Giuliano II l'Apostata
Roma, 12.6.2003
Caro sig. Giulio,
le invio la mia moneta sperando lei possa dirmi a che epoca essa appartiene e quindi di che moneta si tratta. La foto riproduce fedelmete il colore e la fattezza della moneta in questione. il suo diametro e' 2,9 cm e il suo spessore circa 1,8 mm.
In attesa di una sua risposta cordialmente la ringrazio e saluto.
L.
fig. 1
Roma, 10.9.2003
Gentile Lettrice,
di seguito  le fornisco gli elementi da me raccolti riguardanti la sua moneta: 

D. Busto di Giuliano II 1 drappeggiato e corazzato, corona di perle sulla testa volta a destra. DN FL CL IVLI ANVS PF AVG2
R. Toro con la testa di fronte, in piedi a destra, al di sopra due stelle. SECVRITAS REIPVB3 in alto lungo il bordo. NIKA4 in esergo.

La riforma di Giuliano in campo monetario prevedeva due nuovi nominali, in rapporto reciproco di c. 1:10 per quanto riguarda il contenuto in argento5,

  1. un Æ 1 6 di billone (lega di argento e rame) di  8,25 g., così costituito:

  2. rovescio: SECVRITAS REI PVB. Toro, con al di sopra due stelle;
    dritto:    lunga leggenda, busto normale;
  3. un Æ 3 di bronzo di 2,95 g., così costituito:

  4. rovescio: VOT X MVLT XX all'interno di una corona;
    dritto:     lunga leggenda, testa volta a sinistra, busto armato ed elmato.
La sua moneta, del diametro di 29 mm, apparteneva dunque al primo gruppo e fu coniata  tra il 3 Novembre 361 e il 26 Giugno 363 in tre varianti:
  1. la prima, classificata RIC 120, piuttosto comune, reca in esergo il segno della zecca di Nicomedia, NIKA (o  NIKB o NIKG, a seconda dell'officina monetale);
  2. la seconda, un po' meno comune, fa precedere e seguire il segno di zecca da un rametto obliquo; si veda in proposito il campione prodotto dall'officina "B" di Nicomedia visionabile nel sito seguente,

  3. http://www.vcoins.com/harlanjberk/store/viewItem.asp?idProduct=532&large=0;
  4. la terza, simile alla precedente quanto a tipologia e rarità, antepone un globetto al rametto posto a destra del segno di zecca; si veda in proposito la moneta, dell'officina "G "di Nicomedia, reperibile nel sito internet: 

  5. http://www.wildwinds.com/coins/ric/julian_II/_nicomedia_RIC_122.jpg
L'immagine fotografica che lei mi ha inviato non è purtroppo sufficientemente dettagliata da consentirmi di individuare la variante; potrà farlo lei stessa utilizzando le informazioni che sopra le ho fornito.

Resta da spiegare il significato di questo tipo del "Toro". Nella sua invettiva contro gli abitanti di Antiochia di cui si è fatto cenno in calce alla nota 1 Giuliano riferisce che essi lo beffeggiavano proprio per la tipologia di questa moneta, senza accennare tuttavia ad alcuna chiave di lettura. Nel corso del  tempo la moneta è stata variamente interpretata, alcuni hanno suggerito che il toro fosse il toro sacro Apis ritrovato alla fine del 362, altri un animale destinato al sacrificio, altri che si trattasse del segno zodiacale del sovrano, per altro non riportato da alcuna fonte, altri che si volesse simboleggiare l'imperatore come guardiano del suo popolo. RIC ritiene più fondata una delle due ultime ipotesi ma non effettua una scelta tra le due.

Un saluto cordiale.
Giulio De Florio

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Note:
(1)Flavio Claudio Giuliano, fu chiamato dai suoi contemporanei l'Apostata, dal greco  (der. dal verbo  «distaccarsi»), perché, pur essendo stato battezzato ed educato alla fede cristiana, ad un certo punto della sua vita l'aveva rinnegata per il paganesimo. Non si può spiegare l'apostasia di Giuliano senza tornare indietro alle origini della sua famiglia. Il nonno di Giuliano, l'imperatore Costanzio Cloro, aveva avuto sei figli legittimi dalla propria moglie Teodora, tra questi Giulio Costanzio, padre di Giuliano, e Delmazio senior. Diversi anni prima del matrimonio, però, aveva avuto un figlio di nome Costantino da Elena, una donna di umili origini con la quale aveva convissuto in regime di concubinato, come allora si usava quando le differenze di ceto sociale non consentivano l'unione legale. Alla morte di Costanzio Cloro, fu Costantino, allora trentenne, ad assumere, per ragione di età (i figli di Teodora erano piccoli) e di esperienza,  l'eredità paterna; la famiglia di Teodora visse così all'ombra di Costantino. Divenuto imperatore, Costantino divise le responsabilità di governo con i tre figli: Costantino jr. ebbe la Spagna, la Gallia e la Britannia, Costante l'Italia, l'Illiria e l'Africa e Costanzio le province asiatiche e l'Egitto mentre Costantino mantenne per sè la penisola balcanica. Alla morte, nel 337, Costantino  testò a favore dei nipoti Delmazio jr e Annibaliano, figli di Delmazio senior, della discendenza di Teodora e ad essi lasciò rispettivamente la penisola balcanica e il governo dell'Armenia e della costa del Ponto. Ciò fu causa della loro disgrazia: alla notizia della morte del padre, Costanzio si precipitò a Costantinopoli dove organizzò una rivolta militare contro gli zii e cugini discendenti di Teodora. Due fratellastri di Costantino, tra cui Delmazio senior e il padre di Giuliano e sette suoi nipoti, tra cui Delmazio jr. e Annibaliano furono trucidati. Per caso si salvarono dal massacro Giuliano che all'epoca aveva sei anni e il fratello Gallo che ne aveva 12. Il crudele e sospettoso Costanzio risparmiò loro la vita ma li relegò in due diverse città dell'Asia Minore. I ragazzi furono circondati da maestri cristiani, che spiavano i loro minimi movimenti, diretti da Eusebio, vescovo ariano di Nicomedia. Così Giuliano ricevette le prime lezioni di cristianesimo da coloro che considerava i suoi nemici mortali e la dottrina cristiana gli fu presentata sotto l'aspetto più infelice di una interminabile disputa tra ortodossi e ariani. A Giuliano il cristianesimo fu inculcato a forza, ed egli, per un senso di istintiva difesa, fu costretto a dimostrarsi convinto e fervente. Tuttavia, tra gli insegnanti che ebbe modo di frequentare ne conobbe uno che lo introdusse di nascosto alla poesia e filosofia greca, poi, più tardi seguì in gran segreto, all'insaputa dello zio, le lezioni di un famoso retore pagano, Libanio. In quegli anni quindi la conversione al paganesimo e l'odio verso i cristiani: erano stati loro che gli avevano ucciso il padre, loro che l'avevano tenuto per anni in esilio, loro che gli avevano negato la conoscenza del mondo classico. Giuliano abbracciò così il neoplatonismo che, rispetto al cristianesimo, presentava il vantaggio di rimanere nel campo dell'antica cultura e del vecchio politeismo. Poi venne anche per lui il momento di comandare. La svolta si ebbe con la morte del fratello Gallo; Costanzio, che pure l'odiava, non aveva eredi e quindi, dopo avergli conferito il titolo di Cesare, dovette inviarlo in Gallia a difendere il confine renano. Sul campo il filosofo si rivelò buon generale riuscendo a sopraffare gli Alemanni e più tardi i Franchi. La crisi con Costanzio intervenne nel 359, quando il re persiano Sapore II passò il Tigri e attaccò i territori romani. Costanzio, impegnato sul Danubio a contrastare i Quadi e i Dalmati, chiese a Giuliano l'invio di reparti ausiliari ma questi oppose un rifiuto perché in forza di un trattato concluso con i barbari che servivano nel suo esercito, non aveva il diritto di inviarli fuori dalla Gallia. Scoppiò così una rivolta che terminò nel 360 con l'acclamazione di Giuliano ad Augusto. Di lì il passo fu breve, l'occidente fu dalla sua parte, Costanzio non volle riconoscerlo e si mosse contro di lui ma la morte lo colse all'improvviso e Giuliano fu accettato da tutto l'impero. Con l'avvento al potere Giuliano cercò di ostacolare la diffusione del cristianesimo. Pur non abolendo l'editto di Milano del 313 con cui alla religione cristiana erano stati riconosciuti pari diritti con i culti pagani, esercitò un'azione di propaganda ideologica scrivendo, ad esempio, l'opera "contro i Cristiani" nella quale, valendosi della profonda conoscenza della letteratura cristiana, contrastò la dogmatica cristiana. Poi  privò il clero cristiano dei privilegi che gli erano stati concessi dai sovrani precedenti, da Costantino in poi. Quindi nel 362 emanò un editto con cui proibiva ai filosofi, grammatici e retori cristiani di insegnare nelle scuole. Successivamente, permettendo il rientro a Costantinopoli dei cristiano-ortodossi che erano stati esiliati da Costanzio (che era di fede ariana), ridette l'avvio ai dissensi tra le due componenti religiose. Infine pretese la restituzione agli antichi proprietari dei beni loro sequestrati per motivi religiosi con un editto di cui  essenzialmente si avvantaggiarono i templi pagani. Per contro  cercò di creare un vero clero professionale e una gerarchia all'interno della religione pagana e di innovarne i contenuti con elementi tipici del cristianesimo, come la conduzione di una vita ineccepibile, l'astensione da una vita frivola, la beneficenza. Il suo messaggio fu recepito da alcuni e respinto da altri che deridevano l'imperatore per la sua devozione e per la sua vita monastica. La tragedia per Giuliano fu quella di dover constatare di persona che proprio Antiochia, la città che aveva eletta a sua capitale, si facesse gioco di lui con lazzi ed insulti, tanto che giurò che non vi avrebbe fatto più ritorno. Ma ormai anche il destino di Giuliano stava per compiersi: partito con un potente esercito per combattere contro i Persiani, fallì nel tentativo di conquistarne le città più importanti e morì in battaglia il 26 giugno del 363 durante un improvviso attacco. [Le notizie storiche sopra riportate sono state liberamente tratte da Storia di Roma - S.I. Kovaliov].
(2)Dominvs Noster FLavivs CLaudivs IVLIANVS Pius Felix AVGvstvs
(3)SECVRITAS REIPVBlicae.
(4)NIKA è il segno di zecca, ove "NIK" sta per Nicomedia, il nome della città nella quale la moneta fu coniata, "A" è il contrassegno dell'officina monetale (le altre due officine di Nicomedia avevano, come contrassegno le lettere " B " e " G "). Ad ogni modo questa tipologia moneta fu coniata, non solo da Nicomedia, ma da tutte le zecche dell'impero (con l'eccezione di Treviri, Roma e Alessandria), ciascuna ovviamente apponendo in esergo il proprio marchio di zecca. Si consulti in proposito il motore di ricerca http://www.wildwinds.com/coins/findstr.html alla voce "SECVRITAS" o, sotto la stessa voce: http://www.vcoins.com/search.asp
(5)Si parla comunque di percentuali molto basse di argento che, per la moneta più grande, oscillavano tra 1,44% e il 2,9%, a seconda del metodo utilizzato in epoca moderna per effettuare la misura.
(6)Sul significato di Æ.. mi rifaccio a quanto riportato da Dougsmith nel suo sito di numismatica, http://dougsmith.ancients.info/denom.html. In breve, con Æ 1,  Æ 2, Æ 3, Æ 4 si indicano monete in bronzo/billone, di epoca successiva alla riforma di Diocleziano e diametro, rispettivamente, AE1 = superiore a 25mm (Valentinian I); AE2 = tra 21 e 25mm (Honorius); AE3 = tra 17 e 21mm (Arcadius); AE4 =  inferiore a 17mm (Theodosius I). Per le monete che si collocano a cavallo delle linee di confine di 2 gruppi, si sogliono indicare i gruppi separati da una barra, per esempio a cavallo dei 17mm, si usa 'AE3/4'.

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