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Bardo poeta vate dei popoli celtici, che celebrava le imprese dei capi illustri | Cantore, poeta patriottico.

Bardo (dal latino di origine celtica bardus), termine che presso gli antichi popoli celti indicava un poeta-cantore che, accompagnandosi con uno strumento simile alla lira, cantava avvenimenti storici o leggendari, inni religiosi o genealogie. Si trovano nominati in Diodoro e Lucano. In Gallia sparirono dopo la conquista romana ma sopravvissero in Irlanda, Scozia e Galles, dove mantennero vive le tradizioni nazionali celtiche. La professione dei bardi era ereditaria e i loro canti si tramandavano oralmente di padre in figlio. Essi vivevano alla corte del loro signore, del quale cantavano le imprese e gli antenati. Ebbero spesso importanti privilegi, quali esenzioni dalle imposte e l’attribuzione di una parte del bottino di guerra. Nel XIV secolo i re di Inghilterra vietarono lo svolgimento della loro attività; ciononostante la tradizione dei bardi sopravvisse fino all’inizio del XVII secolo. Alla fine del XVIII secolo i bardi e la loro poesia ritornarono in auge sotto l’influsso della concezione romantica del poeta visto come cantore delle antiche tradizioni popolari. Il primo a riscoprire la poesia bardita fu T. Gray con la sua ode "The Bard" (1757), ma il più importante rappresentante di tale genere fu J. Macpherson con i "Canti di Ossian" (1760-1765). Dall’Inghilterra la poesia bardita si diffuse in Germania, dove il maggiore rappresentante fu Klopstock. Anche in Italia dove i "Canti di Ossian" vennero tradotti da Melchiorre Cesarotti (1763), si ebbero poesie di tal genere, tra cui l’"Arminio" di I. Pindemonte (1804) e il "Bardo della selva nera" di V. Monti.