Nei primi giorni del marzo 1944, in seguito a uno sciopero bianco nei cantieri Odero-Orlando di La Spezia (al Muggiano) elementi della X Mas procedettero all'arresto di molti operai e impiegati dello stabilimento, sospetti di aver agito per mire politiche, d'accordo coi partigiani. Gli arrestati furono condotti avanti il ten. Bertozzi, alla caserma della Xª, e da costui interrogati coi consueti metodi coercitivi, dai soliti accoliti, sotto la direzione del Bertozzi. L'impiegato Mazzei Francesco (verbale dibattimento f. 246) riferisce che il Bertozzi, quando seppe che il teste era invalido di guerra, gli sputò addosso e gli fece (....................)... spruzzo di sangue. Poi gli furono conficcati spilli sotto le unghie, bruciacchiate le dita ecc. ecc. Un altro impiegato Costaguta Attilio (verb. dibatt. f. 245) fu seviziato nello stesso modo, dietro ordine del Bertozzi sempre presente, quasi strozzato con una sciarpa, gettato volutamente a terra, sollevato quindi per i capelli dallo stesso ten. Bertozzi e punzecchiato dagli altri nelle natiche con la baionetta e ciò per due notti consecutive: solo perché invalido di guerra e per l'intervento di due ufficiali tedeschi il Costaguta evitò l'internamento in Germania. Subì pure l'interrogatorio del Bertozzi con le solite torture l'altro impiegato Tienti Dante: subì la perdita di due denti e quella del senso dell'olfatto (lettura esame vol. A-62). L'impiegato Mario Boletti (verb. dibatt. f. 247) fu arrestato il 2/3/1944 in ufficio al Muggiano, con molti altri colleghi; parecchi di essi, compreso il teste, furono internati in Germania: due soli ritornarono. Durante l'interrogatorio subito per ordine del Bertozzi fu preso a pugni, gli furono piantati spilli dentro le unghie, bruciacchiate le estremità delle dita e le piante dei piedi: fu poi inscenata, per spaventarlo, una finta fucilazione. Anche davanti l'altro arrestato Gallo Giuseppe (verb. dib. 248) fu recitata la triste farsa, e il Gallo fu pure interrogato dal Bertozzi, che dirigeva le operazioni in cui, oltre il resto, ricevette delle strette atrocemente dolorose ai testicoli. Anche Magnani Sante (letta deposizione vol. A - 102 retro) fu arrestato dalla X Mas, come ribelle, nel gennaio 1945, col proprio fratello Averardo, e costretti entrambi dal Bertozzi con oratoria persuasiva (minacce col mitra) ad arruolarsi nella X Mas. Del pari, il 6/6/1944, il Bertozzi fece arrestare Mattioli Mario e Novelli Mauro, e altri due, e tutti furono costretti a cantare "Giovinezza" e poi, davanti al Bertozzi, furono seviziati nei soliti modi; e il Mattioli riportò lesione di un timpano, e messo, per burla, avanti il plotone di esecuzione. Il Mattioli fu poi scarcerato per intervento di altre persone (lettura deposizione vol 1 f. 184). Un gravissimo episodio della lotta antipartigiana, a cui prese parte la X Mas e con essa il comandante dell'ufficio I, si concluse il 17 marzo 1944 in Valmozzola, e precisamente nei pressi della stazione ferroviaria omonima, sulla linea La Spezia-Parma, ove da elementi della X Mas furono fucilati per rappresaglia sette partigiani: un altro, Galeazzi Mario, fu graziato un istante prima dell'esecuzione dei compagni. Alcuni giorni prima un treno, carico di soldati del governo repubblicano, fra cui parecchi della X Mas, fu assalito dai partigiani, i quali uccisero vari ufficiali e militi della Mas. Donde un rastrellamento nella zona. Il 14 marzo 1944, nel corso di tale operazione, elementi della X Mas riuscirono a circondare sul monte Barca, in quel di Pontremoli, 12 partigiani, agli ordini del comandante Parducci Onesto (verb. dibatt. f. 216). Di costoro, nessuno aveva preso parte all'assalto al treno di Valmozzola: uno di essi poi, il Galeazzi Mario (verb. dibatt. f. 210) da appena due giorni si era unito al distaccamento, ed era trattenuto in attesa fosse accertata la sua provenienza e la sincerità dei suoi sentimenti di patriota. Mancando ogni possibilità di resistere alle forze superiori della X Mas, i partigiani tentarono la fuga: il Parducci, fatto segno a vari colpi, e ferito alla spalla sinistra, riuscì a salvarsi. Gli altri furono catturati, meno due, i quali, rimasti feriti, furono finiti sul posto. Un altro, certo Righi, pure ferito, e non più in grado di camminare, fu finito a colpi di pistola da un ufficiale, che corse voce essere stato il Bertozzi. Non è provato però che allo scontro abbia partecipato costui: dal racconto del predetto Mario Galeazzi apparirebbe, anzi, che l'uccisione dell'ultimo ferito sia stato il tenente De Martino. Furono così catturati, oltre il Galeazzi, e due russi (Tartufian Mikhail e Belakcoski Vassili ndr) fuggiti dalle linee tedesche e unitisi ai patrioti, anche i partigiani Cheirasco Ubaldo, Tendola Giuseppe, Trogu Angelo, Gerini Nino, Mosti Domenico (uno dei russi aveva solo 17 anni). Furono tradotti a Pontremoli, ove furono interrogati da vari ufficiali della X Mas, fra cui il Bertozzi; e gli interrogatori erano alternati alle più dure percosse a tutti, come riferisce il Galeazzi, unico superstite, cui il Bertozzi tolse orologio e portafogli. Battitura con corde, punzecchiature col pugnale, schiaffi, calci, pugni, bruciacchiature con sigarette accese. Il Bertozzi si distingueva e percosse di sua mano il Galeazzi. Furono poi trasportati alla Spezia e anche qui interrogati e seviziati, e senza dubbio il Bertozzi poté strappare utili informazioni ai disgraziati, perché risulta che in quei giorni furono arrestati vari elementi della resistenza, che erano in rapporti coi partigiani di Valmozzola. Lo studente Giorgio Ricci (deposizione letta vol. A f. 97), arrestato dal Bertozzi, fu interrogato da costui, che mostrava di sapere che il Trogu, uno dei fucilati di Valmozzola, era un suo buon amico, e gli disse che i genitori del teste lo avrebbero pianto, come quelli del Trogu, che egli Bertozzi si gloriava di aver fucilato. Da La Spezia gli otto sventurati furono riportati a Pontremoli, e di là messi in un treno che fermò alla stazione di Valmozzola. Il capostazione Chimenti Renzo (verb. dibatt. f. 107) il 17 marzo 1944 vide scendere dal treno vari elementi della Xª con un maggiore e un tenente e otto prigionieri, e gli ufficiali gli dissero che si dovevano fucilare costoro. Il Chimenti, cui era stato richiesto di indicare una piazza ove eseguire la fucilazione, si schermì, e allora prigionieri e scorta, e altre forze scese poi dal treno, si avviarono a un campo vicino, ove seguì la fucilazione e poi l'ufficiale tornò e consegnò al Chimenti un biglietto, diretto al Podestà, con cui si incaricava questo di far trasportare le salme degli uccisi al cimitero. Il Chimenti non è in grado di dire chi fosse quell'ufficiale. Il Galeazzi afferma che col capostazione avevano scambiato alcune parole il colonnello Cecina e il maggiore De Martino e poi i prigionieri furono condotti in un campo vicino e posti di fronte al plotone di esecuzione, comandato dal tenente Dettari. Alcuni dei fucilandi chiesero di essere fucilati al petto, e il Dettari riferì al Cecina. In quel momento i compagni del Galeazzi gridarono che questi era innocente, perché era andato coi partigiani nei giorni successivi al giorno in cui erano stati uccisi i militi della X Mas sul treno dai partigiani. la cosa fu riscontrata esatta, e il Galeazzi fu chiamato presso il Colonnello, e in quel momento gli altri sette, colpiti da una scarica, caddero gridando "Viva l'Italia". Il Galeazzi non vide in quell'occasione il Bertozzi e afferma che per lui intercessero i compagni e il Dettari. Il Bertozzi, invece, sostiene di essere stato presente e di essere stato lui a intervenire in favore del Galeazzi. Invece, aggiunge il Galeazzi, la sera prima, a Pontremoli, il Bertozzi aveva loro detto che il mattino seguente sarebbero stati fucilati.