Il commerciante Goi Luigi, di Maniago, era come partigiano alla macchia in montagna (verb. dibat. f. 244), e aveva affidato chiavi, cassa, contabilità, magazzino del suo negozio di ferramenta al suo impiegato De Lorenzi Emilio (verb. dibat. f. 256). La sera del 10.12.44 verso le 23, mentre tutti erano a letto, vennero a casa del De Lorenzi parecchi della Xª fra cui il maresciallo Banchieri, il sergente Bellini e un ex partigiano, sfondando la porta. Il De Lorenzi fu sottoposto a un interrogatorio per quanto riguardava il Goi, e poiché non parlava il Banchieri si mise a punzecchiarlo al collo con un temperino. poi ordinò di denudarlo: fu steso prono sul pavimento, e bastonato col manico di una scopa, fino a che il legno si spezzò. Il fratello del De Lorenzi fu portato via: il De Lorenzi dovette accompagnare i militi a casa del Goi, ove fu eseguita una minuta perquisizione, Banchieri disse: "Qui tutto è nostro: e ci metteremo la scritta "Battaglione Freccia"" Poi lo minacciò di farlo sbranare dai cani. Indi avvenne il saccheggio, e allora il teste, profittando di un momento di confusione, riuscì a fuggire, inseguito da Banchieri e compagni, che spararono al suo indirizzo alcune raffiche, senza colpirlo. Dalla casa del De Lorenzi furono asportati molti oggetti per un importo di £. 65.000 (....................) tempo oggetto di una vera persecuzione da parte del Banchieri. Per le percosse subite ebbe incapacità lassative per un paio di mesi e gli residuò indebolimento della vista. La casa del Goi fu completamente saccheggiata: furono persino asportati i fili della luce; lo stabile non fu bruciato, perché di proprietà di un fascista. Il Bertozzi fece omaggio di due vasi di pregio, rapinati al Goi, in quell'occasione, al comandante Borghese. Ciò il Goi e il De Lorenzi seppero, perché ebbero la possibilità di parlare con Bertozzi e Banchieri, quando questi furono catturati, dopo la liberazione. L'operaio Arnosti Giuseppe (già partigiano "Tasto") la sera del 12.12.44, mentre era a letto (verb. dibat. f. 268) subì l'irruzione in casa di un maresciallo della Xª e di due tedeschi, con due cani poliziotto, che lo azzannarono alla gamba sinistra e al braccio destro. Fu condotto al palazzo Attimis, in Maniago, e alla presenza del Bertozzi, del maresciallo Banchieri e di altri, fra cui il sergente Mirandola, nonché della maestra Scarpa, e di tal Grisoffi (un ex partigiano che aveva confessato e vestiva già la divisa della X Mas). Notò alcuni detenuti, fra cui certi Rosa e Toffolo, pesti e malconci. Gli arrestati furono messi in fila, e il teste assistette al singolare spettacolo dei due prigionieri Rosa e Toffolo, costretti a bastonarsi fra di loro, e quando i due forzati lottatori mostravano affievolirsi gli spiriti combattivi, Bertozzi e accoliti li costringevano a suon di nerbate a riprendere la pugna. L'ex partigiano riconobbe quattro degli arrestati, fra cui l'Arnosti, il quale, per ordine del Bertozzi, fu denudato fino alla cintola e percosso con un nerbo di bue e una cinghia da cani, terminante con un anello metallico. Parecchi arrestati furono azzannati dai cani, e quattro o cinque provarono un saggio di strozzamento col cordone della luce. Riferisce il teste che il Toffolo morì in Germania, ove fu deportato, e il Rosa morì all'ospedale di Osoppo per le ferite riportate durante un tentativo di fuga. Il teste, pure avviato in Germania, per ordine del Bertozzi, riuscì a scappare nei pressi di Osoppo. Riferisce pure il teste che il Banchieri aveva ideato un nuovo tipo di nodo scorsoio (....................) mentre soffocavano. Presso a poco alle stesse scene assistette Perin Angelina, ausiliaria partigiana. Costei (verb. dibat. f. 275) era stata incaricata dal comandante partigiano "Frisanco" di informarsi sulla sorte di Grava Regina "Fernanda" staffetta partigiana, che era stata arrestata, e di cui non si sapeva più nulla. Così la Perin si recò al comando della X Mas, con un pretesto, ma il ten. Bertozzi, che la ricevette, la fece trattenere in arresto. Due giorni dopo "Fernanda" giunse alla Xª, proveniente dalle carceri di Udine. Il 1.12.44 furono incarcerati Toffolo Davide e Mazzoli Antonio detto "Toni Matto". Il giorno seguente la Perin fu interrogata nell'aula della Pretura di Maniago, alla presenza del Banchieri, del Mirandola e di Scarpa Iole. In un tavolo giaceva nudo il Toffolo, con la schiena insanguinata. Il Banchieri mostrò alla Perin il Toffolo dicendole: "Ecco il tuo bel fidanzato." e le chiese notizie sul movimento partigiano. Alle risposte negative della donna, le fece dare dagli aiutanti 74 staffilate col nervo di bue, contandole lui stesso, raccomandando agli esecutori di non darle a tutta forza, onde non producessero sangue: essa portò i lividi per 20 giorni. Poi le disse che era dottore e che le avrebbe passato una visita. Difatti la fece rivestire, meno le mutande, fece allontanare gli altri, e quindi le esaminò i genitali, e voleva prendersi delle libertà, ma la Perin gli piantò le unghie nei polsi, e gli disse che, piuttosto, la bastonasse. Il Banchieri allora desistette, dicendo che non avrebbe mai creduto di trovare in lei simile contegno, e le promise che avrebbe fatto il possibile per lasciarla libera, sempreché non dicesse a nessuno quanto era accaduto. La Perin fu rimandata in cella. In seguito, il Banchieri, quando la vedeva, la prendeva in giro. La donna il 15.12.44 fu tradotta al castello di Conegliano; il 6.1.45 a Gorizia al seguito dell'ufficio I, il 13.1.45 di nuovo a Conegliano e il 15.1.45 a Milano, e passata a S. Vittore, ove fu liberata dai partigiani alla fine di aprile del 1945. (....................) Banchieri, e condotto avanti al Bertozzi, al Palazzo Attimis, ove questi lo interrogò e dispose perché fosse bastonato con altri partigiani colà tradotti. Nell'attesa poco piacevole, il Bertaria assistette allo spettacolo gladiatorio dei partigiani Rosa e Toffolo costretti a bastonarsi, come fu già riferito per bocca di altro teste, e ciò sotto la vigilanza degli aguzzini, che li aizzavano compreso il Bertozzi. Il Bertaria fu risparmiato, perché era l'ultimo in fila, e ormai gli aguzzini erano stanchi. Fu però internato in Germania per ordine del Bertozzi, a Mauthausen, e dei 16 internati ne tornarono solo tre. Furono molti, prima di lui, i partigiani seviziati quella sera al palazzo Attimis per ordine del Bertozzi, fra cui il Rosa e il Toffolo. Fra le varie torture si ricordano vergate e scudisciate a torso nudo, morsi ai polpacci da cani poliziotti, strozzature al collo con cordino che era fermato sotto un piede. Nove dei 16 mandati in Germania riuscirono a fuggire presso Osoppo, come già detto, e fra essi il teste, mentre il Rosa fu ucciso nel tentativo di fuga. Massaro Dante (verb. dibat. f. 267) e Massaro Mario (verb. dibat. f. 222) furono vittime nelle stesse circostanze delle violenze della X Mas. Il primo fu arrestato la sera del 13.12.44 dal Bertozzi, il 2º la sera precedente dal Banchieri. Entrambi furono condotti al palazzo Attimis per il solito interrogatorio. Massaro Dante fu bastonato ferocemente col manganello, nervo di bue, staffile di acciaio, sul dorso nudo e bruciacchiato: indi gli furono aizzati contro i cani poliziotti, che lo morsero alle braccia e alle gambe, producendogli lesioni e strappi. Gli fu rifiutato di ricorrere a un sanitario. E' uno dei deportati in Germania che a Venzone (Osoppo) riuscì a scappare. Anche Massaro Mario, che era un semplice sbandato, fu mandato in Germania, ma riuscì, a Venzone, a scappare. La sua casa fu saccheggiata. La sera dell'arresto Massaro Mario subì le solite torture a opera del Bertozzi, del Banchieri e altri; a dorso nudo fu dapprima colpito con bastoni, poi col nervo di bue, e quindi sistematicamente con verghette d'acciaio nella schiena, che era tutta una piaga. Fu morso da cani poliziotti. Quando stava per svenire, gli gettarono addosso delle pentole d'acqua fredda. Ne ebbe conseguenze per sette mesi. Fu liberato soltanto alla fine (....................) di campagna di Maniago (verb. dibat. f. 259) si distinse specialmente il Banchieri. Il Costantini fu arrestato in casa sua il 1.12.44 dal Bertozzi, che era accompagnato da tre sergenti. Fu portato in carcere a Maniago, e di là a Meduno, ove rimase tre giorni, e poi di nuovo a Maniago, ove fu interrogato dal Banchieri, e dal suo assistente Mirandola e altri. Il Banchieri gli diede una serie di ceffoni, producendogli emorragia nasale: diceva che ci provava gusto. Poi lo fece distendere bocconi in un tavolo e lo percosse con un bastone di rami intrecciati, 18 colpi, e poi altri 18 colpi a mano del Mirandola, tanto che svenne e fu fatto rinvenire con un secchio d'acqua fredda. Al Mirandola cadde a un certo momento il bastone, che allora fu ripreso dal Banchieri, il quale continuò le battiture. In tutto il teste ricevette 200 colpi di bastone. Malgrado fosse ridotto tutto una piaga, il Banchieri lo costrinse a indossare nuovamente le vesti. Ne ebbe per oltre 40 giorni. Fu poi inviato in Germania per ordine del Bertozzi, e della squadra di internati di cui faceva parte rimpatriò lui solo.

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