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U ciòcio. Di questo fatto non ho un ricordo diretto, ma mi è stato raccontato. In fondo al Corso, nel palazzo "da pièdi dée scalette der cinema", dove fino a pochi anni fa c'era appunto il cinema, prima c'era l'E.N.A.L. e prima ancora il Dopolavoro. Vi si davano ogni tanto delle feste da ballo, anche all'aperto, organizzate da Enti o Associazioni e aperte solo ai soci. Socio, in dialetto, si dice "ciòcio". In quell'occasione quindi si sparse la voce: -Gió 'r Dopolavoro se valla, ma ce pòle gi' solo chi è ciòcio-. Ora i Filottranesi si conoscevano tutti per soprannome e non per nome e ce n'era uno che si chiamava appunto "Ciòcio" e che, per dabbenaggine o per scherzare, decise di provarci. La sera della festa dunque si presentò all'entrata, ma fu fermato dall'addetto al controllo: -Te non póli bbóccà-. -Perché?-. -Perché non sai ciòcio-. -Sci che sò Ciòcio, famme bbóccà-. -Noooneee, non sai ciòciooo-. E andarono avanti per un po'. Alla fine Ciòcio ebbe un'ispirazione e disse: -Chi sò io?-. -Si Ciòcio- ,rispose l'altro. -E allora famme bbóccà-. Il povero custode restò senza parole e Ciòcio andò a ballare.
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