Il dottor Gino Signori, medico condotto di Mareno di Piave (verb. dibatt. f. 277) fu arrestato nel suo ambulatorio il 19 novembre 1944 dal Banchieri, Colombini e Mirandola, perché appartenente al movimento partigiano. Fu interrogato dal Bertozzi. Non gli furono usate violenze. Gli fu tolta la sua Topolino, la quale seguì sempre la X Mas fino a Thiene, ove se ne perdettero le tracce. Il teste, che fu liberato per intervento di un antico amico, maggiore delle Brigate Nere, riferisce che tutte le formazioni partigiane avevano avuto l'ordine di uccidere il Bertozzi, perché condannato a morte da tutti i tribunali partigiani. Rugo Dante, disegnatore, di Frisanco (verb. dibatt. f. 224) fu arrestato il 27/11/44 da elementi della X Mas e condotto avanti il Bertozzi, che ordinò fosse subito bastonato a sangue. Le sevizie furono dirette dal Banchieri ed eseguite dal Mirandola. Il Rugo cadde due volte a terra. Gli passarono una corda attorno alla fronte, stringendola a vite. Quando cadde, il Bertozzi lo sollevò prendendolo per i capelli, e gli disse che lo avrebbe mandato in Germania. Invece fu mandato ai lavori obbligatori a Codròipo, ove rimase ferito, per cui poté ricoverarsi in ospedale. Basso Pietro, dottore in agraria, di Mareno di Piave (verb. dibat. f. 282) arrestato la notte del 4 novembre 1944 in casa da una trentina di appartenenti alla X Mas, fra cui una decina di ufficiali, col ten. Bertozzi, e il maresciallo Banchieri, fu condotto al castello di Conegliano, ove seppe che l'avrebbero fucilato. Qualche giorno dopo fu interrogato dal Banchieri e dal Mirandola, in presenza del Bertozzi. Poiché si manteneva negativo, fu schiaffeggiato e spogliato: Mirandola gli legò i testicoli con una cordicella, dandovi degli strappi, e poi continuarono a calci e pugni per tre quarti d'ora, e poi caduto a terra, fu percosso a sangue con una frusta. Invocò pietà dal Bertozzi, dicendogli: "Fatemi uccidere." Ma il Bertozzi gli rispose: "Troppo comodo." Poi fu collocato all'aperto, in cima alla torre, esposto al freddo e alle intemperie, con poco pane. Infine fu mandato a Treviso a disposizione delle S.S: tedesche, che lo trattarono meglio degli italiani, e, infine, rilasciato. Guarì clinicamente in 40 giorni, ma risente ancora le conseguenze delle sevizie. Il Bertozzi non lo colpì personalmente, ma dirigeva le operazioni. Verso il 1 dicembre 1944 l'attività antipartigiana dell'ufficio I della X Mas si svolse specialmente nella zona di Maniago. In quei giorni fu un susseguirsi di perquisizioni e di arresti di elementi della resistenza, e furono catturate persone assai note e aventi posizioni elevate. Il farmacista di Maniago, dott. Gino Boranga (verb. dibat. f. 258) presidente del locale Comitato di Liberazione nazionale fu chiamato al comando dell'ufficio I, che si trovava a Meduno. Giunto colà fu cacciato in una cantina, in cui si trovavano pigiatissimi una cinquantina di persone, e lasciato là senza cibo e bevanda fino alla sera del giorno successivo. Verso le 22,30 subì a opera del Bertozzi un primo interrogatorio, cui assistette il suo braccio destro maresciallo Banchieri e altri sottufficiali e soldati, fra cui il Benedetti Ranunzio. Fu denudato fino alla cintola, e steso a terra, e mentre Bertozzi lo interrogava, gli altri lo percuotevano selvaggiamente con cinghie, scudisci e bastoni, per circa un'ora, con brevi intervalli. Riportò la frattura della 8ª, 9ª, 10ª costola destra e ne conseguì una bronchite traumatica. Le tracce delle lesioni furono riscontrate in una perizia medica eseguita vari mesi dopo, in cui fu accertato anche il pericolo di vita. A un certo punto svenne, e gli buttarono addosso un secchio di acqua fredda e fu poi riportato nella cantina, senza coperte e senza assistenza. Seguì la sera del 2 dicembre un altro interrogatorio del Bertozzi, assistito dal Banchieri. Fu colpito ripetutamente al capo (la schiena era già tutta una piaga), ebbe spaccato il labbro inferiore, e un pugno gli cagionò l'indebolimento permanente della vista dell'occhio destro, e poi ancora in cantina, ove fu trattenuto fino al 6 dicembre, e soccorso di un po' di latte da una donna caritatevole. Il 6 fu trasportato alle carceri di Maniago, ove, malgrado gli si fosse sviluppata una bronchite traumatica, gli fu rifiutata l'assistenza medica. Il 12 o 13 dicembre fu condotto nella sala d'udienza della Pretura, ove il Banchieri procedette ad altro interrogatorio, con l'assistenza di due scherani, postigli dietro la schiena. Ogni tanto costoro gli davano di dietro pugni violenti, fino a farlo cadere in terra: poi era rimesso in piedi, poi nuove domande, e nuovi pugni di cui uno dovette essere ferrato, perché l'orecchio si gonfiò enormemente tanto che il Banchieri ordinò fosse sospeso il guanto di ferro. Riportato in carcere, dopo tre giorni fu tradotto al castello di Conegliano, sede dell'ufficio I della X Mas, ove fu messo coi detenuti Fontanin, B........ e Bentivegna in una cella sotterranea di m. 1,70 x 1,50, senza brande, né pagliericcio, né coperte. Il Bertozzi diresse il 1º e 2º interrogatorio. Fra i ricordi della sua detenzione il teste ha accennato a un ragazzetto di Frisanco, pure detenuto, che era stato bastonato a sangue e poi esposto in cortile ai rigori della notte gelata e quindi nuovamente percosso; il giorno seguente fu inviato in Germania. Un altro detenuto fu fatto mordere da cani poliziotto, e il teste ebbe a medicarlo. Il Boranga fu trasferito poi a Gorizia, ove era il comando della X Mas, e di là a Milano, a disposizione del Tribunale Speciale, che lo prosciolse in istruttoria. Gli avvenimenti di cui fu attore e teste il Boranga e gli altri verificatisi in quell'epoca e in quella zona, destarono tanta indignazione e raccapriccio, che gli stessi tedeschi erano intervenuti per sottrarre gli arrestati alle sevizie dell'ufficio I, e ancora durante la repubblica di Salò, molte denunce di seviziati e rapinati furono presentate, e furono raccolte in forma giudiziaria, e in base ad esse, procedette contro i responsabili l'autorità giudiziaria militare (sempre nel periodo repubblicano), spedendo, come già fu detto, mandato di cattura contro il Bertozzi, malgrado i tentativi fatti dal comandante Borghese per mettere le cose in tacere. Anche Fontanin Natale, impiegato della Cassa di Risparmio di Maniago (verb. dibat. f. 274) fu arrestato a casa sua il 1 dicembre 1944 e tradotto a Meduno, ove fu messo nella cantina ove si trovavano ammonticchiati il dott. Boranga e tutti i numerosi altri arrestati, come fu detto sopra, circa una quarantina di persone, dice il teste. Dopo due giorni, egli fu interrogato dal Bertozzi, assistito dal Banchieri e da un altro sottufficiale, tal Bellini, e poiché si manteneva nelle negative, il Bertozzi gli fece denudare il piede sinistro (congelato nella grande guerra), e lo fece colpire con la frusta, e alle proteste del paziente replicò: "Il tuo piede guarirà con questa cura." Allora intervenne il Banchieri, il quale, toltigli gli occhiali, lo bastonò selvaggiamente, e lo passò quindi al Bellini e quest'ultimo gli puntò contro la pistola, dicendo: "Io non bastono, ammazzo." Dopodiché il Banchieri passò a bastonare a sangue il dott. Boranga. Il Bertozzi prese al teste la sua sciabola di ufficiale, dicendo che era indegno di portarla. Da Meduno fu passato con Boranga e altri a Maniago, e di là tradotti a Conegliano, e messi in una cella del castello larga m. 1,40 x 1,70, in sette, al buio, senza né pagliericcio, né coperte. Il teste fu però trattato più umanamente, perché fu incaricato di qualche servizio. Di là furono tradotti a Milano ove il Tribunale Speciale lo prosciolse in istruttoria (....................) f. 266) il 4.12.44 fu informato che i militi della X Mas avevano incendiato previo saccheggio una sua casa in Colvera di Maniago, dalla quale era assente da 15 giorni. Poco dopo egli fu prelevato da un sergente della Xª con due suoi figli, e accompagnato oltre il Colvera, ove si trovava il reparto comandato dal Bertozzi, ma per l'interessamento di un conoscente, che era in buoni rapporti col Bertozzi, furono liberati. Il 10 successivo però, in Arba, il Bertozzi con altri militi entrò nell'albergo alle Alpi gestito dalle figlie del teste, ove trovò il figlio Guido. Poiché costui mancava del tesserino, ove si notavano le giornate di presenza al lavoro, il Bertozzi non volle sapere di altre prove che il giovane proponeva per dimostrare la sua posizione regolare, e lo minacciò di morte, e lo schiaffeggiò, e lo fece poi mandare in carcere a Maniago, e di là in Germania, donde non è più tornato.

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