguito le fornisco gli elementi da me raccolti riguardanti la sua moneta: 

D. Testa laureata, barbata a destra di Massenzio. IMP C MAXENTIVS PF AVG1
R. Roma seduta di fronte, testa volta a sinistra, all'interno di un tempio esastilo, sorregge con la mano destra un globo e con la sinistra uno scettro, di solito con un scudo di lato, pomelli o Vittorie come acroteri; una corona all'interno del timpano. CONSERV  VRB SVAE2. RBP3 in esergo.

La moneta, nella variante che vede le Vittorie utilizzate come acroteri, viene descritta dal RIC come un follis, del peso di 6÷7g, emesso dalla zecca di Roma nel 308÷310 d.C., con assi paralleli (orientati nello stesso verso oppure rovesciati) e catalogata come RIC 210.
La tipologia del rovescio è coerente con la visione politica di Massenzio4 che, in armonia con le antiche tradizioni, poneva al centro dell'interesse Roma piuttosto che la "romanità" in senso allargato.
Il termine CONSERV , che sta per "conservator" (al singolare), cela il significato di evidenziare il peggioramento dei rapporti politici rispetto all'estate del 307 quando l'alleanza tra Massimiano Erculeo, Costantino e Massenzio  poteva essere esaltata con la leggenda "CONSERVATORES"; nel 308÷310 Massenzio si ritiene ormai unico custode dell'Urbe.
Questa tipologia monetale fu prodotta in diversi esemplari, talché viene definita dal RIC "common in every major collection" (comune in tutte le collezioni più importanti). Un esemplare di questa moneta è conservato nell'Ashmolean Museum di Oxford. Il peso della moneta denuncia la riduzione del follis che, nato sotto Diocleziano attorno al 294 d.C. con un peso di c. 10,23 g. e un piccolo contenuto in argento (c. 3,87%), si era ridotto, all'epoca di Massenzio, al peso di 6÷7g., con contenuto insignificante di argento. Una seconda riduzione si avrà poi attorno al 310, quando il follis scenderà ulteriormente a 4÷5g. 

Veniamo ora allo specifico alla sua moneta. Ho provato a confrontarla con monete di tipologia simile presenti nel web. In particolare con le seguenti:

http://www.wildwinds.com/coins/ric/maxentius/_aquileia_RIC_116.jpg
http://www.wildwinds.com/coins/sear/s3779.html
http://www.ancient-coin-forum.com/Coins/05424q00.jpg
http://www.dirtyoldcoins.com/chitlins/id/maxen/maxen005.jpg
http://www.dirtyoldcoins.com/chitlins/id/maxen/maxen014.jpg 
http://www.wildwinds.com/coins/sear/s3779.html

L'esame stilistico non evidenzia, a mio avviso, differenze significative, tranne che la testa della dea Roma, dai contorni, a dire il vero, non ben definiti, appare rivolta a destra invece che a sinistra. Infine gli assi del dritto e del rovescio da lei denunciati non sono paralleli, come indicato dal RIC, ma a 45°.
Dei due aspetti sopra evidenziati, il primo potrebbe trovare giustificazione nello stato d'usura del tondello o in una cattiva resa dell'immagine fotografica, il secondo invece potrebbe forse essere spiegato con il fatto che ci troviamo di fronte ad un falso d'epoca, prodotto in un momento di penuria nella circolazione monetaria in bronzo.

Un saluto cordiale.
Giulio De Florio
 

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Note:
(1)IMPerator Caesar MAXENTIVS Pivs Felix AVGvstvs
(2)CONSERVator VRBis SVAE - custode della sua città
(3)RBP nell'esergo indica, con la prima lettera, il nome della città, Roma; con la seconda, l'emissione monetale e con l'ultima, la prima (P) delle quattro officine monetali che operavano nell'Urbe (le altre erano siglate, S=Secunda, T=Tertia, Q=Quarta).
(4)Con l'imperatore Massenzio siamo ormai al crepuscolo della tetrarchia i cui concetti generali ho tratteggiato in due corrispondenze precedenti (v. "Massimino Daia" e "Maximinus Nob. Caesar"). Massenzio era figlio di Massimiano Erculeo, il numero 2 della prima tetrarchia, costretto al ritiro a vita privata dalla regola imposta da Diocleziano che gli Augusti, alla scadenza dei venti anni di governo, dovessero cedere l'imperium ai propri Cesari ed eredi designati. Fu così che nel 305 Diocleziano ed Erculeo passarono la mano, rispettivamente a Galerio e a Costanzio Cloro, nuovi Augusti, rispettivamente d'Oriente e di Occidente ma fu Galerio, il più giovane dei due, e non Costanzio Cloro, ad essere incaricato della designazione dei nuovi Cesari. Poichè la scelta di Galerio ricadde su uomini a lui fedeli, rimasero tagliati fuori dalla linea di successione, sia Costantino, che di Costanzio Cloro era figlio, che Massenzio. Nel prosieguo del tempo Costantino seppe gestire le sue carte in modo molto abile, tanto da colmare progressivamente lo svantaggio iniziale di operare in Occidente e lontano dal centro del potere (i suoi territori erano infatti la Gallia e la Britannia, remoti rispetto al teatro orientale), non così Massenzio. Quest'ultimo era stato sbalzato nell'agone politico, nell'ottobre del 306, da una rivolta popolare assecondata da funzionari militari e civili dell'Urbe i quali si ribellavano per il  giro di vite fiscale imposto da Galerio (divenuto Augusto senior dopo la morte di Costanzio Cloro) e in ultima analisi alla subordinazione di Roma all'Oriente. Massenzio fu acclamato Augusto dal popolo ma, almeno all'inizio, cercò di mediare e di venire a patti con Galerio. Poi, visti vani i tentativi, cercò alleanze, innanzi tutto con il padre Massimiano Erculeo (il quale pretese, come contropartita, di poter riassumere su di sè i poteri di Augusto) e poi con Costantino. In un primo tempo Massenzio riuscì a rimanere a galla, costringendo alla resa Severo (l'Augusto junior del momento) inviatogli contro da Galerio e poi respingendo lo stesso Galerio che aveva invaso l'Italia con il suo esercito. Nel seguito le cose man mano precipitarono. Prima una rivolta in Africa da cui Roma traeva le derrate alimentari, poi la lotta contro il padre Massimiano E., anche lui aspirante al potere e, infine, l'alleanza con un perdente, Massimino Daia, Cesare d'Oriente, da cui non sortirono benefici concreti. Nel mentre, Costantino cresceva politicamente e riusciva a farsi riconoscere come quarto in linea di successione e poi terzo, con la morte di Galerio, il 5 maggio del 311. Quando Costantino strinse alleanza con Licinio (divenuto Augusto senior) dandogli in isposa la sorellastra Costanzia, a Massenzio non rimase che giocare la carta rischiosa della guerra, dichiarata ma poi lasciata all'iniziativa del suo avversario che la condusse con perizia e determinazione  sino alla morte di Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio, il 28 ottobre del 312.

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