(tradotto da un articolo di
Jérôme Mairat, pubblicato nel sito internet: http://www.i-numis.com/rome/articles/aurelien/3preface-fr.html)
La cattura dell’imperatore
Valentiniano 1° da parte dei Persiani risuonò come la
più grande umiliazione conosciuta dai Romani. Gallieno, ormai
unico imperatore, non fu capace di riscattare quell’onta e lasciò
suo padre in prigionia, a fare da scaleo a Sapore (vedi
ímmagine in altra pagina del sito, cliccando
qui), il re persiano, nemico giurato di Roma.
Questo avvenimento rivela la profonda crisi che l’Impero Romano conobbe
nel terzo secolo. Roma, la Roma imperiale, vede spegnersi il suo prestigio
di città padrona. I barbari ne attraversano regolarmente le frontiere,
saccheggiano le più antiche dell’impero, e fanno ritorno oltre il
limes con ricchi bottini. Ma lo stesso imperatore non è più
l’uomo tanto amato quanto temuto. L’impero si divide. Usurpatori appaiono
in tutti gli angoli dell’impero: .. i trenta tiranni della Historia
Augusta.
In Occidente l’impero gallico
si distacca da Roma. Postumo, Lelio, Mario, Vittorino, si succedono come
se un imperatore romano potesse avere la sua ragione d’essere senza la
Città, senza Roma. In Oriente, Odenate si fa riconoscere da Gallieno
come “Dux Romanorum”, Duce dei Romani. Odenate aggiunge a Palmira, la sua
città, la totalità della Siria, poi dell’Egitto e una parte
dell’Asia Minore.
Alla morte di Gallieno l’impero
è eroso, dall’interno, dagli usurpatori e dai dissidenti, all’esterno,
dai barbari, troppo felici di vincere l’esercito romano e di venire
a loro piacimento a prendere le ricchezze dell’Impero.
Claudio II, il nuovo imperatore,
comprende la situazione: il mondo romano è prossimo alla dissoluzione.
Il suo capo militare inizia a intraprendere la restaurazione, la promette
in qualche modo attraverso la propaganda monetaria. Ma la sua morte, dopo
meno di due anni di regno, rende l’opera incompiuta, per non dire unicamente
progettata.
Aureliano è il successore
di Claudio II, se si esclude il breve, per non dire inesistente, regno
di Quintillo.
In soli cinque anni, dal 270
al 275, Aureliano combatte uno per uno tutti i nemici di Roma, consolida
uno per uno tutti i punti deboli dell’impero, riesce in cinque anni in
un’impresa quasi impossibile: riunificare l’Impero Romano. Grazie a lui
tutte le province dell’impero tornano sotto l’autorità di Roma.
E’ a giusto titolo che le monete esaltano l’imperatore come “Restitutor
Orbis”, il Restauratore del Mondo.
Il più grande pericolo
per Roma non era l’Impero Gallico, piuttosto chiuso in se stesso, ma l’impero
di Palmira, all’estremo Est dell’Impero. Palmira, città più
di tradizione persiana ed ellenistica che romana, rischiava con il suo
impero di cadere nelle mani dei Persiani. In breve l’Impero Romano, amputato
della sua parte orientale, rischiava di dimezzarsi.
Aureliano pose fine al regime
di Palmira, sul quale Valabata, figlio di Odenate e Zenobia, regnava con
il titolo di “Duce dei Romani”!
Ma Aureliano non si contenta
di riunificare l’Impero. Lo deve preparare all’avvenire, riformarlo. Inoltre
la potente Roma deve essere circondata da mura (mura di Aureliano), per
timore delle discese dei barbari, capaci di attraversare tutta l’Italia
e giungere sino a Roma.
L’economia dell’impero doveva
inoltre essere risanata. La crisi economica, aggravata sotto il regno di
Gallieno, aveva trasformato dei buoni antoniniani d’argento in monetine
di rame. La riforma monetaria organizzata da Aureliano segna la volontà
di coniare delle belle monete di qualità equivalente, quali che
fossero le zecche, con un tenore di metallo sufficientemente garantito.
Lo stato non doveva più apparire come un falso monetiere, che metteva
in circolazione delle monetine di metallo vile da far passare come monete
d’argento. Ne andava della sicurezza dello stato.
Aureliano aveva una predilezione
per il culto del Sole, assai in voga presso i militari e in Illiria di
cui era originario. Egli impose questo dio, rendendolo oggetto di culto
ufficiale. Sol, questa divinità orientale aggiunta al Panteon
romano, arrivò a sostituire un Giove malato, stanco delle offerte
rituali che gli vengono offerte da secoli.
Nel primo secolo Sol
fu più o meno assimilato ad Apollo nel Panteon Romano che, molto
aperto, aveva accolto altri dei, come Serapide o Iside. Ma a guardar
bene, Sol, come culto ufficiale, si adattava molto male a Giove
perché, con la sua assimilazione ad Apollo, sarebbe sensato considerarlo
il figlio. Ora Sol è per definizione una divinità
suprema, superiore a tutte le altre. Sol non può inserirsi
che in un culto orientale politeista, persino monoteista. Non può
inserirsi nel Panteon romano, per il rischio di contraddizioni, a meno
che il suo culto sia marginale. Sol occupa pertanto un posto particolare
e la sua posizione di culto ufficiale fa sì che da solo sostituisca
tutto un Panteon.
Questo quasi monoteismo dà
inizio al trapianto del cristianesimo nelle province più pagane
dell’impero. E’ in effetti più facile confondere un Dio unico e
onnipotente con un Sol supremo piuttosto che con un intero Panteon.
Dopo l’umiliazione di Valeriano
I, dopo l’apparizione di questi usurpatori che tentano di strappare la
porpora imperiale ai quattro angoli dell’impero, la condizione dell’imperatore
non più essere la stessa. Beffeggiato, disonorato, il titolo di
imperatore fu troppo spesso svilito da piccoli usurpatori locali. Troppi
pretendenti al trono saranno capaci di annullare gli sforzi di Aureliano
che è riuscito a riunificare il più grande impero del mondo.
Aureliano deve rendere la sua autorità incontestabile, unica, in
modo che lui e i suoi successori non debbano più ricostituire un
impero ridotto in briciole.
Il culto solare gli consente
di imporre la sua supremazia. A somiglianza del re di Persia, la cui terra
è la culla del culto solare, l’imperatore diventa un dio. Alcune
rare leggende monetarie esaltano Aureliano “Deo et Domino nato”, nato Dio
e Signore.
La divinizzazione dell’imperatore,
prima di allora solo postuma, segna una nuova tappa importante del potere
imperiale. Come Cesare aveva preparato la strada ad Augusto per instaurare
il suo Principato, Aureliano apre la via ad una nuova forma di potere imperiale:
il Dominato, prossimo annuncio del Basso impero, o come oggi si preferisce
dire, dell’Antichità tardiva.
Un ordine nuovo si annuncia.
Fatto unico nella storia di
Roma, la sua morte lascia spazio ad un inter-regno: durante oltre un mese,
l’Impero non ha alcun imperatore, come se nessun uomo, quale che fosse,
nell’Impero possedesse la statura per potergli succedere. |