Riportiamo il testo pubblicato da Tommaso Casini
nel 1885 con i tipi della Sansoni di Firenze, tratto dal Codice Chiggiano L. VIII. 305, che contiene la Vita nova dal foglio 7 al foglio 27,
indicato col nome di
Codice A
dal Casini stesso
nella sua tabella dei codici. Questo manoscritto è il codice segnato
A, che appartiene alla seconda metà del secolo XIV, di
provenienza toscana e già appartenuto a un figlio di Coluccio Salutati; è
stato certamente ordinato e forse anche scritto da una persona colta di
lettere e di poesia; e la V.N. si trova in mezzo a una ricca
antologia di rime antiche, la quale, pur accogliendo saggi di poeti
meridionali, incomincia dal Guinizelli e finisce col Petrarca. Questa
raccolta di poesie, che è il più ampio monumento dello stil
nuovo, fu pubblicata da E. Monaci e E. Molteni in Bologna, Fava e
Garagnani 1877.
Elenco dei manoscritti della Vita Nova secondo
Tommaso Casini |
A - chigiano L. VIII.
305 B - magliabechiano VI. 143 C - Codice della famiglia
Martelli (Firenze) |
secolo XIV |
D - laurenziano XC sup.,
136 E - riccardiano 1050 |
fine
XIV inizio XV |
F - laurenziano XL,
31 G - laurenziano XL, 42 H - magliabechiano VII. 187 I -
magliabechiano VII. 1103 J - laurenziano, fondo Ashburnham
679 K - laurenziano, fondo Ashburnham843 L - magliabechiano,
SS. Annunziata 1267 M - marciano cl. X, 26 N - vaticano,
capponiano 262 O - corsiniano, 1085 P - chigiano L. V.
176 Q - trivulziano 1058 R - trivulziano 1050 S - veronese,
capitolare 445 T - palatino 204 U - palatino 119 V -
ambrosiano R. 95 sup. 13 W - bidleiano, canoniciano 114 X -
braidense, AG. XI. 5 Y - napoletano XIII. C. 9 Z - Codice
della famiglia Nobili (Pesaro) a - codice del Witte, ora di
Strassburg c - laurenziano XC. sup., 137 d - marciano cl. IX,
191 e - codice della famiglia Cavalieri (Milano) |
secolo
XV
inizio secolo
XVI |
Per
quanto riguarda la divisione in capitoli e la numerazione degli stessi,
bisogna notare che il Casini differisce in qualche punto dalla numerazione
del Barbi, accettata ormai da quasi tutti i commentatori della V.N.
- Il Codice Chiggiano L. VIII.
305 viene indicato col nome di
codice K dal Monaci (in Il canzoniere Chigiano L. VIII. 305, a
cura di E. Molteni ed E. Monaci, 1877, Bologna, coi tipi di Fava e
Garagnani).
Sui criteri seguiti per la trascrizione del testo del codice
A, scrive il Casini: (pag. 211):
"Ho già avvertito che
fondamento alla presente edizione fu il testo del cod. A, seguito
scrupolosamente: non sí per altro che dove era manifesto errore del
copista non si ricorresse ad altri testi e specialmente alla lezione de'
codd. BC. Per altro alcune particolarità del cod. A non furono riprodotte,
e ne darò notizie in queste note, perché gli studiosi a' quali potesse
importare abbiano maniera di ricostruirsi, per dir cosí, la sembianza del
codice. E prima dirò che a' passi latini, che troviamo sparsi nella
V.N., s'accompagna in A ne' margini una versione, quasi sempre
letterale, che non può esser di Dante, sarà ma forse del copista,
dimostratosi a più indizî persona cólta di lettere. Raccoglierò qui
coteste versioni, rimandando ai testi latini della
V.N.:
I |
Ecco idio più forte di me che mmi uiene a
signoreggiare |
I |
Apparue già la beatitudine
vostra |
I |
Guai a me misero imperò c' aspramente
sarò impedito da quinci innançi |
III |
Io singnore tuo |
VII |
O uoi tutti che passate per la uia
attendete e uedete s' egli è dolore similiante al mio |
XII |
Figluolo mio egl' è tempo d' abandonare
gl'idoli nostri |
XII |
I' sono né più né meno come 'l meçço del
cerchio che ssimilgliantemente le parti si congiunghono insieme e tu
non se' cosí |
XIII |
I nomi sono quelli che seguitano le
cose |
XXIV |
Io sono boce che grido nel diserto,
apparecchiate la uia di dio |
XXV |
O tu Eole |
XXV |
O reina che pensi, la tua fatica è di
piangere che cose di comandamenti mi conuiene a piglare |
XXV |
Tu Roma dèi molto usare le cittadine
armi |
XXV |
O sciençia dimmi l'uomo |
XXV |
Io ueggio le battalglie che ssi
apparecchiano contra me |
XXVIII |
De come siede sola la cittade piena di
popolo donna di genti facta quasi
uedoua |
Ancora: il codice ha certe particolarità ortografiche
comuni ad ogni scrittura del sec. XIV, inutili a riprodurre in una stampa
che non abbia intendimento speciale filologico: tanto più che coteste
particolarità non sono molte né molto osservabili. Per es. il cod. A,
mentre ne' più dei casi tiene distinta la preposizione dall'articolo
determinato, qualche volta usa la prep. articolata (es. della,
nelli o innelli ecc.), che io risolsi sempre ne' suoi
due elementi. Spesso congiungendosi due parole, avviene un raddoppiamento
nella consonante iniziale della seconda, come che-ssi,
si-mmi, che-ssiano, a-llui ecc.; o
un'assimilazione: illoro (in loro). Non di rado le forme
dei verbi composti con ad-, in-, ecc. non presentano il
raddoppiamento: es. aterzate, aparue, inamora;
l'esito del gruppo dj seguito da voc. è per lo più rappresentato
da c: es. meço; e quello di nj tra voc. da
ngn- es. auengna, insengna, sengnor-
ecc.; per i gruppi -ct, pl- qualche volta non si procede
all'assimilazione o alla digradazione e perciò si ha decta,
exemplo ecc. Tutte queste forme che non rappresentano caratteri
proprî della lingua di Dante ridussi alle comuni, e fuor che in questa
riduzione mi attenni sempre al codice.
Cenni su La vita Nova - notizie bibliografiche
Della Vita
Nuova, come del resto di tutte le altre opere dell'Alighieri, a noi
non è rimasto alcun esemplare di mano dell'autore: essa invece ci è stata
conservata da non pochi manoscritti, i più antichi dei quali risalgono
alla seconda metà del Trecento. A giudicare dal numero delle copie
manoscritte prima dell'avvento della stampa, il libretto di Dante non deve
aver avuto nei secoli XIV e XV una grande diffusione: pochi biografi e
commentatori del Poema lo ricordano; nessuno scrittore lo imitò; e forse
fuori dalla Toscana fu letto da pochissimi, sia perché assai presto
cominciarono a circolare copie contenenti solo le poesie, sia perché la
gloria della Commedia oscurò e fece dimenticare le altre
scritture di Dante, delle quali la Vita Nuova fu l'ultima a venir
pubblicata a stampa per la prima volta:
1490 Convivio
1529 De
Vulgari
eloquentia
1559 De
Monarchia
1576 Vita
Nuova
Il titolo della prima edizione fu: Vita Nuova di
Dante Alighieri con XV canzoni del medesimo e la vita di esso Dante
scritta da Giovanni Boccaccio. In Firenze, nella stamperia di Bartolomeo
Sermartelli MDLXXVI. Precede una lettera del Sermartelli, del 26
marzo 1576, a Bartolomeo Panciatichi, cui il libro è dedicato; nella quale
l'editore dichiara d'aver avuto la V.N. dal Carducci. Nel testo
mancano le divisioni e tutte le espressioni che accennano a cose sacre
sono omesse o cambiate.
Dopo un secolo e mezzo, durante
il quale gli scrittore del Trecento in genere non ebbero molta fortuna,
venne fuori la seconda edizione della V.N., curata da Anton Maria
Biscioni, che affermò di aver consultato sette manoscritti (B,D,E,F,G,M),
e, sebbene trascegliesse a caso le varietà di lezione e non sapesse
ricavarne tutto il possibile vantaggio, corresse molti errori e colmò le
lacune della prima stampa. Il testo, quale era stato fermato dal Biscioni,
fu riprodotto in tutte le ristampe posteriori della giovanile operetta di
Dante; fino a che comparvero due nuove edizioni che segnano l'inizio di un
lavoro più metodico intorno alla lezione della V.N., poiché i
loro autori si proposero di comunicare il testo di determinati
manoscritti, come strumento per ulteriori indagini critiche, che segnano
l'inizio di un lavoro più metodico intorno alla lezione della V.N., poiché
gli autori si proposero di comunicare il testo di determinati manoscritti
come strumento per ulteriori indagini critiche: l'edizione milanese del
1827 e la pesarese del 1829. Nel corso del Novecento numerosi sono gli
studi che hanno messo a punto non solo il problema della scrittura,
arrivando con sufficiente precisione a una lezione critica che lascia
pochi dubbi, ma anche, continuando il lavoro gia affrontato da Casini,
Witte e Barbi soprattutto, arrivando a mettere dei punti fermi sul
problema dell'interpretazione sia allegorica che biografica dell'operetta
dantesca.
Edizioni
principali fino alla fine dell'Ottocento |
1576 |
Firenze |
Nicolò Carducci |
Vita Nuova di Dante Alighieri con XV
canzoni del medesimo e la vita di esso Dante scritta da Giovanni
Boccaccio. In Firenze, nella stamperia di Bartolomeo Sermartelli
MDLXXVI |
1723 |
Firenze |
Anton Maria Biscioni |
Prose di Dante Alighieri e di Messer
Gio. Boccacci. In Firenze MDCCXXIII. Per Gio. Gaetano Tartini e
Santi Franchi - furono tenuti presenti i codici
B,D,E,F,G,M |
1827 |
Milano |
Gian Giacomo Trivulzio |
due manoscritti di sua proprietà (codd.
Q,R): Vita Nuova di Dante Alighieri ridotta a lezione migliore.
Milano dalla tipografia Pogliani MDCCCXXVII |
1829 |
Pesaro |
Orlando Machirelli Crisostomo
Ferrucci |
manoscritto della famiglia Nobili (cod.
Z): Vita Nova di Dante Alighieri secondo la lezione di un codice
inedito del secolo XV. Pesaro dalla tipografia Nobili
1829 |
1839 |
Firenze |
Pietro Fraticelli |
edizioni tenute presenti: Sermartelli
1576, Biscioni 1723, Poliani 1827, Nobili 1829, codice C della
Famiglia Martelli - I edizione, Allegrini e Mazzoni, dalla II
edizione: 1856 Barbera; VII edizione: 1899 |
1843 |
Livorno |
Alessandro Torri |
ed. Vannini |
1863 |
Firenze |
Giambattista Giuliani |
ed. Barbera |
1865 |
Venezia |
Ludovico Pizzo |
edizione condotta sui due manoscritti
marciani M-d, con una buona bibliografia - ed.
Antonelli |
1872 |
Pisa |
Pio Rajna |
La Vita Nuova di Dante
Alighieri, riscontrata su codici e stampe, preceduta da uno studio
di A. D'Ancona; Giosue Carducci aveva collaborato al commento, il
Rajna aveva allestito il testo - codici tenuti presenti: B,E,H,I,L,P
- ed. Nistri |
1876 |
Leipzig |
Carlo Witte |
La Vita Nuova di Dante
Alighieri, ricorretta coll'aiuto di testi a penna ed illustrata -
ed. Brockhaus |
1896 |
München |
Fr. Beck |
Dantes Vita nova. Kritischer
Text unter Benützung von 35 bekannten Handschriften, ed. Piloty
& Loehle |
1900 |
Firenze |
G.L. Passerini |
Le opere minori, Firenze,
Sansoni, seguendo il codice A di Casini |
1907 |
Firenze |
Michele Barbi |
La Vita Nuova di Dante
Alighieri, edizione
critica |
Gli studi critici
Sin dal secolo XIV sono fioriti gli studi sulla Vita
Nova, con alterni risultati; secondo alcuni è la naturale
introduzione alla Divina Commedia. Il primo illustratore
riconosciuto resta Anton Maria Biscioni. Importanti nell'Ottocento i
commenti di Alessandro d'Ancona, di Giosue Carducci, di Karl Witte e di
Pietro Fraticelli e di Pio Rajna
La data di composizione
Nonostante le lunghe discussioni, il tempo in cui Dante
scrisse la Vita Nova, o, meglio, in cui diede ordine organico
alla mescolanza di prose e rime scritte molto probabilmente in tempi
diversi, collegandole in un unico racconto, non è ben accertato. Già il
Boccaccio nel suo Trattatello
in laude di Dante scrisse che Dante primieramente,
duranti ancora le lagrime della morte della sua Beatrice, quasi nel suo
ventesimosesto anno compose in un volumetto, il quale egli intitolò Vita
nova, certe operette, sì come sonetti e canzoni, in diversi tempi davanti
in rima fatte da lui, maravigliosamente belle; di sopra da ciascuna
partitamente e ordinatamente scrivendo le cagioni che a quelle fare
l'avea[n] mosso, e di dietro ponendo le divisioni delle precedenti opere.
E come che egli d'avere questo libretto fatto, negli anni più maturi si
vergognasse molto, nondimeno, considerata la sua età, è egli assai bello e
piacevole, e massimamente a’ volgari; così che la composizione
cadrebbe all'incirca nell'anno 1292, opinione seguita, pur con qualche
lieve scostamento da parte di alcuni, dai maggiori critici fino ai giorni
nostri.
Un'altra opinione
colloca la composizione dell'opera alla primavera del 1300 (come il
D'Ancona), pur ammetendo che alcune parti erano indubbiamente anteriori
alla morte di Beatrice. Il Rajna e il Casini stesso fanno
risalire la composizione della Vita Nova agli anni tra il 1292 e
il 1294. Nella tabella (ultima colonna a destra), il Casini riporta l'arco
di tempo dell'esistenza di Dante lungo il quale si svolge la vicenda della
Vita Nova, per cui l'opera non può che essere stata scritta dopo
tale data, molto verosimilmente nel
1295.
Riassumendo
possiamo dire che la composizione dell'opera è situabile fra il 1292 e il
1295.
La struttura
La Vita Nova consta di tre elementi:
le rime, scritte per Beatrice e per alcune
altre donne,
le narrazioni dei fatti che furono l'occasione
esistenziale delle poesie,
le divisioni o
partizioni colle quali Dante spiega il contenuto delle rime.
Questi tre
elementi l'autore collegò così strettamente, tanto da non poter essere
separati, in quanto si completano a vicenda, sebbene le
narrazioni non siano in molti casi altro che l'esplicazione delle
rime e non aggiungano alcun nuovo particolare di fatto e le
partizioni siano formulate in maniera che la continuità del
racconto non cesserebbe ove esse
mancassero.
Come struttura
esteriore occorre notare che sia nei codici del Quattro-Cinquecento che
nelle prime edizioni a stampa non comparte la divisione in capitoli. Il
primo a introdurla fu Alessandro Torri nel 1843, distinguendo 43
paragrafi; da allora tutti gli editori hanno adottato la divisione in
paragrafi, pur con qualche lieve differenza; quella del Casini riduce i
paragrafi a 42 intendendo il primo come un proemio all'operetta, quasi una
spiegazione del titolo (non stiamo qui a ricordare un altro paio di
piccole differenze che nulla aggiungono alla comprensione della
numerazione).
Più importante
della struttura esteriore per paragrafi (o capitoli), è importante la
struttura del contenuto e dello svolgimento naturale dei fatti e dei
sentimenti. Secondo il Casini, la migliore struttura è quella fornita da
A. D'Ancona, che si basa sulle indagini critiche effettuate per
determinare la cronologia del libro e sulla natura degli avvenimenti che
Dante racconta e dei sentimenti che lo agitano nei vari momenti
vissuti.
Questa la partizione
del D'Ancona, leggermente modificata dal Casini per metterla in armonia
con le osservazioni fatte a proposito della data di composizione
dell'opera:
1a parte |
capitoli I-XVII |
Amori giovanili e prime rime sulla
bellezza fisica di Beatrice |
1274-1287 |
2a parte |
capitoli XVIII-XXVII |
Lodi della bellezza spirituale di
Beatrice |
1287-1290 |
3a parte |
capitoli XXVIII-XXXIV |
La morte di Beatrice e le rime
dolorose |
1290-1291 |
4a parte |
capitoli XXXV-XXXVIII |
L'amore e le rime per la donna
gentile |
1291-1293 |
5a parte |
capitoli XXXIX-XLII |
Ritorno all'amore e al culto di Beatrice
estinta |
1294 |
Restano ancora
da dire due parole sul proemio: quale significato dargli e per
conseguenza quale è il significato del
titolo?
1) alcuni hanno
inteso che Dante volesse parlare dei fatti della sua adolescenza, che
secondo la teoria dantesca dura fino al 25° anno, ma i fatti della
V.N. vanno oltre
l'adolescenza;
2) altri
spiegarono Vita nuova per vita giovanile, appoggiandosi al fatto
che tale era il significato di nuovo nel
Trecento;
3) infine c'è un
gruppo di critici che, muovendo dall'idea che il titolo non accenni
all'età bensì al modo della vita descritta dal poeta, intesero che vi
fosse inclusa l'idea di una rigenerazione operatasi nel suo animo per
virtù proprio dell'amore, così che Vita Nuova significherebbe che
l'amore per Beatrice fu per il poeta l'inizio di una nuova
vita.
Casini propende per la
seconda posizione, affermando che il titolo debba essere spiegato in
relazione alle parole del proemio, in cui Dante distingue nettamente due
momenti della sua vita: quello di cui non serba ricordi e quello di cui
nel libro della memoria è segnato l'inizio solenne colle parole
incipit vita nova, e questo implica necessariamente l'idea
dell'età, per cui a giusta ragione il titolo può indicare la gioventù del
suo autore.
A questa
spiegazione noi possiamo aggiungere anche la terza posizione, in quanto la
nuova età giovanile di Dante è indubbiamente caratterizzata da un nuovo
modo di concepire la vita a causa dell'amore che prova per Beatrice e
dell'effetto che la visione della donna produce nel suo intimo.
Le visioni
Perché Dante
usa spesso la forma della visione e che cosa sono? A quale stato d'animo
reale corrispondono e quale funzione hanno nell'economia
dell'opera?
Dice il Bartoli
nella sua Storia della Letteratura italiana (vol. IV, p. 173) che
le visioni «non possono essere che un mezzo poetico adoperato per
certi suoi fini dallo scrittore; un mezzo che senza dubbio nacque
spontaneo nell'Alighieri per influenza dei tempi e dell'ingegno suo
individuale, un mezzo ch'egli trovava nella tradizione letteraria
della sua età, e che quindi s'imponeva a lui, senza che egli se ne
rendesse conto, senza che potesse neppur riflettere sulla sua maggiore o
minore convenienza
artistica.»
Le
visioni sono dunque una finzione poetica formale; e pur non
essendo reali, rispondono ad uno stato d'animo o a un sentimento o a un
fatto reale: hanno dunque un fondamento nella realtà esistenziale del
poeta.
Questo lo schema
ricavato dal Casini:
Capitolo |
Visione |
Contenuto |
Interpretazione |
cap. III |
visione 1 |
visione d'Amore che pasce
Beatrice del cuore di Dante |
interpretata già
correttamente da Cino da Pistoia come significatrice
dell'innamoramento |
cap IX |
visione 2 |
apparizione d'Amore che
trae l'animo di Dante verso un novo piacere |
innamorarsi di quella
donna, ch'ei volle poi rappresentare come seconda difesa per
nascondere il vero affetto |
cap XII |
visione 3 |
Amore consiglia Dante a
scrivere una poesia per giustificarsi innanzi a Beatrice,
ricordandole che l'affetto per la donna della difesa è una
finzione |
pensiero d'abbandonare
questi vani amori per darsi tutto a quello più nobile e puro per
Beatrice. |
cap. XXIII |
visione 4 |
spaventosa visione della
morte della sua donna |
presentimento che Dante
ebbe dell'avvicinarsi di questo doloroso avvenimento |
cap. XXXVI |
visione 5 |
più che una
vera visione è l'espressione di quel che Dante pensò quando vide
Beatrice insieme alla donna del suo amico Guido
Cavalcanti |
cap. XXXIX |
visione 6 |
apparizione di Beatrice come l'aveva
vista la prima volta nella fanciullezza |
l'animo esce vittorioso dalla lotta
tra i due affetti, si rivolge all'amore purissimo che l'aveva
occupato sin dai primi anni |
cap. XLII |
visione 7 |
mirabile visione della quale nulla ci
dice in modo determinato |
concepimento ancora vago e
indeterminato di un poema che dicesse di Beatrice quello che non
fue detto d'alcuna |
Dopo il capitolo XXVI le visioni non hanno più luogo,
nell'oppressione dolorosa per la morte di Beatrice e durante l'episodio
dell'amore per la donna gentile (XXXV-XXXVIII). Le vediamo ricomparire
nell'esaltazione della lotta tra il novello amore e la memoria
dell'antico.
Le visioni i punti più
importanti del racconto della Vita Nuova:
- l'innamoramento di Dante
- la perdita del saluto di Beatrice
- il desiderio di riacquistarlo
- la gioia di averlo nuovamento ottenuto
- il doloroso presentimento della morte di Beatrice
- il ritorno al culto di Beatrice dopo i traviamenti amorosi per altre donne
- il proposito di celebrare degnamente Beatrice.
Per rappresentare questi
momenti doveva presentarsi spontanea ad un uomo del medioevo l'uso della
visione.
Il numero nove
Il frequente ricorrere del numero nove in tutte le
particolarità di tempo che si riferiscono a Beatrice, ha attirato sempre
l'attenzione degli studiosi. Il massimo riguarda proprio la determinazione
della data della morte di Beatrice (cap.
XXIX): Io dico che, secondo l' usanza d' Arabia, l' anima sua
nobilissima si partío ne la prima ora del nono giorno del mese; e secondo
l' usanza di Siria, ella si partío nel nono mese de l'anno, però che 'l
primo mese è ivi Tisirin primo, lo quale a noi è Ottobre. E secondo
l'usanza nostra, ella si partío in quello anno de la nostra indizione, ciò
è de li anni Domini, in cui lo perfetto numero era compiuto nove volte in
quello centinaio, nel quale in questo mondo ella fue posta: ed ella fue de
li cristiani del terzodecimo
centinaio.
cap. I |
primo incontro |
Beatrice era quasi dal principio del suo anno
nono |
cap. II |
secondo incontro |
la rivide dopo che fuoro passati tanti dì, che
appunto eran compiuti li nove anni dopo il primo incontro |
cap. II |
primo saluto |
l'ora era fermamente nona di quel
giorno |
cap. III |
visione di Beatrice |
nella prima ora delle nove ultime ore de la
notte |
cap. VI |
serventese |
non sofferse lo nome della sua donna stare, se non
in sul nove, tra li nomi di queste donne |
cap. XII |
riacquista il saluto di Beatrice |
gli apparve ne la nona ora del
dìe |
cap. XXIII |
visione in cui sente vicina la morte di
Beatrice |
l'ebbe nel nono giorno della sua
malattia |
cap. XXVIII |
nella data della morte di Beatrice |
il numero nove pare ch'avesse molto
luogo: |
cap XXIX |
data della morte di Beatrice |
- secondo la cronologia
arabica: prima ora del nono giorno del mese, -
secondo la cronologia siriaca: nel
nono mese de l'anno, - secondo la
cronologia cristiana: in quello anno in cui lo perfetto
numero era compiuto nove volte in quello centinaio nel quale in
questo mondo ella fue posta |
cap. XXXIX |
visione di Beatrice che appare giovane in
simile etade a quella in cui l'aveva vista per la prima
volta |
accade quasi ne l'ora
nona |
Alcuni hanno affermato che questo ricorrere del numero
nove non corrisponde ad una condizione di fatti reali, ma Dante cerca di
rendere ragione di tutti questi nove, e la spiegazione che più gli piace è
quella che essi significhino che Beatrice è un miracolo, la cui radice
è solamente la mirabile Trinitade (cap. XXIX). Dante aveva osservato
la presenza del numero nove nell'età propria e in quella di Beatrice al
momento del primo incontro; aveva notato la coincidenza dell'essersi
incontrato nuovamente con lei dopo altri nove anni e che il nome di
Beatrice occupava il nono posto nell'elenco delle donne enumerate nel
sirventese in onore delle sessanta donne più belle di Firenze (a noi non
pervenuto).
Quando comincia a
narrare le vicende del suo amore, si persuade che il ricorrere del numero
nove non può essere fortuito, ma dipende dalla natura mirabile della
donna. Per questo ne cerca la presenza anche in talune circostanze in cui
non c'è, come il nove della prima visione e quelli della data della morte
di Beatrice nel cap. XXIX, non proprio corrispondenti alla realtà, anche
se ci danno la data precisa della morte della donna, avvenuta il 17 giugno
1290.
In tutto Dante si mostra un uomo del suo tempo,
profondamente disposto dalle condizioni generali dello spirito
all'idealizzazione delle più concrete e determinate realtà
dell'essere.