Roma, 7.9.2003
Egregio Lettore,
di seguito le fornisco
gli elementi da me raccolti riguardanti la sua moneta:
D. Testa laureata, barbata
a destra di Massenzio. IMP C MAXENTIVS PF AVG1
R. Roma
seduta di fronte, testa volta a sinistra, all'interno di un tempio esastilo,
sorregge con la mano destra un globo e con la sinistra uno scettro, di
solito con un scudo di lato, pomelli o Vittorie come acroteri; una corona
all'interno del timpano. CONSERV
VRB SVAE2. RBP3
in esergo.
La moneta, nella variante
che vede le Vittorie utilizzate come acroteri, viene descritta dal RIC
come un follis, del peso di 6÷7g, emesso dalla zecca di Roma nel
308÷310 d.C., con assi paralleli (orientati nello stesso verso oppure
rovesciati) e catalogata come RIC 210.
La tipologia del rovescio
è coerente con la visione politica di Massenzio4
che, in armonia con le antiche tradizioni, poneva al centro dell'interesse
Roma piuttosto che la "romanità" in senso allargato.
Il termine CONSERV , che
sta per "conservator" (al singolare), cela il significato di evidenziare
il peggioramento dei rapporti politici rispetto all'estate del 307 quando
l'alleanza tra Massimiano Erculeo, Costantino e Massenzio poteva
essere esaltata con la leggenda "CONSERVATORES"; nel 308÷310 Massenzio
si ritiene ormai unico custode dell'Urbe.
Questa tipologia monetale
fu prodotta in diversi esemplari, talché viene definita dal RIC
"common in every major collection" (comune in tutte le collezioni più
importanti). Un esemplare di questa moneta è conservato nell'Ashmolean
Museum di Oxford. Il peso della moneta denuncia la riduzione del follis
che, nato sotto Diocleziano attorno al 294 d.C. con un peso di c. 10,23
g. e un piccolo contenuto in argento (c. 3,87%), si era ridotto, all'epoca
di Massenzio, al peso di 6÷7g., con contenuto insignificante di
argento. Una seconda riduzione si avrà poi attorno al 310, quando
il follis scenderà ulteriormente a 4÷5g.
Veniamo ora allo specifico
alla sua moneta. Ho provato a confrontarla con monete di tipologia simile
presenti nel web. In particolare con le seguenti:
http://www.wildwinds.com/coins/ric/maxentius/_aquileia_RIC_116.jpg
http://www.wildwinds.com/coins/sear/s3779.html
http://www.ancient-coin-forum.com/Coins/05424q00.jpg
http://www.dirtyoldcoins.com/chitlins/id/maxen/maxen005.jpg
http://www.dirtyoldcoins.com/chitlins/id/maxen/maxen014.jpg
http://www.wildwinds.com/coins/sear/s3779.html
L'esame stilistico non evidenzia,
a mio avviso, differenze significative, tranne che la testa della dea Roma,
dai contorni, a dire il vero, non ben definiti, appare rivolta a destra
invece che a sinistra. Infine gli assi del dritto e del rovescio da lei
denunciati non sono paralleli, come indicato dal RIC, ma a 45°.
Dei due aspetti sopra evidenziati,
il primo potrebbe trovare giustificazione nello stato d'usura del tondello
o in una cattiva resa dell'immagine fotografica, il secondo invece potrebbe
forse essere spiegato con il fatto che ci troviamo di fronte ad un falso
d'epoca, prodotto in un momento di penuria nella circolazione monetaria
in bronzo.
Un saluto cordiale.
Giulio De Florio
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Note:
(1)IMPerator
Caesar MAXENTIVS Pivs Felix AVGvstvs
(2)CONSERVator
VRBis SVAE - custode della sua città
(3)RBP
nell'esergo indica, con la prima lettera, il nome della città, Roma;
con la seconda, l'emissione monetale e con l'ultima, la prima (P) delle
quattro officine monetali che operavano nell'Urbe (le altre erano siglate,
S=Secunda, T=Tertia, Q=Quarta).
(4)Con
l'imperatore Massenzio siamo ormai al crepuscolo della tetrarchia i cui
concetti generali ho tratteggiato in due corrispondenze precedenti (v.
"Massimino Daia" e "Maximinus
Nob. Caesar"). Massenzio era figlio di Massimiano Erculeo, il numero
2 della prima tetrarchia, costretto al ritiro a vita privata dalla regola
imposta da Diocleziano che gli Augusti, alla scadenza dei venti anni di
governo, dovessero cedere l'imperium ai propri Cesari ed eredi designati.
Fu così che nel 305 Diocleziano ed Erculeo passarono la mano, rispettivamente
a Galerio e a Costanzio Cloro, nuovi Augusti, rispettivamente d'Oriente
e di Occidente ma fu Galerio, il più giovane dei due, e non Costanzio
Cloro, ad essere incaricato della designazione dei nuovi Cesari. Poichè
la scelta di Galerio ricadde su uomini a lui fedeli, rimasero tagliati
fuori dalla linea di successione, sia Costantino, che di Costanzio Cloro
era figlio, che Massenzio. Nel prosieguo del tempo Costantino seppe gestire
le sue carte in modo molto abile, tanto da colmare progressivamente lo
svantaggio iniziale di operare in Occidente e lontano dal centro del potere
(i suoi territori erano infatti la Gallia e la Britannia, remoti rispetto
al teatro orientale), non così Massenzio. Quest'ultimo era stato
sbalzato nell'agone politico, nell'ottobre del 306, da una rivolta popolare
assecondata da funzionari militari e civili dell'Urbe i quali si ribellavano
per il giro di vite fiscale imposto da Galerio (divenuto Augusto
senior dopo la morte di Costanzio Cloro) e in ultima analisi alla subordinazione
di Roma all'Oriente. Massenzio fu acclamato Augusto dal popolo ma, almeno
all'inizio, cercò di mediare e di venire a patti con Galerio. Poi,
visti vani i tentativi, cercò alleanze, innanzi tutto con il padre
Massimiano Erculeo (il quale pretese, come contropartita, di poter riassumere
su di sè i poteri di Augusto) e poi con Costantino. In un primo
tempo Massenzio riuscì a rimanere a galla, costringendo alla resa
Severo (l'Augusto junior del momento) inviatogli contro da Galerio e poi
respingendo lo stesso Galerio che aveva invaso l'Italia con il suo esercito.
Nel seguito le cose man mano precipitarono. Prima una rivolta in Africa
da cui Roma traeva le derrate alimentari, poi la lotta contro il padre
Massimiano E., anche lui aspirante al potere e, infine, l'alleanza con
un perdente, Massimino Daia, Cesare d'Oriente, da cui non sortirono benefici
concreti. Nel mentre, Costantino cresceva politicamente e riusciva a farsi
riconoscere come quarto in linea di successione e poi terzo, con la morte
di Galerio, il 5 maggio del 311. Quando Costantino strinse alleanza con
Licinio (divenuto Augusto senior) dandogli in isposa la sorellastra Costanzia,
a
Massenzio non rimase che giocare la carta rischiosa della guerra, dichiarata
ma poi lasciata all'iniziativa del suo avversario che la condusse con perizia
e determinazione sino alla morte di Massenzio nella battaglia di
Ponte Milvio, il 28 ottobre del 312. |