IL PARINI
RINNOVATORE DELLA POESIA ITALIANA
DI FRANCESCO
DE SANCTIS
Nella grande costruzione storiografica della letteratura italiana disegnata dal De Sanctis, il Parini occupa la posizione fondamentale del rinnovatore, dopo i secoli del culto esclusivo della «bella forma» e del trionfo del «letterato puro», indifferente all'oggetto della poesia. Col Parini rinasce, infatti, in Italia la poesia come espressione di un vigoroso e sincero senso morale: di nuovo sono contenuto di essa i grandi ideali dell'uomo, concretamente e intensamente vissuti da una coscienza equilibrata e serena. L'ambito in cui si esercitano l'osservazione e la passione morale del Parini è la vecchia società aristocratica, che sta per dissolversi, e il modo della rappresentazione è l'ironia, capace di porre in rilievo la sproporzione fra le apparenze fastose di quel mondo e la sostanza misera e inerte: ma è un'ironia senza riso, triste perché si trova di fronte a uno spettacolo che suscita disgusto, essendo negazione di ogni vita interiore.
Parini era uomo più di meditazione che di azione. Non aveva il gusto de' piaceri, aveva pochi bisogni e nessuna cupidigia di onori e di ricchezze. La società non avea presa su di lui: rimase indipendente e solitario, inaccessibile alle tentazioni e a' compromessi, e, come Dante, fece parte da sé. Quel mondo nuovo, che fermentava negli spiriti fondato sulla natura e sulla ragione e in opposizione al fittizio e al convenzionale del secolo, giuntogli attraverso Plutarco e Dante più che per influssi francesi, rimase in lui inalterato, puro di quelle macchie e ombre che vi soprappongono le vanità e le passioni e gl'interessi mondani, perciò puro di esagerazioni e ostentazioni. Era in lui una interna misura, quell'equilibrio delle facoltà che è la sanità dell'anima, quella compiuta possessione di se stesso che è l'ideale del savio, quella mente rettrice che sta sopra alle passioni e alle immaginazioni e le tiene nel giusto limite. La sua forza è più morale che intellettuale, perché la sua intelligenza si alza poco più su del luogo comune, ed è notabile più per giustezza e misura che per novità e profondità di concetti. Lo alza su' contemporanei la sincerità e vivacità del suo senso morale, che gli dà un carattere quasi religioso, ed è la sua fede e la sua ispirazione. Rinasce in lui quella concordia dell'intendere e dell'atto mediante l'amore, che Dante chiamava «sapienza»: rinasce l'uomo.
E l'uomo educa l'artista. Perché Parini concepisce l'arte allo stesso modo. Non è il puro letterato, chiuso nella forma, indifferente al contenuto; anzi la sostanza dell'arte è il contenuto, e l'artista è per lui l'uomo nella sua integrità, che esprime tutto se stesso: il patriota, il credente, il filosofo, l'amante, l'amico. La poesia ripiglia il suo antico significato, ed è voce del mondo interiore; ché non è poesia dove non è coscienza, la fede in un mondo religioso, politico, morale, sociale. Perciò base del poeta è l'uomo.
La poesia riacquista la serietà di un contenuto vivente nella coscienza. E la forma si rimpolpa, si realizza, diviene essa medesima l'idea, armonia tra l'idea e l'espressione.
La base del contenuto è morale e politica: è la libertà, l'uguaglianza, la patria, la dignità, cioè la corrispondenza tra il pensiero e l'azione. È il vecchio programma di Machiavelli, divenuto europeo e tornato in Italia. La base della forma è la verità dell'espressione, la sua comunione diretta col contenuto, risecata ogni mediazione. È la forma di Dante e di Machiavelli, riverginata con esso il contenuto.
Il contenuto è lirico e satirico. È l'uomo nuovo in vecchia società.
L'uomo nuovo non è un concetto o un tipo d'immaginazione: ha tutte le condizioni della realtà, è esso medesimo il poeta. Protagonista di questo mondo lirico è Giuseppe Parini, che canta se stesso, esprime le sue impressioni, si effonde, cosí com'è, nella ingenuità della sua natura. Spariscono i temi astratti e fattizi di religione, di amore, di moralità. Tutto è contemporaneo e vivo e concreto, prodotto in mezzo al movimento de' fatti e delle impressioni. Il poeta, ritirato nella pace della natura e nella calma della mente, sta al di sopra del suo mondo, e sente le sue agitazioni, i suoi piaceri e le sue punture, ma non sì che giungano a turbare l'eguaglianza e la serenità del suo animo. Ci è in questo uomo nuovo una vena d'idillio e di filosofia, come di uomo solitario, più spettatore che attore, avvezzo a vivere tranquillo con sé, a conservare l'occhio puro e spassionato nel giudizio delle cose. Ci è nel poeta un po' del pedagogo, ammaestrando, librando con giusta misura i fatti umani. Ma il pedagono è trasfigurato nel poeta, e vi perde ogni lato pedantesco e pretensioso. II suo amore per la vita campestre non è misantropia, anzi è accompagnato con la più tenera sollecitudine per l'umanità. La sua rigidità pel decoro e l'onestà femminile è raddolcita da un vivo sentimento della bellezza. La sua dignità è scevra di orgoglio, la sua severità è amabile, la sua virtú è pudica, piena di grazia e di modestia. Ne' suoi concetti e ne' suoi sentimenti ci è sempre il limite, un'armonica temperanza, dov'è la sua perfezione intellettuale e morale di uomo e di .poeta. Quando leggi la Vita rustica, la Salubrità dell'aria, il Pericolo, la Musa, la Caduta e la sua Nice e la sua Silvia, provi una soddisfazione più che estetica, senti in te appagate tutte le tue facoltà.
La vecchia società è còlta non nelle sue generalità rettoriche, come nel Rosa, nel Manzoni e in altri satirici, ma nella forma sostanziale della sua vecchiezza, che è la pompa delle forme nella insipidezza del contenuto. Quelle forme cosí magnifiche, alle quali si dà una importanza così capitale, sono un'ironia, messe allato al contenuto. La
Batracomiomachia è l'ironia dell'Iliade, la Moscheide è l'ironia dell'Orlando: sono forme epiche applicate a un mondo plebeo. L'ironia è la forma delle vecchie società, non ancora conscie della loro dissoluzione. È il vecchio che vuol farla da giovane, con tanta più ostentazione nelle apparenze quanto più meschina è la sostanza. Questo è il concetto fondamentale del Giorno, fondato su di un'ironia che è nelle cose stesse, perciò profonda e trista. Parini non vi aggiunge di suo che il rilievo, una solennità di esposizione che fa più vivo il contrasto. E perché sente in quelle mentite forme negato se stesso, la sua semplicità, la sua serietà, il suo senso morale, non ha la forza di riderne e non gli esce dalla penna uno scherzo o un capriccio. Ride di mala grazia, e sotto ci senti il disgusto e il disprezzo. L'Italia avea riso abbastanza, e rideva ancora ne' versi di Passeroni e di Goldoni. Qui il riso è alla superficie, sotto alla quale giace repressa e contenuta l'indignazione dell'uomo offeso. La sua interna misura e pacatezza, la sua mente rettrice gli dà la forza della repressione, sì che il sentimento di rado erompe sulla superficie e l'ironia di rado piglia la forma del sarcasmo. L'ironia de' nostri padri del Risorgimento era allegra e scettica, come nel Boccaccio e nell'Ariosto, perché era rivendicazione intellettuale dirimpetto alle assurdità teologiche e feudali, rivendicazione accompagnata con la dissoluzione morale: era l'ironia della scienza a spese dell'ignoranza, e l'ignoranza fa ridere. Ma qui l'ironia è il risveglio della coscienza dirimpetto a una società destituita di ogni vita interiore: lí era l'ironia del buon senso, qui è l'ironia del senso morale. Senti che rinasce l'uomo, e con esso la vita interiore. |