Sostanzialmente, per le stesse ammissioni del Bertozzi, emerge che costui, dirigendo con la massima attività l'ufficio I, cooperò direttamente, insieme coi tedeschi invasori, e per favorire il piano politico-militare di costoro per il soggiogamento dell'Italia, a combattere i partigiani, cioè le forze armate riconosciute dal legittimo governo nazionale. Onde è chiarita la responsabilità del Bertozzi quale collaboratore sul piano militare, ai sensi dell'art. 51 c.p.m.g.. Il che è ormai pacifico nella giurisprudenza formatasi attraverso le numerose decisioni delle varie Corti di merito e del Supremo Collegio, e, in particolare, di questa Corte. E, a tale proposito, va richiamata, fra l'altro, la sentenza di questa Corte 18 aprile 1946 con cui quattro componenti della U.P.I. (cioè l'ufficio politico investigativo della G.N.R. di qui) furono condannati alla pena capitale per collaborazionismo militare, sentenza che trovò la piena approvazione della Corte Suprema (sentenza c. c.: 25/7/46 contro Salmi Amleto, Zatti, Faggi Osvaldo, Vannini Vincenzo), per quanto a nessuna azione bellica propriamente detta quegli elementi della UPI avessero partecipato. Quanto al Banchieri, che alle dipendenze dell'ufficio I comandato da Bertozzi, aveva il grado di maresciallo, risulta che il Banchieri, già sottufficiale degli alpini, entrò in tale ufficio nell'agosto 1944 in Ivrea, e si distinse subito negli arresti, ruberie e altro in Ivrea, Cuorgnè e dintorni, e poi in tutte le azioni antipartigiane in cui intervenne la X Mas nelle zone di Conegliano del Friuli, di Gorizia, e, infine, in Provincia di Vicenza. Delle sue attività, esecrate da numerosissimi testi, si parlerà in seguito con la specificazione anche delle sevizie gravi, le quali, di per se sole, escluderebbero l'applicabilità dell'amnistia al delitto di collaborazionismo militare, di cui, per gli stessi motivi esposti in ordine all'attività del Bertozzi, anche il Banchieri deve rispondere. Né può disconoscersi - salvo poi a valutare l'entità e la gravità dei fatti, anche per l'eventuale applicabilità del D. R. di amnistia 22/6/1946 n. 4 - che ugualmente responsabile di collaborazionismo militare è il Benedetti. Costui, a 19 anni, risulta nella leva di mare e, fatto abile, si arruolò nel settembre 1944 nella X Mas, a Cuorgnè, al comando del ten. Bertozzi, e partecipò alle molteplici operazioni contro i partigiani in quella zona, e poi in provincia di Treviso, Udine, Gorizia e Vicenza. E' opportuno, ora, passare in rassegna la complessa attività favoreggiatrice dei tedeschi, di cui si sono resi responsabili gli odierni imputati, capo il Bertozzi dell'ufficio I della X Mas, e suoi dipendenti diversi gli altri due. (...............) la necessità di riguardare giudizialmente davanti la speciale magistratura per la repressione dei crimini fascisti le attività delittuose della X Mas, hanno costretto gli inquirenti a limitare le contestazioni a tre soli componenti dell'ufficio, per quanto dalle carte processuali affiorino, con grande frequenza, accanto ai nomi degli odierni pervenuti, anche quelli di molti altri, che si distinguono per la ferocia nella lotta antipartigiana, e che a suo tempo saranno giudicati dalle competenti magistrature, dopo che meglio saranno identificati i colpevoli e contestati gli addebiti. Comunque può ben affermarsi che, in questa sede, l'attività delittuosa dell'ufficio I va considerata in ogni sua manifestazione nel tempo e nel territorio in cui si svolgevano le operazioni militari, e che il vero capo, e il maggiore responsabile dei misfatti è il capo dell'ufficio, tenente Umberto Bertozzi, il quale fra i tre pervenuti, figura il solo colpevole di tutti gli addebiti rubricati dall'8 settembre 1943, fino al giorno in cui l'ufficio I passò da La Spezia alle zone di Ivrea e di Cuorgnè in Piemonte. Natura complessa, quella del Bertozzi, nella quale, accanto ad atteggiamenti e abiti di ferocia e di perfidia, se ne manifestano altri non ispregevoli, come un certo senso dell'onor militare che lo spingeva talvolta a considerare, in determinati casi, il partigiano non come il solito ribelle, ma come il leale nemico combattente. Purtroppo, però, il numero e la gravità dei delitti commessi pesano troppo perché taluni atteggiamenti meno disumani possano attenuare le responsabilità del reo. L'ex sottotenente della Xª, addetto al servizio amministrativo dell'ufficio I, Scardovi Lorenzo (deposizione letta vol IV f. 107 - 110) riferisce che il Bertozzi, col quale ebbe rapporti esclusivamente di servizio circa nell'autunno 1944 e mesi seguenti, non procedeva personalmente ai metodi brutali (risulta da molte altre testimonianze però che, oltre che a dirigere, agiva anche con le sue mani), e aveva sotto di sé una squadra di esecutori, uomini fidati, fra cui il maresciallo Banchieri. Era il Bertozzi un tipo originale e bizzarro, molto intelligente, che alternava periodi di bonomia e socievolezza ad altri di scatti nervosi che avevano del bestiale. Spesso partiva in macchina coi suoi accoliti e compiva scorribande, con arresti, interrogatori, e altre indagini, e gli accoliti lasciavano trapelare quello che avveniva in tali circostanze: una vittima, come seppe in tal modo il teste, durante un interrogatorio orinò sangue, per la rottura di una vena conseguente a battitura, come apprese pure il teste dalla lettura di un rapporto tedesco a carico del Bertozzi. Lo Scardovi, in base a tali notizie, si recò con altri, nell'inverno 1944-45, presso il generale Corrado, nuovo comandante della X Mas, a denunciare il Bertozzi, per le efferatezze compiute, e anche perché omosessuale attivo e passivo, e i fatti, sui quali - pure in periodo repubblichino - furono raccolte denunce e testimonianze copiose provocarono da parte dell'autorità giudiziaria militare di allora mandato di cattura contro il Bertozzi. Di tale procedura è larga traccia negli atti, e risulta che il comandante Borghese tentò di sottrarre alle indagini il Bertozzi, affermando che a costui doveva essere affidato un incarico politico molto grave e delicato, ma la manovra fu stroncata per ordine del Ministero della Marina, in seguito a espresso comando partito dal capo della pseudo-repubblica.