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Consacrazione |
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LE COMUNITÀ LAICHE MARIANISTE (CLM). Siamo comunità cristiane al servizio della Chiesa nel mondo. Facciamo parte della Famiglia Marianista (FM) e c’ispiriamo al carisma dei fondatori, il beato P. Guglielmo Giuseppe Chaminade e Madre Adele de Trenquelléon. A loro dobbiamo una spiritualità il cui fondamento si trova nel mistero dell’Incarnazione di Gesù, Figlio di Dio, divenuto Figlio di Maria, per la salvezza degli uomini. Ecco, di seguito, la nostra identità.
Siamo Comunità Laiche. Le nostre comunità sono composte di donne e uomini che, con l’aiuto dello Spirito Santo, vogliono essere forti nella fede, saldi nella speranza, perseveranti nella carità. Con il Battesimo abbiamo scelto il primato, nella nostra vita, della sequela di Gesù e della conformità a lui in seno alla Chiesa. Attraverso la vocazione marianista sentiamo un ulteriore impegno, sotto la guida dello Spirito e in alleanza con Maria, a rendere presente Cristo nel mondo.Viviamo la nostra fede in comunità, sull’esempio dei primi cristiani, per rispondere ai bisogni dell’umanità, pronti ad assecondare l’invito di Maria ai servitori alle nozze di Cana: "Fate tutto quello che (Gesù) vi dirà". Ricerchiamo tutto questo nella preghiera, nella formazione permanente, nel discernimento personale e comunitario, negli impegni della vita in comunità.Ci proponiamo di condurre una vita comunitaria caratterizzata da uno "spirito di famiglia", fondato sull’accoglienza, il servizio, la sollecitudine per il bene altrui,la gioia, la semplicità e il rispetto del ritmo di crescita nella capacità d’impegno di ciascuno. |
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Le nostre comunità sono segno dell’amore di Gesù per il mondo; esse ci preparano, c’inviano, c’incoraggiano, ci purificano e ci sostengono nella nostra missione. Per noi, la testimonianza di una vita fraterna e comunitaria, è già per se stessa un mezzo privilegiato d’evangelizzazione al servizio della Chiesa nel mondo. Il nostro spirito di famiglia e di collaborazione tra laici e religiosi, ispirati entrambi da Maria, è il contributo specifico che possiamo offrire alla Chiesa e al mondo. Siamo comunità laiche Marianiste Ci proponiamo di camminare sulle orme di Maria e in "Alleanza" con lei. Accogliamo nella nostra vita Maria come madre, modello ed educatrice. Riconosciamo la missione di Maria nella storia della salvezza. In Maria, Dio ci manifesta un modo d’essere presenti al mondo. Sensibili alle necessità degli uomini, vogliamo compiere il suo mandato: "Fate tutto quello che Egli vi dirà". La nostra missione s’ispira agli atteggiamenti di Maria: ascolto della parola di Dio, apertura all’azione dello Spirito che ci conduce a gesti profetici, disponibilità alla volontà di Dio, semplicità e fedeltà nell’azione. Uniti a lei nel suo Magnificat, vogliamo essere nel mondo testimoni dell’amore preferenziale di Dio per i poveri. Ci consacriamo a Maria attraverso un’Alleanza particolare e pubblica. Tale consacrazione nella Famiglia Marianista, esprime davanti alla comunità la volontà di rispondere alla vocazione di rendere presente Dio nel mondo in alleanza con Maria. Comunità impegnate ad essere missionarie del Vangelo. La nostra spiritualità ci sprona a dare risposte concrete ed efficaci alle varie sollecitazioni che ci provengono dai diversi ambiti di vita: personale, familiare, di lavoro, sociale, politica, economica, culturale, ecclesiale… Essere presenti al mondo significa per noi cercare di conoscerlo, amarlo e trasformarlo con il cuore e la forza di Gesù. Fedeli alla nostra condizione di laici e attenti ai segni dei tempi, siamo solidali con gli uomini e le donne del nostro tempo, per trasmettere la fede, moltiplicare i cristiani e formare animatori di comunità. La nostra vocazione missionaria si espleta a livello sia individuale sia comunitario, utilizzando al meglio le possibilità offerte dal nostro tempo, le nostre capacità, energie e beni in opere orientate allo sviluppo della giustizia e della pace. Consideriamo particolarmente a noi consone le opere che ci permettono di diffondere la fede, di dedicarci ai giovani e alle persone più sprovvedute. Evangelizziamo con la nostra vita, che deve essere espressione e testimonianza di una fede conforme al Vangelo. Viviamo in stato di missione permanente. Operiamo per costruire un mondo più giusto e umano, più libero, solidale e fraterno. Riconosciamo tutto ciò che è buono nella storia dell’umanità e denunciamo tutto ciò che contribuisce all’oppressione, alla violenza e all’ingiustizia. Rivestiti dell’amore del Salvatore e della tenerezza materna di Maria, condividiamo le gioie e le sofferenze, le speranze e le angosce del mondo. Ci dedichiamo alla diffusione del Regno di Dio, nel rispetto delle diversità culturali, con una scelta preferenziale per i più poveri. inizio |
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-la dedizione preferenziale ai poveri, ai peccatori, ai malati -l’annuncio del Regno di Dio con parole e segni; -la relazione con gli altri fatta di dialogo, di misericordia, di nuova amicizia, di formazione e di preparazione per accogliere il Regno e la missione che esso comporta. Per essere come Gesù occorre, infine, vivere con Lui il mistero pasquale: morte e pienezza di vita attinte quotidianamente nell’eucaristia e calate nella storia personale. La prova suprema della sequela di Cristo passa necessariamente attraverso il dono. della vita. Questa dimensione pasquale della sequela è indubbiamente quella più esigente e cruciale, ma costituisce l’autenticazione della nostra fede cristiana. “Gesù davanti agli occhi”, “Gesù nel cuore”, “Gesù nelle mani”. Guardare a Gesù, sentire come Gesù, agire come Gesù. Predestinati ad essere conformi a Gesù Cristo”Maria fu la prima ad essere concepita in Gesù Cristo secondo lo Spirito, come lui stesso era concepito nel suo grembo verginale secondo la natura. In altri termini, Maria fu formata, nell’intimo, alla rassomiglianza di Gesù, suo adorabile figlio, e affinché la sua conformità con lui fosse il più possibile perfetta, fino a diventare una quasi uniformità, fu associata, esteriormente ed interiormente a tutti i suoi misteri. Così, poiché Gesù è il primo dei predestinati, tutti gli altri, per essere tali, dovranno conformarsi a lui ed essere concepiti come lui e formati in Maria: “Il tuo ventre è un mucchio di grano” (Ct 7,3). La fede nel Figlio di Dio che si fa uomo è stata in Maria, al momento dell’Incarnazione, quel chicco di grano seminato nel suo spirito che le ha fatto concepire, per opera dello Spirito Santo, Gesù e tutti i predestinati. L’obiettivo dell’itinerario spirituale marianista è la conformità e l’unione a Cristo: il cammino marianista fa percorrere lo stesso itinerario di Gesù: fa vivere con Gesù e come Gesù, di Gesù e per Gesù; ci pone nella condizione di riprodurre in noi l’immagine di Gesù, ma anche di essere sollecitati, spronati e attratti da lui. Quest’obiettivo è stato incarnato e realizzato in Maria. Lo spirito santo l’ha coperta con la sua ombra e ne ha fatto l’immagine fedele e la memoria viva di Cristo. In lei, come lei e con lei impariamo a fare concretamente il nostro cammino. E’ il suo stesso spirito che ci deve animare. Tramite lei ci è data la grazia per iniziarlo e proseguirlo. Concedici di essere da lei formati ad immagine del suo primogenito. Dio si è fatto uomo in Maria e “ha piantato la sua tenda tra noi”. Da allora Gesù è la vita in mezzo a noi, vita dalla quale, nella quale e per la quale soltanto è possibile vivere. Ormai, quindi, si può essere uomini unicamente in relazione all’umanità del Verbo. Ma occorre incominciare a vivere tale vita partendo dalle radici: lasciandoci formare nel grembo di Maria e nascendo alla vita di Dio da Maria. Ci troviamo qui di fronte ad una delle intuizioni chiave del fondatore. “se un cristiano autentico vive esclusivamente della vita di Gesù, a maggior ragione un religioso. Gesù fu concepito dallo Spirito Santo e nacque dal grembo verginale di Maria. Il Battesimo e la fede accendono in noi la vita di Gesù Cristo e in questo senso siamo anche noi concepiti di Spirito Santo; ma dobbiamo nascere come il Salvatore, dalla Vergine Maria. Gesù ha voluto assumere le nostre sembianze nel grembo della Vergine Maria; noi, a nostra volta, dobbiamo assumere le sue sembianze, ossia conformare la nostra condotta alla sua…Maria con amore indicibile, continua a portarci come piccoli figli nelle sue caste viscere, fin tanto che non ci partorisca come il Figlio suo, dopo averci formato a somiglianza di lui. Maria non cessa di ripeterci queste belle parole di S. Paolo: “figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato cristo in voi” (Gal 4,19). Per il p. Cham. Dobbiamo lasciarci formare dalla tenerezza materna di Maria: In lei abbiamo colei che incoraggia e sostiene la fede missionaria: “fate quello che vi dirà” Maria ci convoca e ci invia. E rendici partecipi dell’amore di Cristo per sua madre. La convinzione chaminadiana secondo la quale nessuno può porre un fondamento diverso da quello che è stato posto dall’alto, ossia Gesù, comporta anche la presenza di Maria. Anche noi, come Gesù siamo figli di Maria e condividiamo l’amore di Cristo per sua madre. La virtù che promuove queste relazioni e questi sentimenti, e che plasma la nostra stessa preghiera, si chiama pietà filiale. Ecco la via attraverso la quale il figlio ci conduce alla madre. Davvero questa devozione è la più evangelica, perché è quella che Gesù stesso ha vissuto. Tu che hai associato Maria al mistero del tuo Figlio perché divenisse la Madre dei viventi. Maria è in diretta e stretta relazione con il mistero salvifico. Il Vangelo la presenta intimamente unita all’infanzia di Gesù, sottolineando in tal modo la sua funzione di madre di Gesù, ma anche alla vita pubblica del Messia. In quest’ultima dovette camminare insieme ai discepoli fino ad accogliere ai piedi della Croce la proclamazione della propria maternità. Ascoltando e custodendo la Parola nel suo cuore, sostenne la fede dei seguaci di Gesù. Conferma la nostra alleanza con lei. Questa richiesta che ripetiamo ogni giorno nell’atto di consacrazione lascia intendere che la nostra relazione con Maria non sia una semplice devozione e non si esaurisca nella conoscenza della sua figura evangelica. La nostra spiritualità è mariana in una prospettiva missionaria. Ci consacriamo alla missione ecclesiale, stringendo con Maria un’alleanza che ci impegna per la vita. La missione di Maria fu di dare il Dio incarnato al mondo, farlo nascere e crescere in mezzo agli uomini e poi aiutare i discepoli a seguirlo. Gesù dall’alto della croce coronò la missione di Maria proclamandola madre dei credenti perché continui ad aiutare Gesù ad incarnarsi di generazione in generazione. Noi, da parte nostra, vogliamo affiancarla nella sua missione, che ora è anche la nostra: incarnare Gesù nell’umanità, far nascere e crescere la fede nel Vangelo. Questo impegno è espresso con segni concreti: la consacrazione mariana, il rinnovamento quotidiano. L'itinerario spirituale marianista vuole condurre ad assumere un impegno con Maria e la Chiesa in vista dell'evangelizzazione. La spiritualità marianista possiede una delle chiavi del proprio carisma nell’alleanza con Maria nella sua missione apostolica. Accettare responsabilmente la condizione di figlio di Maria significa assumere l’impegno di collaborare con lei nella sua missione materna di accendere la fede in nuovi credenti; ma anche di far propria la sua missione profetica nel proclamare le grandezze del Dio salvatore che rovescia i potenti e innalza gli umili. La prerogativa dell’Immacolata concezione tanto cara al p. Chaminade. Ricorda la vittoria di Dio sul male operatasi in Gesù, in virtù della quale Maria fu preservata dalla colpa. Ella è il modello della Chiesa e la madre di coloro che continuano a vincere il mondo con le armi della fede. La nostra consacrazione prolunghi sulla terra la sua materna carità e faccia crescere la chiesa corpo del tuo figlio, Gesù. Noi marianisti sappiamo che la nostra relazione con Maria, quanto a singolarità e intensità, è qualcosa di carismatico: è parte essenziale del nostro carisma. La nostra fecondità nella fede e nell’amore, sia sul piano personale che su quello comunitario, dipende dalla fedeltà all’obbligo morale che abbiamo di caratterizzare la nostra missione con la presenza e l’intervento di Maria. Per riuscirci, dobbiamo annunciare Gesù facendo conoscere, amare e servire Maria. Attraverso Maria ci avviciniamo a Gesù e per mezzo di Maria sarà possibile trasformare interiormente e rinnovare la stessa umanità. Maria ci indirizza a Gesù. Ella lo ha dato al mondo e continua ad accompagnare i discepoli nella sequela di Cristo. L’itinerario spirituale che abbiamo intrapreso alla sequela di Gesù, lo percorriamo cercando di conoscere e fare nostro lo stile di vita evangelico che fu proprio di Maria e che la nostra spiritualità definisce lo “spirito di Maria”. Tale spiritualità è frutto dell’accoglienza dello Spirito Santo in Maria ed in noi. E’ lo spirito di fede, o spirito interiore, ossia la capacità di vivere la nostra vita in sintonia con la profondità del mistero di Dio. Lo spirito evangelico, la cordialità, la semplicità, la disponibilità, la sensibilità, la generosità, il servizio, sono tutti atteggiamenti che consideriamo nostre virtù caratteristiche. E’ Maria che umanizza e crea relazioni all’interno della Chiesa e del mondo. Del resto, lo spirito di Maria si manifesta essenzialmente nella sua relazione con Gesù: come madre, come discepola e credente, come donna nuova madre dei credenti. Desideriamo vivere di questo spirito, ossia secondo il modello di relazione con Cristo e con la Chiesa che ella rappresenta. |
Approvazione ecclesiale |
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Approvazione ecclesiale delle COMUNITA' LAICHE MARIANISTE
Quel
primo impulso missionario, di rendere presente Cristo nel mondo in alleanza
con Maria, del quale siamo eredi continua ad essere animato dallo Spirito e
ad essere necessario per la Chiesa e la Società.
segno
il fatto che il miracolo si sia verificato in un membro delle Comunità
Laiche. Segno il fatto che coincida con l'anno giubilare ; segno di una
chiamata a confermare la radice familiare del nostro carisma.
Perciò,
più che mai l'uomo ha bisogno di approfondire il Mistero dell'Incarnazione
per scoprire che il suo proprio mistero e quello della sua felicità trovano
risposta in Cristo, il Dio che si fa uomo.
C’era lì la madre di Gesù Fate quello che egli vi dirà In queste due frasi del vangelo di S. Giovanni, credo sia racchiuso il carisma e la spiritualità che il p. Chaminade ha voluto infondere, per ispirazione di Dio in tutta la Famiglia Marianista di cui le Comunità Laiche fanno parte. Stava lì la madre di Gesù. Così come Maria fu presente nella vita di Gesù, così voi volete che sia presente nella vostra vita e nella vostra associazione. A lei vi legate in maniera particolare: “con la nostra vocazione marianista desideriamo vivere la chiamata a rendere presente Cristo nel mondo, mossi dallo Spirito ed in alleanza con Maria”. Desiderate essere donne e uomini forti nella fede, desiderate essere missionari, impegnati nell’annuncio del Vangelo, e questo lo realizzate partendo da Maria, nostra Madre. E’ l’invito di Maria, “fate quello che egli vi dirà”, che apre i vostri cuori a legami generosi verso i vostri fratelli e alle necessità dell’umanità. Vivere il vostro impegno significa, come dicono gli statuti: “accogliere Maria come madre, modello e educatrice e lo rese presente nel mondo”. Oggi la Chiesa conferma la vostra fede e il cammino che avete scelto come risposta alla chiamata alla santità che il Signore fa ad ogni battezzato…
Il
vostro fondatore…la fedeltà al carisma ricevuto da Dio fu per lui una strada
sicura di santità… Questa nuova tappa di vita
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testimonianza |
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di Carol Ramey
La possibilità di parlare con voi alla Convocazione è per me molto emozionante. Nel 1992 ho partecipato a un Simposio sulla spiritualità marianista organizzato dal Centro Nord Americano. Proprio dopo quegli incontri, una dei partecipanti, Cecilia Araya, è andata a Madrid per discutere dei sogni e dei progetti per il primo vero incontro internazionale dei Marianisti laici a Santiago, in Cile. Ora, siamo al terzo incontro del genere. Siamo qui per costruire sull’opera delle prime due convocazioni a Santiago del Cile e a Llira in Spagna. Siamo qui, alla luce di ciò che abbiamo detto sulla nostra identità e missione marianista, per parlare di un’altra parte integrale della vita marianista – la comunità.Devo avvisarvi che ho un grande entusiasmo per qualunque argomento marianista. Posso parlare per molto tempo di qualunque argomento, ma specialmente della “comunità”. Ma conosco una storiella da cui ho cercato di imparare mentre preparavo le mie osservazioni. A un membro di una comunità marianista fu chiesto di preparare una conferenza sullo spirito marianista. L’oratore lesse molto, analizzò il materiale, studiò ancora, scrisse, riscrisse. Il giorno della lezione si presentò solo una persona per l’incontro. L’oratore salutò l’intervenuto ma espresse il suo disappunto per la scarsa affluenza. L’intervenuto disse:” Io sono un contadino. Se porto il fieno nel campo per dare da mangiare alle mie mucche e si presenta solo una mucca, io do da mangiare a quella mucca”. L’oratore acconsentì che era importante fare la sua lezione e andò avanti. Parlò per circa due ore e mezzo. Quando ebbe finito chiese all’intervenuto quale fosse la sua impressione desiderando il feed-back che lo aiutasse nelle future lezioni. Il contadino rispose: “Ricorda che cosa ho detto della mucca? Io le do da mangiare ma non con tutto il fieno del mio fienile”. Cercherò di portare nel campo la quantità giusta di fieno. Negli Stati Uniti oggi la “comunità” un argomento molto popolare. Sociologi, psicologi, educatori, economisti come anche parroci parlano della comunità. Lasciatemi leggere un breve testo che ho letto recentemente.
Le comunità offrono un senso di appartenenza, sicurezza e impegno dei partecipanti ma fanno anche molto di più. Stabiliscono una condizione di piena appartenenza per i partecipanti, un ambiente che offre loro opportunità di impegnarsi nel tempo in una storia , tradizione e cultura precisa. Storicamente le qualità associate con la comunità hanno incluso un luogo comune, legami comuni di scopi e di direzione, e forme di interdipendenza sociale. ( Anche esiste) un “ senso psicologico di comunità” che implica anche “un sentimento di appartenenza, la percezione della propria capacità di avere influenza sulla comunità, un credo condiviso che i bisogni dei membri avranno risposta nel loro impegno a stare insieme a un collegamento emotivo condiviso.” Suona familiare? La citazione è da un libro che gli educatori hanno scritto per studenti universitari. Come essere umani, abbiamo un gran bisogno della comunità, e l’esperienza è un potente strumento per ottenere obiettivi all’interno di molte organizzazioni. Qui comunque non potrò utilizzare il tempo per parlare della comunità secolare, o del fenomeno delle comunità ecclesiali di base nella chiesa di oggi. Non avrò tempo per parlare dei molti metodi pratici che conosciamo per costruire comunità efficaci. Tutti questi argomenti sono per me di grande interesse e potrebbero avere peso sulle nostre decisioni ma (ancora) quanto fieno possiamo portare nel campo? Mi concentrerò sulle radici della comunità marianista laica nella nostra storia marianista poiché la storia continua ad essere centrale per la vita marianista. (1)
Alla conclusione del suo discorso al Lliria Don Stephen Clodek ha detto: “Noi marianisti siamo un dono per la Chiesa. In mezzo a grandi trasformazioni, caos, mali sociali, la comunità marianista, vissuta negli stili religiosi e laici, ha il potere di essere uno spettacolo contagioso per la nostra Chiesa. Nella nostra spiritualità, nelle strutture particolari della nostra vita comunitaria e nel nostro particolare approccio alla cooperazione nella missione della Chiesa, noi abbiamo qualcosa di speciale da offrire”.(2) Oggi, quattro anni dopo, voglio riprendere alcune parole di Don Stephen e farne il centro di questo nostro incontro. Voglio prendere in considerazione “il potere di essere uno spettacolo contagioso”. Innanzitutto un po’ di storia – la storia naturalmente può essere raccontata da molte angolazioni – questo è il mio racconto della storia. Spero che possiamo trovare un terreno comune nella storia quando consideriamo la nostra spiritualità Marianista, le nostre uniche strutture Marianiste e il nostro particolare approccio Marianista alla missione della Chiesa. Come sappiamo, durante il suo esilio, il Beato Chaminade (non è meraviglioso poter usare il titolo “Beato”) – come dicevo il Beato Chaminade pregò e progettò la rinascita della fede cristiana in Francia. La Rivoluzione francese era sfociata in una terribile repressione; la verità della morte e resurrezione salvifiche del Cristo non era annunciata da molto tempo. Chaminade aveva bisogno di nuovi modi per spezzare il silenzio, di nuovi modi per proclamare la verità. I vecchi metodi erano stati distrutti oppure sarebbero stati inefficaci nei nuovi tempi. Nella Scrittura – nelle storie della Chiesa primitiva – egli vide il modo per procedere. Chaminade lesse negli Atti degli Apostoli le parole di Cristo ai suoi discepoli: “Riceverete il potere quando lo Spirito Santo verrà su di voi e allora sarete miei testimoni non solo a Gerusalemme ma in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”. (Atti 1,8). Tutti gli eventi, tutti gli insegnamenti e tutto il profondo significato della vita di Cristo, che si era svolta in un piccolissimo angolo del mondo, sarebbero stati portati in lungo e in largo da “testimoni”. Padre Tim Philliphs, un frate Marinista, che attualmente sta con la comunità del seminario a Roma, ha scritto molti anni fa un articolo intitolato “Sarete miei testimoni”. Padre Tim ha prima spiegato il concetto di testimonianza nelle scritture ebraiche. Le persone erano chiamate a dare testimonianza non solo di fatti ma anche della verità in cui credevano. In Isaia 43,10 troviamo un esempio di una persona che testimonia la verità che c’è un solo Dio – una verità che si può conoscere solo per fede. Scrive Padre Tim: “Voi siete miei testimoni, dice il Signore, miei servi che io ho scelto per conoscervi e per credere in me e per capire che sono Io. Prima di me non c’era nessun Dio e dopo di me non ce ne sarà nessuno”.(3) Inoltre la testimonianza poteva essere data attraverso le parole o attraverso le azioni. Gli altri imparavano la verità sia ascoltando le proclamazioni, sia osservando il comportamento dei testimoni che vivevano in modo da dimostrare la verità. Re David fu uno la cui stessa esistenza è una testimonianza delle promesse e dei disegni di Jahvè.(4) In alcuni casi i testimoni soffrivano come conseguenza delle loro proclamazioni o delle loro opere. Geremia è un profondo esempio del servo sofferente. Nel Nuovo Testamento noi leggiamo le storie di testimoni oculari della vita di Cristo che proclamano il messaggio di Cristo. Successivamente quando i testimoni oculari erano morti, la testimonianza non proveniva da un’esperienza diretta ma dalla fede instillata dallo Spirito. E ancora non erano solo le parole che proclamavano la verità. Padre Tim cita uno scrittore che disse: “Il fuoco degli apostoli suscitava nei cuori della giovane comunità i raggi di una attiva e fraterna carità: la testimonianza a Cristo più sconvolgente”.(5) I primi cristiani proclamavano la verità anche attraverso una comunione che riconduceva ad unità il cuore e la mente dei credenti, per cui “l’intera comunità era un cuor solo e un’anima sola”.(6) La testimonianza era importante non solo per i pagani ma anche all’interno della stessa comunità cristiana. I pagani potevano essere convertiti tramite la testimonianza; i membri della comunità erano incoraggiati ed edificati.(7) Padre Tim sintetizza la sua descrizione della testimonianza dicendo che qualcuno fuori della comunità vedeva effettivamente la presenza permanente di Dio nella comunità cristiana. Cristo viene rivelato agli altri attraverso la testimonianza.(8) Chaminade osservò naturalmente la forza della testimonianza di una comunità affascinante e decise di fondare a Bordeaux e dintorni sodalizi che dessero testimonianza di Cristo attraverso per i bisogni dei membri e di azione sui bisogni della Sua società. Lui credeva che il numero dei partecipanti sarebbe aumentato perché le persone sarebbero state attirate dalla bontà. In effetti la moltiplicazione fu enorme, altre persone si riunirono; nuove comunità si formarono in altre città, paesi e continenti; infine il Suo disegno e la testimonianza dei Suoi seguaci generarono una famiglia mondiale – la Sua visione ha portato qua tutti noi oggi.
Che cos’era così attraente nella comunità alla Madeleine a Bordeaux? In una lettera Chaminade parlava di ciò che i visitatori vedevano se partecipavano ad una assemblea. Diceva che la comunità dava ispirazione con l’esempio, invitava gli altri ad ogni tipo di buona opera e offriva l’esperienza di santità attraverso la preghiera e il rito. La forza reciproca era per sopportare tentazioni e avversità. Un’istruzione semplice ma profonda era frequentemente disponibile. La comunità sviluppava zelo andando all’esterno per servire i bisogni propri e del mondo. C’era una comunicazione con altri sodalizi. Imitando i cristiani della Chiesa primitiva e ravvivati da incontri frequenti, i partecipanti avevano un cuor solo e un’anima sola, formavano una sola famiglia, non solo come figli di Dio e membri del Corpo di Cristo ma anche come figli di Maria. Molto di ciò che Chaminade descriveva si potrebbe anche dire delle nostre comunità laiche mariniste di oggi. Le storie del sodalizio di Bordeaux ci mostrano il genio di Chaminade – incarnare il modello della comunità della Chiesa primitiva nella situazione contemporanea insieme con una applicazione sistematica di principi organizzativi. Invitare, coinvolgere e investire attraverso i TRE UFFICI di zelo, istruzione, attualità. L’apertura ai nuovi venuti era seguita da istruzione, opportunità di contribuire alla vita della comunità attraverso responsabilità e guida e compagnia che alimentava un senso profondo della vita interiore e della missione verso il mondo. La formazione e la direzione erano estremamente importanti. Nelle loro lettere non possiamo fare a meno di notare le ore indicibili che Padre Chaminade, Madre Adele de Batz de Trenquelleon e Marie Thérése de Lamourous trascorrevano con i sodalizi dando guida, consiglio e incoraggiamento per un comprensione e un impegno intensi. Vestigia di indifferenza e ostilità verso l’espressione religiosa ancora esistevano in alcuni quartieri e il clima politico e sociale era soggetto a improvvisi cambiamenti nelle disposizioni di Napoleone. Comunque i sodalizi prosperarono per molti anni per la fiducia dei fondatori nella presenza di Dio, nell’opera dello Spirito all’interno delle comunità. La profondità della fede, la qualità dell’amicizia, la condivisione delle risorse, l’esperienza reciproca di amore e la saldezza di questo amore (11) nella comunità aiutavano i membri a perseverare nonostante l’incredulità nella cultura e anche in mezzo alle avversità che sorgevano. Negli ultimi due giorni ho sentito i delegati e i membri del consiglio mondiale fare proposte per invitare se la cultura è cinica o antagonista alla fede, per coinvolgere poiché molti sono indaffarati, per investire se le persone non fanno esperienze positive con noi o temono l’impegno. La compagnia, la direzione e la formazione sono tutte difficili nei luoghi in cui non si può fornire accompagnamento spirituale perché il numero degli animatori è basso o gli animatori sono impreparati per l’opera di accompagnamento. Tutto ciò che posso dire è che Chaminade affrontò questi problemi ed altri in modo creativo. Così dobbiamo fare noi. Chaminade insisteva anche sul fatto che le comunità sono in “missione permanente”. La comunità di ispirazione e di santità non doveva stare entro i confini della Madelaine, centrata solo su se stessa. Proprio come i primi discepoli non potevano restare nel Cenacolo, così i primi sodalizi furono mandati nelle strade di Bordeaux, alle loro famiglie e ai loro vicini, ai malati, ai loro luoghi di lavoro, agli angoli delle strade dove le prostitute erano in attesa, alle Parrocchie, ai luoghi dove si raggruppavano i bambini spazzacamino, alle prigioni. Là in tutti i luoghi della vita normale o nei luoghi in cui la vita era troppo dura essi davano testimonianza: testimonianza dell’amore di Gesù e di sua madre Maria, testimonianza del loro amore per Dio e per i loro fratelli. Per Padre Chaminade, la comunità era primariamente un veicolo, non una destinazione. Padre Chaminade spesso usava le parole spettacolo dei santi e contagio del bene per esprimere la sua convinzione che l’ispirazione attraverso l’esempio dei testimoni era molto più efficace di una grande predicazione. La testimonianza pubblica certamente riguardava la buona novella di Gesù Cristo. Ma come i nostri fondatori ben capivano la buona novella non è sempre semplice da ascoltare. Chaminade in una conferenza ricordava ai sodalizi che Giovanni il Battista diede testimonianza di Cristo con una voce “di innocenza e santità, con una voce di tuono e di fulmine, con una voce di dolore e di sangue”.(12) Chaminade era dolorosamente consapevole che qualche volta la testimonianza è ignorata o rifiutata. Ma diceva: “La testimonianza della verità è comunque necessaria finché ci saranno dati tempo e capacità di renderla: Dio vedrà i frutti a suo tempo”.(13) Noi abbiamo certamente avuto motivo di capire il costo del raccontare la verità attraverso il riconoscimento della Chiesa dei nostri fratelli Jacob, Carlos, Jesus e Fidel. La storia iniziale fu plasmata anche da Adele de Batz de Trenquelléon e Marie Thérèse de Lamourous. Adele testimoniò, prima attraverso un voluminoso epistolario e poi attraverso un costante incoraggiamento e guida delle sue sorelle, nonostante la sua cattiva salute. Marie Thérèse testimoniò attraverso atti di misericordia corporali e spirituali verso le più detestate a Bordeaux, le prostitute. Nella Misericord troviamo testimonianza di una straordinaria applicazione della comunità in quel tempo. Le responsabili e le ospiti vivevano, pregavano e lavoravano insieme. Questa è la mia versione della storia. Come questa storia ha plasmato le nostre comunità oggi? Che succederebbe se Padre Chaminade venisse qui oggi e chiedesse: “Date testimonianza instancabile di Cristo a un mondo stupito”. Che succederebbe se lui venisse qui? Molti di noi cercherebbero un modo per distrarlo dalla domanda e dalla nostra risposta? Oppure potremmo mostrargli come le nostre comunità marianiste rompono il silenzio nelle nostre culture che sopprimono la dignità umana e la giustizia? Potremmo dargli esempi di come parliamo con innocenza e santità, col tuono e col fulmine, con dolore e con il sangue dentro e fuori le nostre comunità? Noi “risplendiamo come luce” come prevedeva Chaminade oppure, come dice la Scrittura, abbiamo nascosto la nostra luce marianista sotto un moggio? Nelle Assemblee Generali, nell’ora della preghiera, e nei gruppi di lavoro, ho sentito molti descrivere con grande orgoglio la “profondità della fede, la qualità dell’amicizia, la condivisione delle risorse e la mutua pratica di amore dentro le nostre comunità”. Molti di noi hanno dato esempi delle buone opere in cui siamo impegnati come individui e come comunità. Ma possiamo onestamente parlare di noi come testimoni della verità di Cristo – un grande spettacolo di Santi che vivono all’altezza della visione di William Joseph Chaminade, della compassione di Adele de Batz de Trenquelleon e la saggezza pratica di Marie Thérèse de Lamourous? Ovviamente ogni comunità ha dei difetti. Ciascuno di noi deve guardare la vista interna delle nostre comunità e la nostra Famiglia Marianista nel suo insieme e ciò che influenza la nostra capacità di testimonianza – ciò che va e ciò che non va. Per esempio qualcuno che osservasse il nostro gruppo dall’esterno direbbe: “Guarda come si vogliono bene?” Oppure direbbe: “Guarda come si tollerano a vicenda?” Noi marianisti frequentemente usiamo la metafora della famiglia per descrivere le relazioni ottimali che vogliamo. Sappiamo però che le famiglie non sempre hanno delle buone dinamiche. Le famiglie con le buone dinamiche si hanno solo con lavoro e virtù – talvolta molta virtù e molto duro lavoro. Molte famiglie soffrono e impongono la sofferenza ai loro membri a causa di una miriade di comportamenti malati. Abbiamo bisogno di costruire famiglie forti per dare testimonianza. In alcuni casi è possibile che noi abbiamo vissuto in comunità dimenticando che la comunità è missione, diventando una destinazione piuttosto che un veicolo. In altre parole dobbiamo conoscere la verità di noi stessi se dobbiamo testimoniare quella verità. Se dobbiamo essere un veicolo per dare testimonianza di Cristo efficacemente nei nostri tempi, fuori della nostra comunità, dobbiamo conoscere la verità dei nostri tempi e delle nostre culture. Per ogni cultura rappresentata qui potremmo fare una lista delle caratteristiche o dei valori di quella cultura che si avvicinano o promuovono il messaggio del vangelo ed elencare gli elementi di quella cultura che minano i valori del vangelo. Ciascuno di noi probabilmente lotta con le barriere all’amore di Cristo che sono insite nella nostra cultura. Dobbiamo valutare onestamente la bellezza e l’oscurità e lavorare per rinforzare o abbandonare quegli aspetti della nostra cultura che influenzano la nostra vita comunitaria. Lasciatemi fare un esempio. Negli Stati Uniti noi parliamo delle pari opportunità per tutti e dell’uguale trattamento che diamo quando le persone perseguono quelle opportunità. Ma la verità è che questo non è sempre così. In confronto con molte altre culture, noi effettivamente abbiamo molta libertà e uguaglianza. Comunque i nostri poveri sono resi con facilità invisibili e così la verità è offuscata. La verità è che il denaro e la provenienza etnica influenzano tutti gli aspetti della nostra vita. Sia che abbiamo abbastanza denaro o che non ne abbiamo abbastanza, sia che siamo della cultura dominante o della minoranza, i fattori economici e razziali possono rendere la vita molto diseguale per i cittadini degli Stati Uniti. Le nostre scuole non sono ugualmente buone per tutti; il nostro sistema sanitario trascura molti; il sistema legale è terribilmente sbilanciato e spesso ingiusto verso i poveri e gli emarginati. Le nostre comunità laiche marianiste danno testimonianza di qualcosa di diverso da ciò che esiste nella cultura dominante? Le nostre comunità devono dare testimonianza della verità della loro vita ai poveri, agli emarginati, agli invisibili e andare in missione per cambiare questa realtà. Sono orgogliosa di dire che alcuni marianisti in questa sala stanno lavorando molto per affrontare il problema del razzismo nella cultura degli Stati Uniti. Un settore dell’Area di Giustizia Sociale marianista sta promuovendo attività che costruiscono ponti e accorciano le distanze tra i vari popoli della nostra società. In tutto il globo che cosa testimoniano le nostre comunità laiche marianiste? Siamo unici? Che cosa vuol dire veramente il nostro nome marianista? Vi racconto ora un episodio della mia vita personale. Io ho tre figli. Quando erano piccoli – circa otto, sette e quattro anni – il secondo un giorno tornò a casa da scuola e a cena disse che la sua insegnante gli aveva detto che i nomi hanno un significato. Mi chiese che significato avesse il suo nome. Gli disse che David significa “amato”. Quando lui nacque era così facile amarlo che pensai che il nome fosse adatto. Ovviamente quello di quattro anni chiese “Che significa il mio nome?” e gli dissi che Nathan significa “dono” perché lui mi arrivò come un dono in quel momento della mia vita. Il mio figlio più grande, un po’ annoiato dalla conversazione, chiese: ”Okay, che vuol dire il mio nome?” Io dissi: ”Peter vuol dire “roccia” Mi passi il sale?” (poi gli spiegai che la roccia simboleggia la forza e la resistenza). Vi ho detto questa storia perché spiega il fatto che i nomi sono sia un riflesso di una realtà che promessa e speranza per l’individuo. Che realtà esprime il nostro nome – marianista? Che speranza e promessa contiene? Perché è così attraente che è contagioso? Da cosa possiamo accorgerci che è veramente un dono per il mondo e per la Chiesa? Mi riferiscono ancora alle osservazioni di Padre Stephen: noi abbiamo lo spirito di Maria, la struttura dei tre uffici, e un metodo che combina la vita interiore con il coraggio apostolico. Ricordate la mia storia delle mucche e del fieno? Devo essere concisa qui – lasciatemi dire poche cose sperando che nel vostro dialogo voi esplorerete e approfondirete questi argomenti attentamente. Prima di tutto, lo Spirito di Maria: lei è un modello, lei è madre, lei è miracolo! Noi abbiamo avuto dei commenti molto interessanti su Maria nel nostro lavoro di gruppo. Lei è un modello di virtù che vanno da una apertura allo Spirito che vediamo nell’Annunciazione fino ad una forte sfida che vediamo mentre sta ai piedi di suo figlio Gesù sulla croce.(14) Siamo chiamati a testimoniare tutte le sue virtù: anche noi dobbiamo dimostrare apertura all’azione di Dio nella nostra vita, anche noi dobbiamo dimostrare sfida ai piedi di tutte le croci che il nostro mondo erige per crocifiggere ancora Cristo. Lei è madre – del nostro Signore e Salvatore – e nostra! Lei ci educa ci forma e ci corregge – usando le parole di tutte le madri di ogni tempo, ci porta alla maturità nella vita di Cristo. Lei ci dice: “Fate tutto ciò che Lui vi dice”. Noi siamo chiamati a testimoniare la sua maternità, non in un modo sentimentale ma esprimendo la realtà della sua maternità nella nostra vita. Ricordo qualcosa che Megan Mc Kenna ha detto riguardo a Maria in quanto madre. Lei ha detto: “Riuscite a immaginare che cosa Maria deve aver pensato mentre era nella carovana che la portava a casa da Gerusalemme quando Gesù aveva dodici anni? Lei poteva essersi detta ‘io sono la madre del Redentore, il Messia di tutti i tempi e l’ho perso!’ “. Il punto è che lei è andata a cercarlo e lo ha trovato. Quando noi siamo perduti, lei viene a cercarci. Lei è miracolo, lei partecipa con Dio per incarnare Dio. Non una volta soltanto. Lei porta continuamente Cristo nel nostro mondo attraverso il tempo e lo spazio. Noi testimoniamo da missione di Maria: portare continuamente Cristo nel nostro mondo. Ho letto e riletto la storia della visitazione perché, in superficie, è una storia sull’ospitalità – una virtù che noi marianisti coltiviamo e che testimoniamo. Inoltre per me questa storia mostra Maria come modello, madre e miracolo. Elisabetta e Maria: ciascuna bisognosa, ciascuna desiderosa di aiutare l’altra, ciascuna ansiosa, ciascuna gioiosa, ciascuna consapevole della fedeltà di Dio nei confronti dell’altra; ciascuna consapevole del miracolo incredibile attuato nella vita dell’altra. E quando si salutano, Maria non sa trattenersi. Lei è sopraffatta dalla gioia e piena di speranza, e irrompe in un canto. Lei canta le lodi di Dio e ringrazia Dio per la bontà che ha mostrato a lei e a sua cugina. Non dimentica i poveri e gli umili; la sua gioia e la sua speranza si basano su una visione di relazioni vere. La storia, per me, porta lo spirito di Maria, uno spirito che ciascuna delle nostre comunità è chiamata a testimoniare. Maria ci insegna le relazioni vere: tra Dio e noi, tra di noi all’interno delle nostre comunità, all’interno della nostra famiglia marianista e all’interno delle culture più vaste in cui viviamo. Come comunità marianiste noi testimoniamo la vera relazione delle tre persone della Trinità – il Dr Scott Appleby la scorsa estate ha parlato ai fratelli degli USA nella loro assemblea del dono della Trinità e della interdipendenza reciproca – noi testimoniamo ciò. Il segno del loro rapporto è l’amore, non la forza; non è occasionale, è alla base del rapporto.(15) Noi possiamo imparare dalla storia della visitazione, come lo stare in comunità sia un costante dare e ricevere, cercare e condividere, “arrivare così come siamo” e essere trascinati a una maggiore profondità diventando ciò che siamo chiamati ad essere. Come Elisabetta e Maria – donne di due generazioni – noi testimoniamo la speranza, noi testimoniamo la compassione, noi testimoniamo la profonda ospitalità che si verificò nel paese collinare della Giudea. La seconda componente speciale della nostra comunità sono le strutture marianiste. Chaminade spiegava la ragione degli uffici definendoli “un modo amministrativo per approfondire la vita di Cristo della comunità e per assicurare il progresso della comunità verso una perfezione comunitaria e una ancor di più perfetta testimonianza della presenza del Cristo risorto tra le persone”.(16) Noi dobbiamo essere sempre memori dei ruoli di Cristo di sacerdote, profeta e re. Ho iniziato a pensare ai tre offici come parti del corpo: il capo e la mente per l’istruzione così noi possiamo imparare, giudicare e riflettere – in cerca della verità di noi e delle nostre culture; le mani per le cose del mondo così che si faccia ciò che va fatto – nella comunità e nel mondo; il cuore per lo zelo così da avere la passione di oltrepassare gli ostacoli posti alla nostra missione e così da sostenerci nella missione. La ragione di queste associazioni credo sia ovvia. Poi io aggiungo le labbra e lo stomaco. Perché come ho detto noi dobbiamo dire la verità così come la vediamo – ed è nel nostro stomaco che noi prima distinguiamo ciò che è giusto e sbagliato. E’ là che spesso sappiamo se abbiamo il coraggio – l’audacia apostolica di testimoniare poiché siamo stati chiamati a testimoniare. I Marianisti sanno come usare tutto il corpo in atti di servizio al Corpo di Cristo. Durante l’Eucarestia, quando la Parola sta per essere proclamata, noi facciamo una piccola croce sul capo, sulle labbra e sul cuore come simbolo della nostra decisione di pensare attentamente a ciò che viene letto, di proclamare la verità della Parola e di amare la Parola e tutti quelli a cui essa è data. Ora, io faccio anche una croce sulle mani e sullo stomaco per rappresentare la mia chiamata a fare queste cose come le fa un Marianista. Sto arrivando alle osservazioni conclusive. Lasciatemi citare Padre Tim un‘ultima volta. Lui dice: “Padre Chaminade ha preso le realtà della vita cristiana e gli ha dato una forma in cui può operare la dinamica della grazia. Questa dinamica opera su un livello molto concreto e personale. Attira gli altri in essa, trasformandoli …… in modi che potrebbero sembrare sociologici se uno non vedesse l’azione della grazia. Essa costruisce anche la comunità portandola alla crescita nella santità con manifestazioni di crescita molto umane e concrete. Questa dinamica richiede una crescita profonda sia individuale che comunitaria – come direbbe Padre Chaminade la grazia è la continua ispirazione e incoraggiamento che avviene nella comunità cristiana. Ciò contribuisce alla crescita e all’opera trasformatrice dello Spirito”. Quindi il nostro grande dono della comunità – unico a causa della struttura marianista per il metodo marianista e per il nostro spirito di Maria – continuerà ad essere dono per la Chiesa e per il mondo solo se faremo posto alla grazia. La sua bontà, attrattiva e contagiosità dipendono molto da noi ma, principalmente, dalla nostra apertura allo Spirito. (17) Ho letto da qualche parte di come noi, in quanto essere umani, abbiamo bisogno di altre persone che conoscano la canzone della nostra vita, così nel caso in cui, per qualsiasi ragione, noi dimentichiamo la nostra canzone, essi possono cantarcela. Ho visto accadere questo avvenimento nelle comunità. Conoscere la bontà dell’altro, aiutarsi a restare uniti nei periodi difficili. In questa assemblea invito tutti a cantare, se volete, il nostro canto marianista, il canto della nostra vita, il Magnificat. La melodia e la maggior parte delle parole sono state scritte migliaia di anni fa. I nostri antenati aggiunsero un significato ai versi per aiutarci a portare nel nostro mondo la speranza e il senso di giustizia di Maria. Mentre parlate tra voi, mentre celebrate la nostra vita marianista nella preghiera e nella liturgia, mentre elaborate il documento forse voi canterete simbolicamente la nostra canzone marianista, la canzone che tutti portiamo nel nostro cuore. Infine, se facciamo bene il nostro lavoro qui, avremo fatto grandi cose per noi stessi e per le nostre comunità che sono a casa, ma ancora più importante, per tutta la creazione di Dio. Poiché noi, come comunità marianista, siamo solo una parte di qualcosa di più grande; ci raduniamo in circoli di influenza a livello locale, regionale, continentale e mondiale. Ma noi siamo solo manifestazione dello Spirito Santo nella Chiesa. Abbiamo ricevuto un dono di cui dobbiamo dare testimonianza. L’Enciclica “Evangeli nuntiandi” definisce come “carisma” quell’esperienza dello Spirito trasmessa dai fondatori ai loro discepoli per essere vissuta, salvaguardata, approfondita e sviluppata costantemente da essi, in armonia col continuo processo di crescita del Corpo di Cristo.(18) Vivete, salvaguardate, approfondite e sviluppate. Riconosceremo l’invito dei nostri fondatori ad essere le luci della testimonianza. Accetteremo il ruolo di responsabili per mantenere vivi i doni dei nostri antenati nel nostro mondo, nella nostra famiglia marianista locale e nella più grande famiglia marianista? La mia preghiera per questa assemblea è che noi possiamo testimoniare con integrità come viviamo, salvaguardiamo, approfondiamo e sviluppiamo il nostro speciale dono della comunità, che noi diventiamo testimoni, che noi diventiamo uno spettacolo contagioso per la nostra Chiesa e per il mondo.
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Storia delle CLM |
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CI
DEDICHIAMO A ONORARE MARIA E A FARLA ONORARE |
Carta de Filadelfia |
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ESSERE IN COMUNITA’
Premessa
La dichiarazione di identità ratificata nella prima convocazione internazionale delle CLM (Santiago, Cile 1993) riguarda la vita comunitaria delle CLM. In questo documento “Essere in comunità” sviluppiamo questa fondamentale caratteristica della nostra identità e spiritualità. Inoltre è nel rispetto dell’accordo approvato nella nostra seconda convocazione internazionale tenuta a Lliria, in Spagna che le convocazioni internazionali riflettano sulle caratteristiche del carisma marianista. Essere in comunità è un aspetto essenziale del carisma marianista e pertanto definisce la nostra spiritualità. In questo documento cerchiamo di chiarire, orientare e motivare le CLM presenti e future mentre affrontano le sfide inerenti la vita comunitaria. Le CLM hanno la loro origine nelle comunità fondate in Francia da Guglielmo Giuseppe Chaminade che , insieme con Adele de Batz de Tranquelléon e Maria Teresa de Lamourous, ha posto le basi per l’attuale Famiglia Marianista, per ispirazione di Dio e in alleanza con Maria, nostra Madre. La vocazione marianista è iniziata in gruppi. La comunità era una delle caratteristiche introdotte dai Fondatori nella congregazione di Bordeaux e il metodo che usavano per evangelizzare era la “moltiplicazione” delle comunità. Oggi, le CLM, riconosciute dalla Chiesa Cattolica come Associazione privata di fedeli con diritti internazionali, si possono trovare nel mondo e riflettono la diversità multiculturale della Chiesa di oggi. In un tempo caratterizzato dalla globalizzazione, dalla competitività e dalla febbre del successo, abbiamo bisogno di una comunità, un luogo concreto, visibile, che risponda al bisogno di uomini e donne comuni di appartenere, di trasformare il mondo e di riflettere in profondità sulla dimensione comunionale della nostra fede. Siamo anche membri di una Chiesa in cui i laici stanno assumendo maggiore responsabilità nella missione della Chiesa di portare la Parola di Dio a tutti. Riconosciamo che la Chiesa è impegnata nei problemi del nostro tempo e immersa nelle realtà del mondo odierno, ma nello stesso tempo siamo preoccupati del fatto che all’interno della stessa Chiesa ci siano problemi di divergenza e di intolleranza. Di fronte a queste sfide, le CLM sono chiamate a dare una risposta, nella consapevolezza che il messaggio di Padre Chaminade è oggi efficace. Questo documento sulla comunità si svilupperà in cinque parti. Non cercheremo solamente di dare una definizione di questa caratteristica della nostra identità ma anche di chiarire come essa è vissuta.
1. Siamo una comunità di fede. 1.1 Crediamo che la salvezza, la libertà e la giustizia si trovano nella comunità e attraverso di essa. La comunità Trinitaria – creatrice, salvatrice e santificatrice - è un modello per le comunità che sono generatrici, unite e diverse. In Gesù Cristo riconosciamo gli altri come nostri fratelli e sorelle, uniti a Maria nel cammino del popolo di Dio. 1.2 La nostra vita nella comunità dà significato alla nostra consacrazione a Maria e al nostro mettere in pratica gli insegnamenti dei fondatori. Siamo comunità che vivono in profondità la loro alleanza con Maria secondo la visione dei fondatori. Siamo comunità che sviluppano lo spirito di Maria e i valori che lei ha insegnato. 1.3 Poniamo la fede al centro della nostra vita. Siamo consapevoli che la fede ha una dimensione sia personale che comunitaria e cerchiamo di condividerla con gli altri.
1.4 Siamo radicati nel Vangelo e attenti alla Parola. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro come annunciatori della Buona Novella. Dobbiamo discernere la nostra fede, nutrirla, celebrarla e viverla in comunità. 1.5 Noi viviamo la comunità come dono e impegno. La comunità è chiamata dallo Spirito e non è solo opera nostra. La comprendiamo come chiamata dello Spirito, come vocazione e come scelta di vita. 1.6 Le relazioni interpersonali nelle nostre comunità possono essere comprese e sviluppate solo attraverso una comprensione della comunità stessa quale sacramento della presenza di Dio e manifestazione della fede e dell’amore tra i membri. Il fondarci sulla fede ci permette di continuare a dialogare, di superare i conflitti e di scoprire il perdono, la riconciliazione, il servizio e l’amore, necessari per vivere il nostro impegno comunitario nella sua dimensione autentica. 1.7 Essere in comunità è fonte di gioia poiché sperimentiamo la presenza di Dio e i segni del suo amore infinito. 1.8 Siamo parte della Chiesa. Viviamo la dimensione ecclesiale a livello locale e nazionale. A lei offriamo le nostre esperienze di vita comunitaria ed essa ci manda in missione.
2. Siamo una comunità di vita
2.1 Siamo comunità di uomini e di donne laici di diversi paesi che vivono in un contesto multiculturale. Siamo diversi per età, personalità, stato economico, lavoro, interessi. Siamo impegnati in tutti gli aspetti della nostra vita a livello personale, sociale, politico ed economico. 2.2 La comunità è costituita dall’impegno liberamente scelto dei suoi membri a vivere in comunità e a parteciparvi attivamente. 2.3 L’espressione più concreta della vita comunitaria è costituita da frequenti riunioni, incontri e celebrazioni. I membri si riuniscono regolarmente e frequentemente a discrezione della comunità. 2.4 Insieme preghiamo rafforzando i nostri legami comuni. In occasione di alcuni incontri rinnoviamo i nostri impegni nella celebrazione dell’Eucaristia. 2.5 Vivere in comunità è parte integrante e continua della nostra vita quotidiana. Le nostre comunità sono caratterizzate da una comune spiritualità e dalla collaborazione tra i membri nel prendere le decisioni. In questo modo le nostre comunità differiscono dai gruppi che portano avanti una causa particolare o che forniscono un ambiente terapeutico. 2.6 Ogni comunità discerne la propria organizzazione e il modo di sviluppare i valori caratteristici marianisti all’interno del proprio contesto culturale. 2.6.1 Le nostre comunità sono accoglienti. Rispettiamo le persone e siamo aperti alle diversità. Invitiamo e accogliamo nuovi membri e simpatizzanti con gioia e semplicità. 2.6.2 Le nostre comunità sono luoghi adatti al discernimento personale e comunitario della nostra appartenenza al gruppo, del nostro stile di vita e del nostro ministero, alla luce del messaggio evangelico e del carisma marianista. Valorizziamo lo sviluppo delle persone e incoraggiamo la formazione permanente e la crescita dei doni personali dati da Dio. I singoli membri e la comunità nel suo insieme, ciascuno nel proprio ambito, con scelte per la crescita futura, cercano di progredire in pienezza, maturità e liberazione. 2.6.3 Le nostre comunità inviano e sostengono i membri nel loro costante impegno nel servizio e nella costruzione del regno di Dio. Esse sono fonte di motivazione e rinnovamento. Le nostre comunità sono luoghi di appartenenza, di amicizia e di riconciliazione che completano e intensificano la vita quotidiana nelle famiglie dei membri, che sono la loro prima comunità. 2.6.4 Nelle nostre comunità sviluppiamo una coscienza critica e impariamo importanti competenze: metodi per far sorgere nuove comunità e animare la loro fede; un’analisi sociale e una riflessione teologica, - discernere i “segni dei tempi”- e i modi di servire nei diversi ministeri e di agire per la giustizia e la pace nel villaggio globale. 2.6.5 Le nostre comunità ci aiutano in tutte le dimensioni della nostra vita laica e sono il nostro modo di amare Dio. La nostra vita quotidiana con tutte le sue sfide e ambiguità è la nostra testimonianza di fede e il nostro modo di seguire Gesù nella spiritualità marianista. 2.6.6 Le nostre comunità sono segno di speranza e testimonianza di fedeltà, di uguaglianza e di solidarietà nel mondo d’oggi. Ci rivestiamo del coraggio di Maria, la quale nel Magnificat risponde in modo radicale alle esigenze del mondo e trasforma anche noi in segni di speranza e testimoni di fedeltà, uguaglianza e solidarietà.
3. Siamo una comunità che costruisce comunità. 3.1 Invitare e aiutare le persone a vivere la propria fede in comunità è il nostro mezzo preferito di evangelizzazione e di efficace trasformazione sociale. 3.2 Ogni nuova comunità sviluppa una propria vita di preghiera, di celebrazione, di mutuo sostegno, di testimonianza e di azione sociale. Nella sua crescita come comunità è guidata dalla più grande comunità marianista e normalmente da un animatore laico o religioso. 3.3 Ogni comunità, nel creare una cultura marianista comune, celebra la bellezza della propria diversità attraverso le sue tradizioni e i suoi simboli caratteristici. 3.4 Ogni comunità si organizza in base alle sue dimensioni e alle sue attività. Ciascuna ha una guida autonoma, scelta o eletta dai suoi membri. Chi guida si occupa principalmente della crescita nella fede, della formazione, dell’ospitalità e dell’azione sociale. 3.5 Le comunità sostengono le loro necessità economiche e determinano il modo di dividersi le spese comunitarie. E’ opportuno che ogni comunità contribuisca alle spese generali, a tutti i livelli, della organizzazione delle Comunità Laiche Marianiste. 3.6 Per sopravvivere e crescere come comunità, ogni gruppo deve rinnovarsi costantemente ed essere aperto alle nuove sfide. Questo richiede formazione, preghiera, risorse e la ricerca di una guida . 3.7 Consideriamo la formazione come un mezzo essenziale per comprendere la dimensione comunitaria del carisma marianista. Essa educa per lo sviluppo delle comunità. Attraverso la formazione i membri sono meno preoccupati del proprio sostegno personale e più orientati alla missione e ai bisogni degli altri. 3.8 Ogni gruppo è di per sé una missione permanente e ogni membro è missionario specialmente quando lavora attivamente a creare e ad estendere la comunità.
4. Siamo una comunità “in missione permanente”. 4.1 A Pentecoste, Maria, al centro della prima comunità ecclesiale, ha aiutato a sostenere la fede, la preghiera e l’attesa dello Spirito. Maria è il modello di spiritualità apostolica per coloro che hanno una missione evangelica. 4.2 Le nostre comunità non sono fine a se stesse e pertanto esprimiamo il nostro spirito missionario non solo nella comunità, ma anche nelle nostre relazioni con il mondo. 4.2.1. Le nostre esperienze in comunità ci preparano per la missione. 4.2.1.1. La preghiera ci apre all’azione di Dio e aumenta la nostra sensibilità ai bisogni degli altri. 4.2.1.2. La formazione ci aiuta ad approfondire la comprensione dell’amore di Dio per tutti gli esseri umani e il bisogno di liberazione. 4.2.1.3. La vita comunitaria costruisce, rinforza e ravviva le nostre relazioni con gli altri. 4.2.2. Sosteniamo il coinvolgimento dei nostri membri in una varietà di ministeri nel mondo. 4.2.2.1. Come missionari di Maria siamo costruttori di comunità nei diversi campi di azione in cui siamo impegnati. 4.2.2.2. Incoraggiamo caldamente i membri a vivere pienamente il Vangelo nella vita pubblica. 4.2.2.3. Incoraggiamo azioni missionarie stabili dei nostri membri, di altre comunità, della Chiesa e del mondo. 4.2.2.4. Siamo aperti a nuove iniziative apostoliche e le sosteniamo. 4.3 Cantando il Magnificat con Maria, le nostre comunità cercano di essere aperte allo Spirito, di opporsi all’ingiustizia e di proclamare un messaggio di liberazione e di speranza. 4.3.1 Siamo solidali con i poveri e gli emarginati e lavoriamo per la giustizia e la pace. Promuoviamo i diritti umani e lo sviluppo umano, comprese le relazioni personali e i valori ecologici. 4.3.2 Poniamo speciale attenzione ad avviare le C.L.M. in cui siano accolti i giovani. 4.3.3 Il nostro spirito di famiglia e la collaborazione fra tutti i membri della Famiglia Marianista sono il nostro contributo specifico al rinnovamento della Chiesa.
5. Siamo una comunità universale.
5.1. Le C.L.M. fanno parte di una comunità più grande, la Famiglia Marianista che comprende quattro rami: l’Alleanza mariana, le Figlie di Maria Immacolata, le Comunità Laiche Marianiste e la Società di Maria. 5.2. Le CLM sono organizzate a diversi livelli: locale, regionale nazionale e internazionale. Tutti i membri sono invitati a partecipare a tutti i livelli. 5.3. Le comunità isolate sono incomplete. Attraverso le organizzazioni nazionali ogni Comunità Laica Marianista è unita ad altre del suo paese e della sua regione e attraverso l’Organizzazione Internazionale delle Comunità Laiche Marianiste alle CLM di tutto il mondo. Tutte le comunità sono dunque arricchite da una visione mondiale allargata che va oltre gli interessi locali. 5.4. Ogni comunità marianista è a sua volta locale e universale. Ogni comunità agisce localmente, ma partecipa allo sforzo dell’ intera Famiglia Marianista multiculturale di portare Cristo al mondo, come ha fatto Maria. 5.5 Le CLM partecipano alla creazione dei consigli della Famiglia Marianista a livello locale, regionale, nazionale e internazionale e vi partecipano come membri a pieno titolo. Le nostre relazioni con gli altri rami della Famiglia Marianista sono basate sulla solidarietà, l’uguaglianza e il rispetto dell’autonomia e della diversità e sulla condivisione delle responsabilità. In questo modo siamo testimoni della visione profetica della Chiesa dei nostri fondatori.
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Statuto CLM italiane |
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Statuto delle Comunità Laiche Marianiste italianeE' lo Spirito Santo che costituisce il popolo di Dio. E' lo Spirito che effonde in ogni credente una molteplicità di doni in vista dell'utilità comune. E' lui che suscita nella Chiesa associazioni, movimenti, gruppi alla cui base c'è la riscoperta della consacrazione battesimale. Le Comunità Laiche Marianiste si collocano in questo alveo.1°- Le CLM sono comunità cristiane al servizio della missione della Chiesa nel mondo. I membri di tali comunità fanno parte della Famiglia Marianista e si ispirano al carisma dei loro fondatori: p.Guglielmo Chaminade e Madre Adele de Trenquelleon. Presenti nel mondo e uniti a Gesù per mezzo della loro alleanza con Maria, lavorano con la forza dello Spirito alla costruzione del Regno di Dio. 2°-Le CLM perseguono le seguenti finalità: a) Riscoprire la grazia battesimale divenendo uomini e donne forti nella fede, mossi dalla carità che li rende perseveranti nella speranza b) accogliere Maria come madre, modello e educatrice c) vivere la fede in comunità sull'esempio dei primi cristiani d) essere attenti ai segni dei tempi, solidali con l'uomo, soprattutto il più debole, divenendo missionari del Vangelo. e) consacrarsi a Maria per stabilire con lei un' Alleanza particolare e pubblica in vista della missione di rendere presente Cristo nel mondo. 3°-Le CLM promuovono la formazione religiosa dei propri membri per una maggiore partecipazione alla missione evangelizzatrice della Chiesa e per una presenza incisiva nei campi della cultura e dell'impegno sociale. 4°-All'interno della Famiglia Marianista (FM) condividono un carisma comune che vivono secondo la propria identità laicale. Ogni branca della FM si arricchisce della collaborazione reciproca, per un miglior servizio alla missione ecclesiale affidatale. 5°-Le CLM, a tutti i livelli di organizzazione e da parte di ciascuno dei propri membri, offrono di cuore la propria collaborazione alla missione, alle attività ed alle scelte pastorali della loro comunità parrocchiale ed ecclesiale.
Appartenenza
6°-Sono membri effettivi delle CLM i singoli fedeli laici che, dopo il previsto cammino di preparazione si consacrano a Maria e si impegnano a fare dell'appartenenza alle CLM un' opzione di vita. 7°-Le CLM prevedono un settore ragazzi con obiettivi e attività proprie. 8°-Fedeli alla tradizione dei fondatori, le CLM celebrano come festa patronalel’Immacolata Concezione. Organizzazione9°-Le CLM si organizzano in piccole comunità che si riuniscono a diversi livelli: locale, regionale, nazionale. Ciascuna comunità, al proprio livello, gode della necessaria autonomia e dispone di un animatore spirituale marianista, laico o religioso.10°-Ogni comunità elegge i propri coordinatori che durano in carica tre anni.
A livello locale 11°-Privilegiamo, nella conduzione delle CLM, il modello della responsabilità collegiale. L'équipe di servizio locale è composta da un numero di membri non inferiore a tre ed è eletta dai membri della fraternità. A questa si aggiunge l'animatore spirituale. 12°-Il coordinatore locale viene eletto in seno ai membri della fraternità 13°-Il coordinatore: convoca e presiede l'équipe di servizio opera per la comunione all'interno del gruppo. coordina l’attività del gruppo 14° L'équipe animatrice, in stretta collaborazione: promuove l'attuazione degli indirizzi e delle decisioni comunicati dagli organismi nazionali e regionali. Fa la verifica del cammino svolto durante l'anno. Ammette alla Consacrazione a Maria i membri che hanno fatto il cammino preparatorio e ne fanno richiesta. Promuove il cammino di preparazione per i nuovi membri 15°-L'animatore spirituale: discerne e guida il cammino del gruppo secondo la spiritualità marianista favorisce l'esercizio dei carismi alimenta i legami con la chiesa locale.
A livello regionale17°-Le CLM nazionali sono suddivise in tre regioni: Nord, Centro, Sud. 18°-Il coordinatore regionale: - convoca e presiede il Consiglio Regionale - coordina le attività in ottemperanza alle direttive della Consiglio Nazionale 19°-Spetta al Consiglio Regionale: -verificare i cammini locali in rapporto alle direttive nazionali e regionali -favorire i collegamenti fra i gruppi -decidere come attuare i programmi nazionali a livello regionale -elaborare proposte e progetti per il Consiglio nazionale -riconoscere come formalmente costituiti i singoli gruppi -aggiornare l’elenco dei membri delle CLM
A livello Nazionale 20°-Il Consiglio Nazionale è composto dai tre coordinatori regionali e dai due animatori spirituali.21°-Gli animatori spirituali nazionali sono scelti dalle AP uno per le religiose, uno per i religiosi. 22°-Il Consiglio Nazionale ha sede in Roma. 23°-Il Consiglio Nazionale nomina un Coordinatore laico in seno ai propri membri. 24°-Il Coordinatore nazionale : svolge le funzioni di Presidente delle CLM italiane. convoca e presiede il Consiglio Nazionale coordina le attività organizzative delle CLM regionali rappresenta le CLM presso la CEI 25°-Spetta al Consiglio Nazionale: Decidere gli indirizzi generali, le iniziative e i programmi nazionali che poi saranno attuati dagli organismi competenti a diversi livelli. Modificare lo statuto delle CLM nazionali; a ciò viene richiesta la maggioranza dei due terzi. Nominare il rappresentante delle CLM in seno alla FM d'Italia. Indire, organizzare il Convegno Nazionale annuale delle CLM. Tenere i collegamenti con le CLM internazionali. Nominare i delegati al Convegno Mondiale delle CLM.
Finanziamento26°- Le CLM traggono i mezzi per l’attuazione delle proprie finalità da: - quote d’iscrizione dei propri appartenenti- - contributi ed elargizioni di enti pubblici e privati, donazioni - corrispettivi di servizi erogati. 27°- Ogni CLM elabora un bilancio annuale in funzione delle spese previste a livello locale, regionale, nazionale. 28° Ogni gruppo si regola in base alla solidarietà, semplicità ed austerità. Si tenga presente la diversa realtà economica delle varie CLM. 29°- Il Consiglio Nazionale stabilisce le quote di partecipazione alle spese generali ed invia il contributo annuo richiesto dal Consiglio Mondiale delle CLM. |
Carta di Santiago |
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LA
NOSTRA SPIRITUALITÀ
(dalla Carta di Santiago 1993) |
Carta di Valencia |
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