Il Randi Alietto (verb. dibat. f. 223) fu arrestato a Maniago sempre da elementi della Mas comandati dal Bertozzi: il Randi, che aveva militato già in Albania alle dipendenze del Bertozzi, glielo rammentò, e allora il Bertozzi si risentì perché il Randi non entrava nella Xª, e lo fece bastonare da un sergente mantovano, dandogli del traditore. Però, non essendovi prove della sua appartenenza al movimento partigiano, fu per il momento lasciato stare. Ma, a sua volta, il Banchieri lo schiaffeggiò, percuotendolo poi con un nervo di bue (18 nerbate) e poi gli fece dare altre 18 nerbate dal sergente Anichini. Tradotto poi a Gorizia, riuscì a rendersi utile come macellaio, e seguì come prigioniero l'ufficio I fino a Thiene, ove riuscì ad allontanarsi su una macchina rapinata dalla X Mas, e che gli era stata affidata come autista, e a riavere la libertà: ciò avvenne non molto tempo prima della liberazione. Il Bertozzi fu poi arrestato per mandato dell'autorità giudiziaria militare repubblicana, dietro denuncia del Randi e del ten. Scardovi, anche per pederastia. Anche contro il Banchieri era stato spedito mandato di cattura per peculato e altre imputazioni: il Randi rivide il Banchieri nelle carceri di Maniago dopo la liberazione, e implorò da lui pietà, e il Randi dice di avergli perdonato. Ai primi del dicembre 1944 l'ufficio I del Bertozzi svolse intensa attività in Val Meduna, nello spilimberghese, specialmente nei comuni di Tramonti di Sotto e Tramonti di Sopra, a opera specialmente del maresciallo Banchieri. Questi fece scardinare la porta del magazzino del negoziante di Tramonti di Sopra, Durat Vittorio, che si era allontanato (lett. depos. di Durat Ione vol. 4 f. 167). Quindi fece rompere un muro fatt costruire in cantina, allo scopo di nascondere merci e altro, perché non fossero asportate dai tedeschi, e parte ne portò via, parte ne fece distribuire ai paesani. Crozzoli Domenico di Tramonti di Sotto (verb. dibat. f. 289) appartenente al locale C.L.N., il giorno 3 dicembre 1944, in occasione del rastrellamento operato in quella zona dai militi dell'ufficio I della X Mas, fu costretto a presentarsi in Municipio, ove trovò il Banchieri, che aveva in mano l'elenco dei componenti il comitato. Furono poi condotti avanti il Banchieri anche gli altri membri del Comitato Avon Vincenzo (lett. depos. vol. 4 f. 10) e Beacco Angelo, ufficiale postale (lett. depos. vol. 4 f. 48). Il Crozzoli fu schiaffeggiato: gli altri due furono torturati dal Banchieri e suoi accoliti. Furono fustigati anche sotto i piedi nudi. Il Banchieri si dilettava a incidere con la punta del pugnale una Xª sul cuore, e sulle carni ammaccate, "per farlo guarire più presto" diceva. Il Beacco fu costretto a togliersi la scarpa destra, e lo percossero al piede nudo, con un rigo, finché il rigo si spezzò. poi il Banchieri fece spogliare il Beacco fino alla cintola, lo fece stendere a terra e lo percosse per forse mezz'ora con un legno robusto. Ebbe il Beacco la schiena tumefatta per 70 giorni e dolora al piede per 20 giorni. Nuovamente interrogato, fu poi torturato nuovamente nello stesso modo. In un primo momento il Beacco era stato destinato alla deportazione, ma poi fu mandato al servizio obbligatorio del lavoro. Il Banchieri asportò il denaro che il Crozzoli (impiegato del comune) teneva in un cassetto per i sussidi ai profughi (L. 59.850). L'importo fu reintegrato dallo Stato nel decorso anno 1946. Il Crozzoli rimase poi in carcere per 31 giorni, indi fu avviato al lavoro obbligatorio. Alle torture inflitte al Beacco assistette il messo comunale Facchin Romano (lett. depos. vol. 4 f. 11), il quale conferma pienamente il racconto del Beacco, affermando che chi lo percosse era il Banchieri. In quello stesso giorno un reparto della X Mas, comandato dal Banchieri, si recò a fare una perquisizione in casa dell'insegnante Marmai Gio Batta (lett. depos. scritta vol. 4 f. 12), ove il Banchieri schiaffeggiò ripetutamente il Marmai e due donne. Il Marmai fu condotto a Tramonti di Sotto, ove vide il Beacco, che portava i segni delle sevizie subite. Il Marmai, che doveva essere inviato in Germania, fu poi, per intercessione del Vescovo, mandato al confino a Codròipo. Certamente l'attività suddetta in Tramonti era diretta dal Bertozzi. Il 28 novembre 1944 ebbe luogo un rastrellamento in Chievolis di Tramonti di Sopra, e il Bertozzi arrestò il partigiano Chegozzi Sante, il quale fu trasportato a Meduno, e quivi interrogato a bastonate dal Bertozzi, con conseguenza di malattia per 12 giorni. Il boscaiolo Mongiat Mario (verb. dib. f. 291) fu arrestato il 1.12.44 e bastonato dal Bertozzi e nelle carceri di Meduno trovò il dott. Boranga e altre 50 persone. Nel corso dell'attività antipartigiana del reparto comandato dal Bertozzi in quel di Conegliano rimase ucciso il 20 novembre 1944 in S. Fior di Sotto (Conegliano) il contadino Collot Domenico in circostanza di tale gravità di persuadere la pubblica accusa a elevare contro il Bertozzi stesso, come diretto responsabile, l'imputazione di omicidio volontario, consumato con sevizie e crudeltà. La Corte, in base alle deposizioni assunte, (e malgrado che l'imputato neghi qualsiasi partecipazione, sostenendo che il Collot fu fucilato per ordine del comandante del Battaglione della Xª che aveva eseguito il rastrellamento in cui il Collot fu catturato) si è convinta della piena responsabilità del Bertozzi. L'omicidio non aveva alcuna giustificazione né scusa, perché l'illegittimità dell'azione dei rastrellatori, durante la quale fu catturato il Collot, è manifesta, in quanto diretta contro le forze partigiane costituenti le forze armate del legittimo governo nazionale e contro gli alleati nella lotta contro il tedesco invasore, e non può sussistere quindi nessuna attenuante né per legittima difesa né per provocazione o simile, mentre è escluso che gli autori dell'omicidio, da loro voluto, versassero in stato di necessità. In ogni modo, la volontarietà del fatto apparisce dalle stesse dichiarazioni del Bertozzi, il quale espone che il suo comando aveva ordinato il rastrellamento della zona, ove erano stati segnalati dei prigionieri inglesi. Durante tale operazione, avvenne un'incursione, e un apparecchio alleato fu abbattuto e i nove aviatori inglesi, salvatisi col paracadute, furono catturati dal reparto dell'ufficio I, comandato dal Bertozzi. I tedeschi si portarono via questi catturati, ma un altro prigioniero inglese, precedentemente catturato dalla Xª, informò il Bertozzi che nella zona esisteva un altro prigioniero inglese e il Bertozzi trasmise le relative notizie al comando, il quale ordinò un rastrellamento con un Battaglione della Xª. Nella zona c'era una casa sospetta, quella del Collot Domenico, il quale, preso dal Bertozzi, non poté negare, e condusse il Bertozzi e i militi alle buche scavate nei campi per nascondere i prigionieri, ma non volle dire ove si trovasse l'inglese, onde il Bertozzi ne riferì al Comando, e questi ordinò al Comandante del Battaglione (un capitano di cui il Bertozzi non ricorda il nome), di far fucilare il Collot, ove costui non desse le informazioni. e poiché il Collot insisteva caparbiamente nelle negative, il Bertozzi ne informò il Comandante del Battaglione, e questi, a norma degli ordini trasmessigli dal Comando a mezzo dello stesso Bertozzi, fece eseguire la fucilazione, ma non in presenza del Bertozzi, il quale in quel momento si trovava presso la cognata del Collot. Il Bertozzi ammette poi che il Collot era stato maltrattato, però non in sua presenza, né a opera dei suoi dipendenti. Come si comprende dallo stesso racconto del Bertozzi, invano costui, anche ammettendo l'esattezza della sua narrazione, potrebbe scagionare la sua responsabilità a titolo di concorso nell'omicidio, perché l'illegittimità del rastrellamento e della cattura del Collot, da lui voluti ed eseguiti, va posto in rapporto diretto di causa ed effetto con l'uccisione del Collot, che egli necessariamente ha previsto e voluto. E ciò si dica, anche non volendo considerare che l'asserito intervento diretto di quel Comandante, che col suo ordine avrebbe interrotto il nesso di causalità, non è in nessun modo provato, mentre è stabilito che il Bertozzi sapeva che il Collot, persistendo nelle negative, sarebbe stato fucilato, e in tal caso, consegnandolo spontaneamente all'altro Comandante, e trasmettendogli l'ordine del Comando di farlo fucilare, voleva e prevedeva l'evento letale.

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