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Coordinamento Romano per la Jugoslavia


SEMPRE PIÙ SOLI

Lo scorso dicembre [1997] è morto Blagoje Djordjevic, stroncato da un attacco cardiaco. Lo avevamo incontrato di recente a Belgrado, in occasione della manifestazione contro la NATO del 18 ottobre 1997 (cfr. la pagina delle iniziative ) della quale era stato promotore ed organizzatore insieme ad altri compagni jugoslavi e stranieri.

In quella circostanza avevamo avuto occasione di scambiare con Blagoje alcune opinioni sulla situazione così come sulle prospettive del movimento comunista internazionale. Blagoje rivendicava con fierezza la sua passione politica. Di fronte alle attuali divisioni tra i comunisti in tutto il mondo, Blagoje ci teneva a sottolineare la sua convinta continuità con la impostazione titina, l'internazionalismo come dimensione necessaria del suo impegno politico e le sue dirette conseguenze: lo jugoslavismo innanzitutto - cioè il sentirsi appartenente ad una comunità plurinazionale e cosmopolita - e poi l'antiimperialismo e la necessità del non-allineamento. Blagoje ci aveva parlato, l'ultima volta, della necessità di capire la natura speciale del socialismo jugoslavo, esplicitata nel pensiero di Kardelj, poco conosciuto sia all'Est che all'Ovest come teorico, ma che fu per anni il più importante costruttore della SFRJ insieme a Josip Broz. Solo leggendo le opere di Kardelj, ci aveva detto Blagoje, si può comprendere appieno la natura autogestionaria, decentrata, democratica del socialismo jugoslavo che era nelle intenzioni dei suoi costruttori: il voler porre il lavoratore al centro della costruzione del sistema politico ed economico, ogni lavoratore con i suoi diritti (al lavoro, alla sicurezza sociale) e con il suo contributo in termini di creatività, di impegno, di aspirazioni.

E tuttavia, nonostante la sua orgogliosa professione di appartenenza, Blagoje era lontano dal settarismo ideologico. Per questo alla manifestazione avevano partecipato appartenenti ai raggruppamenti comunisti di tendenza svariata, anche cominformista, e per questo era stato possibile costruire una serie di contatti che andava ben oltre i confini balcanici ed europei. Blagoje imputava le divisioni attuali - quelle trasversali oltre a quelle tra professioni ideologiche diverse - alla situazione oggettiva, strutturale, ed alla debolezza complessiva della sinistra internazionale.

Blagoje era jugoslavo. La sua lingua era il serbocrato. Nella piccola Jugoslavia attuale richiamarsi a Tito ed alla Jugoslavia plurinazionale non è facile: alla manifestazione qualche passante ci aveva urlato "Andate in Croazia!", ma altri ci vedevano con simpatia. Blagoje contestava la politica riformista ed autoritaria ("craxiana") del governo e la strategia della JUL, partito all'interno del quale pure si trovano tanti comunisti, che ha rinunziato programmaticamente alla tradizione della SFRJ e si accontenta di rimanere nella angusta dimensione serba e mini-jugoslava, contribuendo però così nel contempo alla liquidazione delle conquiste del socialismo (cfr. il documento di Blagoje Djordjevic sulle privatizzazioni (http://www.altern.org/crj/KOMU/skj_priv.html)). Allo stesso tempo Blagoje vedeva chiaramente nell'opposizione borghese, clericale e reazionaria, da "Zajedno" a Seselj, il piede di porco dell'imperialismo e la deriva fascista. Per questi motivi la vera rinascita di un movimento comunista jugoslavo deve assolutamente avvalersi di appoggi internazionali ed inserirsi in un contesto ben più ampio di quello serbo. Questo, Blagoje lo sapeva bene.

Senza Blagoje sarà per lungo tempo ancor più difficile di quanto non lo sia stato fino ad oggi costruire quella iniziativa politica, in Jugoslavia e fuori, di cui pure c'è estremo bisogno. Isolati all'interno della nuova Federazione Jugoslava (Serbia e Montenegro) ed assolutamente ignorati all'esterno, anche da quella opinione pubblica che in Occidente si proclama "di sinistra", i comunisti jugoslavi (fino a non molti anni fa vezzeggiati anche dall'italiano PCI) sono sempre più soli. Il nostro impegno come Coordinamento Romano per la Jugoslavia è del tutto insufficiente in questo senso, nè d'altronde una improbabile riscoperta, pur tardiva, da parte di giornalisti miserabili, intellettuali opportunisti o comunisti da salotto, potrà far uscire i comunisti come Blagoje, tantomeno la Jugoslavia ed i Balcani nel loro insieme, dal tunnel in cui sono stati cacciati da avversari e falsi amici all'interno e fuori.

Per ricordare Blagoje abbiamo tradotto la "Lettera di un comunista jugoslavo" che ci è stata gentilmente messa a disposizione. Sappiamo che Blagoje era completamente d'accordo con il punto di vista espresso nella lettera.

La lettera è leggibile su WEB alla URL http://www.altern.org/crj/KOMU/lettera.html in italiano, o alla URL http://www.altern.org/crj/KOMU/pismo.html nell'originale serbocroato.


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