2001 2004

 

 

GENIO E SREGOLATEZZA
di Giovanni Granzotto

Stefano Lenner ci appare come una mescola abbastanza sorprendente di vari elementi, o più ancora di pulsioni e slanci divergenti, talora persino opposti. Nasce e cresce con il talento per la pittura, ancor più con il fiuto e la sensibilità dell'artista “tout court”, ma anche con le passioni, gli innamoramenti e i rifiuti tipici del “genio e sregolatezza”, affidando alla vita, alle sue molteplici e imprevedibili sorprese, anche la guida del suo percorso artistico. Ecco che questo diventa tortuoso, talvolta imprevedibile, spesso interrotto improvvisamente, per poi, altrettanto repentinamente, venir ripreso con soluzioni e proposte nuove, che non ti saresti aspettato, che non avresti immaginato.
Eppure vi sono alcuni punti fermi in questo percorso, e soprattutto alcuni ingredienti sempre rintracciabili nella matassa che Lenner, pur con tutte le interferenze e gli arresti che ne hanno accompagnato il viaggio, ha continuato a dipanare in più di trent'anni di lavoro. Prima di tutto v'è, sempre rilevabile, sempre presente, una sensibilità tattile, un mestiere affinato naturalmente, senza fatica, una partecipazione immediata, sorgiva, ai materiali dell'arte, agli strumenti ed oggetti della sua fatica di artista. Fin dal primo apparire dei “legni scolpiti” e poi dei “mosaici-legni”, rimane evidente questa sua partecipazione, direi quasi di origine biologica, alla vita, al pulsare, al battito, al respiro del legno, che egli sente partecipe di un più ampio respiro, di un fremito universale. V'è un coinvolgimento assoluto fra l'artista e la materia, che non viene percepita solo come uno strumento nelle sue mani, da possedere, da plasmare, da ridurre alla forma desiderata; piuttosto, invece, come un organismo, come qualcosa di vivo, in cui Lenner sente il bisogno di immergersi, di penetrare, per riuscire, in una sorta di comunione, di simbiosi sentimentale ed emotiva, a farne emergere i ritmi segreti, le modulazioni sottili e primarie, la scansione, più o meno sonora, di una geometria secca, decisa, ma anche ricca di ammiccamenti cromatici, perfino di allusioni antropomorfe. Certo Lenner interviene pienamente sul legno, non rimane in posizione di spettatore, o di esecutore distaccato; ci mette molto del suo, della sua fantasia, della sua creatività, ma sempre seguendo, interpretando e sviluppando gli spunti offerti dalla materia. E siamo, al tempo stesso, su un piano tridimensionale e su quello della superficie, oscillando fra le frontiere rischiose e rigorose del “Costruttivismo”, e quelle più accattivanti, più dirette e godibili, di un “Neoplasticismo” che non sembra comunque molto debitore dell'informale, quanto piuttosto pare collegarsi gioiosamente con certe vestigia e testimonianze del passato.
Dirà molto bene Guido Montana che: “...l'aspetto plastico e cromatico è ricondotto alla misura di una imitazione musiva, con incastri a scacchiera e ruvide superfici lignee... Lenner fa pensare a un artista che abbia la mente indirizzata alla modernità e al rigore estetico dei contemporanei e, a un tempo, gli occhi incantati dal fascino dell'arte popolare e sociale di civiltà ormai estinte. Penso a certi motivi preincaici e a un particolare cromatismo di tipo quasi sacrale”. (1)
Ma a queste reminiscenze di timbro arcaicizzante e un po' favoloso va collegato un altro aspetto fondamentale dell'arte di Stefano Lenner: l'amore per la forma, per una forma cercata nel colore, o allusiva per tramite del segno, o elaborata e modellata in termini volumetrici attraverso il legno e il metallo. Che si tratti di pittura o scultura, la sua è comunque la forma della fantasia: tutto viene affrontato con un approccio fra l'ironico e il surreale, affidandosi ad una rappresentazione allusiva, mediata, anche simbolica, senza divagazioni di tipo narrativo, senza compiacimenti descrittivi, ma con un'unica possibile licenza, con un'unica concessione: il gioco, il momento ludico, il “divertissement”, che si frappone, come un tassello leggero ma non estraneo, alle tessere della ricerca rigorosa e profonda. E che testimonia delle mille anime, e delle mille sfaccettature che arricchiscono la personalità di questo artista poliedrico, in cui convivono senza alcuna tensione, e forse nemmeno contraddizione, un'anima “dada” ed una vocazione alla ricerca ed alla sperimentazione.
E così dopo “Tiranni, Eroi, Dei e Semidei” e la loro ironica rivisitazione del mito secondo stereotipi e riferimenti molto prossimi all'attualità. - “I particolari delle ali di Dedalo, legno e ferro, che sembrano potersi muovere e volare, sono progettate con l'esperienza di un appassionato di deltaplano. Ulisse invece è un surfista in equilibrio su una tavola ispirata alle navi omeriche...” (2) - ecco Lenner rientrare in gioco con un lavoro di approfondimento percettivo, sottile e minuzioso, sulla superficie; con una serie di carte di particolare morbidezza e sensibilità cromatica, in cui, però, gli viene in soccorso anche un segno febbrile, quasi rabdomantico, ma allo stesso tempo vigilatissimo, che sembra indirizzare tutta la tensione creativa di Lenner verso la scoperta di un campo vibrante, ritmicamente sollecitato e scandito; quasi a voler indirizzare il lavoro verso la identificazione di superfici ben strutturate e definite, eppure disponibili, aperte alle infinite sollecitazioni di un cromatismo cangiante.

(1) Guido Montana “Scultopitture di Stefano Lenner” da Carte Segrete n.30 1975
(2) Vincenzo Fontana da “Presentazione critica della mostra all'ex Mattatoio di Roma” Giugno 2002

 


 

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